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Audiolibro «Viaggi in Italia» (1840-1845) di John Ruskin

Al momento di mettersi in viaggio per l'Italia sotto la stretta sorveglianza dei genitori, al giovane e debilitato Ruskin viene proibito di dedicarsi a studi troppo intensi.

In compenso gli è concesso di eseguire disegni e acquerelli e di tenere un «diario di bordo», che è appunto quello che segue, e che è costituito da una serie di appunti sinestetici, impressioni, schizzi testuali. 

Il viaggio che vi è descritto, a lungo programmato dal padre in ogni dettaglio, ricalca l'itinerario canonico del Grand Tour settecentesco e si svolge in un lasso di tempo, anch'esso consueto, di circa nove mesi. 

Anche se non fu il primo incontro di Ruskin con l'Italia, quello del 1840-1841, continuato poi nel 1845, rivestì i caratteri del viaggio iniziatico nel quale affiorano i primi segni della sua visione dell'arte. 

Il fascino del diario consiste nel predisporci a una visione intensamente cromatica del paesaggio. 

La scuola dell'occhio non deve comunque farci dimenticare la natura di «Zibaldone» che il diario di Ruskin assume a più riprese. 

Si osservi, ad esempio, come il reiterato, querulo riferimento ai propri malanni sfoci nella lucida analisi della propria insoddisfazione e della propria angoscia.

Nel viaggio del 1845, seguito a quello del 1840-1841, nel quale non aveva gradito praticamente nulla e su tutto era stato critico, paradossalmente su tutte le bellezze artistiche architettoniche e paesaggistiche dell’Italia, ora afferma, invece, «Noto diversi cambiamenti, alquanto singolari, nel modo in cui considero ora l’Italia.

Provo un interesse assai più reale: non sbriglio la fantasia, né vado in estasi.

Mi appare adesso come un libro da cui trar profitto e diletto dal principio alla fine, come un sogno da interpretare. Si è ormai dissolta l’aura poetica, e niente di ciò che vedo mi fa dimenticare che vivo nel diciannovesimo secolo».

ASCOLTA i PODCAST dell’intero libro capitolo per capitolo

1840

LIGURIA

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Mentone 26 ottobre 1840

Scuri promontori sporgono in basso, racchiudendo azzurre insenature; le rocce sovrastanti, strati sottili di compatto, marmoreo calcare, in uno dei due punti quasi verticali e molto ondulate in superficie - più come una colata di lava che altro - e coperte, vicino a Mentone, da masse di enormi ciottoli calcarei conglomerati in un impasto di marmo, con venature di marmo più solido, brecciato, che affiorano a tratti.

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Oneglia 27 ottobre 1840

Ponte San Luigi, un miglio dopo Mentone, gettato attraverso un baratro impressionante con acquedotto ad archi al di sotto, mentre la strada si mantiene vicina al mare.

Ventimiglia difesa da un forte inespugnabile che digrada lungo il versante della collina.

Cena a Sanremo.

Ripide rocce di calcare ardesìaco, molto venate di spato lungo tutto il tratto verso Oneglia.

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Albenga 28 ottobre 1840

Siamo in una curiosa suite di capanni dalle nude pareti e dal pavimento a piastrelle, con due lampade mezzo barbare e mezzo classiche per l’illuminazione.

Il tempo umido e tetro da non credersi.

Archi su in alto da casa a casa, con stanze, e perfino case, costruite sopra.

Ubertosità del paesaggio perfino crescente.

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Savona 29 ottobre 1840

Un gran bel villaggio, Finale, con una quantità di portici e di affreschi, diversi grandi conventi di frati o di suore in cima alle rupi retrostanti.

Dopo Finale, la strada correva lungo una costa che è un autentico dirupo. Prima di entrare in Savona, un tratto di pianura davvero incantevole.

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Genova dal 31 ottobre al 2 novembre

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Genova 31 ottobre 1840

Genova, al nostro entrarvi, sì e no visibile in un crepuscolo foriero di tempesta, con i lampi che balenavano dietro il Faro e le navi che rollavano paurosamente sull’onda lunga del golfo.

