Catanzaro è un comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Calabria. Secondo comune della regione per popolazione. Storico capoluogo dell'antica provincia di Calabria Ultra per oltre 200 anni, la città è sede dell'Università degli Studi "Magna Græcia", secondo ateneo calabrese per numero di iscritti. Era anticamente conosciuta, come la Città delle 3 "V", riferite a 3 caratteristiche distintive della città, ovvero: V di San Vitaliano, santo patrono; V di vento, in
quanto costantemente battuta da forti brezze provenienti dal Mar Ionio e
dalla Sila, tanto da aver ispirato un detto popolare che così recita:
"trovare un amico è così raro quanto un dì senza vento a Catanzaro"; V
di velluto in quanto importante centro serico fin dai tempi dei
Bizantini ("V
V V" era la sigla con cui venivano identificati, sui mercati nazionali
ed esteri i velluti, i damaschi ed i broccati provenienti dalla città).
Posta sul lato Jonico calabrese, si raggiunge da Lamezia Terme, posta sulla costa Tirrenica; con l'uso del treno proveniente da Nord e diretto a Reggio Calabria, nella Stazione di Lamezia Centrale, alcune carrozze vengono sganciate per attaccarle a un locomotore a nafta che porterà alla Stazione di Germaneto (essendo stata dismessa la mitica Stazione di Catanzaro Sala sottostante la città). In automobile, invece, sempre provenendo da Lamezia Terme, dove si trova l'omonima uscita dell'Autostrada del Mediterraneo dalla quale, prendendo la Strada Statale N. 280 (E 848) in 34 km si giunge a Catanzaro.
Città animata e vivace, è caratterizzata da un'atmosfera squisitamente urbana, situata in magnifica posizione panoramica su un lungo sperone dai fianchi dirupati, dominante la confluenza del torrente Musòfalo e della Fiumarella, in vista del Mar Jonio. L'economia della città, che si giova in larga misura delle attività burocratiche ed amministrative, ad altre valide risorse in una notevole produzione agricola col relativo commercio e in varie aziende industriali e artigianali operanti nei settori alimentare, chimico, meccanico, dei mobili, cementizio, laterizio e ceramico.
Catanzaru a citta' do' morzeddu e dei 3 v (ventu, vitalianu, vellutu). Catanzaro
è città antica, fondata probabilmente alla fine dell'anno 800 o agli
inizi dell'anno 900, dopo la conquista bizantina della Calabria per
opera di Niceforo Foca, che la sottrasse ai Saraceni ed ai Longobardi,
fu un centro fortificato a dominio delle comunicazioni tra Ionio e
Tirreno e, data la posizione alta e salubre, fu rifugio di popolazioni
rivierasche in fuga per incursioni saracene e per la malaria. Nel 1059 Catanzaro fu tolta ai Bizantini da Roberto il Guiscardo, ma conservò l'originario carattere bizantino. Eretta
in contea dai Normanni, fu centro di un vasto complesso feudale,
all'inizio del 1100 fu sede vescovile, dal 1928 arcivescovile. Convive col suo vento, tanto che un detto afferma che "Trovara n'amicu è accussi raru comu nu jornu senza ventu a Catanzaru" (trovare un amico è tanto raro come un giorno senza vento a Catanzaro); motivo, la sua posizione che la vede poggiata su 3 colli come
su nido d'aquila, in fondo ad una valle che fa da corridoio che la collega col mare e alle spalle la montagna della Sila. Pertanto, gode di una magnifica posizione panoramica
su un lungo sperone dai fianchi dirupati, dominante la confluenza dei
torrenti Fiumarella (nel dialetto locale Hjiumareddha, anticamente detto
Zaro), Musofalo, Corace (anticamente detto Crotalo), il maggiore in
termini di portata d'acqua e che delimita il confine comunale a sud, ed
Alli, che delimita il confine comunale a nord.
"Città dei 3 colli" rappresentati anche nello stemma civico: colle di San
Trifone (oggi San Rocco), colle del Vescovato (oggi Piazza Duomo) e
colle del Castello (oggi San Giovanni). Si affaccia sul golfo di Squillace, nel mar Ionio, la vista è magnifica,aperta da ogni lato ad un paesaggio diverso: montano alle spalle, circondato da colline e conosciuta come la "Città tra 2 mari",
in quanto situata nell'istmo di Catanzaro, ovvero la striscia di terra
più stretta d'Italia, dove soli 30 km separano il mar Ionio dal mar
Tirreno. Ciò
consente di vedere contemporaneamente, dai quartieri nord della città
in alcune giornate particolarmente limpide, i due mari e le isole Eolie.
ORIGINE del NOME (Toponomastica)
E' Catanzàro (con la z dura) nella pronuncia corrente, in loco catanzàro (con la z dolce), in dialetto catanzàru; il toponimo è menzionato in documenti greci del 1100 e 1200 come χαστροv Kαταvξαριoυ, χωρα Kαταvξαριoυ, πòλεως Kαταvξαριoυ, mentre Catacium, nome più antico, che figura in un documento latino medievale, probabilmente va letto *Catancium ed interpretato come riflesso di un decreto *χαταγχιοv (gola di monte, convalle). La forma moderna Catanzaro sembra rispecchiare un latinizzato *Catanciarium (col nesso ncj, ntj - nz) che a sua volta rende un toponimo greco medievale composto di χατω αvτσαρι (sotto la terrazza), con riferimento al terreno terrazzato ad orti e giardini attorno alla città. La parola αvτσαρι si confronta con il reggino anzàra (luogo pianeggiante che sovrasta il precipizio), ed è in ultima analisi un termine derivato dall'arabo anzòr (terrazza). Catanzaro ha avuto differenti nomi, che corrispondono alle diverse epoche storiche attraversate dalla città:
Katantza'rion, insediamento greco-romano; Cathacium, durante epoca tardo-romana; Cantacium, Catanzium, Catancium, altre varianti latino-medievali; Quatansàr, quinquennio saraceno; Rocca di Niceforo, periodo Bizantino; Cathacium, periodo Normanno; Cathanzario, regno di Napoli; Catanzaro, Unità d'Italia.
Catanzaro, nel suo nome il segreto della seta Perché l'arte della seta si sia sviluppata solo a Catanzaro è un mistero ancora irrisolto, considerando il fatto che a quei tempi tutto il meridione d'Italia era sotto dominio bizantino. Secondo un recente studio, il significato stesso del nome primitivo della città, Katantzárion, potrebbe essere fatto risalire al verbo greco katartizen, il cui significato è "preparare", "confezionare" ed anche "lavorare" e denota chiaramente l'azione che appartiene ad un qualche processo preparatorio, con riferimento ad un luogo "segreto" (ant) "posto sotto" (katà) "le terrazze" (anzar) "di un monte". Laggiù (katacì) oltre il fiume Zaro, il cui accesso, consentito solo a chi conosceva il posto, era controllato dalla porta di Stratò, su cui erano presenti tutte le risorse ambientali per l'impianto di un opificio, l'acqua necessaria in tutte le fasi della lavorazione, il vento per allontanare il cattivo odore, il sole per asciugare la seta. In quel luogo occulto, gli artigiani (katartarioi) esercitavano la trattura della seta grezza (katarteon sericon) e con le loro "segrete invenzioni" per la filatura e la torcitura, preparavano il prezioso filo di seta (katartizein metaxa). La presenza di una tale struttura ovvero uno stabilimento imperiale (risalente alla prima colonizzazione), con manodopera qualificata e speciali attrezzature tecniche, nel quale potrebbero essere confluiti sia gli artigiani espulsi dalle corporazioni e mandati in esilio, sia schiavi orientali giustificherebbe, quindi, lo sviluppo e la successiva affermazione dell'arte della seta nella sola Catanzaro, dove più profonde erano le radici bizantine.
Stemma
L’elemento centrale dello stemma della Città di Catanzaro è l’aquila imperiale, privilegio accordato dall’imperatore Carlo V per premiare la strenua resistenza dei catanzaresi nel 1528 contro le truppe francesi fedeli ai Valois. Lo stemma è completato da uno scudo che riproduce i 3 colli su cui si erge la Città e da un nastro azzurro, stretto dal becco dell’aquila, su cui è riportato il motto “Sanguinis effusione”. La descrizione più antica dello stemma si trova nel libro “Memorie historiche dell’illustrissima, famosissima, fedelissima città di Catanzaro” di Vincenzo D’Amato (1670): “Fa la città per la sua impresa un’aquila imperiale con la testa rivolta a destra, armata di corona, con le ali e coda sparse, in atto di sollevarsi a volo, nel di cui seno, che forma uno scudo, vi sono tre monti in campo vermiglio, sopra dei quali vi è una corona; tiene l’aquila col becco una fascia, nella quale sta questo motto delineato: “Sanguinis effusione” per dimostrare che col sangue dei suoi cittadini, mai sempre sparso, in servigio della Cattolica Corona, ha quell’aquila meritato, che le concesse la sempre gloriosa memoria dell’imperatore Carlo V per aggiungerla alla sua antica insegna”.
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DIALETTO
(Proverbi e Modi di dire)
«Tutti l'omini nescianu libberi e sunnu i stessi pe' dignità e diritti; Ognunu ava u cerveddhu soi e a raggiuna e a cuscenza sua, e ava ma si cumporta cull'atri propriu comu si fhussèranu i frati soi.» (Dichiarazione universale dei diritti umani - Art.1)
Il dialetto catanzarese (nome nativo u' catanzarisa) è un idioma parlato nella città di Catanzaro e in gran parte del territorio della provincia di Catanzaro fino a ricomprendere alcuni ulteriori comuni della costa ionica adiacenti ai confini territoriali provinciali. Si tratta di un idioma di tipo siciliano, distinguendosi sia da quello cosentino (di tipo napoletano), sia dal dialetto reggino, anch'esso di tipo siciliano ma con maggiore influenza greca. Proprio per la sua posizione centrale, l'istmo di Catanzaro, fa da linea di demarcazione tra queste 2 aree, presentando una forma linguistica con caratteristiche autonome e nello stesso tempo influenzata da entrambe. Per quanto riguarda la pronuncia, l'eredità lasciata dal greco è evidente nella pronuncia aspirata della lettera f accompagnata dalle vocali che trasformano ad esempio "fi" in "hi" e quindi "fiato" in "hiatu", mentre dal latino la pronuncia marcata delle lettere t, d e p, molto simile al sardo, e la presenza delle lettere "u" "o" della "a" in chiusura di parola in sostituzione della "o" e della "e", esempio "torno" si trasforma in "tornu", "padre" in "patra". Quest'ultima caratteristica lo distingue dal dialetto reggino, che invece utilizza la "i" al posto della "o" o della "e" finale (per esempio in reggino "padre" diventa "patri"). Molto utilizzate tra la popolazione cittadina sono le espressioni dialettali "Jamma Ja" a scopo esortativo, equivalente alle espressioni imperative "avanti! - andiamo!" (secondo alcuni derivata dal termine turco "Yagma Ya", letteralmente "saccheggiare", utilizzato per comandare le cariche in battaglia, ma in realtà deformazione del latino "eamus", cioé "su, andiamo" (con la ripetizione intensificativa, esortativa, della prima sillaba), e "Ajalà", come espressione di meraviglia (letteralmente: mannaggia a ...., equivalente di caspita!, perbacco!).
Grande importanza del Dialetto Catanzarese
Per un certo suo isolamento geografico (la città è chiusa a nord dal massiccio della Sila, che in assenza delle moderne vie di comunicazione ne rendeva difficili i contatti frequenti e intensi con l'area di Cosenza, e a sud da quello dell'Aspromonte, che limitava i rapporti con Reggio Calabria), e soprattutto per il suo lunghissimo, intenso e diretto rapporto storico con il mondo bizantino e con la sua cultura, ancora fino alle soglie del 1600, il dialetto catanzarese costituisce un sorprendente ed eclatante esempio di conservazione di un infinito numero di termini greci (perlopiù derivanti da quello bizantino, non certo dal greco antico, del quale tuttavia mantiene qualche raro caso e soprattutto la prevalenza delle vocali molto aperte, derivanti dal dialetto dorico che nell'area fu parlato per tutta l'antichità, quindi almeno per un millennio). Fenomeno unico, non solo in Calabria (il dialetto cosentino è infatti influenzato da quelli immediatamente a nord e quello di Reggio è in pratica una versione addolcita di quello siciliano, molto simile al messinese), ma anche in Italia, non presenta alcuna influenza delle comunità grecaniche calabresi (poche e comunque lontanissime da Catanzaro), con le quali non ebbe per secoli nessun rapporto (le comunità stesse rimasero chiuse in se stesse per i primi 3 secoli almeno, avendo qualche rapporto solo con le loro strette vicinanze). Innazitutto la struttura verbale con il "ma": vogghiu ma mangiu (voglio mangiare), vidi ma ti'nda vai (vedi di andartene), vaiu ma viu (vado a vedere; nella maggioranza degli altri dialetti sarebbe vaiu u viu, con "u" derivante da "ut" latino con valore di finalità), etc., perfettamente corrispondente alla struttura linguistica del greco moderno: thelo na pao (voglio andare), thelo na phago/trogo (voglio mangiare), etc., con il solo indurimento del "na" in "ma". Parole come scifo (oppure scifu, in casi estremi scihu) per indicare un contenitore di una certa capienza, principalmente il trogolo per i maiali, oppure "tena na parrasìa!" (ha una parlantina!), sono dirette derivazioni di termini del greco antico quali skyphos (largo contenitore per liquidi) e parrhasia (libertà di parlare, un concetto ben documentato nelle opere di Demostene, contro l'invasore macedone Filippo che avrebbe messo a repentaglio la libertà di parola degli Ateniesi). Parole quali "aspru" o "n'aspru", ovverosia la schiuma di albume e zucchero che decora le "cuzzùpe", tipico dolce pasquale (anche questi, dolce e nome, di origine greca bizantina: aspros significa bianco, che in greco antico era leukos); oppure "culuri" o "culureddi" (biscotti o biscottini a ciambellina, dolci, dal greco tardo koulouri), sono diretti eredi greco-bizantini, come le molte attestazioni che si accompagnano ai toponimi, quali ad esempio il quartiere cittadino di "Stratò", che fa certo riferimento a una presenza militare, presenti anche nei nomi dei frutti (persica per pesche; cerasa per ciliegie, e molti altri, tutti correttamente declinati al neutro plurale); la più eclatante e di uso molto comune è la parola "dramma" (na dramma = un po', un poco; con il suo diminuitivo na drammicedda = un pochino: per esempio "oja mi mangiavi sulu na drammicedda e pane", ovvero, oggi ho mangiato solo un pochino di pane), sicura derivazione da "drachme" (in dorico drachma), unità di misura e anche monetale greca, ma considerata nella sua accezione bizantina, quando una dracma indicava una quantità minima, trascurabile, e non nel suo valore greco antico, quando avrebbe significato decine di chili. Infine il nome di "tumba" (raro, ma attestato nella perifieria cittadina e nei paesini circostanti) per un ambiente a volta, corrispondente al bizantino "toumba", per indicare la stessa struttura architettonica. E moltissimi altri ve ne sono. (clicca qui per la Fonetica)
Proverbi Catanzaresi
A tuttu cc'è riparu, nno a la morta (A tutto c'è riparo, meno alla morte) Cu campa e speranza disperatu mora (Chi vive di speranza muore disperato) Fighiu e gattu, surici pijia (Il figlio del gatto prende il topo - Tale padre tale figlio) Gabbu cogghia, jestima no (L'invidia colpisce, il malocchio no) L'acqua guglia e u porcu è alla muntagna (L'acqua bolle e il porco è stato portato in montagna - è tardi) Pratica i megghiu toi e facci i spisi (pratica le persone migliori di te e falli rimanere a bocca aperta) Dui sugnu i cuntenti.. cu ava tuttu e cui non ava nenta (due sono le persone contente.. chi ha tutto e chi non ha niente) Chiddu chi dassi è perdutu (quello che lasci è perso) Cu s'apprica assai prestu mora (chi si applica assai muore presto) Cu campa e speranza disperatu mora (chi vive di speranza disperato muore) A tuttu c'e riparu no ala morta (a tutto c'e riparo no alla morte) U megghiu vinu si ficia acitu (il vino migliore è diventato aceto) Cicciu toccami ca mamma vò (Ciccio toccami che mamma vuole - Quando si viene istigati a fare qualcosa che si vuole fare ma non si può) Petru tira e Maria 'mbutta (Pietro tira e Maria spinge - Quando ci si aiuto l'uno con l'atro nei momenti di difficoltà) Puru i pulici hannu a tussa (Pure le pulci hanno la tosse - Quando un bimbo vuole sottomettere una persona adulta) U cana muzzica u sciancatu (il cane morsica la persona povera che ha già bisogno) Tira a petra e ammuccia a manu (tira la pietra e nasconde la mano - Quando si fà qualche danno e non si ammette di averlo fatto) Cu pecura si fa u lupu su mangia (chi pecora si fa il lupo se lo mangia) Trovara n'amicu è accussi raru comu nu jornu senza ventu a Catanzaru (trovare un amico è cosi difficile, come trovare un giorno senza vento a Catanzaro)
SANTO PATRONO
Vitaliano, è detto anche Viteliano o Vitelliano o Vitagliano (... - Montevergine, 699) fu il 25º Vescovo della città di Capua (dal 700 al 726 e leggendario fondatore del Santuario di Montevergine.
