L'Albana semidolce ricorda la frutta polposa secca.
Tecniche di Produzione: L'albana viene prodotta in 4 tipi particolari, secco, amabile, dolce, passito.
Il tipo secco si presenta di colore giallo paglierino, tendente al dorato con invecchiamento.
L'odore esprime un leggero profumo tipico dell'Albana.
Il sapore è asciutto, un po' tannico, caldo e ben equilibrato.
La gradazione alcolica complessiva minima e 11,50°.
Bevuto giovane ad una temperatura di circa 10°C è un ottimo vino a tutto pasto, che meglio si accosta a piatti a base di pesce, alle lumache, ai fritti di mare, alle zuppe e ai brodetti.
Può essere servito anche con il fegato d'oca e le carni bianche.
Eccellente per accompagnare minestre in brodo e creme.
I tipi amabile e dolce hanno ugualmente colore giallo paglierino, odore caratteristico dell'Albana, sapore amabile o dolce, fruttato gradevole.
La gradazione alcolica complessiva minima è di 12°.
Preferibile da bersi in giovinezza ad una temperatura di 6-7°C si accompagnano egregiamente con dolci di vario tipo, torte, panettoni, crostate di frutta e pasticceria da forno e la frutta (esclusi fichi freschi, uve ed agrumi). Ottimo per la ciambella, tipico dolce Romagnolo.
L'Albana di Romagna passito, vino rosso raro per palati fini, si presenta di colore giallo dorato tendente all'ambrato, odore intenso, caratteristico, sapore vellutato gradevolmente amabile o dolce.
La gradazione alcolica mista svolta è di 12°, complessiva di 15,5° e non può essere immesso al consumo prima del 1° aprile successivo alla Vendemmia.
Vino longevo, va servito ad una temperatura di circa 7°C e si sposa con amore a pasticceria secca, formaggi particolari tipo il gorgonzola piccante o quelli erborinati. Ottimo berne un bicchierino fuori pasto con gli amici.
Da Val Lamone e in Val Senio, dove i Panorami, nel tratto di pochi chilometri, passano dai boschi di Riolo Terme, dominata dalla sua Rocca, che compare anche nel Marchio dello
SCALOGNO DI ROMAGNA IGP
Prodotto tipico della Provincia di Ravenna, ottenuto secondo tecniche naturali e rispettose dell'ambiente, tipico della varietà: non può essere coltivato in successione a sé stesso o ad altre liliacee, né a solanacee, barbabietole e cavoli.
Origini Storiche: Lo Scalogno di Romagna sembra originario del Medio Oriente, precisamente dalla Città di Ascalone Castello di Giudea, così lo cita Plinio.
È ricordato anche dal Boccaccio nelle sue novelle, cosi Dioscoride descrive lo scalogno il «Bulbus Ascalonites», mentre Ovidio trattando degli Afrodisiaci, include lo Scalogno, ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali.
Tuttavia lo Scalogno fu certamente coltivato nel Giardino di Carlo Magno ed il suo uso andò diffondendosi durante il 1100.
Dal 1200 lo Scalogno è già ben affermato in Francia, paese in cui è molto apprezzato per il un ruolo importantissimo nella cucina raffinata.
Differisce dallo Scalogno Romagnolo per l'aroma che è più simile alla cipolla, per radici sensibilmente molto più corte, per i fusti o foglie diversi.
In Europa, lo scalogno è conosciuto con il nome: Echalote in Francia, Shallet in Inghilterra, in Germania Schalotte, ed Ascalonia o Chalota in Spagna.
Caratteristiche: Lo Scalogno di Romagna, da non confondersi con quello Francese, più esposto nei supermercati, è un prodotto tipico della Provincia di Ravenna.
È una pianta erbacea da Orto, fa famiglia con le Liliacee e si propaga per bulbo o meglio per bulbilli. In nome del piccolo bulbo dal nome altisonante di «Allium Ascolanicum», si sono mobilitati Ricercatori Universitari, si sono consultati gli antichi testi classici, si è ottenuta la Identificazione Geografica Protetta (IGP) che ne decreta la sovrana residenza in un fazzoletto di Romagna.
Lo Scalogno è un prodotto biologico in senso pieno, non ha bisogno di niente per crescere e mantenete le sue piacevoli caratteristiche.