Eccomi di nuovo, dopo sette anni, a contemplare da sopra queste balconate di marmo il Golfo di Genova.

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Genova domenica 1° novembre 1840

Ieri in quattro palazzi, a mo’ di penitenza; visto un solo Raffaello, ma valeva la pena fare mille miglia.

Sempre un cortile aperto, dentro, con archi e grandiosa concezione dell’effetto all’interno.

Poi, eseguito qualche schizzo della Cattedrale.

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Genova 2 novembre 1840

Giornata coperta, ma clima di nuovo mite, come in estate.

Di nuovo a disegnare sul molo; tratto caratteristico dei portici, che corrono lungo l’intera città, bui come la pece e sudici, e in alto madonne in tutti gli angoli.

Qui le strade, strettissime, mancano di effetto, bianche con semplici finestre quadrate.

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Chiavari 3 novembre 1840

Una giornata di pioggia torrenziale.

Le valli piatte, meravigliosamente lussureggianti.

Delizioso il mescolamento del fogliame, ma gli accoppiamenti architettonici piuttosto di cattivo gusto: case tozze, disseminate super le colline senza mai raggrupparsi, spesso dipinte di rosa ma solitamente bianche.

Freddo l’effetto dei villaggi, con tetti di comune ardesia grigia piuttosto spioventi, per l’Italia, e ciascuno con uno o due campanili quadrati, tutti dipinti di bianco e rosso e con cupole di ardesia: le cupole talvolta di piastrelle variegate.

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Sestri 4 novembre 1840

Pioggia battente per tutta la mattina.

Appena in grado di coprire le quattro miglia fino a questo villaggio davvero delizioso.

Una massa di monti più alti, precipitanti in ampie vallate dense di ulivi.

A sud, una distesa di mare, variata dal riflesso di candido cumulo alpino, e linee delicate di un azzurro purissimo.

Un doppio si innalzò a levante al di sopra del fiammeggiare dei boschi.

Il villaggio in sé è brutto e totalmente privo d’interesse: tetti di ardesia e comunissime case; niente portici.

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La Spezia 5 novembre 1840

E’ stata una giornata deliziosa: all’alba, un cielo tutto fioccoso di nuvole.

Partiti di buon’ora per affrontare il Bracco, la strada serpeggiante fra i pendii dai caldi colori autunnali del basso Appennino.

L’intero golfo di Genova si apriva nella tersa lontananza mattutina, le bianche case di Chiavari splendenti come stelle sui colli azzurrini.

La strada poi diveniva priva d’interesse fino a una discesa, con una serie di zig-zag, verso la Spezia.

Tutto il giorno mendicanti, intollerabile: piccoli monelli vocianti dagli occhi neri, per sbarazzarsi dei quali basta un centesimo, tuttavia, perché qui il denaro pare sia prezioso.

A La Spezia, appese tutt’intorno nella sala comune, come in quasi tutte le sale delle locande modeste in questa parte d’Italia, orribili stampe delle battaglie di Napoleone, e Napoleone stesso, in tutte le situazioni immaginabili.

Strano - in Italia - dove usava tenerli tanto al guinzaglio!

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TOSCANA

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Carrara 6-7 novembre 1840

Usciti dalla città di La Spezia quando appena albeggiava, dove c’era uno spazio di cielo giallo pallido all’orizzonte, contro il quale le nobili forme montane dei promontori che delimitano il golfo si stagliavano nitidamente.

Attraverso una distesa di paludosa pianura, fino a un lento e malandato traghetto sulla Magra; per un buon miglio, strada pesante tra sabbia e ciottoli su entrambi i lati, che continua scellerata fino a Sarzana.

Attraversata poi una fertile pianura di vigne, tutta coperta, tanto da non concedere neppure per un istante una chiara veduta delle montagne di Carrara, levatesi sopra di noi all’improvviso.