Il ‘Martirologio Romano’ riporta al 3 settembre: “Caudii in Campania, Sancti Vitaliani, Episcopi”. Questa memoria ripresa dal ‘Martirologio Geronimiano’, fa pensare che Vitaliano fosse un abitante del Sannio, nella Valle Caudina; l’antica “Caudium” corrisponde oggi alla città di Montesarchio sulla via Appia, situata tra Capua e Benevento. Queste 2 città nel passato si contesero il Santo come loro Vescovo, infatti Capua lo annovera al 25° posto della sua lista episcopale; nulla toglie che sia stato per qualche tempo anche Vescovo della vicina Benevento.
Vitaliano non volle fermarsi stabilmente a Capua e si ritirò sul Monte Partenio, dove eresse un oratorio sacro dedicato alla Vergine e dove morì nel 699. Prima del 716, il suo corpo sarebbe stato traslato da Montevergine (Partenio) a Benevento dal vescovo Giovanni, alcuni studiosi dicono nel 914 a causa delle scorrerie dei saraceni. Nel 1122 Papa Callisto II, trasferendo a Catanzaro il vescovado di ‘Tres Tabernae’, fece dono alla città delle reliquie del Santo. Nel 1311 Pietro Ruffo, Conte di Catanzaro, edificò in quella Cattedrale un’apposita cappella per riporvi le reliquie di San Vitaliano; risulta che nel 1583 dopo la rovina della cappella, il Vescovo Nicolò Orazio, ne fece la ricognizione canonica, sistemando le reliquie in una nuova cassetta foderata di velluto. In epoca imprecisata il sepolcro di San Vitaliano avrebbe pure cominciato a trasudare un umore detto manna. Catanzaro, la città delle 3 V (Vento, Velluti, Vitaliano), venera San Vitaliano come suo patrono principale il 16 luglio, che è forse la data della traslazione dei suoi resti mortali da Montevergine a Benevento e poi a Catanzaro, inoltre ne celebra la festa del patrocinio nella domenica ‘in albis’.
STORIA
«L'intiera terra fra i due golfi di mari, il Nepetinico (S. Eufemia) e lo Scilletinico (Squillace), fu ridotta sotto il potere di un uomo buono e saggio, che convinse i vicini, gli uni con le parole, gli altri con la forza. Questo uomo si chiamò Italo che denominò per primo questa terra Italia. E quando italo si fu impadronito di questa terra dell'istmo, ed aveva molte genti che gli erano sottomesse, subito pretese anche i territori confinanti e pose sotto la sua dominazione molte città.» (Antioco di Siracusa, Sull'Italia, V secolo a.C.)
Il sito su cui sorge Catanzaro, al centro del Golfo di Squillace, è ricco di testimonianze paleolitiche e neolitiche. Poco hanno lasciato i Romani, ai quali si deve soprattutto la costruzione di strade tra cui l’importantissima Capua - Reggio del 132 a.C. Il primo nome di rilievo inerente alla storia catanzarese è quello di Flavio Aurelio Cassiodoro, nato a Squillace nel 490, collaboratore dell’imperatore Teodorico, il quale fondò sul monte Coscia un centro di studi e ricerche. Catanzaro, già nel nome, mostra le sue origini bizantine, esso deriva dal bizantino KATANTZA’RION, cioè città posta sotto un rilievo terrazzato. Alcune ipotesi fanno risalire l'origine di Catanzaro ad un'antica colonia greca nel luogo che in seguito divenne l'antica Scolacium, oppure ritengono che sia sorta sulle rovine dell'antica città di Trischines. Altre ipotesi, più accreditate, individuano la fondazione da alcuni insediamenti posti in ordine sparso nella zona dell'attuale Catanzaro Marina, Tiriolo (anticamente Teura), Santa Maria di Catanzaro, sul colle Trivonà (Trischines) e lungo la valle del Corace che formavano l'antica "Terra dei Feaci". E proprio alla foce del torrente, secondo la leggenda, Ulisse fondò l'antica Skilletion. Un ritrovamento nel quartiere Germaneto, lungo la valle del Corace, una necropoli greca del V secolo a.C. e un antico centro romano testimoniano la presenza di antichi insediamenti lungo la valle del Corace. Dai ritrovamenti archeologici emerge che l'attuale territorio comunale era compreso nell'area abitata fin dall'età del ferro dalla popolazione dei "Vituli", così chiamati perché adoratori del simulacro del vitello, che i greci ribattezzarono "Italoi" (adoratori del vitello) e governati dal famoso re Italo (dal quale in seguito prese il nome tutta la penisola italiana), fratello di Dardano progenitore dei troiani. Secondo una leggenda 2 condottieri bizantini, Cattaro e Zaro, condussero le popolazioni rivierasche della città magno-greca di Skilletion o Skillakion, corrispondente alla romana Scolacium (nei pressi dell'odierna Catanzaro Marina), prima sullo Zarapotamo (oggi Santa Maria di Catanzaro) poi successivamente sul Trivonà, in una fortezza militare (secondo alcune ipotesi già esistente da qualche secolo nel luogo che attualmente è il quartiere che porta il nome di Grecìa). La scelta territoriale sarebbe stata legata alle continue incursioni saracene, che spinsero a spostare l'abitato in zone più elevate. E’ però probabile che questa leggenda sia sorta per conferire maggiore veridicità alla storia o che sia stata tratta da qualche tradizione orale del tempo, o sia sorta per la necessità di avere degli eroi eponimi.
La fondazione è attribuita tradizionalmente alla seconda metà dell'anno 800, per decisione del generale bizantino Niceforo Foca il vecchio, dal quale avrebbe inizialmente preso il nome di "Rocca di Niceforo". Il passaggio da fortezza a centro urbano vero e proprio avvenne ad opera del generale Flagizio che avviò la costruzione di una cittadella, di un recinto fortificato e infine la sistemazione di cisterne e provviste di grani. Potenziato dall'accentramento di popolazione, prese forma urbana ed in seguito fu incastellato e assunse la denominazione di Katantzárion, con il permesso ottenuto dall'Imperatore Flagizio. Agli inizi del 900 la città bizantina fu occupata dai Saraceni, che vi fondarono un emirato e prese il nome arabo di Qatansar. La presenza araba è testimoniata dai ritrovamenti ottocenteschi di una necropoli che restituì oggetti con iscrizioni arabe. Durante il periodo Arabo la città si ribellò più volte. Nel 929 a seguito di una nuova rivolta e del rifiuto di pagare i tributi, Catanzaro venne duramente saccheggiata dal generale saraceno Al-Mahdi. Intorno al 1000 Catanzaro si ribellò, ancora una volta, al dominio saraceno, tornando per un breve periodo nuovamente sotto controllo bizantino. Nel 1069 fu l'ultima città calabrese, dopo mesi di resistenza, a cadere sotto l'assedio dei Normanni di Roberto il Guiscardo che eressero il Castello Normanno, e la città fu feudo della famiglia Altavilla. In quest'epoca conobbe la fioritura delle arti e dei mestieri, e in particolare la lavorazione della seta, con scambi commerciali sia con le altre regioni d'Italia che con i paesi orientali ed europei. Per farne un centro di dominio, i Normanni l'elessero a Contea. Al feudalesimo normanno succedono prima gli Svevi, poi gli Angioini ed, infine, gli Aragonesi che frazionano il potere di uno Stato che stava appena nascendo sotto Federico II di Svevia.
“Alta su una rupe ventosa ed aperta verso il mare Jonio” (Luigi Settembrini), Catanzaro dominava i traffici lungo un’antichissima e frequentatissima strada istmica tra Jonio e Tirreno. Agli inizi del 1400, sotto il dominio Aragonese si ebbe un ulteriore periodo di sviluppo, dovuto all’antica tradizione della lavorazione e del commercio della seta. Nel 1519 l'Imperatore Carlo V “riconosce” il "Consolato dell’Arte della Seta", anche se gli "Statuti dell’Arte della Seta", a noi pervenuti sono dell’8 maggio 1568, e come detto, a Catanzaro l’Arte della Seta era già florida dal 1200. Sarà lo stesso Carlo V ad assegnare alla città il titolo di Città per «Concessione dell'imperatore Carlo V d'Asburgo» - 1528 e lo stemma onorifico rappresentante un’aquila coronata che sovrasta i 3 colli della città di Catanzaro e recante la scritta “sanguinis effusione” che ricorda la valorosa impresa dei catanzaresi che difesero eroicamente la città dall’assedio.
TERRITORIO (Topografia e Urbanistica)
L'odierno territorio comunale si estende dal mare fino all'altezza di circa 600 m, col Municipio a metà strada a
320 m. Comprende una zona costiera sul Mar Ionio, Catanzaro Lido con 8
km di spiaggia e un porto turistico;
da qui il centro abitato, senza
soluzione di continuità, risale la valle della Fiumarella (anticamente
detta fiume Zaro), sede di un forte sviluppo urbanistico, fino ai i 3
colli su cui sorge il centro storico della città e che si ricollegano
con la Sila verso Nord.
Per
la sua particolare orografia il territorio comunale pur bagnato dal
mare, è soggetto a fenomeni nevosi d'inverno, nonostante il
clima sia tipicamente mediterraneo, di tipo temperato, se pur
caratterizzato dalla presenza costante di fenomeni ventosi anche di
forte intensità, soprattutto nei mesi primaverili ed autunnali.
Secondo la classifica generale per la "Qualità della vita 2019" stilata da Il Sole 24 ORE, Catanzaro occupa la posizione 85 su 107 province, 1^ fra le calabresi, con 445,2 punti totali. All'interno di questo dato complessivo, la macroarea in cui occupa la miglior posizione in classifica è "Demografia e società" (52° posto), mentre quella in cui occupa la posizione peggiore è "Ricchezza e consumi" (97°). Nel totale ha guadagnato 3 posizioni rispetto alla classifica stilata nel 2018.
L'indagine "Ecosistema urbano" di Legambiente e Ambiente Italia, afferente al 2018, premia invece Catanzaro, che si classifica al 31° posto, con un guadagno complessivo di 11 posizioni rispetto all'anno precedente, con un punteggio del 59,36%. L'indicatore migliore è "Incidenti stradali" (2° posto), quello peggiore "Isole pedonali" (99°).
Nella classifica sulla "Qualità della vita 2019" di Italia Oggi e Università "La Sapienza", Catanzaro occupa l'80° posto, attestandosi come 4^ provincia del Sud Italia dopo Potenza, Matera e Benevento. Nel sistema salute Catanzaro occupa il 2° posto a livello nazionale.
Cenno Urbanistico L'iniziale struttura di fortezza Bizantina andò arricchendosi durante il Medioevo di nuovi Rioni artigiani raggruppati attorno alle varie Chiese e di cui rimane ancora eloquente traccia nei nomi: Pianicello, Grecìa, Zingarello, Filanda, Paesello ed altri. Più volte colpita dai terremoti, la città conserva solo pochissimi resti degli antichi edifici, ma nonostante le calamità e le ristrutturazioni, il carattere di Borgo fortificato medievale è ancora evidente nell'intrico delle viuzze strette e circolari e nei suoi caratteristici Rioni. L'aspetto urbanistico attuale del centro storico rispecchia, in gran parte, il rinnovamento edilizio effettuato con ammirevole sforzo, tra il 1870 e il 1900, con l'apertura del lungo Corso Vittorio Emanuele II (ora Corso Mazzini), che tagliò longitudinalmente l'abitato da Piazza Roma all'attuale Piazza Matteotti, con la costruzione del Belvedere nel Rione Bellavista (in via Francesco de Seta) e con la creazione del bel Giardino Pubblico. Tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, si ebbero incrementi edilizi notevoli verso Nord, col sorgere di nuovi estesi quartieri, tra cui il rione Milano, contiguo al vecchio Rione Baracche, sorto dopo il terremoto del 1832. Nel secondo dopoguerra, un'altra forte espansione edilizia ha interessato i Rioni settentrionali di San Leonardo, Pio X e Pontepiccolo; verso Ovest il grandioso Ponte è ad un’arcata sulla Fiumarella, tra i più arditi del mondo, opera dell'architetto Morandi (lungo circa 400 metri, è alto oltre 100), ha consentito un’espansione verso il Rione Sant'Antonio e la frazione Gagliano. Altri notevoli incrementi si sono avuti a Sud verso la frazione Sala, per cui la città ha assunto una forma singolarmente allungata e policentrica.
Il nucleo più antico della città è arroccato su uno sprono a fianchi assai ripidi, quasi per tutta la loro lunghezza, pressoché impraticabili, posto tra le 2 profonde vallate dei torrenti Musofalo e Fiumarella. Nel corso dei secoli, vari fattori di diversa natura ne hanno determinato la perdita dei tipici caratteri medievali in seguito a continue demolizioni di case e costruzione di edifici dalla caratteristica architettura fatta di case a non più di 2 piani, ornate da balconi e portali pretensiosi, dedali di viuzze strette ed anguste; hanno visto trasformata la loro struttura originaria, che tuttavia, persiste ancora nel centro storico, caratterizzato da antichi rioni formati da antichissimi nuclei alcuni risalenti all'epoca saracena o bizantina.