Lo Scalogno, contrariamente alle altre Liliacee, aglio e cipolla, non ha fiore, non c'è perciò scambio di pollini tra una pianta e l'altra e la riproduzione avviene sempre e solo per bulbo.
Lo Scalogno di oggi, se analizzato è lo stesso di 2000 anni fa.
Il colore bianco violaceo, distribuito sulla forma a fiaschetto, è invitante e suggerisce gustosi antipasti estivi o robuste preparazioni autunnali, al seguito di funghi porcini, arrosti, bistecchine.
Utilizzi: Diversi sono gli usi dello Scalogno e precisamente si possono utilizzare: le foglie, raccolte ancora verdi, tagliate finemente per insaporire insalate con pomodoro, lattuga, cicoria, ecc.
I bulbi freschi, ripuliti dalla pellicola esterna, si tagliano a fettine sottili per aromatizzare piatti, conferendo a questi, quel loro sapore leggermente piccante.
Con i bulbi tagliati, cubetti di prosciutto e pomodoro si prepara un ottimo e gustoso ragù per tagliatelle o tagliolini all'uovo.
Distese di Lavanda di Casola Valsenio, inatteso scampolo di Provenza in Romagna, agli speroni rocciosi che sovrastano Brisighella, coronati dalla Rocca, dalla Torre dell'Orologio e dal Santuario di Nostra Signora della Natività; la cui Via degli Asini, ricorda gli antichi commerci.
Ed oggi, la Cittadina, già nota per i Tartufi, vanta una produzione di OLIO DI BRISIGHELLA DOP (Denominazione di Origine Protetta) il Brisighello - Prodotto tipico, la cui coltivazione nella Valle del Lamone risale all'Epoca Romana (100 d.C.).
I Brisighellesi, nel 1996, sono stati i primi in Italia ad ottenere la Denominazione di Origine Protetta per il loro Olio.
Caratteristiche e Tipologie: Brisighella possiede una realtà Olivicola fra le più interessanti del Nord Italia.
Dal Frantoio della Cooperativa Agricola Brisighellese esce il 90% della produzione locale di Olio a Denominazione di Origine Protetta (DOP).
I Prodotti Tipici di questo Territorio sono:
«Olio Extra Vergine di Brisighella» - colore verde-giallo, profumo di fiori, sapore deciso, eccellente su ortaggi, cereali e zuppe.
Tale Olio ha recentemente ottenuto la DOP.
«Olio Brisighello» - Olio Extra Vergine di Olive di varietà nostrana scrupolosamente selezionate.
Di colore verde, presenta un profumo ampio e continuo ed un sapore ammandorlato che si sposa magnificamente con i piatti di pesce.
La produzione media annua si aggira attorno alle 5.000 bottiglie.
«Nobildrupa» - Olio Extra Vergine di Olive di varietà «Ghiacciola».
Si presenta con una colorazione verde, un profumo fruttato, un sapore sottile e amarognolo che si abbina pienamente alla Cucina Mediterranea e Rustica.
Vero tesoro di queste terre è la Zootecnia.
Introdotti dai Longobardi fra 300 e 400, i grigi Bovini di Razza Romagnola che sono apprezzatissimi dai Buongustai: soprattutto i "Vitelloni", maschi da 600-700 kg, e le "Scottone", femmine da 500-550 kg.
Gli Ovini, di razza Sarda e Massese, con i quali si fa il
CASTRATO (Carni di Ovini con peso vivo tra i 40 e i 100 Kg ed un massimo di 12 mesi di vita), di carni fresche ovine on marchio di Qualità Controllata: derivanti da animali identificati alla produzione e seguiti fino al banco vendita con certificato di garanzia sulle modalità di allevamento e sul tipo di alimentazione.
Ed i Suini dell'antica Razza
MORA ROMAGNOLA (suino locale di colore nero).
La “Mora” ha popolato tutto il versante Nord dell’Appennino nelle Provincie di Ravenna e Forlì fino agli anni 1950.
E’ un Antico Suinide, con notevoli doti di rusticità.
Le sue caratteristiche sono: costituzione longilinea, buona taglia, testa piccola con muso lungo e sottile, orecchie piegate in avanti e parallele al muso, occhio a mandorla di colore nero, pelle scura con setole nere che formano lungo la linea dorso-lombare una specie di criniera denominata “linea sparta”.