Imboccando una stretta valle ai loro piedi, la piccola città di Carrara in basso, i loro precipizi affacciati sopra gli edifici e i portici della piazza, proprio come a Chamonix o a Innsbruck.

Mi sono inerpicato fino alla cava più bassa, scavalcando frammenti di candido marmo scalpellati via dai blocchi per squadrarli.

E’ incredibile che questo splendido marmo debba essere cavato in uno degli scenari montani più belli d’Italia.

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Lucca 8-9 novembre 1840

Da Carrara a Massa, un ripido tratto in salita: i buoi, per issarci fin su.

Massa sembrava un luogo ridente, sovrastato da una bella fortezza.

Infine pianura assoluta per quattro miglia fino a Lucca, brutta cittadina, per essere italiana, uniformemente cinta di solide mura.

Rapida corsa attraverso la città, che come città: bassa e carente quanto a decorazione. è ben poco interessante.

La mole della Cattedrale e la torre nobilissime nella luce morente, ma tutto l’effetto distrutto dal perpetuo piatire dei mendicanti.

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Pisa 10 novembre 1840

Disegnato, in mattinata, con pochi curiosi intorno, e quei pochi molto più riguardosi che in Inghilterra o in Francia.

La Cattedrale lascia sopraffatti per il suo sfoggio di marmi, e tutto l’effetto va perduto per il cattivo impiego dei materiali.

Buoni soltanto i capitelli, ma più per essere studiati da vicino che per il colpo d’occhio.

Veramente brutto il Battistero quanto a disegno generale esterno: pesante e tetro all’interno, privo di sublimità.

Campo Santo mi ha totalmente deluso: è molto stretto, privo di eleganza e del tutto mancante di malinconia o di pace.

Torre Pendente interessantissima e, dall’alto, vista magnifica.

Ma la città è squallida, e il fiume e i ponti non visibili dalla torre.

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Empoli 12 novembre 1840

Strada incantevole ma un po’ monotona.

Parte inferiore della val d’Arno molto piana; più in là, basse ondulazioni, con ville sparse.

Pessima locanda stasera, scomoda per scrivere, e lungo tragitto a piedi su strada appena tracciata.

Tuttavia è delizioso, per quanto sembri incredibile, trovarsi a poche ore da Firenze.

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Firenze 13-15-22-23-24 novembre 1840

13 novembre

Ho appena camminato, o passeggiato, nella piazza delle statue: aria meravigliosamente balsamica, e non dimenticherò troppo presto, spero, l’impressione lasciatami vuoi da questa piazza, nel suo aprirsi a chi arriva dal fiume, con l’enorme massa della torre dominante, vuoi dal Duomo stesso.

15 novembre

Ancora non riesco a farmi un’idea chiara di questo luogo, anche se al momento i miei sentimenti sono di penoso disappunto.

Le gallerie, che ho percorso ieri, sono abbastanza imponenti ma, per quel che riguarda il godimento, tanto sarebbe valso essere al British Museum, eccezion fatta per i Raffaello.

Disegnato un poco in Palazzo Vecchio, ma in realtà non c’è un solo punto di tutta questa città che sia veramente pittoresco.

Non ci sono portici, niente ornamenti turchi o moreschi; tutto è stantio e insignificante, salvo i vecchi palazzi fiorentini, che sembrano altrettante carceri: semplici masse di ruvida pietra, con finestre ad arco di ornamento gotico.

22 novembre

Troppo piccola la chiesa inglese, qui, in genere un vero e proprio parapiglia per i posti a sedere.

Nobile la voce dell’organo: passaggi di melodia sommessa durante l’elevazione dell’ostia, poi, mentre la folla si alzava, improvvisamente anche la musica cambiava.

23 novembre

Freddo tagliente e vento di tramontana.

Fuori subito dopo la colazione, per arrampicarsi sul campanile.

Un funerale nella Cattedrale: l’effetto era piuttosto suggestivo e, poiché la Cattedrale è sempre buia, la luce delle candele non appariva giallognola o stentata.