La prima vera trasformazione dell'apparato urbanistico della città fu graduale e avvenne a cavallo fra i 2 catastrofici terremoti che colpirono il capoluogo nel 1638 e nel 1783. Tuttavia, l'apertura di Corso Mazzini nel 1870, segnò l'inizio di un'epoca di rivoluzione che portò alla costruzione di apparati moderni per l'epoca. Notevoli e pregiate costruzioni, con epicentro la principale arteria cittadina, cambiarono il volto alla città. Soprattutto fino agli anni 1960, le architetture edificate intorno al 1890 rappresentavano un aspetto singolare e tutto particolare della città. La nascita del rione Fondachello segnò un'importante dilatazione urbanistica che, a partire dal 1885, ebbe come luogo d'espansione le pendici meridionali dello sprone. Intorno alla principale Stazione Ferroviaria della città sorse l'odierno quartiere Catanzaro Sala. Ciò comportava un progressivo potenziamenti dei trasporti e delle infrastrutture presenti nella zona e la stazione, posta sulla linea ferroviaria diretta al quartiere marinaro di Catanzaro Lido, fu proseguita fino al borgo di origine normanna di Sant'Eufemia, oggi parte integrante del comune di Lamezia Terme.
La violenta recessione che colpì la Calabria a cavallo fra il 1890 e il 1910, causò il rallentamento dell'attività espansiva urbanistica, che negli anni precedenti era stata veloce e progressiva. Una timida ripresa, che successivamente riportò le velocità d'espansione a livelli notevoli, venne orientata verso la zona Nord del territorio cittadino, più salubre rispetto alla parte Sud, fu teatro del sorgere di un nucleo di abitazioni provvisorie inquadrato con l'appellativo di Baracche, oggi corrispondente a via Mario Greco ("A scinduta dei Barracchi" in dialetto locale), eretto successivamente al terremoto che colpì la città nel 1832. I nuovi rioni, con ampio panorama della città, presero i nomi di Milano e San Leonardo, che si svilupperanno ed ingrandiranno negli anni tra le 2 Guerre Mondiali, e saranno caratterizzate da villette residenziali. Soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale verso Nord sono sorti i quartieri Bellamena e Stadio, e quindi, lungo la strada per la Sila, quelli di Pontepiccolo, Pontegrande, Piterà e Sant'Elia. Successivamente, causa la particolare situazione orografica del capoluogo, l'espansione urbana si è sviluppata mediante la costruzione di nuovi ponti verso Est con i quartieri Siano, Campagnella e Cava e verso Ovest con i quartieri Gagliano, Mater Domini e Sant'Antonio.
Negli ultimi 20 anni l'abitato si è espanso verso la costa, lungo la Valle della Fiumarella e del Corace, verso i quartieri di Sala, Santa Maria, Pistoia, Corvo, Lido e Giovino e intorno a preesistenti piccole frazioni che sono state inglobate nella città. Con il recente sviluppo urbanistico si sta delineando un modello di città "tripolare" organizzata per funzionalità, in cui il centro cittadino rimarrà polo d'indirizzo politico e organizzativo, il quartiere Lido centro turistico e il nuovo quartiere Germaneto Polo Universitario e Direzionale. Lungo la costa si è assistito ad una progressiva conglomerazione con alcune frazioni di comuni limitrofi come Roccelletta di Borgia, Caraffa di Catanzaro, Sarrotino, Simeri Crichi.
Negli anni passati si avanzò la proposta, attualmente accantonata, di costituire un'area metropolitana, già deliberata dalla Regione Calabria, con la città di Lamezia Terme, che prevedeva un'area comprendente 10 comuni creando un'area integrata che si sarebbe estesa dalla Costa Jonica a quella Tirrenica, coinvolgendo oltre 200.000 abitanti. Nonostante tutto, tuttavia, resta evidente un processo di conurbazione che sta coinvolgendo i Comuni di Catanzaro e Lamezia e il territorio attraversato dalla Strada Statale 280 dei Due Mari.
Il Centro Storico, fino alla fine Regno Borbonico ospitava 22.000 abitanti e si caratterizzava per i confini naturali entro i quali era compreso: a Nord il confine era rappresentata dalla Porta di Terra, e a Sud il contrafforte si estendeva a terrazzi digradanti fino all'odierno quartiere Sala; mentre ad Est e a Ovest il territorio è stretto dalla valle della Fiumarella e dal fiume Musofalo. Nel suo caratteristico disegno urbanistico incarna le tradizioni e l'architettura di tutte le popolazioni che nel corso dei secoli hanno contribuito alla fortificazione e alla costruzione della città, ma soprattutto evidenti sono i segni dei tanti cataclismi che hanno colpito Catanzaro, in primis i vari terremoti che hanno distrutto o danneggiato alcuni fra i principali edifici e monumenti o i bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. La causa è stata sicuramente dettata dalla caratteristica situazione orografica del centro storico, arroccato sui 3 colli. Nel centro storico, i vecchi quartieri artigiani Cocole, Filanda, Fondachello, Grecìa, Paesello e Zingarello, sorti in età medievale, sono un dedalo di viuzze strette e circolari che conservano i tratti dell’antica cittadella bizantina. La seconda metà del 1800 vede un cambiamento profondo nell’edilizia cittadina: viuzze e casupole fanno posto al lungo corso, l’attuale Corso Mazzini, tutt’oggi arteria principale della città, ai bordi del quale, nascono una serie di caffè, di centri culturali e d’imponenti palazzi, opera non solo di maestri locali ma anche di artisti forestieri, tra i quali il fiorentino Federico Andreotti ed il figlio Enrico ai quali i deve la progettazione e decorazione del Palazzo Fazzari (1876), il Belvedere (Via F. De Seta o Bellavista) e la creazione di Villa Margherita. Tuttavia, sulla costruzione moderna della città, a cominciare dal Centro Storico,
ha inciso pesantemente e negativamente anche la mano dell'uomo. I vari
piani regolatori redatti a partire da fine 1800, fino alla metà del
1900, non hanno mai portato ad una completa riqualificazione del
nucleo storico, ma solo a distruzioni ed un’espansione di brutti quartieri. Icone della storia della città sono state demolite, l'antica Porta di Mare o lo storico Teatro Comunale,
ribattezzato San Carlino, sostituito dal discutibile nuovo teatro
Politeama progettato da Paolo Portoghesi inaugurato nel 2002. Tuttavia
sono rimaste le principali architetture religiose, pregevoli palazzi
storici ed edifici monumentali, piazze ed antichi conventi, la maggior
parte collegati alle tante chiese presenti su tutto il territorio.
La principale via della città continua ad essere Corso Mazzini, la cui situazione urbanistica fino agli anni 1930 si presentava problematica a causa delle ristrette dimensioni dato che l'arteria in alcuni tratti non superava i 5 metri di larghezza, e ciò causava non pochi disagi al traffico delle carrozze. Il corso negli anni a seguire è stato oggetto di molteplici modifiche che lo hanno portato ad avere le attuali caratteristiche. Paralleli al corso scorrono dedali di strette viuzze e rioni. Il nucleo più antico della città è La Grecìa, l'antica area che accolse i cittadini Greci che vennero dalla costa in seguito alle invasioni Saracene. Oggi il centro storico, come detto, è un contenitore naturale dove confluiscono le differenti culture che hanno contribuito a plasmare la storia del capoluogo di regione.
Quindi,
nonostante le calamità e le ristrutturazioni, il carattere di borgo
fortificato medioevale è ancora evidente assieme a valori ambientali
identitari della parte più antica, percorrendo l’intrico di strette
viuzze e vicoli dei suoi caratteristici rioni che mantengono
un’atmosfera intima e segreta.
Questo è un racconto, come tutti i miei racconti alla scoperta dell'Italia, narra il presentetra passato prossimo e scoperta del passato remoto diCatanzaro, una
gran bella città, nonostante le amministrazioni locali assieme a
palazzinari senza scrupoli, gli uni e gli altri, abbiano fatto di tutto
per coprirla di colate di cemento.
ITINERARI e LUOGHI (Culturali, Turistici e Storici)
Le architetture civili di Catanzaro consistono in edifici e altri monumenti che hanno accompagnato la storia della città nel corso dei secoli. Molteplici i pregevoli Palazzi Storici, in passato sede delle famiglie altolocate della città, dalle quali prendono il nome: tra questi Palazzo De Riso, Palazzo Mancusi, Palazzo Ferrari-De Riso, Palazzo Anania, Palazzo Rocca-Grimaldi, Palazzo Gironda-Veraldi, Palazzo Ruggero-Raffaelli dove anticamente ebbe sede il Convento dei Paolotti. La maggior parte dei palazzi sono siti negli Antichi Rioni del Centro Storico, altri lungo Corso Mazzini e si caratterizzano per i loro saloni affrescati sfarzosamente e i pregevoli dettagli che accompagnano i vari appartamenti. Alcuni, come Palazzo Menichini, risentono ancora dei danni provocati dai bombardamenti che colpirono la città nel 1943. Altri invece sono considerati veri e propri simboli di Catanzaro, come Palazzo Fazzari, uno dei più importanti e frequentati.
Piazza Prefettura ospita, oltre che la Basilica dell'Immacolata, 3 importanti edifici storici del capoluogo: dove sorgeva lo storico teatro comunale, demolito, in seguito venne edificato il Palazzo delle Poste, sulle quali pareti è incastonato un murale dell'artista locale Mimmo Rotella che adotta le modalità della sua arte di quegli anni per simboleggiare l'universo delle telecomunicazioni, fra passato e presente.
«Entrò
vittorioso Roberto il Guiscardo anno 1055 - si fè giurare homaggio e
conoscendo, che il dominio della Calabria dipendeva assolutamente
dall'assicurarsi di questa Piazza, sì per esser in sito naturalmente
inespugnabile, come per star situata nel centro della Provincia, per
dove con facilità si può tramandar a gli altri luoghi soccorso in tempo
di guerra, vi fondò un fortissimo Castello in quell'estremo della Città,
sopra un masso di scoglio al di fuori tagliato, con torri e bastioni sì
bene intesi, che alla fortezza sua naturale congiunti, lo resero sicuri
di batteria e di scalate...» (Vincenzo D'Amato, Memorie historiche dell'illustrissima, famosissima, e fedelissima città di Catanzaro, 1670)
Fin dalla sua fondazione la città fu costruita con precisi scopi difensivi, capace di resistere a lunghi assedi. Era
una città fortezza dotata di torri, bastioni, porte civiche e racchiusa
in una cinta muraria di circa 7 km. L'impianto difensivo era di tipo
complesso, la città era difesa dalla sua stessa posizione, accerchiata
da profonde e ripide valli ed inoltre in prossimità delle mura c'erano
fossati e trincee fortificate. In realtà la struttura difensiva
iniziava fin dalla costa, infatti sulle colline che fiancheggiano la
valle dove oggi sorgono i quartieri Sala, Santa Maria e Lido, erano
costruite un susseguirsi di torri d'avvistamento fino alla costa, una
delle quali è ancora visibile sulle colline del quartiere Aranceto. Le porte di accesso erano 6:
Porta
Marina o Granara, sicuramente la porta principale perché consentiva
l'accesso dalla costa ed era utilizzata per il commercio del frumento,
secondo il D'Amato qui erano posizionate 4 torri di guardia, 3 bastioni
con cannoni e poco distante il Baluardo dei Palmeti; Porta di San
Giovanni o Castellana, posizionata nei pressi dell'attuale piazza
Matteotti, adiacente a questa porta vi era un profondo fossato, chiamato
fosso rivellino, attraversabile tramite un ponte levatoio; Porta
Pratica, consentiva l'accesso da Occidente al rione Paradiso, oggi
quartiere Case Arse, di fianco a difesa della porta vi era il Bastione
di San Nicola Caracitano; Porta Stratò, situata nell'omonimo rione ad
Oriente del centro storico, era una porta civica ad arco a sesto chiuso
nascosta dalla chiesetta di Santa Maria della Portella, che svolgeva la
duplice funzioni di luogo di culto e di postazione di avvistamento, in
quanto in caso di pericolo veniva suonata la campana che avvertiva la
popolazione della chiusura delle porte. È tuttora visibile il sentiero che sale dalla valle del Musofalo e giunge fino alla chiesetta. Il nome stesso "Stratò" deriverebbe dal toponimo greco che significa occulto, nascosto; Porta del Gallinaio, era una porta civica secondaria, utilizzata per l'accesso del bestiame; Porta
Silana, anch'essa porta civica secondaria, utilizzata per il passaggio
di bestiame, consentiva l'accesso alla città dal retrostante altopiano
della Sila.
In posizione rialzata rispetto al resto dell'antica
città, sul colle del Castello fu costruito il Castello Normanno o
d'Altavilla, oggi complesso monumentale San Giovanni, sotto il quale
erano costruiti lunghi cunicoli sotterranei, i quali possono essere
visitati ancora oggi.
Complesso Monumentale del San Giovanni. Il
Complesso monumentale San Giovanni è sorto tra il 1400 e il 1600
sui resti del distrutto castello normanno-svevo, eretto come struttura
difensiva da Roberto il Guiscardo e costituito da una cortina muraria
difesa da torri alte e merlate, utilizzando i materiali dell’imponente
fortilizio. Simbolo del potere feudale, il castello fu parzialmente
distrutto nel 1400 e con i suoi materiali fu edificata anche la Chiesa
dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista, sede di una delle più
importanti confraternite della città. Nel 1589, la Congregazione dei
Bianchi di Santa Croce, ottenne la concessione per poter realizzare
nell’area un padiglione da adibire a Ospedale. Nel 1663 i Padri
Teresiani vi costruirono il loro Convento. L’area ospitò,
successivamente, le Carceri dell’Udienza, gli uffici del
Genio militare. Del complesso fa parte il grande piazzale panoramico, la Torre di Carlo V e le restanti mura del castello. Il San Giovanni vanta una grande area espositiva, disposta su 2 piani. Vi si accede da una bella scalinata che porta al cortile interno e quindi alle numerose sale. Dopo accurati restauri, è diventato uno dei più importanti e prestigiosi poli culturali ed espositivi dell’Italia Meridionale.
Gallerie
sotterranee del San Giovanni. Dall'aprile 2017 le antiche “segrete” del
castello normanno sono state riportate alla luce in piena sicurezza e
nelle migliori condizioni di fruibilità. Le Gallerie, sorte sui resti del Castello Normanno (1070 circa), hanno
subito nel corso dei secoli destinazioni d’uso differenti, tra cui le carceri. I camminamenti sotterranei,
misteriosi e trasudanti un passato a molti ancora sconosciuto, riportati
in parte alla luce, dovevano non solo consentire in passato alla
Signoria un collegamento agevole con l’altro edificio del potere, quello
religioso, ma anche permettere l’agevole spostamento di soldati in caso
di attacco o di fuga. Il nuovo “contenitore” culturale, pensato anche per
ospitare incontri ed iniziative espositive, ha subito mostrato tutte le
sue potenzialità strategiche per il rilancio del centro storico.
Fontana
monumentale de “Il Cavatore”. Opera di Giuseppe Rito (1960), posta in
una nicchia “incastonata” nelle mura del complesso monumentale del San
Giovanni e prospicente la piazza Matteotti,apparendo come la prima immagine che introduce al centro storico; spicca per la cromia dovuta al contrasto tra una scultura in
bronzo che celebra il lavoro umano e il basamento in granito grigio da
cui scaturisce l’acqua, inseriti entrambi in una nicchia in laterizi di
gusto neoclassico (costruita tra il 1869 e il 1874).
Balconata di Bellavista. Uno dei punti di confine del centro storico, lo sguardo si perde all’orizzonte, in un panorama mozzafiato che abbraccia tutta la costa ionica e che nel 1600 era una meta prediletta dai ricchi giovani aristocratici britannici che partivano da soli alla scoperta dell’Europa nell’epoca del “Grand Tour”, che prevedeva una tappa nel meridione d’Italia e in Calabria, perché forte era il richiamo della natura incontaminata che si svelava nel suo intero splendore agli occhi increduli del viaggiatore. Durante questi viaggi molti scrittori, artisti e viaggiatori furono “rapiti” dalle vedute di Catanzaro tanto da chiamarla “la regina dei panorami”.