Razza robusta, ha carni saporite, adatta al consumo fresco ed alla trasformazione secondo i metodi tradizionali.
È stata inserita dalla Regione Emilia-Romagna nel Piano Regionale di Sviluppo Rurale, come razza da salvare, e dal movimento Slow Food nelle 100 produzioni italiane da presidiare: il Presidio vuole salvare dall'estinzione la Mora Romagnola.
L'associazione dei produttori del Presidio riunisce alcun allevatori e trasformatori che impiegano le carni dei suini cresciuti nelle loro aziende per realizzare i Salumi tradizionali di Mora Romagnola del territorio.
Prodotti che uniscono alla eccellente qualità organolettica e qualitativa la sicurezza della filiera produttiva, con una particolare attenzione al benessere animale durante la fase di allevamento.
Bél e còt o Bél a còt
Pur avendone l’aspetto, non è un cotechino ma un insaccato che si produce con carne muscolosa di maiale e cotica e si gusta specialmente durante la Festa della Madonna dei Sette Dolori (Madonna di Sètt Dulur - 3ª domenica di settembre).
Non ci sono notizie storiche sulla data di nascita di questo Salume; ciò nonostante, la Salsiccia è citata come unica specialità di Russi (Comune a 17 km da Faenza) nella 1ª Edizione della «Guida Gastronomica d’Italia» edita dal TCI nel 1931.
Il fatto di essere stata progettata per essere cotta in padella, veniva incontro a chi non poteva disporre di un camino dove cucinare ai ferri e voleva fare una cottura più veloce e con minor dispersione dei grassi di cottura.
Dopo un confronto tra i migliori Norcini Russiani, sono state identificate le parti del maiale, utilizzate solitamente per la preparazione dell’impasto della salsiccina sottile: muscoli del dorso, del fianco, dell’addome, della coscia.
La suddette parti, vengono utilizzate nello stesso rapporto, macinate, speziate (con sale dolce di Cervia schiacciato fino, pepe nero macinato, vino bianco secco) ed impastate.
Per l’insacco si utilizzano budella di pecora, chiamate «i rudlé», e poi anellata a 3 Salsiccini per 3.
La Zootecnia, permette anche la produzione di un formaggio tipico e saporito, di latte vaccino e struttura molle, lo
SQUACQUERONE DI ROMAGNA DOP (Denominazione di Origine Protetta)
Che forma volete abbia uno squacquerone?
Già il nome, indica la consistenza ingovernabile di questo formaggio freschissimo, che, solitamente, viene spalmato su Piadine e Focacce.
Ha gusto delicato e dolce e si produce tutto l'anno.
Il latte pastorizzato o termizzato, viene portato a circa 37°C, e vi si aggiungono lattoinnesto e caglio liquido.
Dopo circa 25 minuti si rompe la cagliata in 2 fasi, quindi si lascia sedimentare eliminando il siero.
A questo punto, si sistema la massa negli stampi e si inizia la stufatura, durante la quale le forme vengono girate con regolarità.
Si sala in salamoia al 20% per un'ora.
Dopo qualche giorno, lo Squacquerone è pronto per il consumo.
Il Territorio, è anche ricco di Prodotti Agricoli di alta qualità come la
PESCA NETTARINA DI ROMAGNA IGP (Indicazione Geografica Protetta) sono le uniche pesche a vantare il riconoscimento europeo di Indicazione Geografica protetta (IGP) all’interno dell’Unione Europea.
Dolci, succose e disponibili sul mercato dal 10 giugno al 20 settembre, hanno nel loro disciplinare numerose varietà che consentono un’ampia scelta lungo tutto il periodo di commercializzazione.
Prodotto Frutticolo fresco, ottenuto da diverse varietà a polpa gialla e polpa bianca.
Origini Storiche: La Nettarina ha avuto origine dalla «Persica Laevis», della famiglia Rosacee, genere Prunus.
La presenza nel territorio di Romagna è molto antica. Con il nome di «Pesca Noce» è citata nel trattato Seicentesco di Vincenzo Panara «L'economia del cittadino in Villa».