Poi, dura fatica su per i 418 scalini del Campanile, le colonne di marmo delle finestre davvero squisite da vicino, ritorte, con rosoni.

24 novembre

Su a San Miniato, la chiesa bianca e nera: nauseante concime d’ossa o altro, nel giardino, e vista non più come appariva quando vi salii in precedenza.

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Siena 25 novembre 1840

Arrivati a Siena in pieno sole, ma con un vento gelido che mi ha provocato un mal di capo nei dieci minuti in cui ho corso per le strade per dare un’occhiata alla Cattedrale.

Questa città ne vale cinquanta, di Firenze: edifici in generale più grandi e più massicci, con trifore veneziane in gran numero.

Una nobile Piazza, con una fontana in marmo bianco delicatamente scolpita.

La Cattedrale disorienta, si tratta, tuttavia, della chiesa che più mi ha colpito di quante ne abbia viste finora in Italia.

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Radicofani 25 novembre 1840

Nella seconda località di posta dopo Siena c’era una viuzza al di sotto di un arco con la scritta «Via delle Pulci».

Via delle Pulci? Che interessante esempio di nomenclatura!

Vicino Siena erano come antichi castelli del Galles; oggi, semplici torri in cima a un poggio.

Ambrato lo spazio di cielo al di sotto, a inondare di un fulgore purissimo e intenso una catena di monti mirabilmente aguzzi, e riverberarsi dirimpetto sulle torri di Radicofani - brutte torri di rossi mattoni, ma per questo tanto calde - e a splendere su un ammasso di lava e basalto, sparso per tutto il fianco del colle.

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LAZIO 1840-1841

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Viterbo 27-28 novembre 1840

Freddo pungente, quando siamo partiti, e vento tagliente come una lama.

Buona la superficie della strada, o sarebbe stato davvero rischioso, con il vento che mezzo accecava i postiglioni e che premeva con forza contro la vettura.

Poi, strada altrettanto mal progettata attraverso una stretta valle, devastata dal suo fiume.

Un dirupo scosceso al di sopra di massi frantumati sale verso Acquapendente, il luogo in sé superbamente adagiato sul ciglio di un colle.

Infine un lungo tratto elevato, che d’improvviso scende a interrompersi sul luminoso lago di Bolsena.

Viterbo in una vera palude, e l’ultima parte della strada nell’insieme esecrabile - intollerabile - il Papa dovrebbe essere chiuso in una botte e fatto rotolare fino a Radicofani e ritorno.

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Roma novembre dicembre 1840 - gennaio 1841

29 novembre

Arrivato a Roma, gran subbuglio perché il Papa officiava nella cappella Sistina per la domenica dell’Avvento.

Finito in mezzo a una folla, a soffrire il caldo e a sentirmi a disagio per niente.

1 gennaio

Così, addio al 1840, e si porti con sé quanto v’ha di spiacevole.

Buona fortuna al 1841.

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Cisterna 6 gennaio 1841

Verso Albano, una villa isolata ormai in rovina, con alcuni cipressi e un grande pino solitario, spicca a grande distanza attraverso la piana, con la città alta di Albano - una linea perfetta, interrotta da una bella cupola - raggruppata alle spalle.

Città di Albano piuttosto grande, simile a Roma nello stile.

Paesaggio più ricco, valletta boscosa e collina, verso Velletri: un’altra città di belle dimensioni.

Poi uno schiudersi di montagna, pianura e mare, più simile alla Maratona di qualsiasi altro luogo, strada ondulata con tozzi lecci e ingresso a Cisterna, non bello.

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Mola di Gaeta 7 gennaio 1841

Lieve discesa da Cisterna, terminante su un terreno basso, tutto cespugli per un buon tratto; poi una verde e stagnante distesa, con pozze d’acqua che luccicano irregolarmente tra l’erba: la prima delle pianure pontine.

Continuava così per un miglio o due: peggiore dei nostri prati allagati, per quell’aspetto di imputridimento costante.