Palazzo Fazzari. Oltre a essere un simbolo della città, l’edificio rappresenta un esempio importante di architettura eclettica nel panorama del costruito catanzarese e calabrese in genere, in cui si fondono insieme connessioni fiorentine e cultura locale. Situato nell’antico quartiere della Giudecca e sul luogo ove esisteva la sinagoga degli ebrei, fu voluto dal generale garibaldino Achille Fazzari e costruito tra il 1870 e il 1874 dall’architetto fiorentino Federico Andreotti che, con il fratello Enrico, realizzò nei saloni del piano nobile lo splendido ciclo degli affreschi con motivi a grottesca. Grande importanza rivestono l’interno, con l’ampio scalone decorato in finto marmo a stucco, le sale con arredi ottocenteschi d’epoca e l’elegante affresco liberty del salone principale. Al piano terra, su strada, l’antica farmacia Leone che, realizzata tra il 1893 e il 1895 da Federico Leone e dai suoi nipoti Nicola e Alfonso, rappresenta un vero e proprio monumento della città.
Teatro Politeama. Il più giovane tra i grandi teatri italiani. La sua fresca ed esaltante esperienza affonda le radici nell’antica tradizione teatrale cittadina che ebbe nel Teatro Real Francesco, poi Teatro Comunale, il suo cuore pulsante, schiantato dal piccone demolitore nei primi mesi del 1938, dopo 108 anni di vita. L’architetto Paolo Portoghesi, nel suo progetto (poco aderente al contesto del quartiere) si è attenuto, sotto questo aspetto, alla tradizione del teatro classico all’italiana. E così il parterre, che contiene ordini di posti per 380 spettatori, segue un movimento ondulatorio su una superficie quasi concava. Lungo la linea curva della sala, si affacciano i 5 ordini di palchi, decorati da stelle a 7 punte (anche questo è un simbolo musicale) e che possono ospitare altri 550 spettatori. Il palcoscenico, con le sue ampie dimensioni e le sue dotazioni tecnologiche, consente lo svolgimento dei vari generi di spettacolo, dalla grande lirica alla sinfonica, dalla danza all’operetta, dalla prosa al musical. Nella piazza dell’ingresso è stata posta una fontana artistica disegnata dallo stesso Portoghesi.
Ponte
Bisantis(detto anche Viadotto Bisantis, Viadotto Morandi o "U ponta e Catanzaru" in dialetto catanzarese) Un gigante dell’architettura realizzato nel 1962
dall’Architetto Riccardo Morandi (impresa costruttrice fu la Sogene di
Roma). Passando sul vallone della Fiumarella, collega i colli del
Centro Storico con quelli su cui sono stati costruiti i nuovi quartieri di Germaneto. All’epoca
della costruzione era il secondo ponte ad arco singolo in cemento
armato in Europa e nel mondo per ampiezza della luce, ed il primo e unico in Italia per luce, altezza e
lunghezza La centina del
ponte di Catanzaro risultava la più grande costruita al mondo: alta 120
m, poteva resistere a raffiche di vento superiori ai 140 km/h. Per
realizzarla vennero utilizzati 450 km di tubi di acciaio pesanti 2.000
tonnellate totali e fissati tra loro con 245 mila giunti. Questi alcuni dati tecnici che ne esaltano la grandezza
dell’opera: ampiezza d’arco (luce) mt 231; altezza da fondo valle mt
110; lunghezza sede stradale mt 468,45.
L’arco, costituito da 2
semiarchi indipendenti, ha una struttura scatolare larga in chiave 10,50
m e alla base 25 m. Il manufatto in cemento armato, per le
dimensioni e per le caratteristiche, è un vero e proprio monumento di
ingegneria e di architettura tanto da essere diventato un simbolo della
città e tra i più famosi elementi identificativi della Calabria nel
mondo.
Chiese, Oratori, Monasteri Anticamente la città possedeva 19 Chiese e 12 Monateri. Cattedrale di Santa Maria Assunta e dei Santi Pietro e Paolo - Il Duomo Sorge sulle rovine dell’antica Chiesa del 1064 consacrata al culto dell’Assunta e dei Santi Pietro e Paolo, distrutta più volte da terremoti, incendi e dai bombardamenti del 1943. La nuova costruzione, inaugurata nel 1960, rispetta l’originaria planimetria. Il campanile sormontato dalla statua in bronzo dell’Assunta, dello scultore Giuseppe Rito, é alto 42 mt. La struttura è a croce latina.
Basilica Minore di Maria Santissima Immacolata Rappresenta per i catanzaresi l’edificio più caro alla memoria in quanto si lega indissolubilmente con il culto alla Vergine Immacolata, patrona della città. L’originaria struttura ad aula della Chiesa Francescana del 1200 è stata più volte rimaneggiata. Chiesa di San Giovanni Battista Costruita presumibilmente tra la fine del 1400 ed ampliata intorno al 1532. Fu eretta dalla Confraternita di San Giovanni Battista ed Evangelista e i suoi Confrati sono Cavalieri di Malta ad honorem. La facciata della Chiesa tardorinascimentale è vivacizzata da una scala ellissoidale costruita successivamente e da un portale scolpito in pietra locale. Sovrasta il portale una nicchia che ospita la statua del Santo.
Chiesa e Oratorio di Santa Maria del Carmine Già dell’Ordine dei Padri Carmelitani Calzati nel 1602 è situata nel quartiere della Grecìa, toponimo conservato che indica il nucleo originario della città di fondazione bizantina situato a sud-est dell’attuale centro storico. Del 1600-1700, è l’Oratorio del Carmine. Particolarmente interessanti l’altare e gli arredi in legno riccamente intagliato risalenti al 1600.
Chiesetta di Sant'Omobono Questa chiesetta medievale sorge all’inizio di via Vincenzo De Grazia. È legata ad alcune antiche leggende, riportate da alcuni storici locali, che la vogliono costruita su un antichissimo tempio del Sole esistente nella parte ovest della città. Qui la Confraternita dei Sarti era già operante nel 1620. Ha pianta rettangolare e presenta resti di archi ciechi decorativi di ispirazione normanno-bizantina.
Chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia Benché la data sulla facciata della Chiesa del Monte, riporti la data del 1728, la storia di questo edificio sacro e caro ai catanzaresi, risale al 1600. Nel 1400, alcuni notabili calabresi fondarono il Monte della Misericordia, attraverso il quale venivano raccolti fondi per compiere opere di carità a suffragio dei defunti. Con il capitale (monte) raccolto fu costruita una Cappella per le Anime del Purgatorio. Nel 1739 fu inaugurata la chiesa. La cupola centrale del 1769 è decorata da un quadro di San Filippo Neri circondato da quattro Evangelisti. Sul portale un Crocifisso in cartapesta del 1600.
Chiesa dell’Osservanza La tradizione vuole che la Chiesa e l’annesso Convento, siano sorti nel luogo dell’antica Cappella della Madonna della Ginestra, consacrata nel 1400 e poi rimaneggiata, conserva la statua della Madonna delle Grazie di Antonello Gagini, oggi posta al centro dell’edicola nel presbiterio e il cui scannello si trova nel fastigio dell’altare di Santa Teresa. Celebre anche la Croce Reliquiario del 1535, commissionata dai Frati Francescani, con Crocefisso, storie della vita della Vergine e di Cristo (recto) e con l’Albero Serafico (verso): una sorta di genealogia dell’Ordine Francescano del quale illustra i Santi e i Beati.
Chiesa di Santa Maria del Mezzogiorno Risalente agli anni 800-1000, prende il nome dal suo orientamento liturgico verso sud-est. La tradizione vuole che, lo storico tempio mariano, deve il suo nome a un evento miracoloso. Narra la leggenda che, prima della costruzione della chiesa, nell’orto attiguo, su un albero di fico, appariva ogni giorno, a mezzogiorno, una bella signora identificata con la Madonna, che distribuiva pane e fichi ad alcune persone del luogo e ai bimbi in particolare, riuscendo così a sfamarli nonostante la grande carestia.
Chiesa e Oratorio della Santissima Annunziata o di San Domenico seu del Santissimo Rosario Già dell’Ordine dei Padri Predicatori o Domenicani, nel 1401, rappresenta un notevole esempio d’architettura quattro-cinquecentesca, con rifacimenti sette-ottocenteschi, dovuti ai continui terremoti. Adiacente alla Chiesa è situato l’omonimo Oratorio con interni decorati in stucchi, intagli e parati risalenti al 1600. Il soffitto, un tempo decorato da intagli in legno di stile barocco, ospita un affresco risalente ai primi del secolo. E’ stato sede della Corporazione dei Setaioli.
Chiesa di Santa Maria de Plateis in Sant'Anna Le vicende storiche della Chiesa di Sant'Anna sono intimamente collegate con l’antica Parrocchia di Santa Maria de Plateis o della Piazza, collocata prima del suo abbattimento a causa dei danni provocati dal terremoto del 1783, nel largo antistante la Chiesa del Collegio del Gesù, la cortina di palazzi del rione Paesello - abbattuto in epoca fascista - e il Palazzo Morano che divenne successivamente sede della Regia Udienza e attualmente sede della Prefettura. In città è forte la devozione a Sant'Anna da parte delle partorienti di cui è protettrice e le quali, ancora oggi, come ex voto, depongono ai piedi dell’altare maggiore numerosi fiocchi azzurri e rosa.
Chiesa e Convento di Santa Maria della Stella È una Chiesa Conventuale dell’Ordine delle Clarisse Francescane Cappuccine ed è il quarto Monastero femminile costruito in città. Si trovava nel quartiere del Vescovato a cavallo tra le parrocchie di San Biagio e di Santa Maria de Meridei, in quella parte del quartiere che venne in seguito chiamata Stella.
Chiesa di Sant'Angelo de Siclis Questa antica chiesetta è tra le più antiche testimonianze architettoniche legate al commercio dei manufatti tessili serici per i quali Catanzaro ha alle spalle una lunga tradizione artigianale. Nella piazza odierna di Sant’Angelo, tra la via Marincola Politi e la storica via Case Arse, in quello che era definito in antico il rione Paradiso, sorge questo duecentesco tempietto, tra i più antichi ristretti parrocchiali di Catanzaro. Danneggiata dai vari terremoti, rimase chiusa per molto tempo fino a che la famiglia Marincola non provvide nel 1800 a restaurarla, a proprie spese, ripristinandola al culto.
Chiesa e Convento delle Convertite di Santa Maria Maddalena La cinquecentesca Chiesa della Maddalena, venne edificata con l’annesso Monastero, nel 1560 sotto il pontificato di Pio IV. Non fu una casa di semplici pentite, ma un autentico asceterio religioso in seguito posto sotto l’influsso della spiritualità cappuccina di quel monastero e sotto la regola del Terz’Ordine Regolare Francescano. La Chiesa conobbe diversi restauri; dopo il 1914, anno in cui la Chiesa fu scelta quale alloggio per militari.
Chiesa di Santa Maria d’Ognissanti detta di San Rocchello Così come si tramanda, era al centro di un “ristretto” il cui territorio parrocchiale era posto ai confini di quello di S. Maria de Figulis. Oggi sede della Caserma “Soveria Mannelli”, voluta dal popolo catanzarese all’indomani della pestilenza del 1562 ed in seguito ad una leggenda, che vuole l’apparizione di San Rocco fuori la Porta di Mare, all’artigiano appestato Pignero Cimino, al quale consegnò un unguento miracoloso che liberò la città ed i suoi abitanti dall’epidemia.
Chiesa e Convento di San Francesco di Paola o dell’Addolorata Chiesa e Convento sorgono sull’estrema propaggine del colle denominato anticamente di San Trifone, mutato poi in San Rocco dopo la costruzione, nel 1565, dell’omonimo Convento delle Suore Claustrali del Terz’Ordine di San Domenico. Il complesso ed in particolare la Chiesa, rappresenta ancora oggi un simbolo di amore e devozione nei confronti del “Beato Francesco da Paola Calabrese da parte di una città e di una intera provincia che per favor del Signore co’ i suoi miracoli è illustrata sanando infermi e altri miracolosi fatti operando, i quali senza special gratia non possono da gli huomini operarsi”.
Chiesa di Santa Maria de Figulis detta di Montecorvino La chiesa fu fondata nel 1200, eretta nell'antico rione dove risiedevano i Maestri di vasi di terra, da qui il nome del titolo (dal latino Figulis = Vasaio) Dedicata a Maria Santissima delle Grazie, fu solo successivamente detta di Montecorvino, per il numero enorme di corvi che, in un dato periodo dell’anno, si annidavano tra gli alberi dei numerosi “orti urbani” ancora oggi presenti nelle vicinanze del sacro edificio.
Chiesa di San Nicola di Morano o delle Donne Il più antico documento su questa Chiesa medievale, riporta la vendita, nella Catanzaro del 1200, di una casa di argilla cruda e di altra abitazione poste nel quartiere periferico e "ristretto" parrocchiale di San Nicola Ustunci o de Rustunci che, alcuni storici, propendono identificare con il nome più antico della chiesa di San Nicola di Morano. Il titolo “delle Donne” non è da attribuirsi alla «frequenza delle quali diedegli il nome», bensì al culto riservato al Santo Vescovo di Mira da sempre patrono delle ragazze da marito in quanto fu lui che, venuto a sapere che un vicino di casa caduto in miseria non potendo fare un'adeguata dote alle 3 figlie, progettò di destinarle alla prostituzione, decise allora di intervenire gettando di nascosto nella casa da una finestra e per 3 notti di seguito 3 involti d’oro che permisero di costituire la dote per le 3 vergini a cui salvò la sorte.
Siti Archeologici
Durante i lavori per le fondamenta della Cittadella della Regione Calabria, nel quartiere Germaneto, sono stati rinvenuti importanti reperti archeologici risalenti ai periodi greco e romano, che testimoniano la presenza di villaggi sparsi lungo tutta la valle del Corace appartamenti alla parte settentrionale dell'antica Scolacium. Proprio nella storia dell'antica città di Minervia Scolacium è radicata l'origine del capoluogo calabrese.
Il Parco Archeologico si trova nella frazione di Roccelletta nel comune di Borgia, quartiere marinaro del comune di Catanzaro. Reperti sono stati recuperati anche nel quartiere di Santa Maria di Catanzaro. Dell'abitato preromano rimane poco infatti, i resti visibili nel sito dimostrano l'impianto della colonia romana con i monumenti più importanti. Tra essi, gli avanzi delle strade lastricate, degli acquedotti, dei mausolei, di altri impianti sepolcrali, della basilica e di un impianto termale. Il teatro poggia sul pendio naturale della collina e poteva ospitare circa 5.000 spettatori. Fu costruito nel corso del I secolo e fu dotato di una nuova scena in occasione della fondazione della colonia da parte di Nerva, in concomitanza con il notevole sviluppo monumentale della città e con l'ampliamento dell'intero abitato. Fu, peraltro, oggetto di numerosi rifacimenti successivi, fino al IV secolo. Dal teatro provengono la maggior parte dei materiali recuperati durante gli scavi, tra cui spiccano i pregevoli frammenti architettonici e gruppi scultorei. Poco distante dal teatro si trovano i resti dell'anfiteatro, la cui costruzione risale all'epoca dell'imperatore Nerva. Il parco archeologico è anche un importante polo artistico per il territorio, in quanto, ogni estate, vi si svolge una rassegna teatrale.
