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Venuto a sapere dell'epidemia di colera scoppiata a Napoli, Axel Munthe si mette in viaggio per offrire il suo aiuto.
Medico e intellettuale innamorato di Capri e delle bellezze campane, lo svedese Munthe raccoglie il racconto della sua permanenza - tra gli ultimi mesi del 1884 e l'inizio del 1885 - in una serie di corrispondenze per un giornale di Stoccolma, il cui titolo è già di per sé emblematico: “Lettere da una città dolente".
Il ritratto che emerge dai suoi resoconti è quello di una realtà sofferente eppure viva, piena di contraddizioni ma sempre dignitosa.
Una Napoli che lui ama e conosce profondamente, la cui umanità va a cercare fin nei quartieri più poveri e abbandonati, dove, accanto al dolore, non manca mai il sollievo della solidarietà umana più autentica.
ASCOLTA i PODCAST dell’intero libro capitolo per capitolo
1 - Partenza per Napoli
- Partenza per Napoli! Partenza per Napoli! - echeggiò il grido nella stazione di Roma.
Eravamo parecchi viaggiatori.
Io ero stanco e affamato, dopo aver passato tre notti in treno, e mi ero appena messo in disparte per godermi in pace la mia colazione di Roma.
L'uomo che aveva annunciato il treno guardò dietro la porta, ma nessuno si mosse dal suo posto; allora si avvicinò al tavolino a cui ero seduto, e tutti gli altri lasciarono cadere i loro coltelli e le forchette dallo stupore, guardandomi con tanto d'occhi, quando quello mi disse: «Lei va a Napoli, è vero?»
Sì, certo, io andavo a Napoli e, senza indugio, corsi per assicurarmi un buon posto. Una precauzione inutile!
Quando il treno partì, io ero solo nello scompartimento; a Marino scoprii che ero solo nell'intero vagone, e ad Albano mi fu chiaro che ero solo in tutto il treno.
Ascolta "Partenza per Napoli da «La città dolente. Lettere da Napoli» di Axel Munthe" su Spreaker.
2 - Il carattere dei napoletani
È in tempi come questi, in mezzo al colera e ad una miseria che non ha uguale, che il carattere popolare si rivela in tutte le sue deficienze, ma anche in tutti i suoi migliori aspetti.
Certo, aiuti ne sono arrivati da ogni parte della Penisola, da ogni parte d'Europa; ma anche qui, come avviene spesso, sono i poveri che hanno esercitato la più grande misericordia; i più generosi sono stati quelli che non hanno quasi nulla per sé stessi.
3 - Il colera dà una tregua momentanea
Dopo aver infuriato un intero mese con terribile intensità, il colera cominciò a diminuire, e Napoli sperò alla fine che i suoi giorni di dolore fossero finiti.
Le ambulanze concessero un ben meritato riposo ad una parte di loro componenti; i grandi fuochi che si accendevano, la notte, nei maggiori piazze furono interrotti, andò a grado a grado diradandosi l'acre odore di zolfo e di acido fenico che per tanto tempo aveva riempito l'aria.
Le botteghe, nella strada di Toledo, ad una ad una, aprirono i loro battenti, la vita cominciò a riversarsi nelle strade, e il sindaco telegrafò al Re che l'epidemia volgeva ormai al suo termine.
4 - L'inatteso riapparire dell'epidemia
L'inatteso riapparire dell'epidemia nella settimana passata trasse ad un terribile panico.
In una sola giornata la città divenne tanto vuota e silenziosa, quanto nei giorni peggiori del colera; le strade si fecero fumose per l'orribile odore di zolfo, e i fuochi si riaccesero come prima nelle piazze; le ambulanze volontarie, che avevano cominciato a disciogliersi, furono di nuovo radunate, e parve che per la città dovessero risorgere giorni di dolore.
Il popolo cominciò a perdere la pazienza, e apparve una certa agitazione di cattivo augurio.
Le autorità municipali facevano del loro meglio per calmare gli animi della moltitudine, e ai giornali si fece nuovamente raccomandazione di dissimulare il vero stato delle cose, per quanto fosse possibile.
I medici ricominciano a discutere sui giornali intorno alle cause di questa improvvisa e inaspettata ripresa dell'epidemia.