Un gruppo di due o tre case e una graziosa chiesa con campanile bianco.

Cominciava poi un viale tutto alberi, che continuavano in alcuni punti in doppia fila per l’intera estensione delle paludi fino a Terracina.

Quanto v’è di immaginabile in fatto di soggetti, sufficiente a rendere folle un artista.

L’ultima tappa una galoppata in mezzo a un paesaggio bellissimo, ma a crepuscolo avanzato luce appena sufficiente a intravedere il profilo di Gaeta e il mare all’orizzonte.

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CAMPANIA

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Napoli 9 gennaio a 25 febbraio 1841

Strada cattiva e pioggia fino a Capua, un luogo fortificato, più simile a una città del nord d’Italia; ma oltrepassata in fretta tra rovesci di pioggia, trattenuti soltanto dalla gretta Dogana: già ne avevano passata una, a Garigliano.

I lampi si susseguivano quando, arrivati a Napoli, di nuovo venimmo fermati prima alla Dogana e poi all’ufficio passaporti, e avrei pianto come una ragazza, poiché ero terribilmente spossato dalle condizioni delle strade e deluso da quelle, fino a che persi la calma e la pazienza dall’arrivo a Napoli e dal cattivo tempo.

Scorsi per la prima volta il Vesuvio: un'ombra grigia, cupa e ben delineata, e mi sentii di nuovo me stesso.

Sono rimasto davvero deliziato, benché sapessi già di che cosa si trattava: il fumo è un po’ pesante di quanto mi aspettassi, ricade al di sopra degli orli del cratere e rotola in grandi masse giù lungo i fianchi del cono.

Ho fatto un giro tutto scossoni per le vie, dove penso che troverò dei soggetti di studio, ma mi sentivo spossato e sofferente, agli occhi di nuovo un lieve peggioramento.

Il mare si frange nelle mie orecchie, così mi distenderò ad ascoltarlo.

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Sorrento 27-28 febbraio 1841

Un bel tragitto, ieri, da Castellammare a Sorrento.

Non potevo godere tutto bene dalla nostra carrozza chiusa e traballante, ma era veramente perfetto: l’intero bel promontorio roccioso, gli aranci e gli ulivi, e Vico messa là, ad captandum: un’autentica delizia.

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Castellammare 1-2 marzo 1841

Dopo la sosta a Vico per prendere uno schizzo, non riuscitovi, irritato con me stesso, quando il cielo già volgeva al brutto, stavamo arrivando a Castellammare, dove abbiamo fatto una malinconica arrampicata sotto neri ulivi, senz’altra meta che la buia chiesa di un convento.

Sorrento ha caratteri quanto mai marcati, e ben difficili a ritrovarsi altrove.

Questo è un posto non bello, sebbene il piccolo scorcio che vedo dalla finestra sia gradevole.

Appena arrivato ho fatto una piacevole passeggiata lungo la passeggiata lungo la spiaggia, il mare è meravigliosamente  limpido, e le singole vele a patta d’oca dei pescherecci della baia sparpagliate lungo l’orizzonte luminoso.

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Paestum 3 marzo 1841

In piedi alle 5.30, per metterci in viaggio per Paestum: una delle delusioni più complete che abbia mai sperimentato.

Io sapevo benissimo cos’era Paestum, quanto a visione d’insieme, colore e profilo, e la verità era, sì, una realizzazione dall’immagine ideale, ma diminuita di due terzi come dimensione e deturpata da ogni sorta di associazione sgradevole e inappropriata.

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Cava de' Tirreni 5 marzo 1841

Ieri tenuto al chiuso tutto il giorno da una pioggia incessante.

Tornati oggi, fra pioggia e umidità, con sosta per disegnare a Cava.

Belli alcuni punti, inoltre, vicino a Cava, quasi uguali a tratti della Val d’Aosta.

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Pompei 6 marzo 1841

Oggi girovagato per tutta Pompei, spiando negli angoli e negli scantinati indipendentemente dalla seccante presenza del cicerone.

