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Soppressata di Calabria e Sobrasada di Maiorca tipicità condivise


Sapete che oltre alle biodiversità e alle tipicità identitarie esistono anche le identità e tipicità condivise?

Ebbene, ci sono prodotti vegetali come il peperone, la melanzana, la patata, il pomodoro, che hanno reso mitiche le cucine tipiche senza esserne tipiche produzioni autoctone.

Interessante seguirne gli itinerari lungo le vie dei commerci e delle spezie provenienti dal lontano Oriente o dalle lontane Americhe; poi ci sono prodotti delle terre Mediterranee come la vite con uso per vino o l’olivo che importate in tempi lontani quanti immemorabili, attecchiscono e si attestano come prodotti geograficamente protetti, identitari e parte integrante del paesaggio. 

Ma ci sono anche elaborati culinari che, prima dell'unità europea hanno fatto la storia dell’integrazione mediterranea.

È il caso di 2 prodotti gemelli diversi: Sobrasada di Maiorca e Soppressata di Calabria prodotti in terra spagnola la prima, e che fu dominio spagnolo al tempo dei Borboni del Regno delle Due Sicilie la seconda.


La Sobrassada è un salume tipico dell'isola di Maiorca e delle Isole Baleari, elaborato a partire da carne e grasso di maiale, paprika e sale e tutelato come Igp - Indicazione geografica protetta.

La sobrasada è un insaccato crudo e stagionato, molto tipico di Maiorca e delle Isole Baleari. 

L'origine del suo nome proviene dall'italiano “soppressa”, e non a caso possiede una notevole somiglianza con la soppressata calabrese.

La Sobrasada di Maiorca è composta di carne di maiale, sminuzzata mediante la tecnica definita "punta di coltello", mescolata con paprica dolce (che le conferisce quel suo caratteristico color rosso), sale, pepe ed altre spezie. 

Come normalmente succede con le ricette tradizionali, ogni paese ed ogni famiglia conserva la sua propria forma di elaborarla, perciò, a seconda del luogo di Mallorca in cui vi troverete, potrete imbattervi con differenti varietà di sobrasada. 

Di solito si presenta come una crema o con forma di salame.


La carne, macinata e mescolata con le spezie, va lasciata riposare per alcune ore dopo la mattanza e successivamente con essa si riempiono i budelli naturali e si lascia il tutto a stagionare. In questa fase si produce una lenta trasformazione del prodotto che perde parte del contenuto acquoso iniziale e inizia processi degradativi che donano al prodotto la sua consistenza e sapori finali. Ogni famiglia ha le proprie peculiarità riguardo alla ricetta e ai metodi di preparazione, tuttavia una proporzione adeguata potrebbe essere la seguente:


Carne magra: 50%

Grasso: 50%

Sale: 27/28 gr. per chilogrammo di impasto

Paprica dolce: da 55 a 60 gr per chilogrammo di impasto.

Paprica piccante: a piacere.



In Italia del Sud si ritrovano delle ricette, paragonabili alla Sobrasada, non tanto alla Soppressata quanto alla Nduja, la cui ricetta fu importata dalla Sicilia a Valencia e poi nelle Baleari.


La Soppressata è un particolare tipo di salume riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale italiano e diffuso in Calabria, Basilicata, Puglia, Abruzzo, Molise e Campania, guarda caso tutte appartenenti al Regno delle Due Sicilie.

Si ritiene che la soppressata (dialetto lucano: subbursata o soperzata a seconda delle zone) abbia avuto origini nella zona lucano-calabra, secondo la testimonianza scritta più antica datata 1719.

Il nome deriva dall'azione di pressione compiuta mentre il prodotto è in fase di essiccazione, dandogli una forma appiattita.


La carne utilizzata è di puro suino macellata fresca, mediante la tecnica definita "punta di coltello", un taglio grossolano che consente alla carne di rimanere molto compatta e mantenere così una peculiare integrità organolettica. 