Caratteristiche: La Pesca Nettarina conquista per la rapidità del consumo; ben lavata senza doverne asportare la buccia che è glabra, e spiccagnola (è di frutto, specialmente pesca o susina, i cui noccioli si staccano nettamente e facilmente dalla polpa) al punto giusto e si lascia aggredire a morsi come una mela.
E il sapore è gradevolmente zuccherino, non vira quasi mai verso note più acerbe, più dolce però è la varietà gialla, rispetto a quella bianco-rossastra.
Ottima soluzione per la merenda dei bambini che possono gustarla senza l'intervento dell'adulto e senza il supporto del bavaglio antimacchia.
Tecniche di Produzione: la Pesca Nettarina viene ottenuta con tecniche tradizionali e rispettose dell'ambiente.
La dimensione degli alberi deve essere determinata in vista di ottenere prodotti di alto livello qualitativo; occorre effettuare almeno 3 raccolte senza danneggiare il frutto.
Il limite massimo sono di 2.000 piante per ettaro, relativamente alla produzione.
Le forme di allevamento sono: palmetta, fusetto, vaso e vasetto ritardato.
Ove possibile, la difesa fitosanitaria di prevalente utilizzo deve far ricorso alle tecniche di lotta integrata o biologica.
La Nettarina di Romagna, all'atto dell'immissione al consumo, deve avere le caratteristiche proprie delle diverse specie previste, con diametro minimo di 25 millimetri (per le cultivar a polpa gialla) o 23 millimetri (per quelle a polpa bianca) e tenore zuccherino minimo di 11° Brix (il Brix è una misura delle sostanze allo stato solido dissolte in un liquido.
Il nome deriva da Adolf Ferdinand Wenceslaus Brix.
Un grado Brix corrisponde ad 1 parte di sostanza solida in 99 parti di soluzione.
Per esempio una soluzione a 25°Bx contiene 25 grammi di sostanze solide in 75 grammi di liquido totale).
FRUTTI DIMENTICATI
Frutti che erano consumati un tempo dalla Popolazione Contadina della Collina, e che mutamenti sociali e modi di vita, insieme ad un nuovo mercato e nuove mode alimentari, hanno via via emarginato.
Origini Storiche: Nespola, Sorba, Pera Volpina, Mela della Rosa, Mela Cotogna, Corbezzolo, Corniolo, Melograno... nomi che riportano alla memoria molti sapori e ricordi ormai sopiti e ben noti alle nostre nonne, che, da questi frutti spontanei o coltivati in aree marginali, sapevano ricavare Piatti Gustosi ed ottime Marmellate.
Frutti di quelli che si raccoglievano direttamente dalla pianta, nell'Orto dietro casa o, meglio ancora, nei boschi d'intorno.
Sapori dell'infanzia, per un po' dimenticati perché battuti sui banchi dei Fruttivendoli da coltivazioni più redditizie, salvati dall'estinzione grazie ad un rinnovato interesse nei confronti di tutto quanto si lega alle Tradizioni di un certo territorio.
Caratteristiche: In onore di questi frutti, che stanno vivendo un momento davvero magico per il recupero delle piante dimenticate, tutti prodotti locali tipici della stagione: mele, funghi, vino, castagne, tartufi, miele, conserve e deliziose marmellate preparate artigianalmente.
Utilizzi: I frutti dimenticati sono di casa nelle cucine; fra le ricette a base di questi frutti ricordiamo la Salsa di Rovo e di Gelso, le Composte di Corniole e di Cotogne, il Savor di Giuggiole, la Torta di Mele Selvatiche ed i Dessert con protagoniste le Pere «Broccoline» e quelle «Volpine», con le Castagne, l'Alkermes, il Vino ed il Formaggio.
Un gruppo di frutti dimenticati serve per comporre un antico piatto tipico, il «Migliaccio», che richiede mele cotogne, pere volpine, mele gialle, cioccolato, pane raffermo grattugiato, canditi, riso e sangue di maiale in aggiunta.
Infine, i frutti dimenticati trovano un grande aiuto gastronomico dando vita a piatti straordinari come le insalate di sedano, ribes bianco e rosso in agrodolce, o di finocchio selvatico con tarassaco, cerfoglio e salsa di melograno, completate dall'Olio Extravergine Brisighello.