5 - Relazione tra condizioni igieniche e densità abitativa
Ho forse commesso una sciocchezza a turbarmi del microbo del colera, nella mia ultima lettera.
Comincio veramente a credere che io ho torto, e che il dottor Koch ha ragione circa il loro pericolo.
Comunque sia, deve essere una bestiolina vendicativa.
Dopo aver scritto l'ultima mia, sono ora due settimane, ho avuto molto tempo per riflettere!
Fare un possibile quanti pensieri seri ci passino qualche volta per la testa; in sostanza però non sono arrivato ad alcuna conclusione.
È ancora troppo presto per tirare i conti di quest'epidemia: il colera c'è ancora, e probabilmente durerà per qualche tempo.
La scienza dell'igiene ci insegna quale stretta relazione esiste fra le condizioni igieniche di una città e la densità di popolazione.
6 - Gli aiutanti
L'altro giorno promisi di dirvi che cos'è un fondaco.
Non mi deve essere difficile descrivervi una di queste miserabili abitazioni; oramai cominciano ad essermi abbastanza familiari.
Io devo andare stasera in uno dei fondaci del Mercato, per dare un'occhiata ad un mio amico, un maruzzaro. Veniteci con me.
Lasceremo la carrozzella alla vinaio; nessun fiaccheràio andrebbe, di buona voglia, più oltre, a quell'ora, né sarebbe agevole e farlo, perché le strade diventano così strette che dovremmo fare a piedi il resto della via.
Sono strade i cui nomi non avete mai udito, e che non trovereste segnate in alcuna pianta di Napoli; nessun forestiero vi ha mai messo piede, prima di voi, e probabilmente anche pochi fra i napoletani.
Vedete quel ragazzo che sta lì e tiene quella cavezza una piccola asinella?
Mi terrete maggiormente di conto, quando saprete che il ragazzo e l'asina mi appartengono.
Essi sono i soli sopravvissuti ad una intera famiglia che abitava in questa strada; il padre era un venditore di legumi, un verdummaro, come dicono i Napoletani, e la piccola asina portava in groppa il negozio.
Il ragazzo e l’asina sono ora sotto la mia speciale protezione.
Peppino è in pensione da una donna lì vicino e l'asina sta sola nell'antico ricovero di tutta la famiglia, più adatto da stalla che per abitazione umana.
crediate che io mi vanti di aver fatto dei grandi sacrifici; la filantropia costa così poco, qui!
Il fanciullo mi costa quattro soldi al giorno, l'asina due; totale sei soldi, meno che un buon sigaro.
Ascolta "Gli aiutanti da «La città dolente. Lettere da Napoli» di Axel Munthe" su Spreaker.
7 - Gli ammalati
Si potrebbe credere di essere in cantina o nel fondo limaccioso di un pozzo asciugato, e questo è il cortile del fondaco; tutto intorno a questo cortile si affacciano tuguri sopra tuguri, tutti con un'apertura che adempie al doppio ufficio di porta e di finestra.
Assai spesso più di una famiglia vive in una di queste tane, ed è un'eccezione trovarne una nella quale siano ammucchiate meno di sette o otto persone.
Entriamo?
In un angolo giace il cadavere del padre, e di fronte stanno per terra due candele accese: alcuni fiori mezzi appassiti hanno anche trovato modo di arrivare fin qui.
Il cadavere è affatto scoperto, perché è l'unica coltre che la famiglia possiede è quella che ora la madre sta scaldando per la figlia, che deve aver freddo, perché è tutto un brivido da capo a piedi.
La fanciulla giace nell'altro angolo, ma tanto dappresso al cadavere del padre che, se stendesse la mano, potrebbe toccarlo.
Oh povertà! Terribile, incredibile, inenarrabile povertà!
Non è l'infelicità, che segue i tuoi passi, già sufficiente per queste povere creature? Ci voleva anche che penetrasse fra di loro il più spaventevole morbo, per far traboccare la misura dei loro patimenti?
Ascolta "Gli ammalati da «La città dolente. Lettere da Napoli» di Axel Munthe" su Spreaker.
8 - Due pessimisti
I due pessimisti di cui si parla non sono altro in realtà che due filosofi che si confrontano sui temi della vita: l’autore stesso che dialoga con la vecchia e saggia asina che lo accompagna nei luoghi del colera.