Aree Naturali
Secondo i dati dell'Istat, grazie a una media di 36,4 m² di verde pro capite, Catanzaro è la città più verde della Calabria e una delle più verdi d'Italia.
Le aree verdi sono distribuite capillarmente in tutti i principali rioni e quartieri della città. La zona nord fruisce del polmone verde di Catanzaro, il Parco della Biodiversità mediterranea, in origine denominato Parco della scuola Agraria, si estende lungo 610.000 m², rivestendo una grande importanza nel tessuto urbanistico del capoluogo. Il luogo principale della movida catanzarese sono invece i Giardini di San Leonardo, ritrovo dei giovani del capoluogo. Nel centro storico è invece ubicata Villa Margherita, giardino storico; fu dedicata a Margherita di Savoia in occasione della sua visita in città. Al suo interno sono presenti i busti dei sindaci che contribuirono in modo decisivo allo sviluppo sociale e culturale della città. Nel quartiere Siano è allocata la Pineta e giardino botanico "Li Comuni", importante centro per il turismo integrato mare-monti. Si estende su una superficie di 700 ettari e al suo interno si sviluppano tracciati vari per circa 30 km. È diviso in 3 grandi aree: la prima è interamente salvaguardata a fruibilità ridotta e specializzata (escursioni, itinerari guidati); la seconda, a larga fruibilità; la terza in cui si concentrano i parcheggi, gli spazi per la didattica, l'orto botanico, i laghetti e il teatro. Nella zona sud, la zona urbanisticamente più importante, è la vasta pineta di Giovino che, insieme alla parallela spiaggia e al nuovo lungomare, costituisce parte del progetto di riqualificazione e di valorizzazione di un'area che si è posta fra le maggiori località turistiche balneari del capoluogo. Altra passeggiata verde cara ai catanzaresi è il lungomare di Catanzaro Lido la cui striscia verde si estende per 3.800 m², attraversata da una pista ciclabile.
CULTURA
Da sempre punto di riferimento per la Calabria, nel corso degli anni la cultura a Catanzaro ha avuto un motore nel Teatro Real San Francesco, attivo dal 1830 al 1938 e sostituito nelle funzioni di punto d'incontro culturale dal Teatro Masciari. Nel 2002 è stato inoltre fondato il Teatro Politeama. A testimonianza dell'attività culturale catanzarese il ruolo svolto da Giovanni Battista Zupi, scopritore delle fasi orbitali di Mercurio, il premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco, il pittore Mimmo Rotella e Saul Grecopreside della Facoltà di Architettura dell'Università La Sapienza di Roma.
La città ospita inoltre un'area espositiva all'interno del Complesso monumentale del San Giovanni, l'ampia collezione di arte moderna e contemporanea del MARCA (Museo delle Arti di Catanzaro)e le testimonianze della Brigata Catanzaro ospitate dal MUSMI (Museo Storico Militare Brigata Catanzaro).
La città ospitava l'Istituto regionale ricerca educativa (IRRE), che si occupava di ricerca pedagogica e conduceva progetti di sperimentazione in campo educativo. A partire dal 2007 gli IRRE sono stati stati soppressi per essere assorbiti in una Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica.
L'Università degli Studi "Magna Græcia" è stata fondata nel 1998. L'ateneo, 2^ Università calabrese per numero di iscritti, è imperniato sulle facoltà principali di medicina, farmacia, giurisprudenza, sociologia e scienze motorie. Nonostante la recente fondazione del polo universitario, sito nel quartiere Germaneto, la presenza dell'istituzione universitaria nella città è radicata nel passato e la sua storia.
Luoghi della Cultura
All'interno del Parco della Biodiversità Mediterranea, si trova il Parco Internazionale della Scultura: un museo a cielo aperto (primo di questo genere nel Meridione d'Italia) che, occupando 63 ettari del parco, accoglie le opere degli artisti di fama internazionale che dal 2005 al 2010 hanno preso parte al progetto di scultura contemporanea "Intersezioni", che si svolgeva ogni anno nel periodo estivo al Parco archeologico di Scolacium, patrocinata dalla Provincia di Catanzaro e dal MARCA.
Il MARCA (Museo delle Arti di Catanzaro) si pone come partner privilegiato di "Intersezioni", il progetto di scultura contemporanea sostenuto dalla Provincia di Catanzaro e curato da Alberto Fiz che dal 2005 si svolge ogni estate al Parco Archeologico di Scolacium.
MARCA - Museo delle Arti Catanzaro (Via Alessandro Turco, 63), nato nel marzo 2008, è un polo museale multifunzionale dove possono convivere situazioni artistiche differenti, dall’arte antica al linguaggio contemporaneo. Questa caratteristica emerge anche dalle collezioni. Nelle nuove sale restaurate, al piano terra del museo, sono collocate in permanenza le raccolte di arte pittorica e plastica entrate a far parte del patrimonio della Provincia di Catanzaro a partire da un nucleo collezionistico già costituito tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 con opere di Antonello de Saliba, Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Andrea Cefaly e Francesco Jerace. Gestisce anche gli spazi espositivi del Complesso monumentale del San Giovanni. (clicca per andare al sito istituzionale)
MUSMI - Museo Storico Militare Brigata Catanzaro: sito nel Parco della Biodiversità mediterranea, è un museo specialistico dedicato alla Brigata Catanzaro che custodisce armi, divise, documenti, cartine geografiche e altri cimeli utilizzati nelle varie guerra dal periodo napoleonico alla Seconda Guerra Mondiale.
MARCH - Museo Archeologico Numismatico Provinciale: inaugurato nel 1879, è sito all'interno di Villa Margherita. È la più antica istituzione museale calabrese. Ospita numerosi reperti archeologici e una collezione di oltre 8.000 monete che spazia dal periodo greco sino all'età moderna. (clicca per andare al sito istituzionale)
MUDAS - Museo Diocesano d'Arte Sacra: aperto nel 1997 (sede di Catanzaro), è un'unica realtà museale in seguito alla fusione con la sede di Squillace (1984). Sito nel Palazzo Arcivescovile (in Piazza Duomo), ha il suo nucleo centrale di riferimento nel "Tesoro della Cattedrale", costituito da numerosi suppellettili di origine francese e napoletana che fungono da testimonianza di quella che fu la cultura manifatturiera tessile della città. (clicca per andare al sito istituzionale) Museo del Rock: unico museo dedicato al rock in Italia. Inaugurato nel 2011 e successivamente nel 2015 nella nuova sede, sita alle porte del centro storico. Strutturato su 2 piani, ospita circa 10.000 vinili e altri cimeli che raccontano il rock dagli anni 1950 fino agli anni 1990. Ospita anche numerosi live e concerti.
Casa della Memoria Mimmo Rotella: inaugurato nel 2005 nel centro storico, in quella che fu la casa di Mimmo Rotella, nativo di Catanzaro, considerato come uno dei protagonisti della scena artistica della seconda metà del 1900. Ha come obiettivo principale la promozione dell'Arte Contemporanea. (clicca per andare al sito istituzionale) Museo delle Carrozze: sito nel quartiere Siano in un edificio in stile medievale, documenta l'evoluzione dei mezzi di trasporto non motorizzate tramite l'esposizione di 25 pezzi d'epoca. Al museo è annessa un'esposizione permanente sugli attrezzi rurali.
Museo del Risorgimento: ospitato all'interno dei locali della Caserma del Distretto Militare "Florestano Pepe", è l'unico museo della storia risorgimentale del Sud Italia. Vi sono esposte divise, fotografie, armi e altri cimeli di particolare rilevanza.
Museo dei Vigili urbani: inaugurato nel 2013 all'interno del comando "Rattà-Procopio", ospita una collezione di vari cimeli che hanno caratterizzato l'attività dei vigli urbani della città a partire dal 1872.
ARTI & MESTIERI
Mimmo Rotella, all'anagrafe Domenico Rotella (Catanzaro, 7 ottobre 1918 - Milano, 8 gennaio 2006) - artista italiano, considerato uno dei protagonisti della scena artistica della seconda metà del 1900. La sua figura è legata al movimento del Nouveau Réalisme e della Pop Art internazionale.
Nato da una famiglia della media borghesia, dopo aver ottenuto il diploma nel 1940, nel 1941 è chiamato alle armi. Nel 1943 lascia l'esercito e l’anno successivo ottiene il diploma di maturità artistica a Napoli. Tra il 1944 e il 1945 insegna disegno e calligrafia a Catanzaro. Nel 1945 si trasferisce a Roma dove frequenta la giovane avanguardia costituita dagli esponenti del Gruppo Forma 1 (Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato). Dopo gli inizi figurativi e le prime sperimentazioni, inizia a dipingere quadri astratto-geometrici ispirati alle opere di Vasilij Kandinskij e Piet Mondrian. Nel 1947 partecipa alle prime esposizioni nell'ambito dell'Art Club. Nel 1949 si dedica ad esperimenti di poesia fonetica, che denomina epistaltica (un neologismo inventato dall'artista), del quale nello stesso anno redige il Manifesto.
Nel 1980 lasciata Parigi per stabilirsi a Milano, elabora i blanks o "coperture": manifesti pubblicitari azzerati, ricoperti da fogli monocromi, come avviene per la pubblicità scaduta. Nel 1984 realizza grandi tele a pittura acrilica dedicate al cinema: Cinecittà 2 allo Studio Marconi di Milano. Nel 1986 realizza le "sovrapitture", ispirandosi al graffitismo: interviene pittoricamente su manifesti lacerati ed incollati su un supporto, tracciando scritte e simboli come quelli che si possono leggere sui muri cittadini. Nello stesso anno realizza la scultura in travertino Omaggio a Tommaso Campanella per la città siciliana di Gibellina. (clicca qui per il resto della biografia)
Si ritiene che l'Arte della Seta sia stata introdotta a Catanzaro nel 1072, da una casta di Orientali che abitava la città. Secondo una tradizione catanzarese, sia il gelso che il baco sarebbero stati introdotti in Europa, proprio in quel secolo che vide la nascita della città, infatti una recente ipotesi fa derivare il nome stesso della città dal termine "Katartarioi" ovvero "filatori di seta". È certo che i primi centri europei dove si lavorò la seta, tra la fine dell'anno 800 e i primi anni del 900, sono italiani, per l'esattezza Catanzaro e Palermo. La spiegazione è abbastanza intuitiva: la prima era sotto il dominio dei bizantini, mentre la seconda era araba e, quindi, tutte e 2 strettamente legate a culture orientali allora molto forti. Agli inizi del 1400, sotto il dominio Aragonese si ebbe un ulteriore periodo di sviluppo, dovuto all'antica tradizione della lavorazione e del commercio della seta.
Nel 1519 Re Carlo V "riconosce" il Consolato dell'arte della Seta, anche se gli Statuti dell'Arte della Seta a noi pervenuti sono dell'8 maggio 1568, è certo che a Catanzaro l'arte della seta era già florida in tempi precedenti, infatti, alcuni artigiani furono chiamati in Sicilia (a Palermo nel 1432 e a Messina nel 1468) per insegnare l'arte del velluto, e in Francia (a Lione nel 1466 e Tours nel 1470) quando il re Luigi XI decise di istituire nei propri domini la manifattura della seta, dove comparve il primo telaio meccanizzato attribuito a "Giovanni il Calabrese". Grande importanza ebbero gli ebrei, ma quando vennero banditi da tutti i territori dominati dalla Spagna, anche la tradizione manifatturiera declinò, in quanto opera prevalentemente di questa popolazione. È certo che già nel 1200 la Calabria vantava il primato dell’arte in tutta la Penisola e Catanzaro godeva di notevoli privilegi. Privilegi che garantirono lo sviluppo dell’Arte, anzi della Nobile Arte della Seta. Per farci un’idea, i Mercanti Catanzaresi erano affrancati da tutti dazi e, tra il 1400 e il 1500, fu concesso il Consolato dell’Arte della Seta. Il primo Consolato del Regno dopo Napoli, Consolato composto dai 3 Consoli della Nobile Arte della Seta. Ne resta traccia nel quartiere tutt'ora chiamato Filanda, dove anticamente erano ubicati i laboratori per la tessitura e la filatura della seta.
Teatro
La tradizione teatrale della città risale al tardo 1600 quando, in occasione della nascita dell'erede al trono spagnolo, ci furono quasi 2 mesi di rappresentazioni che animarono piazza San Giovanni. Le attività teatrali si continuarono a svolgere nelle piazze cittadine e in un piccolo teatro in piazza Duomo, distrutto dal terremoto del 1783. In seguito venne costruito lo storico Teatro Comunale, progettato dall'architetto Vincenzo De Grazia nel 1818 e terminato nel 1830. Il teatro rappresentava opere di Pergolesi, Rossini, Goldoni, Giacosa e D'Annunzio, Scribe, Sardou, Mirabeau, Dumas, Ibsen, Tolstoj, Shakespeare, Dostoevskij. Ne calcarono il palcoscenico i più noti artisti del tempo, da Ermete Novelli a Ermete Zacconi, da Giovanni Emanuel a Gustavo Salvini. In seguito alla crisi economica e sociale che investì la città dopo la Prima Guerra Mondiale, il teatro declinò e venne infine demolito nel 1938, mentre l'attività teatrale continuò in modo diseguale con il Teatro Masciari, fino alla costruzione del Teatro Politeama, su progetto di Paolo Portoghesi e situato nel centro storico, inaugurato nel 2002. Occupa lo spazio dove si trovava l'omonimo cinema-teatro costruito negli anni 1930 e un vicino mercato coperto della stessa epoca. Il palcoscenico è uno dei più avanzati in Italia dal punto di vista tecnologico ed è il "cuore" del teatro: largo 22,30 m e profondo 20 m, ha un'altezza di 30 m. La sala centrale a forma di ferro di cavallo, intorno a cui si articola l'edificio, riprende la tradizione del teatro classico all'italiana. Lo spazio disponibile è di 53.000 m³ e di 5.700 m².
Inoltre ha sede l'Accademia d'arte teatrale "Officina teatrale", il terzo polo artistico italiano con Milano e Roma.
La maschera tipica è Giangurgolo; nata in città tra il 1000 e il 1100, al tempo della Commedia dell'arte; divenne famosa in quanto rappresentava la figura del Capitano di origine spagnola, vanitoso e bugiardo, che ha più del furfante che dell'uomo d'armi.
Cinema
Mgff - Il Magna Graecia Film Festival è un progetto ambizioso, concepito e realizzato dai fratelli Alessandro e Gianvito Casadonte. Una kermesse dedicata al cinema, che mette in concorso le opere prime. Un’autentica scommessa in un territorio, periferico e dunque marginale, che adesso si può dire vinta. Eccome, e le ragioni di questa perentoria affermazione sono testimoniate dai dati della kermesse nata nel 2004 e passata dalle note località ioniche Soverato e Montepaone a Catanzaro, luogo in cui è approdata ormai 5 anni fa. La città capoluogo della regione ha infatti fortemente voluto legare il suo nome a quello di una rassegna che ha ricevuto nel tempo l’imprimatur di maestri della settima arte. Un evento fruibile da tutti, giovani e meno giovani, donne e uomini, esperti cinefili e semplici appassionati di film. Un appuntamento fisso dell’estate che rappresenta la grande opportunità di una realtà lontana anni luce dalla ribalta mediatica e dello star system come la fascia centrale della Calabria. Un’area geografica e, più in generale, una regione anche economicamente depressa che grazie all’Mgff registra un’impennata sotto il profilo dell’indotto generato dalla manifestazione. (vai al sito)
CIAK SI È GIRATO A Catanzaro
La ballata dei mariti di Fabrizio Taglioni - 1963 Commedia interamente girata nella provincia di Catanzaro, in particolare in Sila piccola, presso lo storico Albergo delle Fate. Tra gli scenari, si riconoscono il lago Ampollino, Copanello, Caminia e Serra San Bruno.