Nei menù compaiono i Risotti di pere volpine, l'Arrosto di Arista con castagne e lamponi o il Rotolo di Vitello al melograno, i Dolci Autunnali ai frutti dimenticati, la Crostata di marmellata di sorbe, le prugne o prugnole ripiene di noci e zabaione, il Sorbetto alle corniole.
MARRONE
Il Marrone ha forma ellittica, pezzatura variabile da media a molto grossa e sapore dolce o molto dolce, il colore della buccia è marrone chiaro con striature più scure e ogni Riccio contiene 2 frutti, più raramente 1 o 3.
Origini Storiche: Per quel che riguarda la Storia dei Marroni di Brisighella si sono fatte indagini che hanno tentato di risalire alle origini del Castagneto da frutto ed alla sua diffusione in zona, dove assunse rilevanza degna di nota dopo l'anno 1000.
Gli artefici dei primi impianti di Castagno, furono, con buona probabilità, individui riuniti in Comunità Religiose, come i Monaci Benedettini e quanti altri ruotavano attorno ai Rettorati delle Pievi locali.
Nessuno meglio di loro, detentori di una solida cultura, propagatori di alti valori di vita, poteva organizzare anche la messa a coltura del territorio, nonostante l'impervietà del suo profilo.
Fu così che, le popolazioni dell'Appennino Faentino ebbero a propria disposizione una pianta le cui origini erano arretrate in lontane Ere Geologiche (era Cenozoica), al varco di vari milioni di anni e la cui provenienza si sarebbe rintracciata, solo in seguito in aree dell'Asia Minore, molto vocate alle genesi di innumerevoli alberi da frutto, che hanno raggiunto con successo il 3° Millennio, dopo aver conquistato i continenti più ricettivi.
Come l'Europa ed in particolare il Bacino del Mediterraneo, complici le Civiltà più in vista, che vi si spostavano con intenti commerciali.
Sembra, infatti, che anche il merito dell'ingresso del Castagno in Italia, vada assegnato agli Etruschi.
I Romani, perciò se lo trovarono già in casa e continuarono a coltivarlo pur relegando il suo frutto alla Mensa Plebea, come elemento farinaceo alternativo ad altri più usati per placare la fame.
E la Castagna assolse questo compito di sedare i morsi della fame nel corso dei secoli, tanto che, solo da pochi decenni, si è liberata dell'epiteto di "pane dei poveri".
Quali fossero i poveri in questione, è deducibile dalla collocazione naturale dell'albero, nelle zone boscose e perciò meno coltivabili.
Sono stati sfamati dalle Castagne gli abitanti del medio ed alto Appennino, un po' dunque nella Penisola, i quali seppero sfruttare ogni minima potenzialità del frutto dalla dura scorza, poco dotata di potere proteico, ma versatile quanto alle sue trasformazioni in frutto secco e, di più, in sfarinati succedanei delle farine di cereali.
Caratteristiche: Il Marrone ha elevati Contenuti Nutritivi, presenti nei frutti, sia freschi che secchi: i Glucidi raggiungono valore del 40% nei frutti freschi e del 73% in quelli essiccati; forte anche la presenza del Potassio fra gli elementi minerali e della Vitamina C, mentre le Calorie hanno valori variabili da 200 unità (frutti freschi) a 370 (frutti secchi).
I Marroni, quindi, costituiscono un alimento sano, genuino, nutriente, di facile digeribilità, ottimo da inserire nelle diete alimentari mediterranee, per tutte le fasce di età.
Produzione ed Utilizzi: La buona pezzatura e le ottime caratteristiche organolettiche, lo rendono idoneo sia per il consumo fresco, sia per la trasformazione industriale.
Poiché è un frutto soggetto ad alternarsi rapidamente sia a terra che dopo la raccolta, occorre assicurare una buona conservazione.
I metodi di conservazione più usati sono la Curatura e l'Essiccazione.
Gran parte della produzione di Marroni e di Castagne, nazionale e locale, è destinata al consumo fresco (circa il 70-80%), mentre la quota restante, è per lo più assorbita dall'industria dolciaria.
ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO
Tra i piatti tipici della Cucina Faentina, la pasta «fatta in casa» Pasta tirata a mano, conditi con il ricco ragù di carne Romagnola.