Vi ricordate la mia piccola asina, non è vero?
Vi ricordate che io vi confidai che è una gran filosofa, e che, di quando in quando, si arresta di botto per meditare su un nesso che manca, mentre io vado rimuginando il mio sistema, che non è poi nemmeno troppo chiaro!
Abbiamo così passato più di un'ora in profonda meditazione.
In questi ultimi giorni, Rosina è stata più socievole e più espansiva, la mestizia dei suoi occhi si è alquanto attenuata, e un certo modo di gaiezza, qui e lì, ha messo qualche scossarella nelle sue orecchie malinconiche e pendenti.
Ieri mattina eravamo giù per Mergellina, per vedere sorgere il sole dietro il Vesuvio, e mentre ce ne stavamo lì, dopo aver cercato di metterle un po' di allegria, mediante un saporito cavolfiore, mi azzardai di accennare al passato, che io sospettavo avesse lasciato molti ricordi dolorosi nella sua piccola anima.
E alla fine la pregai di raccontarmi la storia della sua vita; dopo le avrei raccontato la mia; non volesse credere che solo agli asini siano riservati dei giorni tristi nel mondo!
Ascolta "Due pessimisti da «La città dolente. Lettere da Napoli» di Axel Munthe" su Spreaker.
9 - L'invincibile diffidenza del popolo
Noi che viviamo in una società bene ordinata e illuminata possiamo appena prestar fede alle notizie che si vanno costantemente ripetendo delle ostilità del popolino. Mai ci possiamo capacitare che questa gente preferisca soffrire e morire nella miseria e nell'abbandono, anziché rivolgersi alle autorità per aiuto.
E non pertanto è proprio così.
Le autorità avevano pienamente ragione di credersi in pericolo, durante le loro ispezioni nei quartieri popolari, e i medici videro spesso le loro migliori intenzioni rese inutili, di fronte all'invincibile diffidenza del popolo.
È innegabile che c'era una credenza popolare sul fatto che i medici ricevessero un premio per ciascun caso di colera che potessero denunciare.
C'erano molti che lo credevano e, disgraziatamente, questa persuasione si è spesso manifestata con atti di ostilità e violenza.
10 - Com'è che sono tanto poveri
Mi avete seguito nei ricettacoli dei poveri di Napoli; avete potuto ficcare lo sguardo nella vita che menano, e la vista terribile della loro miseria vi ha fatto rabbrividire. E mi domandate se è proprio vero, e come mai esseri umani, al giorno d'oggi, vivono e muoiono come avete veduto che vivono e muoiono queste povere creature!
E domandate com'è che siano rimasti tanti indietro mentre il resto dell'Italia ha progredito nel suo cammino verso la luce e la libertà!
Chi è il responsabile di questo straordinario abbandono del popolo di Napoli?
Eh, ve lo dirò io su chi ricade, e grave, la responsabilità!
Niente si è fatto mai per questa gente, niente!
11 - Quando si smarrì il mio cane
Le mie spedizioni ebbero termine in una maniera in attesa, poiché caddi ammalato; questa Napoli è così malsana!
Qua e là la gente si rivoltava a guardarci, e notai che si faceva il segno della croce, mentre passavamo.
Eravamo diretti all'Ospedale dei colerosi.
Stessi la mano, cercando il mio amico cane Puck ma egli non mi era vicino; lo chiamai per nome, ma non venne.
Cercai di pensare che fosse uscito con Cesare, e cominciai, trattenendo il respiro, a tendere l'orecchio; chissà che ne sentissi passo sulla scala.
- Dov'è? - domandai.
Cesare sfuggì alla domanda, assicurandomi che sarebbe tornato fra un istante, io insistetti per sapere la verità intera, e allora capì che ero rimasto veramente solo! Mandai a chiamare il console e non sono sicuro che egli facesse questi passi nel solo interesse di Puck.
Il console accorse quasi subito, era un buon diavolo, ma aveva capito di traverso, e credette che si trattasse di ben altro; quando però ebbe saputo quale perdita io avessi avuto, promise di fare di tutto il possibile per rintracciare il mio cane; e soggiunse che sperava sarebbe riuscito a trovare il cane, meglio di quanto era riuscito a trovare me stesso; Cesare lo accompagnò per le scale, e io udì quel mio factotum bisbigliare al console: “Parla cu cane come fosse nu cristiano”.