Sole splendido, ma vento gelido; impossibile prendere qualche schizzo, né del resto vi era molto disegnare: tutto in rovina e sparpagliato, ma spesso bello come colore.

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Castellammare 7 marzo 1841

Due passeggiate oggi, mattina e pomeriggio, così da assommare il massimo godimento che io abbia avuto in un qualsiasi giorno di questo viaggio.

In mattinata, percorso il viale che tra querce sempreverdi conduce al palazzo: rami pendenti, neri, contorti, cui si mescolavano archi coperti di muschio e basse cappelle.

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Amalfi 10-11 marzo 1841

Partiti da Pagano a dorso di mulo, su per un sentiero a zigzag che conduceva dopo seicento metri a un brullo e tetro valico di calcare, con alture ricoperte di erica.

Contadini a frotte su e giù per la valle, belli di lineamenti e armoniosi nella corporatura: impudenti, però, e sfacciate le donne.

Sbucati sul mare, alla fine: grandiosità di tragitto verso Amalfi.

A mezza costa un villaggio, entro una gola verticale, ove ci mostrarono quella che affermavano essere la casa di Masaniello, annidata in una grotta sulla faccia della rupe: tutto degno di nota, in complesso.

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Vesuvio 12-13 marzo 1841

Sono salito sul Vesuvio, oggi e mi sono sdraiato al sole, tra le ceneri, con le allegre guide che ben si curavano delle ben più cupe ceneri tra cui il mio spirito giaceva.

Era una bella giornata e io mi sforzavo in tutti i modi di trattenere i miei pensieri là sulla nera lava e lungo la piacevole spiaggia.

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LAZIO 1841

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Mola di Gaeta 16-17 marzo 1841

Da un anno tengo questi appunti di diario: mi hanno preso una quantità di tempo ed un bel cumulo di roba da tenere nella scrivania.

Non so bene neanch’io a cosa serva, e tuttavia potrebbe essere divertente, un giorno o l’altro.

Oggi lasciata Napoli, disgustato di tutto tranne che del Vesuvio levantesi come un’ardita massa grigia a dominare la desolazione di vigne per tutto il percorso fino a Capua.

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Cisterna 18 marzo 1841

Corso giù alla spiaggia sassosa di Terracina, per uno sguardo a quell’acqua limpida.

Fondi, mi è sembrata molto interessante con quel bel castello massiccio, fornito di caditoie e collegamento con le mura di non so quale convento.

Le Pontine piuttosto gradevoli, a parer mio, anche se piuttosto intrise d’acqua.

Le donne vi stanno immerse fino ai ginocchi; altre vanno e tornano da un pozzo, con brocche sulla testa ma con la brocca coricata sul fianco. 

Camminano tutte come principesse e sono per la gran parte belle: specie i lineamenti, colpiscono.

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Albano 19-20 marzo 1841

A Velletri, visitato un palazzo in rovina dominante la distesa delle paludi pontine e la sovrastante catena degli Appennini.

Altra sosta a Genzano per uno sguardo al lago di Nemi.

Un bel cratere, ma incredibilmente squallido lungo i suoi pendii.

La città sul lato opposto ben collocata e il lago limpido.

A disegnare a La Riccia: certo è bella, ma non come mi era apparsa a una fuggevole occhiata.

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Roma 22 marzo a 15 aprile 1841

Nel pomeriggio a San Pietro, che ho apprezzato meno che mai.

Ieri in carrozza fino alla tomba di Cecilia Metella.

Goduto una bella veduta di Roma, ma strada tutta muri ciechi, bardane e solchi: scossoni a non finire.

È una cosa degna di nota, e anche la strada, da lì, si presentava d’effetto.

Ho fatto due belle passeggiate sul Pincio, un posto ideale per un tramonto.

Si è un poco assediati dal volgo: non ignobile, soltanto profano, il che poi è peggio.

Avrei preferito avere intorno mendicanti, piuttosto che marmaglia o loschi figuri.

Vi è abbondanza di tutt’e tre le specie, sul Pincio.