Calibro 9 di Toni D'Angelo - 2019
Letteratura
Al
pari del destino che l'apparenta alla regione di cui è capoluogo, e
forse anche più, Catanzaro, nonostante l'importanza amministrativa che,
come capoluogo di provincia e di regione, la pone come hub della rete
istituzionale nazionale, è sconosciuta ai più. Perfino scrittori e viaggiatori per l'Italia, non l'hanno raccontata; Goethe nel suo "Viaggio in Italia" del 1786-88, salta la Calabria a pié pari, anzi via mare, andando da Napoli in Sicilia;Guido
Piovene, nel suo "Viaggio in Italia" del 1950, visita la Calabria ma
dedica a Catanzaro solo poche righe sintetiche, che sottintendono a molto da raccontare.
Libreria del Viaggiatore (citazioni da libri)
«L'intiera
terra fra i due golfi di mari, il Nepetinico [S. Eufemia] e lo
Scilletinico [Squillace], fu ridotta sotto il potere di un uomo buono e
saggio, che convinse i vicini, gli uni con le parole, gli altri con la
forza.
Questo
uomo si chiamò Italo che denominò per primo questa terra Italia. E
quando italo si fu impadronito di questa terra dell'istmo, ed aveva
molte genti che gli erano sottomesse, subito pretese anche i territori
confinanti e pose sotto la sua dominazione molte città.»
(Antioco di Siracusa, Sull'Italia, V secolo a.C.)
.
«Entrò
vittorioso Roberto [il Guiscardo] anno 1055 - si fè giurare homaggio e
conoscendo, che il dominio della Calabria dipendeva assolutamente
dall'assicurarsi di questa Piazza, sì per esser in sito naturalmente
inespugnabile, come per star situata nel centro della Provincia, per
dove con facilità si può tramandar a gli altri luoghi soccorso in tempo
di guerra, vi fondò un fortissimo Castello in quell'estremo della Città,
sopra un masso di scoglio al di fuori tagliato, con torri e bastioni sì
bene intesi, che alla fortezza sua naturale congiunti, lo resero sicuri
di batteria e di scalate... »
(Vincenzo D’Amato, 1670)
«Hora
godendo Catanzaro una perfettissima quiete diedesi alla coltura delle
piante suddette, appellate Celsi, o come altri dicono Mori, e col
beneficio dell'acque, che l'irrigavan, crebbero in breve con le foglie
poi delle quali comincionsi a nutrir il Verme; indi da gusci del detto a
cavar nell'acqua bollente la seta; con la pratica d'alcuni Orienteli
nella Città commoranti imparando molti la testura di quella, ne fecero
drappi di varie sorti; onde in modo vi si stabilì l'Arte»
(Vincenzo D’Amato, 1670)
«Fa la città per la sua
impresa un’aquila imperiale con la testa rivolta a destra, armata di
corona, con le ali e coda sparse, in atto di sollevarsi a volo, nel di
cui seno, che forma uno scudo, vi sono tre monti in campo vermiglio,
sopra dei quali vi è una corona; tiene l’aquila col becco una fascia,
nella quale sta questo motto delineato: “Sanguinis effusione” per
dimostrare che col sangue dei suoi cittadini, mai sempre sparso, in
servigio della Cattolica Corona, ha quell’aquila meritato, che le
concesse la sempre gloriosa memoria dell’imperatore Carlo V per
aggiungerla alla sua antica insegna»
(Descrizione più antica dello stemma che si trova nel libro “Memorie
historiche dell’illustrissima, famosissima, fedelissima città di
Catanzaro” di Vincenzo D’Amato, 1670)
Catanzaro poco narrata forse perché è una città riservata e
si svela solo a chi si innamora vivendola. Così avvenne per lo scrittore e patriota Luigi Settembrini -
napoletano trasferìtosi con la moglie dopo aver vinto nel 1835 il
concorso per la cattedra di Eloquenza e Greco nel liceo Galluppi di
Catanzaro - legato alla città da un particolare rapporto affettivo: «Io le voglio un gran bene a quella città di Catanzaro,
e piacevolmente mi ricordo sempre di tante persone che vi ho conosciute
piene di cuore e di cortesia, ingegnose, amabili, ospitali. La
città è sita sovra un monte in mezzo della Calabria: dietro le spalle
le van sorgendo altri monti sino alla gran giogaia della Sila, che di
verno si vede coperta di neve, e su la neve sorgono nereggianti i pini:
dinanzi le sta un vastissimo terreno ondulato di colline che sono sparse
di giardini, di orti, di case, di vigne, di oliveti, d’aranceti, e di
pascoli dove biancheggiano armenti: e tutto quel terreno si curva in
arco sul mare Ionio che tra i capi Rizzuto e Badolato forma il golfo di
Squillace. Il
mare è distante da la città sei miglia, ma ti pare di averlo sotto la
mano, e ne odi il fragore: vi si discende per una strada che va lungo un
torrente, e quando sei su la riva trovi un villaggio che chiamano la
Marina, dove i signori hanno loro casini e la primavera vanno a
villeggiare.» Così recita l'l’incipit del X capitolo del primo volume delle sue "Ricordanze della mia vita" (clicca qui per andare all'articolo dedicato) che Settembrini dedica interamente alla città; e quale miglior sintesi potrebbe disegnare una città. Settembrini
racconta la bellezza di una città che già nel 1800 appariva
quella che è ancora oggi, unica e affascinante, del suo liceo Galluppi,
allora uno dei 4 del Regno d'Italia. Quell’amabilità
che sta nella cortesia, nella signorilità, nel culto dell’ospitalità,
nell’attaccamento orgoglioso alle proprie origini, alle antiche
tradizioni, proprie ancora oggi del popolo catanzarese e calabrese.
«... Mentre Cosenza è in fondo valle, Catanzaro è in altura. Città ariosa, perciò, con magnifica vista sulla Sila e ad sul golfo di Squillace, aperta da ogni lato a un paesaggio diverso, , montano o marino. E' anche una città di cultura, con un cine-club, conferenze, ed un fiorente circolo di Amici della Musica. Mi dicono che a Catanzaro si vendono 3.000 copie di giornali e riviste al giorno, ed è una cifra eccezionale per lìItalia del Sud, in rapporto al numero dei suoi abitanti. Oltre a buone scuole, Catanzaro ha un ottimo riformatorio per i minorenni traviati ...»
(pagina 675 da "Viaggio in Italia" di Guido Piovene, 1950)
«Mi capita sovente di tornare a Catanzaro, la città dove sono nato, e di osservarla con una duplicità di sguardo. Quello dell'ex cittadino che vi ha vissuto sino alle soglie della giovinezza, che ha legami sentimentali profondi con i fratelli e le sorelle che vi abitano e con i tanti amici di antica data, con i luoghi dove ha giocato bambino, e insieme lo sguardo dello è dello studioso che non ha mai smesso di osservare le trasformazioni che la città ha subito nel corso del tempo. Metamorfosi che tento ancora di interpretare ogni volta che vi faccio ritorno. Città medio-piccola (conta circa 90.000 abitanti, che diventano 360.000 dell'intera provincia), il capoluogo della Calabria riflette con fedeltà quasi assoluta, ma in forme estreme e perfino grottesche, le vicende e le trasformazioni che investono l'intera società Nazionale. Se ne potrebbe tentare una rapida scansione storica. Negli anni ‘60 la città rappresentava forse il centro politicamente e intellettualmente più vivace della Calabria. La lotta politica anche radicale che investiva allora L'Italia intera trovava a Catanzaro equivalenti di un certo rilievo: merito soprattutto di un Partito Comunista ben strutturato e attivo, i cui quadri dirigenti si erano per lo più formati nelle lotte contadine del dopoguerra. C'erano poi una DC molto popolare, anche se priva di leader significativi, un piccolo Partito Socialista, gruppi vivaci di giovani cattolici e giovani comunisti resi ancor più combattivi dal passaggio vivificante del ‘68. Al fenomeno giovanile di quegli anni diede anche un contributo straordinario, per tanti versi difficile da decifrare nella sua apparente casualità, la presenza del liceo classico Galluppi. Una vecchia istituzione destinata alla formazione della élite cittadina che in quegli anni vide uscire dai suoi banchi un numero sorprendente di figure intellettuali, alcune delle quali destinate a fama nazionale e internazionale, ma che in più gran numero, anche se con minore notorietà, sarebbero andate a infoltire le schiere della docenza in varie università d'Italia. Il fermento intellettuale e politico, che si consolidò nel decennio successivo con un maggiore protagonismo dei partiti politici, con la nascita della Regione e il decentramento amministrativo che ne conseguì, mascherò tuttavia una sotterranea tendenza economica e strutturale che si sarebbe rivelata fatale per Catanzaro e per gran parte della regione. La città, un centro amministrativo che vantava l'insediamento di una Corte d'Appello, e quindi la presenza di un folto ceto forense, e vari uffici pubblici legati al suo ruolo di capoluogo di provincia, cui si aggiungeva quello di regione (Catasto, Ufficio delle Entrate, Provincia, Prefettura, Camera di Commercio, Assessorati Regionali, ecc.), era andata crescendo sui trasferimenti ordinari dello Stato, cui si aggiungevano quelli dell'intervento straordinario della Cassa del Mezzogiorno. Ma nessuna nuova economia si era nel frattempo formata, anzi si era ridotta e comunque si erano sempre più svalutate l'economia del piccolo artigianato e soprattutto quella agricola dei suoi dintorni, che a lungo aveva costituito un supporto all'autoconsumo e al piccolo commercio. E giova ricordare che Catanzaro ancora oggi è un comune agricolo significativo, soprattutto per la presenza diffusa di uliveti. La quasi unica forma di intrapresa che invece non aveva conosciuto flessioni era la solita, vecchia, sicura, edilizia. Costruire case è stata per decenni l'unica vera passione dell'imprenditoria cittadina e della sua provincia: un'industria con pochissimi rischi, grazie alla fame di case di quei decenni, all'abbondante presenza di manodopera a basso costo, al tipo di impresa realizzabile con scarsi investimenti e nessun bisogno di innovazione tecnologica, in grado di sfruttare a prezzi di favore politico la materia prima allora abbondante: il territorio. Sennonché, questo corso economico che ha investito allora pressoché tutte le città italiane, a Catanzaro ha assunto forme paradossali e alla lunga disastrose per il destino della città. I nuovi edifici, le famose palazzine che rappresentavano le nuove forme di edificazione residenziale di allora, non si espansero verso Sud, come sarebbe stato logico e necessario: vale a dire verso la valle della Fiumarella e del Corace e dunque verso la pianura e verso il mare. Così è accaduto per quasi tutti gli antichi centri interni, più o meno arroccati e bisognosi di nuovi spazi. Catanzaro si è espansa invece in direzione contraria, anziché verso il mare si è mossa verso la montagna, ha occupato nuovi spazi a Nord, sulle colline impervie dove alcuni maggiorenti possedevano terreni di scarso pregio agricolo da valorizzare. Si è creata così una ulteriore via di traffico che attraversa la città verso Nord negli spazi angusti delle Colline. Tale tendenza è stata in parte corretta negli anni successivi, ad esempio con la nascita di un aggregato residenziale a Corvo, una piccola valle tra la città e il suo Lido. Ma essa è stata nel frattempo accompagnata da un processo di edificazione selvaggia, sia a Est che a Ovest, con la disseminazione di palazzi su tutte le pendici intorno ai colli su cui è storicamente sorta la città. Una proliferazione caotica di edifici anche su crinali e dirupi, purché raggiungibili, che sarebbe errato definire a macchia d'olio. L'olio si espande con una sua rotondità e contorni netti. Qui siamo in presenza di uno sprawl (distendersi), un accampamento casuale di case. Un tempo Francois Lenormant, storico della Magna Grecia, definiva Catanzaro una "città vertiginosa", un nido d'aquile circondato da dirupi digradanti verso il mare Ionio. Oggi quei dirupi sono gremiti di edifici simili a capre al pascolo. Rispecchiano con avvilente fedeltà l'immagine di una classe dirigente cittadina il cui connotato progettuale più saliente è il disordinato e misero appetito predatorio del suo territorio e del suo paesaggio. Forse gli anni peggiori di dissennatezza sono stati quelli del decennio Ottanta: la fase della riscoperta del “privato”, dell'”edonismo reaganiano”, del nuovo corso del Partito Socialista guidato da Craxi. Tornavo anche allora spesso a Catanzaro e vi scorgevo non solo nuove violenze sul territorio ma un mutamento antropologico palpabile e per tanti aspetti sconvolgente. La comunità cittadina di un tempo, quella dello struscio serale sul corso, dei tanti caffè del centro storico, delle chiassose comunità studentesche, dei circoli culturali, si era come dissolta. La sera un silenzio da coprifuoco si estendeva per strade e piazze. Le famiglie erano state risucchiate nelle loro case davanti a un televisore. I cinema erano stati tutti chiusi, tranne il Masciari, un bellissimo locale Liberty dei primi del 900, che proiettava solo film a luci rosse. La città è riemersa molto lentamente da questo tracollo civile e culturale. L’Imes, l'Istituto Meridionale di Storia e Scienze Sociali che teneva i suoi convegni nei pressi della città, con studiosi italiani e stranieri di varie discipline, già sul finire del decennio trasferiva in forme di dialogo didattico le proprie ricerche tra gli insegnanti dei licei cittadini. Nascevano circoli culturali, il Masciari grazie all'iniziativa di un gruppo di giovani riprendeva la cinematografia di qualità, la città conosceva un po' di vita economica ma quasi esclusivamente per l'espansione degli esercizi commerciali. Non si spezzava lo schema antico di una domanda alimentata dai trasferimenti pubblici, che sosteneva un consumismo crescente, surrogato illusorio di una modernizzazione fondata su una mera redistribuzione amministrativa di ricchezza. Così nel nuovo millennio la città ha conosciuto una nuova pagina di vivacità culturale e civile e perfino urbanistica. Grazie ai programmi europei “Urban” il comune ha realizzato un'ampia opera di rifacimento del decoro urbano, con un apprezzabile ristrutturazione del corso principale, intitolato a Mazzini, e di alcuni quartieri del centro storico, come il rione di Sant'Angelo. Purtroppo si tratta di un'opera oggi deturpata dal traffico, e dalle auto parcheggiate perfino sui marciapiedi, perché le amministrazioni sono incapaci di conservare 105 metri di isola pedonale. Catanzaro è infatti forse l'unico centro urbano d'Italia privo di un'area esclusa al traffico. in quegli anni di trasformazione dell'antico carcere di San Giovanni, diventato un elegante presidio culturale nel cuore della città, ha dato impulso a importanti mostre e a iniziative culturali di rilievo. Nel frattempo, il progetto Gutenberg, un festival del libro avviato all'interno del liceo Galluppi da Armando Vitale, un ex alunno degli anni Sessanta, è diventato un evento culturale che investe la città per diversi periodi dell'anno e ora anche l'intera regione. Ma si tratta di una vivacità culturale, proveniente dal mondo della scuola e di poche professioni, che al fondo maschera assetti strutturali immodificati e per tanti versi peggiorati. Negli ultimi anni l’iniziativa economica dei gruppi dirigenti cittadini si è indirizzata verso la costruzione di centri commerciali ovunque il territorio lo consentiva. Poli commerciali enormi che hanno messo in crisi il piccolo commercio del centro storico e che generano crescente traffico automobilistico. Nel frattempo a Germaneto, nella periferia Ovest, sono state trasferite alcune facoltà universitarie prima disseminate nel centro. Una espansione urbanistica degli ultimi decenni che ha sconvolto il paesaggio agricolo di una vasta area. La città si dilata su un più vasto territorio senza un disegno visibile, mentre il centro storico si va svuotando. Di recente in questa area è stata terminata la sede della Regione, un edificio gigantesco, che fa impallidire per la solennità il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. A osservarlo, pensando alle prove che hanno dato i governi regionali degli ultimi quarant’anni, si rimane senza parole. Per quali meriti una così imponente autocelebrazione? Non saprei come interpretarla, visto il bilancio politico che oggi si può trarre, se non come monumento alla capacità dei gruppi dominanti calabresi di distruggere il proprio territorio.» Autore: Piero Bevilacqua, già professore ordinario di Storia contemporanea, ha fondato l'Istituto Meridionale di Storia e Scienze Sociali (Imes), di cui è presidente.