12 - Golfo di Napoli
L'altro giorno mi trovavo all'Immacolatella e vicino a me stava Rosina, immersa in profondi pensieri.
Come ci trovassimo là, non lo so dire: il caso ci aveva condotti.
L'Immacolatella è lo sbarcatoio della maggior parte delle barche da pesca del Golfo, ma ora che Napoli è in quarantena, il luogo sembra affatto deserto.
- Nu Baiocco, signurì! Eccellenza, nu baiocco!
Eh sì! Oramai siamo avvezzi a questa domanda, e questa volta non ci lasceremo commuovere.
- Pietà, signurì!
Vi era un tale accento di disperazione nella voce di quell'uomo che cercai di allontanarmi al più presto.
Non osavo fissare quel mendicante, avevo paura di vedervi sul viso che la fame e la miseria ne avessero rese pallide le labbra che mi rivolgevano quell’invocazione: eravamo in cattive acque, e l’economia era all'ordine del giorno ...
Spronai Rosina, vale a dire le feci capire che si poteva andare più in là per guardare il Golfo.
Ascolta "Golfo di Napoli da «La città dolente. Lettere da Napoli» di Axel Munthe" su Spreaker.
13 - Soeur Philomène
In servizio nel grande ospedale di Parigi, lei era suora di carità, indossava l'abito bianco delle Soeurs de Saint Augustine, ma la cuffia di novizia incorniciava ancora il suo viso delicato, tanto giovane di fronte a tutto quel dolore a cui doveva assistere. Nessuno sapeva da dove venisse; era Soeur Philomène, ecco tutto!
Parecchi fra i giovani medici avevano cercato di scoprire qualcosa sul suo conto, la sola persona che ne sapesse era la madre superiora, che teneva un misterioso riserbo, ogni qualvolta si facesse il nome della giovane suora.
Era sempre Soeur Philomène che sapeva dare le notizie più fedeli sul modo come ciascun malato aveva passato la notte; era sempre lei che sapeva, meglio che ogni altro, aggiustare i cuscini nella maniera più comoda sotto la stanca testa dei poveri sofferenti, fatti inquieti e impazienti da loro dolore; era sempre lei che sapeva dire una parola di speranza, quando l'operazione era imminente e il coraggio veniva mancando.
Ascolta "Soeur Philomène da «La città dolente. Lettere da Napoli» di Axel Munthe" su Spreaker.
L’AUTORE
Axel Martin Fredrik Munthe (Oskarshamn, 31 ottobre 1857 - Stoccolma, 11 febbraio 1949) è stato uno scrittore e psichiatra svedese.
Nacque ad Oskarshamn, Svezia. All'età di diciotto anni visitò Capri, e ne rimase folgorato, al punto da decidere di voler un giorno vivere.
È conosciuto principalmente per essere l'autore de “La storia di San Michele” (1929), un racconto autobiografico romanzato della sua vita e del suo lavoro, il cui titolo si riferisce alla villa San Michele che egli si costruì ad Anacapri con l'aiuto di manovali del luogo.
Esercitò la sua professione sia a Parigi che a Roma (soggiornando nel famoso Castello di Lunghezza, che trasformò in una clinica insieme alla moglie, sorella dell'ultimo erede della famiglia degli Strozzi) e nel 1903 divenne medico della Casa Reale svedese.
Nel 1884 accorse a Napoli per curare i colpiti dall'epidemia di colera di quell'anno e nel 1908 fu tra i volontari stranieri che prestarono soccorso alla popolazione dopo il terremoto di Messina.
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Fotografo documentarista geografico dal 1977; 40 anni da viaggiatore resiliente in Italia, oggi Divulgatore Geografico - Storyteller - Travel Blogger - Podcaster; Meridionalista innamorato dell'Italia, narro e faccio conoscere il Bel Paese, il più grande giardino emozionale diffuso.
Nel 2005 apro il blog Penisolabella seguito da Agricoltour e Va dove (ti) Porta il Treno e mi ritrovo ad essere l'unico blogger a raccontare l'Italia minore con la M maiuscola
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