La soppressata è preparata con una selezione di tagli nobili di prosciutti, spalle e rifili di pancetta e lardo tenero (questi ultimi, in particolare, vengono utilizzati allo scopo di "ammorbidire" la carne utilizzata, normalmente troppo magra per poter essere utilizzata da sola).



La carne così tagliata viene poi condita semplicemente con sale, grani di pepe interi (eventualmente "ravvivati", poco prima, mediante una leggera pestatura in mortaio), e peperone essiccato in polvere. 

Successivamente, viene infilata in un budello che, se naturale, va pulito scrupolosamente con sale e limone, e viene legata con spago per compattarne il contenuto. 

La soppressata viene poi lasciata ad essiccare, al buio, dalle 3 alle 12 settimane, a seconda del diametro, perdendo il 30% del suo peso originario.


L'essiccazione ottimale va fatta ad umidità e temperatura controllata (un innalzamento repentino della temperatura può provocare il "buco" all'interno del salume, e rovinarne alcune peculiari caratteristiche), per questo motivo nelle zone di produzione della soppressata si è soliti prepararla d'inverno: una stanza fredda infatti, debitamente munita di camino, può essere all'occorrenza deumidificata e riscaldata nelle giornate troppo fredde e umide, e lasciata raffreddare rapidamente nel naturale rigore invernale, dopo una delle rare giornate di sole. 

Dopo l'essiccazione, la soppressata viene generalmente conservata in barattoli con olio d'oliva. 

Varianti della preparazione descritta sono una leggera affumicatura, e la conservazione (raro per questo prodotto, più consueto per il salame pezzente) nella "sugna" fresca di maiale.


La 'Nduja, invece, è un insaccato tipico calabrese di consistenza morbida e dal gusto più o meno piccante.

Il nome 'nduja è collegato ad altri 2 particolari tipi di insaccato costituiti da carne e spezie, il piemontese salam dla duja e la francese andouille, da cui la 'nduja prende il nome, tutti termini che traggono origine dal latino "inductilia" («cose pronte per essere introdotte», da "inducere").


Varianti meno comuni sono la forma italiana anduglia e altre forme dialettali quali anduja, 'ndugghia, 'nduda.

Il nome va pronunciato articolando la semiconsonante j come una fricativa postalveolare sonora [ʒ], ossia come la j iniziale di "jour" ("giorno" in lingua francese); tale fonetica è propria dell'altopiano del Poro e del Comune di Spilinga (area di produzione tipica della ‘nduja), nonostante nell'uso comune sia ormai da registrarsi una generalizzata tendenza ad "italianizzare" la pronuncia del termine articolando la semiconsonante j come un'approssimante palatale sorda [j], ossia come la i iniziale di "ieri".


È tipica delle zone dell'altopiano del Poro: Spilinga come detto (in provincia di Vibo Valentia) è il comune di origine.

Preparata con le parti grasse del maiale, con l'aggiunta del peperoncino piccante calabrese, è insaccata nel budello cieco (orba) per poi essere affumicata.


Storicamente la 'nduja è un piatto povero, nato per utilizzare gli scarti delle carni del maiale: milza, stomaco, intestino, polmoni, esofago, cuore, trachea, parti molli del retrobocca e faringe, porzioni carnee della testa, muscoli pellicciai, linfonodi, grasso di varie regioni, ecc. 

L’abbondante contenuto di peperoncino, con le sue proprietà antisettiche, fa sì che la 'nduja non abbia bisogno di conservanti


Si consuma spalmandola su fette di pane abbrustolito, meglio se ancora calde, o utilizzata come soffritto per la base di un ragù o di un sugo di pomodoro, con aglio; può essere usata per guarnire la pizza, prima degli altri condimenti se cruda, oppure appena sfornata; si può consumare su fettine di formaggi semi-stagionati o può entrare nella composizione di frittate.

 

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