PASSATELLI - classico ingrediente da Minestra Romagnolo.
I Passatelli, si confezionano a partire da un impasto sodo di pane bianco secco grattugiato, Parmigiano Reggiano, midollo di bue (o burro, in alternativa), uova, noce moscata e, facoltativa, scorza di limone. Usando un apposito attrezzo con fori, o un torchietto a mano, si ricavano dei vermicelli, sorta di trucioli di 3-4 cm, da far cadere in un brodo di carni miste in ebollizione.
Sempre più spesso sono serviti anche asciutti, con un sugo fresco di pomodoro o un ragù di carni bianche.
Preparazione: Per 6 persone amalgamare bene 150 g di pangrattato, 200 g di parmigiano grattugiato, 4 uova intere, 1 pizzico di noce moscata, un po' di sale e 50 g di midollo di bue.
Con l'aiuto dell'apposito attrezzo, si ricavano i passatelli della lunghezza preferita e si fanno cuocere in 2 litri circa di brodo di carne bollente e si servono caldi.
Attrezzi: Una terrina per amalgamare l'impasto e l'apposito attrezzo detto "ferro dei passatelli" con lamina traforata attraverso la quale deve passare l'impasto.
QUADRUCCI
Formato oggi principalmente legato alla produzione industriale, è una pasta all'uovo di piccole dimensioni, di norma da accompagnare al brodo.
La sua rilevanza, risiede però nel suo essere, originariamente, un prodotto di recupero, legato all'abitudine domestica di utilizzare tutte le parti della sfoglia, tirata al mattarello, per la preparazione di varie specialità: i margini e ritagli erano destinati a vari usi, prevalentemente minestre, più o meno brodose, spesso in accoppiata con legumi: è il caso dei Maltagliati, in area Emiliano-Romagnola, tradizionalmente utilizzati preparazione della pasta e fagioli, e dei Quadrucci che, tagliati irregolarmente al coltello, erano, di norma, serviti con poco brodo, piselli ed insaporiti con qualche pezzetto di pancetta o di gambuccio di prosciutto.
MALTAGLIATI
Pasta fresca casalinga a base di farina di grano tenero e uova, ma anche solo di acqua e farina, che, per definizione, è irregolare: avremo, quindi, rombi, rettangoli, strisce più o meno lunghe, spesso ricavati dagli avanzi della lavorazione di altre paste.
Si gustano tradizionalmente in brodo di verdure o di fagioli (Maltajà, Maltagliati con fagioli, Sguazzabarbuz, Straciamuus), oppure asciutti, con condimenti dettati dagli usi dei diversi luoghi e territori: in Emilia-Romagna, loro terra d'elezione, come Maltajà o Malintaià.
TORTELLI
Tradizionalmente, formato di pasta fresca all'uovo ripieno, con piccole varianti, in gran parte del territorio nazionale e tipica soprattutto nell'area Emiliano-Romagnola; di norma farcita con erbe e formaggio.
La Foggia quadrata, con qualche concessione verso forme leggermente rettangolari, è da considerarsi quella maggiormente usata, sebbene di varianti in questo senso ne esistono moltissime.
Il termine «Tortello», ha finito per sovrapporsi a quello generico di «Raviolo», ammettendo così una grande varietà nell'aspetto, con l'unico denominatore di appartenere sempre alla pasta ripiena.
Preparazione: Per 6 persone, a forma di mezzaluna, si prepara una sfoglia con 600 g di farina e 6 uova, si stende sottilmente e, con l'aiuto di 1 bicchiere, si ricavano tanti dischetti di circa 7-8 cm di diametro.
Si prepara quindi il ripieno, facendo amalgamare 600 g di ricotta fresca, 2 uova intere, 150 g di parmigiano grattugiato, 1ª manciata di prezzemolo tritato, 1 pizzico di noce moscata ed un po' di sale.
Si pone al centro di ogni disco, 1 cucchiaino di ripieno e piegare a metà la pasta, dandole così la forma di una mezzaluna, facendone aderire bene i bordi.
Si cuoce la pasta in abbondante acqua salata e si condisce con ragù e parmigiano grattugiato o salsa di pomodoro.
Attrezzi: Tagliere e mattarello per preparare la sfoglia e bicchiere per ricavarne dei dischi; terrina per preparare il ripieno e cucchiaino per metterlo sulla pasta.