(da “Viaggio in Italia” Racconto di un paese difficile e bellissimo - numero monografico Rivista il Mulino n° 6/2017 - pagine 83 a 90)
Storie, Leggende e Misteri
La città dei 3 V Così era chiamata Catanzaro; i 3 V erano le iniziali di Vento, Vitaliano (il nome del Santo Patrono della città), Velluti. A Catanzaro fioriva, infatti, introdotta da orientali non si sa quando, ma certamente prima dell’anno 1000, l'Arte della Seta, e la forma la fama dei Catanzaresi era tale che nel 1400, alcuni di loro furono chiamati in Francia per insegnare il mestiere a operai Francesi. Ogni anno, a primavera, i setaioli si recavano a Reggio, a vendere i loro prodotti a mercanti Genovesi e Veneziani, Spagnoli ed Olandesi là convenuti in gran numero; tornavano trionfanti e carichi di quattrini, il martedì dopo Pentecoste, chiamato «martedì di Galilea». Subito dopo si teneva una Fiera frequentatissima, che durava 2 settimane. La prosperità dell'Arte della Seta Catanzarese ebbe bruscamente fine nel 1678, a causa della peste che in quell'anno colpì la città con conseguenze così disastrose che la fiera non si potè più tenere e l'industria decadde irrecuperabilmente.
Le Serpi Le serpi che si aggiravano nei dintorni delle case di Catanzaro, specialmente se bianche, lungi dall'essere cacciate o uccise devono essere nutrite e allevate; perché in esse si sono incarnate le anime dei parenti morti, in cerca dei loro discendenti.
Le Spighe La notte del 3 maggio, la Vergine passa per i campi a benedire le spighe. Quando spuntano dalla terra, le piantine di grano si rizzano verso il cielo per ringraziare Dio di averle fatte nascere; poi, benedette, si chinano verso la terra per ringraziarla dell'aiuto e del nutrimento che ne ricevono.
Otto e Nove Per scongiurare il malocchio o l'«affascino» involontario, le donne calabresi invocano i numeri 8 e 9 (che si pensa rappresentino una trasfigurazione simbolica del fallo): puntando verso terra la mano piegata a fare le corna dicono: «Otto e Nove, Otto e Nove, fora fascinu, fora malochiu!»
Musica
L'associazione Amici della Musica di Catanzaro, il più antico sodalizio musicale della regione che, da qualche anno, ha aderito ad A.M.A. Calabria, che da 50 anni organizza stagioni musicali nella città con artisti di prestigio internazionale; nel corso degli anni è cresciuta notevolmente e si adopera per sensibilizzare all'ascolto della Musica e alla partecipazione sempre più massiccia dei ragazzi. Uno degli obiettivi che si prefigge è, infatti, quello di attrarre a sé anche e soprattutto le fasce più giovani, educandole a nutrire la propria anima attraverso la conoscenza dei grandi classici della Musica.
I concerti, che hanno visto ospiti i più grandi musicisti degli ultimi 40 anni, hanno luogo presso il prestigioso Palazzo De Nobili, il moderno Auditorium Casalinuovo, il grande Teatro Politeama ed il Complesso del San Giovanni.
DIARIO di VISITA
Il mio amore, la mia passione ed affetto per questa città partono da lontano, da quando, piccolo, quando mi domandavano dove fossi nato, rispondevo dichiarando il falso "a Catanzaro e me vanto"; nonostante non vi sia nato, e senza averla mai vista, l'ho sempre amata. In effetti, ne sono originario; mia nonna Bianca Rotella, era catanzarese doc, e altrettanto mio padre Giovanni, il mio bisnonno Salvatore Rotella fu per 30 anni professore di scienze naturali e matematica al mitico Liceo-Convitto Galluppi; vivevano nel palazzetto di famiglia posto di fronte al Teatro Comunale (oggi Politeama), in scesa Leone, con omonima Farmacia in cima alla scalinatella all'angolo con corso Mazzini, oggi cambiata nella direzione e nel nome, in salita Mazzini. Mi ha sempre indignato il fatto che non esistessero fotografie di Catanzaro; mi ribellavo alla risposta dei miei colleghi fotografi che dicevano di non aver mai fotografato Catanzaro in quanto non c'è nulla di bello da vedere.
La realtà è che, superata la scenografica quinta di palazzoni, Catanzaro ha un cuore caldo, un piccolo centro storico che parla d'antico.
Ed io amavo passare dietro le quinte, dalla Catanzaro antica, quella romantica, quando, amante del viaggiar lento, fino a qualche anno fa, iniziando a frequentarla, scendevo col treno delle 23.30 proveniente da Roma; dopo 6 ore, uscito da una breve galleria, mettevo piede sulla banchina della piccola ma suggestiva ricca di atmosfera, stazione di Catanzaro Sala.
Erano gli anni 2000 e il viaggio era reso più lungo causa un problema tecnico. Il treno diretto a Reggio Calabria, era composto da due convogli che arrivati a Lamezia Terme, si sganciavano: uno proseguiva per la linea tirrenica e l'altro per la Jonica, che veniva raggiunta deviando per Catanzaro e Catanzaro Lido. il convoglio, quindi, veniva posto su un binario morto per 2 ore, in attesa di essere agganciato da una motrice a nafta, in quanto la tratta catanzarese e la Jonica non erano, e non sono a tutt'oggi, elettrificate.
Così alle 6.30 del mattino, sceso dal treno, un po' infreddolito, mi rifugiavo nel bar della stazione deserta, per fare colazione con un caffé - o meglio, un ahé in catanzarese -, ma soprattutto con una golosa ciambella, non una ciambella normale, ma una specialità catanzarese, una sorta di pitta dolce che, al posto del 'u murseddu è ripiena di crema pasticcera.
Perché parlo al passato, perché, scandalosamente, il capoluogo di regione è stato tagliato fuori dalla rete ferroviaria nazionale; Catanzaro Sala, aperta all'esercizio nel 1899, rappresentò la stazione di riferimento del capoluogo calabrese fino alla sua chiusura, avvenuta nel 2008.
Scaldato e rifocillato uscivo nella piazza della stazione e in 8 minuti a piedi raggiungevo Rione Sala alla base della Funicolare per prendere quella funicolare che era stata costruita appositamente per collegare la stazione a valle con il centro storico a monte. Comincio a salire; Vico della Stazione, svolto a sinistra per via della Stazione mi dirigo a destra sulla via dei Bizantini poi a sinistra per Contrada Pié Funicolare ed infine a destra per Contrada Funicolare Bova per salire in 2 minuti a Piazza Roma, 678,37 metri con pendenza media del 28,14% ed un dislivello di 158,23 metri. La funicolare fu attivata nel 1998 ricostruendo la tratta a funicolare della cosiddetta "tranvia automotofunicolare", funzionante dal 1910 al 1954. Era una linea tranviaria che collegava inizialmente la Stazione FS di Catanzaro Sala con piazza Indipendenza, attraversando il centro cittadino.
Arrivato a piazza Roma mi trovo davanti l'inizio del lungo corso Mazzini che taglia in due il centro storico da nord a sud. L'aspetto urbanistico attuale del centro storico rispecchia in gran parte il rinnovamento edilizio effettuato tra il 1870 e il 1900, con l’apertura del lungo corso Vittorio Emanuele Il (ora corso Mazzini), che tagliò longitudinalmente l’abitato da piazza Roma all’attuale piazza Matteotti. Inizio la mia conoscenza della città proprio con un giro nella parte antica, quella che più mi interessa, in quanto i monumenti che nel corso del tempo si sono ritagliati uno spazio importante nella storia e nella memoria dei catanzaresi, sono quasi tutti disseminati nel centro storico. L'itinerario comincia con l‘alberata piazza Matteotti, posta tra i quartieri moderni a nord e il nucleo storico a sud.
Qui è il simbolo della città, la fontana monumentale del Cavatore che rappresenta la forza e la tenacia dei catanzaresi. Incastonata nella parte residua del muraglione dell’ex carcere giudiziario eretto ov’era l'antico Castello Normanno, risalente ai tempi di Roberto il Guiscardo (1060).
Una prima digressione al mio percorso principale; a destra del Cavatore, prendo via Carlo V che, scendendo sul lato della rupe, è una strada panoramica con vista sulla valle della Fiumarella sormontata dal grandioso ponte ad un’arcata, uno tra i più arditi del mondo. Una vera e propria opera d'arte ingegneristica viene considerato il Ponte Bisantis Torno alla fontana del Cavatore che mi introduce al centro storico,e comincio a camminare col mio passo lento e sguardo attento a scandagliare ogni cosa, pronto a scattare le mie foto, lungo Corso Mazzini che come detto, rappresenta l’animata arteria principale della parte antica della città, che attraversa longitudinalmente con qualche dislivello e allargandosi in piazze e piazzette, fiancheggiato in gran parte da edifici tardo ottocenteschi. La situazione urbanistica di Corso Mazzini, fino agli anni trenta si presentava problematica a causa delle ristrette dimensioni, infatti l'arteria in alcuni tratti non superava i 5 metri di larghezza, e ciò causava non pochi disagi al traffico delle carrozze. Il corso negli anni a seguire è stato oggetto di molteplici modifiche che lo hanno portato ad avere le attuali caratteristiche.
Paralleli al corso scorrono dedali di strette viuzze e rioni e quindi mi tengo sempre pronto a lasciarmi prendere dalla curiosità addentrandomi nei vichi laterali perdendomi nel labirinto di viuzze e scorci.
La prima evidenza architettonica interessante sulla destra è il complesso monumentale del San Giovanni, che è stato realizzato sui ruderi del castello Normanno, inglobando e riutilizzando il grande piazzale panoramico, la Torre di Carlo V e le restanti mura del castello.
Gli spazi del Complesso Monumentale San Giovanni vanta una grande area espositiva, disposta su due piani. Vi si accede da una bella scalinata che porta al cortile interno e quindi alle numerose sale che dal 2008 ospitano il Museo MARCA Ancora pochi metri e, sempre sulla destra, mi infilo nel vicolo del Telegrafo per andare a vedere la chiesetta diS. Omobono, il monumento più antico tra quelli rimasti in città: di origine normanna (fine del 1100), all'esterno si notano resti di decorazioni bizantine. Riprendo corso Mazzini e subito a destra rasento il famoso liceo ginnasio Galluppi, in cui insegnarono illustri studiosi, tra i quali il già citato Luigi Settembrini.
Arrivo quindi a piazza Grimaldi, ieri Piazza Mercanti, cuore del nucleo storico di Catanzaro; era il centro economico della città posta a in uguale distanza dalla Porta Marina e dalla Porte Granara, era facilmente raggiungibile dai mercanti che provenivano dai quartieri marinari e da quelli presilani. In questo rione erano situate le principali attività economiche e commerciali, e la piazza così viene descrtta: «... questa piazza fu il palcoscenico della vita catanzarese e vide i mercanti ed i setaioli, gli uomini d'armi e quelli di toga, i forestieri e la gente del contado, i patrizi ed i poveri che accorrevano al Monte di Pietà; la piazza dove per secoli il popolo di Catanzaro visse feste e spettacoli, sommosse e tumulti, parate e processioni, comizi e quaresimali». Faccio una piccola deviazione sulla sinistra per andare in Piazza Prefettura per vedere, incastonato in una parete del Palazzo delle Poste, il murale dell'artista Mimmo Rotella, catanzarese dalla fama internazionale (tra parentesi, mio cugino da parte di nonna), che adotta le modalità della sua pittura di quegli anni ma la piega, con le figure rappresentate, alle esigenze di simboleggiare l'universo delle telecomunicazioni, fra passato e presente. Proseguo lungo il Corso Mazzini, fiancheggiato da palazzi ottocenteschi; alcuni, sono considerati veri e propri simboli di Catanzaro; un esempio lampante è Palazzo Fazzari, costruito nel 1874, uno dei più importanti e frequentati per iniziative artistiche e culturali.
Alle spalle del palazzo Fazzari è il quartiere che ospitò il ghetto ebraico quando l’industria della seta e del velluto, tra il 1400 e il 1600, richiamò a Catanzaro numerosi ebrei.
Alla base del palazzo c'è la Farmacia Leone che ha cambiato gestione e porta nell'insegna il ricordo della vecchia e del vecchio nome del vicolo che si chiamava "scesa Leone" ed ora è cambiato in "salita Mazzini". Abbandono Corso Mazzini, e scendo i gradini della salita Mazzini, pochi metri e sbocco in una piazzetta su cui prospettano edifici di varia altezza e datazione e ilTeatro Politeamainaugurato nel 2002, costruito su disegno dell’architetto Paolo Portoghesi in forme simil cinesi e una cubatura esagerata che poco lega con le architetture circostanti.
Riprendo a camminare su via Giovanni Jannoni verso sud e mi dirigo al bel Parco di Villa Margherita, già Trieste, il più antico giardino pubblico di Catanzaro. Chiamata anche Villa Margherita in quanto fu aperta al pubblico il 21 gennaio 1881, in occasione della visita di Margherita di Savoia. Alla fine della seconda guerra mondiale, prese il nome di Villa Trieste, ma dopo i lavori di recupero e ristrutturazione, è tornata al suo nome originario di Villa Margherita. Primo giardino pubblico della città, con giardini estesi e lussureggianti, sorge sul terreno che fu dell'ex Convento di Santa Chiara. Il parco sorge ad un'altitudine di 320 metri sul livello del mare che gli conferisce l'aspetto di un'ampia terrazza sulla quale si apre un panorama stupendo, che spazia dai monti della Sila fino alle coste di Capo Rizzuto. All'interno della Villa sono il Museo Provinciale e la Biblioteca Comunale, che conserva migliaia di volumi, pergamene e manoscritti molto antichi. Purtroppo non ho il tempo necessario per una visita approfondita del giardino della Villa, come vorrei e mi riprometto di fare; quindi mi dirigo nuovamente verso Corso Mazzini, ormai nell'ultimo tratto sud.