Stamattina a disegnare a Trevi, poi, vicino alle terme di Diocleziano, visitato una chiesa con quattro prodigiosi blocchi di granito a mo’ di pilastri.

Nel pomeriggio, infine, esplorato un poco dietro il teatro di Marcello, nuovo per me, e oltrepassato il Vicolo di Madama Lucrezia, il luogo più sudicio di Roma.

Andato al mercato del pesce; un soggetto magnifico, meravigliosamente ricco come sfumature, ma disposizione infelice.

Ho visto una gran quantità di soggetti nuovi per le strade, e il Campidoglio figurava bene nel tramonto.

Mi sono addentrato in alcune strade dietro il Foro Traiano, per me del tutto nuove.

Poi sbucato sotto il tempio della Pace e, nella luce del pomeriggio, su per l’antica strada che porta al Colosseo.

Sono stato a passeggio intorno al Colosseo e su per la via di San Francesco di Paola fino al Mosè di Michelangelo che sarà anche bello, ma a me non piace: il corpo va benissimo, il volto no.

Dato «Roma» per l’ultima volta, quest’anno per lo meno probabilmente per un lungo tempo a venire.

Addio, Roma mia!

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Civita Castellana 16 aprile 1841

Sosta in una locanda «delle Sette Vene»: una strana insegna per pranzare.

Un bell’esempio di solido e resistente maniero sovrasta il burrone di Civita Castellana e poi un alto ponte.

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UMBRIA 1841

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Terni 17-18-19 aprile 1841

Sontuoso scenario di granito, tondeggiante e possente, per cinque o sei miglia; infine una bella piana che faceva da sfondo a un'alta torre e ad alcuni ruderi, al di là azzurri scorci di colli, e roccia sull'altro lato e un fiume zigzagante.

Quindi, per altre poche miglia, frammentario paesaggio calcareo, che si risolveva per profondità, dimensioni e morbida ricchezza di boschi, in una delle più belle gole che io abbia mai visto in questo tipo di montagne, senza la minima pesantezza di forme. 

Passati poi da Narni - di grande effetto, lieve eccesso di mattoni - una città rossa, non il solito bianco all'italiana, ma armoniosa nella forma. 

Molto strana la piazza al centro, con sporgenti gallerie di pietra, una fontana e un'ampia veduta verso Terni.

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Foligno 20 aprile 1841

Viaggio abbastanza piacevole da Terni, su per una gola degli Appennini con donne mendicanti che correvano per un pao di di miglia accanto alla carrozza, offrendo un piatto di mele.

Poi giù verso Spoleto; una delusione: un luogo brutto, che sa di opifici.

Qui nelle botteghe nient’altro che campane, scarpe e zuccherini: diverse campane veramente belle.

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Perugia 27 aprile 1841

Questa è una città nobilmente collocata, e ha una piazza quanto mai interessante; ma è priva di vita come Pompei.

Uno dei punti in cui mi sono avventurato, piazza del Monte del Sole o altro nome simile, assolutamente desolata: niente vetri alle finestre, entrate senza più le porte, nessun segno di creatura vivente tranne qualche vaso di fiori in qualcuno di quei buchi neri di finestre; l’erba cresce rigogliosa sui gradini e sul lastrico, e un silenzio come a ... no, ben più che a Pompei.

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Firenze 24 a 29 aprile 1841

La Val d’Arno orribilmente insulsa e il fiume in sé un mero rigagnolo.

Tuttavia, abbiamo avuto due belle scarrozzate pomeridiane: da Camuccio ad Arezzo.

Il lago Trasimeno migliore di quanto mi aspettassi.

Camuccio una piccola locanda accogliente e pulita sotto Cortona.

Cortona in alto: una delle solite, rosse città collinari, che lungo quella strada si succedono ogni quarto di miglio.

Piacevole scarrozzata nelle Cascine; armoniose nella forma e spruzzate di neve, al di là dei verdi prati della campagna intorno a Firenze, e molte graziose fiorentine, la splendida carnagione un po’ arrossata dal sole.

