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Audiolibro Il mondo dei vinti di Nuto Revelli

«...Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi. Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell'ignoranza, come eravamo cresciuti noi della "generazione del Littorio". Oggi la libertà li aiuta, li protegge. La libertà è un bene immenso, senza libertà non si vive, si vegeta...» (Nuto Revelli)

Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del 1941.

Testimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro infantile, l'immigrazione, la convivenza tra partigiani e nazi fascisti. 

E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che figura il paesaggio. 

Nei racconti dei 270 intervistati da Revelli - i contadini e montanari delle valli cuneesi, i vinti di sempre - scorre una linfa poetica che affiora negli scatti della memoria, con immagini e parole capaci di lasciare il segno.

A volte cariche di dolore per le sofferenze delle vite passate, a volte cariche di ingenuità. 

Il ritratto della condizione umana di una minoranza costretta a lasciare i propri modelli di vita diventa lo specchio di una società malata, la denuncia dell'incapacità di ordinare in modo civile trasformazioni epocali che hanno assunto dimensioni drammatiche, dal Veneto alla Calabria. 

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CAPITOLO PRIMO completo

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Capitolo Primo

Il mio dialogo con la gente contadina incomincia con la primavera del 1941, nella caserma «Cesare Battisti» del 2° Reggimento Alpini.

Il battaglione Borgo San Dalmazzo era appena rientrato dall'Albania, io ero appena uscito dall'Accademia di Modena. 

Stanchi, disincantati, i miei soldati subivano la vita militare come una malattia, sognavano soltanto le «licenze agricole». 

Io invece ero orgoglioso della mia divisa, ero impaziente di combattere, di vincere! Poi la Russia, la lunga marcia della follia. 

Anche nei quaranta gradi sotto zero il mio dialogo continuava incredibilmente vivo: «Ricorda, - mi dicevo, - ricorda tutto di questo immenso massacro contadino, non devi dimenticare niente». 

E maledico la guerra, i generali, il fascismo. 

Il primo confronto elettorale mi disse che il mondo contadino era proprio incapace di una scelta libera, autonoma: il voto diventò subito un tributo da pagare ai parroci, ai capi-mafia, ai padroni. 

Risalivo le valli a parlare di Monarchia e Repubblica a portare il discorso nuovo del Partito d'Azione. 

Ma incontravo soltanto diffidenza e paura. 

Erano gli anni delle grandi scelte. 

Occorrevano almeno e subito alcune riforme timide, prudenti, che ponessero fine allo sfruttamento, al colonialismo. 

Ma la fiammata della Liberazione si era spenta troppo in fretta, era di nuovo il potere che contava, il potere fine a se stesso; era il controllo delle masse contadine la grande risorsa della restaurazione. 

La nostra campagna povera aveva una dimensione enorme, i due terzi della provincia di Cuneo erano fazzoletti di terra dispersi o ricuciti in poderi di pochi ettari. 

La montagna e l'alta Langa erano le zone più depresse.

In montagna la terra apparteneva ai morti tanto era difficile frazionare la miseria. In pianura, ai margini dell'agricoltura ricca, la piccola proprietà sopravviveva a stento. 

Ristrutturare il mondo contadino voleva dire emancipare la gente, svegliarla, educarla politicamente, inserirla nel sistema, demolendo una volta per sempre i confini del ghetto.

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La Pianura

La pianura Margarita, un paese della pianura quasi ricca, un paese a una dozzina di chilometri da Cuneo, malgrado tutto è ancora un centro contadino. 

Ma in crisi, perché la sua campagna è vecchia. 

Dopo Margherita, Peveragno, qui altra situazione, qui anche la piccolissima azienda agricola, anche l'azienda di tre giornate, riesce a sopravvivere. 

La chiave del miracolo? 

Nel recente passato Peveragno ha saputo scegliere una coltivazione valida, la coltivazione della fragola, e oggi esporta quasi tutto il suo prodotto in Svizzera; oggi guarda con una certa sicurezza al domani. 

È con le sue sole forze, e con ingegno e laboriosità, che la gente di Peveragno ha trasformato la sua «zona depressa» in una «serra» ricca di prodotti pregiati. 

Dopo Margherita e Peveragno estendo la mia ricerca ad altre zone, affidandomi al caso, a chi trovo trovo, per i mie incontri e le mie interviste.

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La Collina

Come primo ponte tra la pianura e la montagna scelgo la zona di Vignolo e di Cervasca, una fascia di piano con alle spalle la collina, una zona a quattro passi da Cuneo. 

Oggi, lungo la fascia pedemontana che unisce Vignolo a Caraglio, incontro povertà e benessere, ciabot in disarmo e cascinotte che sopravvivono. 

Le colture specializzate, i fagioli, i peperoni, i pomodori, hanno reso prospere non poche piccole aziende agricole.

L'edilizia rurale si è ringiovanita, l'edilizia residenziale un po' rallegra il piano e la collina.

Ma è verso l'alto, dove le strade diventano mulattiere, che riappare l'India!

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La Montagna

La montagna la percorro è lungo e in largo, tocco le valli del Monregalese, salgo e risalgo lungo le valli Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita, e Po.

Valli diverse ma tutte uguali, tutte soffocate da molti problemi senza soluzione. 

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Le Langhe

Le colline che si staccano dal Tanaro sono un mosaico di vigneti, di campi verdi e gialli, di terre nude, dure, arse, grigie e bianche, pronte per gli scassi. 

Poi il confine tra la bassa e l'alta Langa, il giardino dei vigneti che si dirada le colline che si spogliano, che diventano montagna. 

Chi non conosce le Langhe rischia di perdersi in questo oceano di mari calmi e di mari in burrasca, sempre diversi e sempre uguali, riconoscibili dalle pareti di tufo, dai ritani - ossia valloni profondi -, dalle torri, dai castelli, dai bricchi. 

È un paesaggio, quello delle Langhe, che sempre mi incanta.

La bassa Langa geometrica ma morbida; l'alta Langa a tratti aspra come tagliata con l'accetta, ma mai cupa come la montagna. 

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L’AUTORE

Benvenuto Revelli, detto Nuto (Cuneo, 21 luglio 1919 - Cuneo, 5 febbraio 2004) è stato uno scrittore, ufficiale e partigiano italiano. 

Ufficiale effettivo degli Alpini durante la seconda guerra mondiale, partecipò alla seconda battaglia difensiva del Don. 

A partire dal settembre 1943 prese parte alla Resistenza italiana, dapprima con una propria formazione, poi entrando nella Banda Italia Libera delle formazioni Giustizia e Libertà del Cuneese.

Nuto Revelli fu anche uno scrittore, e i suoi primi libri, tutti pubblicati da Einaudi, trattano della sua esperienza come ufficiale alpino sul fronte russo durante la seconda battaglia difensiva del Don del gennaio 1943 ed il suo successivo passaggio nelle file della Resistenza.

L'altro tema al quale Revelli ha prestato particolare attenzione è stato lo studio e la denuncia delle condizioni di vita dei contadini poveri delle vallate cuneesi, con l'emigrazione di massa nel dopoguerra verso le grandi industrie della città.

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