Mi imbatto nel retro del piccolo Teatro Masciari; è chiuso ma con la fantasia rivado ai racconti di un'amica catanzarese che mi ha raccontato dei bei pomeriggi interessanti passati al cinema d'essai; mentre penso, come mia abitudine, vado alla ricerca di un'immagine che possa raccontare questo piccolo teatro, e il retro me ne offre una con questa meravigliosa scalinata con il gioco le sue balaustre curvate. Sono a Piazza Roma, tornato a pochi passi dalla funicolare, quasi in fondo al Corso Mazzini, quando il languore di stomaco si fa sentire. L'appuntamento gustoso è con la Vecchia Hostaria da Pepé (una volta Pepé le Rouge in quanto il vecchio oste aveva i capelli rossi) infilandosi in Vico I Piazza Roma, 6 (tel. 0961 726254) L'Hostaria è incastonata come una piccola gemma nel centro storico di Catanzaro. Massimiliano Cartaginese, giovane cuoco, si è assunto la responsabilità di mantenere la tradizione del vecchio Oste, regalando ai suoi ospiti sapori della vita calabrese di un tempo, quando l'osteria non era solo un luogo di ristoro ma rappresentava anche un importante momento di socializzazione. In una saletta molto accogliente, arredata con mobili d'epoca, si ripropongono saperi e sapori antichi. C’è l’imbarazzo della scelta, quando l’appetito si fa sentire si mangerebbe tutto, unico limite la capienza dello stomaco. Gustosi gli antipasti, spesso opera di piccoli artigiani, quasi introvabili: capocollo di maiale nero, calamaro (piccola ricotta appena prodotta), pecorino stagionato crotonese, oltre a frittelle e polpette. Seguono primi tra i quali la pasta cu maccu (fave secche cotte a fuoco lento fino a ridursi in purea), o quella con i talli - zucchine immature - e la pasta china (timballo di pasta al forno, la cui farcia prevede polpettine di carne fritte, uovo sodo, soppressata o salsiccia stagionata, provola possibilmente silana. Il tutto condito con un buon sugo di ragù, pezzi di vitello o di carni miste soffritte e cucinate con passata di pomodoro), una volta ne feci indigestione prendendo il bis. Superbi i secondi: ‘u morzeddu è imperdibile, molto buone la parmigiana di zucchine e di melanzane, le lumache in brodetto e il baccalà cu u pipu. I dolci sono della tradizione casalinga. I piatti sono accompagnati dal buon Gaglioppo sfuso o da una delle tante bottiglie della ricca carta dei vini. Un pasto da Pepé è propedeutico per la conoscenza della gastronomia Catanzarese e i prodotti tipici calabresi.
Ma la mia visita di Catanzaro non sarebbe completa se non mi affacciassi alla Balconata di Bellavista, in via Enrico Della Seta, il punto di confine a sud del centro storico. Lo sguardo si perde all'orizzonte in un panorama mozzafiato che abbraccia tutta la costa ionica e che era, nel 1600, una meta prediletta dai ricchi giovani aristocratici britannici che partivano da soli alla scoperta dell’Europa. Era l'epoca del “Grand Tour”, il lungo viaggio nell’Europa continentale che prevedeva una tappa nel meridione d’Italia e precisamente in Calabria, perché forte era il richiamo della natura incontaminata che si svelava nel suo intero splendore agli occhi increduli del viaggiatore. E non dimenticate di tornarci a sera, coi lumi accesi e la balconata è comunque un luogo di grande atmosfera romantica.
PRODOTTI TIPICI
Catanzaro è il principale mercato agricolo della regione. Nel capoluogo calabrese venne infatti fondato nel 1980 il COMALCA, acronimo di "Consorzio mercato agricolo alimentare Calabria", una società mista pubblico-privato, con l'intento di costituire e gestire il nuovo Centro Agroalimentare di Catanzaro rientrante nel Piano nazionale dei mercati. L'azienda
è il principale centro agroalimentare della Calabria con funzione di
coordinamento tra i vari mercati agricoli regionali e nazionali. Ha sede nel quartiere Germaneto. La città è anche un importante centro alimentare con numerosi oleifici, pastifici e distillerie. Nel territorio comunale sono attivi l'agricoltura con cereali, barbabietole da zucchero, ortaggi, frutta, soprattutto agrumi, uva da vino, olive e noci, l'allevamento, soprattutto ovino, e lo sfruttamento dei boschi.
Vini DOC: lamezia (rosso) e Melissa (bianco e rosso)
Il settore industriale è per lo più rappresentato da aziende di media e piccola dimensione incentrato su produzioni per il mercato locale e nazionale; esempio di azienda catanzarese degna di nota è Guglielmo Caffè.
PIATTI TIPICI
La gastronomia di Catanzaro, che affonda le sue radici nella tradizione tipicamente mediterranea, è caratterizzata da una forte presenza di sapori forti e aromatici. Frequente l'uso del peperoncino piccante, presente in quasi tutti i piatti tradizionali, spesso associato ad altre spezie aromatiche come l'origano, il basilico e l'alloro. Il piatto tipico per eccellenza di Catanzaro è “'u morseddu”, trippa ed altre interiora di maiale con peperoncini da gustare con la “pitta” focaccia di pane casereccio a forma di ciambella piuttosto schiacciata e dalla forma circolare, tagliato a libretto; l'ingrediente base è costituito dalle interiora di vitello (diuneddhi), con conserva di peperoni piccanti, sale, origano, alloro, e vino rosso.
In passato era una sorta di street food, si tagliava il pane e si riempiva di murseddu che sbrodolava tutto, Simile al Morzello è il soffritto (‘u suffrittu), che i catanzaresi amano mangiare a cena la vigilia di Capodanno. È un piatto a base di carne magra di maiale che viene soffritta nella tiana, una caratteristica pentola di terracotta, e insaporita con alloro, origano, vino bianco e concentrato di pomodoro.
Anche il soffritto si serve nella pitta; gli “scivateddi” sorta di grossi spaghetti; i “rascatiedi” e le altre paste casarecce con diversi nomi e servite con diversi condimenti; i piatti a base di melanzane, comprese le polpette fritte; le “millecosedde” minestrone di verdure e legumi; e il minestrone di “cipuddazzi” (larnpascioni cotti lenrameme e ridotti a purea) servito in scodella su fette di pane tostato. Altro
piatto tipico locale sono i “vermituri”
ossia le lumache di terra bollite al sugo con l'aggiunta di
peperoncino. Il piatto ha radici molto antiche, vengono raccolte
durante le prime piogge nel mese di ottobre e la preparazione è
rimasta intatta nel tempo. L'usanza prevede che siano lavate bene per
eliminare la terra, poi lasciate riposare in un recipiente forato
munito di coperchio per 24 ore. Dopo vengono risciacquate e fatte
bollire per più di mezz'ora in una padella con olio, pomodori,
aglio, sale, origano e peperoncino piccante. Tra il pesce primeggiano il tonno e il pesce spada. Altre diffuse specialità sono gli insaccati di maiale in genere conditi con peperoncino (capocolli, “ndugghie” e salsicce); "fresulimiti", un amalgama di grasso e pezzetti di carne, ”'u suzu” gelatina che si ottiene dalla bollitura della testa del maiale con l’aggiunta di aceto ed erbe aromatiche; “’u sanguinazu”, considerato un dolce, è preparato con il sangue del maiale bollito e poi condito con vino cotto, uva passa, noci e aromatizzato con cannella, chiodi di garofano e buccia di mandarino o di arancia. I latticini prodotti nelle zone di montagna (provole e pecorino, “butirri” provolette con l'anima di burro). Ottimo pure il capretto al fomo e la cacciagione in genere. Proprie del Catanzarese sono le patate alla tiana (timballo) e la scurna di patate (soffiato). Fra i dolci, in genere con molto zucchero, miele, mandorle e noci; i “mustazzoli” o mostaccioli; il “collaccio”, biscotto ricoperto di zucchero e confettini oolorati), il “cumpittu”, detto anche “giurgiulena” (torrone al sesamo); i taralli, più grandi di quelli delle altre regioni; i “turdiddi”, tipico dolce natalizio. Ancora, i "monaceddhi", ovvero uova sode farcite di cacao e fritte, la “pitta 'nchiusa”, le "nipitelle", mezzelune di pasta frolla farcite con uva passa, noci e miele. Una tipicità delle feste pasquali è rappresentata dalle “cuzzupe”, ciambelle decorate con uova. Largamente esportati fichi secchi imbottiti, quelli al forno con la mandorla sono detti “crocette”.
TRADIZIONI - EVENTI
L'organizzazione di eventi ha come scopo la valorizzazione del territorio, dei prodotti locali, ma anche la divulgazione della cultura necessaria ad una crescita esponenziale e culturale della città stessa. Location di eventi e manifestazioni sono spesso poli teatrali e piazze, con uno sguardo privilegiato al centro storico, il nucleo più importante culturalmente e artisticamente parlando della città, ma anche al parco archeologico di Scolacium. Nel quartiere marinaro è invece ubicata l'area Magna Grecia, che ogni anno ospita concerti e spettacoli di artisti di caratura nazionale e internazionale. Eventi culturali, religiosi, musicali e sportivi animano le vie della città.
Di grande risalto è Mirabilia, un fantastico Viaggio nella Storia, manifestazione storico-rievocativa che, attraverso giostre e tornei cavallereschi, cortei storici, rappresentazioni di eventi di rilievo, giochi e visite sui luoghi storici, mostre e rassegne diverse, dal 1996 ha consentito una immersione nella misteriosa storia della città.
Di particolare spicco è la "Notte Piccante" che viene organizzata ogni mese di settembre nelle vie del centro storico, sulla scia della Notte bianca, che è capace di attirare oltre 150.000 presenze. L'evento coordina varie iniziative artistiche, culturali, gastronomiche, musicali, mondane e sportive e inoltre le principali architetture della città, come gli antichi palazzi o le chiese, rimangono aperti al pubblico per tutta la durata della kermesse. Il tutto contornato da vari stand che offrono degustazione di prodotti tipici locali fra cui spicca "u morzeddhu".
Tante e variegate le kermesse che richiamano la presenza di artisti di caratura internazionale. Importante palcoscenico estivo è rappresentato dal Magna Graecia Film Festival, rassegna cinematografica che per la prima volta nel 2013 ha avuto luogo a Catanzaro Lido.
Il Parco della Biodiversità Mediterranea è teatro di una delle più importanti rassegne di musica rock, blues, soul e progressive organizzate sul territorio nazionale, "Settembre al Parco".
Il "Festival d'Autunno" è invece un evento che coordina lo svolgersi di programmazioni musicali e conferenze culturali. Nel corso del tempo è riuscito a confermarsi nei circuiti nazionali di maggior interesse, annoverando infatti la presenza di importanti personalità del mondo dello spettacolo. (vai al sito)
In città si svolge anche il "Progetto Gutenberg", patrocinato dal liceo classico Pasquale Galluppi, che coinvolge i principali plessi scolastici del capoluogo. Gutenberg è un progetto nato nel 2003. È un laboratorio di lettura critica di libri. Lo animano docenti e studenti delle scuole calabresi, coinvolte in un’originale esperienza di rete estesa a tutto il territorio regionale. (vai al sito)
Non meno rilevante il "Festival dei Fiori e dell'Artigianato" che si svolge a ottobre nel centro urbano, organizzato dall'associazione "Castello d'Altavilla" e dal periodico "il Cavatore", con il patrocinio della CCIAA di Catanzaro.
COME ARRIVARE A Catanzaro
Ho già parlato delle disavventure ferroviarie, ma qui prospetto varie ipotesi di viaggio nessuno escluso.
Catanzaro, grazie alla sua posizione geografica, al centro della regione di cui è capoluogo, è facilmente raggiungibile sia per chi arriva dal nord e sia per chi arriva da sud. Grazie alla presenza della rete ferroviaria e alla rete stradale è possibile arrivare a Catanzaro in treno, in auto o in autobus.
In Treno
È possibile arrivare a Catanzaro in treno sia attraverso la rete ferroviaria ionica e sia quella tirrenica.
La Stazione principale sulla linea Ionica, linea piuttosto malandata, è situata a Catanzaro Lido.
La Stazione di Catanzaro è collegata con la direttrice tirrenica attraverso la Stazione di Germaneto, dove sorge il Campus dell’Università degli Studi Magna Grecia, il Centro Agroalimentare Comalca e tanti altri organi, e la Stazione di Lamezia Terme Centrale (30 km di distanza).
In tutto le tratte di collegamento ferroviario per arrivare a Catanzaro in treno sono 2:
Catanzaro Centro - Catanzaro Lido; Lamezia Terme - Catanzaro Lido (spesso questa tratta è sospesa e sostituita con un autobus di linea sostitutivo)
In Automobile
Catanzaro percorrendo la E 90 che attraversa il versante costiero. Attraverso la fascia jonica, lungo la SS 106 Taranto - Reggio Calabria fino all’uscita per Catanzaro Lido, se arrivate da Sud (seguire le indicazioni per Germaneto e prendere poi la SS 280); per chi arriva da Nord, invece, uscire a Catanzaro Lido - Bellino, all’altezza del bivio per Santa Maria di Catanzaro proseguendo la SS 280 che vi porterà direttamente a Catanzaro Centro.
Dal lato Tirrenico, invece, è possibile prendere l’uscita per Lamezia Terme direttamente dall’Autostrada Salerno Reggio Calabria, A3.
Dopo esser usciti dall’autostrada imboccate la SS 280, detta anche la strada dei Due Mari, che vi condurrà direttamente a Catanzaro o nelle località limitrofe, raggiungibili attraverso le uscite ubicate lungo la SS 280.
In Bus
Sono diverse le compagnie di pullman che arrivano a Catanzaro da diverse città di Italia, da Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli e tante altre tratte.
Inoltre, dall’aeroporto di Lamezia Terme, per chi arriva in Calabria, sappiate che diversi autobus partono ogni giorno, per collegare lo scalo al capoluogo di regione.
Può sembrare strano trovare una morale della favola applicata ad un viaggio, ma forse questo è l'obiettivo del viaggiatore consapevole.
Mentre preparavo quest'articolo dedicato alla visita della città di Catanzaro, approfondendone la storia, per altro una storia comune a tutto il nostro sud Italia, la mente mi è corsa dal passato al presente, producendo considerazioni, parallelismi e similitudini che voglio condividere con tutti voi che leggerete.
Cosa insegna una storia di invasioni islamiche ante litteram (Turchi e Saraceni), immigrazioni e conquiste durate alcuni decenni?
Innanzi tutto la fascinazione ed appetibilità delle coste del sud Italia da parte delle popolazioni del sud Mediterraneo di tutti i tempi; il conseguente arroccamento, la fortificazione per una strenua difesa anche a lunghi assedi.
Catanzaro, arroccata su tre colli, 7 km di mura turrite e armate, fossati, e un sistema di torri di avvistamento sparse su tutto il territorio, ma nonostante tutto questo, fu violata.
La vittoria e il riscatto, prima che dalla forza delle armi, dalla forza dell'identità basata su cultura e religione, ma ancora una volta, portata da invasori se pure di origine europea (Normanni, Bizantini, Greci).
La storia italiana, dai tempi dei Romani, è una continua ibridazione, innesto di culture; l'Italia terra di incontro scontro confronto, alle volte alla pari, altre volte dispari.
Insomma l'insegnamento della storia, valido anche oggi, è che nell'incontro scontro tra popoli diversi per cultura e religioni, vince chi ha una più forte identità.
E' paragonabile alla resistenza dei corpi agli attacchi virali, alla quale non soccombono solo quelli che hanno una maggiore salute e ricchezza di anticorpi; potranno ammalarsi, passare anche brutti momenti ai limiti del coma, ma poi si riprenderà.
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