CAPPELLETTI (Caplèt)
Pasta all'uovo ripiena, tipica dell'Emilia Romagna, diffuso a livello nazionale, ed anche in versione industriale.
I Cappelletti tradizionali sono Emiliani e Romagnoli, uguali nella forma ma un po' diversi nel ripieno: in Romagna, i classici sono di magro e prevedono, oltre al Parmigiano Reggiano, anche Ricotta o Raviggiolo.
Si servono tradizionalmente in brodo, ma talvolta, anche asciutti con ragù.
Sono strettamente imparentati con il più celebre Tortellino, che si differenzia per ripieno e tipo di chiusura.
Preparazione: si prepara il ripieno per i Cappelletti con 3 etti di ricotta, un pizzico di sale, pepe, noce moscata ed un pizzico di buccia di limone grattugiata.
Si fa una sfoglia piuttosto tenera di farina con sole uova servendosi anche di qualche chiara rimasta.
A sfoglia ben stesa sul tagliere, si ricavano dei quadrati di pasta di circa 3x3 cm; quindi. si riempiono con una noce di impasto e si chiudono i Cappelletti prima che la pasta asciughi troppo.
Per una perfetta chiusura del Cappelletto, si trasforma il quadrato di pasta in un triangolo, si prendono a questo punto le 2 estremità ed si uniscono tra loro.
Si cuociono i Cappelletti in un buon brodo di cappone o di pollo.
STROZZAPRETI
Formato di pasta fresca preparato con farina, acqua e un pizzico di sale, che può anche essere omesso.
L'impasto, è di norma tirato in una sfoglia di 2 o 3 mm di spessore, poi ritagliata in strisce larghe un paio di centimetri, strofinate tra le mani, fino a formare una sorta di stringa a spirale, poi "strozzata", cioè spezzata, in tronchetti lunghi 5 o 6 cm.
Il formato è diffuso in tutto il Centro-Nord, sebbene con questa accezione sia caratteristico soprattutto dell'area Romagnola e condito, di norma, con sughi ricchi a base di salsiccia, spesso "pasticciati" con l'aggiunta di panna.
CAPRICCI
Pasta al forno farcita con ripieno di spinaci, besciamella e prosciutto cotto.
Preparazione ed ingredienti: Per 4 persone si prepara una sfoglia con 400 grammi di farina e 4 uova.
Si taglia in 4 parti, si sbollenta in acqua salata e si fa asciugare.
Si stendono su ogni sfoglia i seguenti ingredienti: 1 kg circa di spinaci lessati, 1 litro di besciamella, 250 g di prosciutto cotto a fette intere ed una spolverata di parmigiano.
Si arrotola ogni sfoglia e taglia a fette di 3-4 cm.
Si adagiano le fette ricavate dai 4 rotoli su una teglia imburrata e si copre con panna da cucina.
Si mette in forno a 200 gradi per 15-20 minuti e si serve caldo.
Attrezzi: Tagliere e mattarello per preparare la sfoglia; una teglia da forno; posate varie.
ZUZIZINA STILA
Caratteristico piatto da gustare durante la Festa della Madonna di Sètt Dulur, con il Bél e còt o Bél a còt, che, pur avendone l’aspetto, non è un Cotechino, ma un insaccato che si produce con carne muscolosa di maiale e cotica.
Queste Salsicce lunghe e sottili, si consumano cotte, la cottura è breve preferibilmente in padella, al tegame, oppure ai ferri.
È d’uso accompagnarle con patate fritte oppure con il sugo di pomodoro con o senza patate.
Con queste Salsicce, si preparano piatti appetitosi ed anche veloci che solitamente vengono abbinati a vini locali, bianche secchi, quali il Trebbiano ed il Lanzes, oppure con vini rossi giovani, vivaci o fermi che siano, quali la Canena ed il Sangiovese.
TORTELLI DI SAN LAZZARO
Dolcetti con ripieno a base di castagne, che si mangiano soprattutto nel periodo della Festa di San Lazzaro che a Faenza si festeggia per tradizione nel Borgo Durbecco la 5ª domenica di Quaresima.
Preparazione: La sera precedente alla preparazione dei Tortelli, si mettono a bagno, in acqua tiepida 300 g di castagne secche.
Il giorno dopo, si lessano e passano al setaccio.
In una terrina si mescolano le castagne con 150 g di zucchero e la scorza grattugiata di 1/2 limone e si amalgamare con la Sapa (sciroppo a base di mosto fresco filtrato e bollito, usato per la preparazione dei tortelli dolci), fino ad ottenere un impasto morbido. Si prepara poi 1ª sfoglia con 300 g di farina impastata con 2 uova, 100 g di zucchero e qualche cucchiaio di vino bianco secco.
Si stende sottilmente e, con l'aiuto di 1 bicchiere, si ricavano dei dischi di 7-8 cm di diametro: si pone al centro dei dischi 1 cucchiaino di ripieno e si ripiegano a forma di mezzaluna.
I tortelli dolci, vanno cotti in forno ben caldo per circa 1/2 ora su una piastra imburrata.
Si possono servire dopo averli spolverizzati con dello zucchero, sia caldi che freddi, oppure inzuppati nella Sapa, come si usa per tradizione.
Attrezzi: Setaccio per passare le castagne, terrina per mescolare gli ingredienti del ripieno, tagliere e matterello per preparare la sfoglia dolce.
MIGLIACCIO - Dolce tipico delle Feste di Carnevale.
In origine, si preparava nei giorni di macellazione del maiale in quanto veniva aggiunto anche sangue fresco di maiale.
Preparazione: Si mette sul fuoco 1 litro di latte, 300 g di zucchero, la scorza grattugiata di mezza arancia o di un limone, 70 g di mandorle spellate e tritate, 50 g di cioccolato a pezzetti, 100 g di canditi a dadini, un po' di noce moscata grattugiata, 1 uovo intero ed 1 bicchiere di Saba (Sciroppo a base di mosto fresco filtrato e bollito, usato per la preparazione di tortelli dolci).
Si fa bollire per qualche minuto, mescolando continuamente, poi si toglie dal fuoco.
Si prepara, intanto, una pasta frolla con 300 g di farina, 3 uova, 150 g di zucchero e la scorza grattugiata di 1/2 limone.
Si fodera con la pasta frolla uno stampo imburrato e vi si versa dentro il composto.
Si spolverizza con zucchero e si mette in forno a calore moderato per circa 2 ore.
Attrezzi: Pentola per far bollire gli ingredienti, stampo da forno per dolci, posate varie.
SAVOR - Dolcetti a base di mosto e frutta autunnale.
Il Savor, in dialetto «Savôr», è un'antica marmellata diffusa un tempo, soprattutto in Romagna.
È un dolce "povero", che si ottiene, dopo lunga bollitura, facendo cuocere nel mosto d'uva nera, un'insieme di frutti autunnali ("frutti dimenticati") come frutta secca, polpa di zucca, scorze di arancio e limone.
Denso e scuro, il Savor è ottimo per accompagnare indifferentemente piatti dolci, arrosti e bolliti.
Preparazione: Si uniscono assieme al mosto di uva bianca, vari tipi di frutta autunnale (mele cotogne, fichi, prugne, ecc.): la proporzione sarà di metà mosto e metà frutta.
Si fa bollire lentamente per 6-7 ore, fino a far ridurre della metà la quantità iniziale.
Il risultato sarà una composta di colore bruno e di consistenza gelatinosa, dolce e aromatica.
Si lascia raffreddare su un piatto ampio e si serve tagliata a quadretti.
Attrezzi: Pentola per far bollire gli ingredienti, posate varie.
SAPA o SABA
Sciroppo a base di mosto fresco filtrato e bollito, usato per la preparazione di tortelli dolci, come ingrediente per crostate o altri dolci o allo stato puro.
Preparazione: Per preparare la Sapa, si mette a bollire 3 litri di mosto fresco e ben filtrato.
La Sapa deve bollire lentamente per circa 18-20 ore e va schiumata durante le prime ore di ebollizione.
Alla fine, il mosto si ridurrà di circa 2/3 rispetto alla quantità iniziale.
Si lascia raffreddare e conservare in bottiglie o vasetti.
Attrezzi: Pentola per far bollire il mosto, cucchiaio per mescolarlo e bottiglia per riporlo.
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