Questa Firenze è una città veramente stupida, nonostante il Duomo, le gallerie e tutto il resto.

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Bologna 1-2-3 maggio 1841

Questa è un’altra città scandalosamente stupida, tutta portici deprimenti, e bianca, a un tempo monotona e moderna; ma la piazza della Cattedrale e il punto contenente le due torri, fanno eccezione.

Sono andato a vedere Santa Caterina di Bologna di una bruttezza non comune: non sarà certo molto bella da viva, e la morte l’ha sicuramente cambiata in peggio.

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VENETO 1841

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Rovigo 5 maggio 1841

Partito ieri di buon’ora per Ferrara, attraverso ubertose pianure.

Piuttosto paludoso vicino a Ferrara, e i mastri di posta furfanti.

Curiosa Cattedrale a Ferrara, di un gotico alterato e malfatto, ma sontuoso e ben movimentato.

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Venezia 6 a 16 maggio 1841

Nel pomeriggio, l’essermi spinto in laguna verso il Lido mi ha ridato un po’ di serenità, e la serata è stata quasi perfetta.

Molto nebbioso quando siamo sbucati di nuovo sul canale, ma sole e azzurro per tutta la Piazzetta.

Nell’insieme, direi che di fronte alle case normali, qui, si è viziati dalla squisita grazia e rifinitura dell’architettura corrente.

D’altro canto, trovo che un singolo punto del Canal Grande o della Piazzetta valgano Roma e Napoli messe insieme.

I canali devono essere meno profondi, e sono certo più sporchi, di com’erano in passato, e io ho perso il piacere infantile del puro galleggiare e filare sull’acqua - la gioia di osservare i remi e le onde - che si mescolava con altre, più serie impressioni, accrescendole.

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Padova 17 maggio 1841

Non si sentono che italianismi dialettali lungo tutto il Brenta; pensavo che fosse più bello: tutte le casette adornate con portici, urne e statue di stucco, grande abbondanza di rose, donne grasse su piedistalli rotti, e alcuni tentativi di caricatura in nani gesticolanti.

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Verona 18-19 maggio 1841

Squisita Verona!

Come appaga, dopo la monotonia, le imposte verdi e il newgatismo di Firenze; perfino dopo Venezia, perché Venezia non è armoniosa negli accostamenti; questa invece è così ricca di atmosfera, così perfetta nelle sue parti, così completa nella composizione.

Sono contento d’essere di nuovo qui e felicissimo di ritrovare tutti miei vecchi luoghi assolutamente inalterati.

L’Arena sono andato a rivederla stasera, movendomi a mio agio all’interno come vi fossi stato un mese fa; indubbiamente di respiro l’ampia curva delle gradinate, e gradevole la vista delle torri tutt’attorno.

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LOMBARDIA 1841

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Mantova 20 maggio 1841

Mai mi era capitato di arrivare in una città più stupida di così.

La chiesa principale è graziosa, il palazzo ducale, strano, la casa di Giulio Romano, molto signorile.

Pessima locanda e letti infestati da parassiti: e tanto basti per Mantova.

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Cremona 21 maggio 1841

Un posto bizzarro, questo: bella torre alta, ma bruttissima facciata tutta archi, stranamente mista, con una semplice torretta tuscanica in cima al timpano e un portico sporgente, con grifoni di marmo rosa.

Per il resto, città stupidissima.

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Milano 25-26 maggio 1841

Che luogo estraneo è questo per me: e dico estraneo perché mi dà un senso di alienazione.

Me lo ricordo, e bene.

Niente mi delude, né posso dire il contrario; eppure mi sembra un luogo completamente diverso.

La cattedrale, nei particolari, è di un gusto peggiore di quanto ricordassi: sono quasi tutti sproporzionati, poiché cambiano bruscamente di peso e da dimensioni goffe a una assurda leggerezza; eppure sono collocati in modo così sapiente e in così gran quantità, da renderla forse la mole più imponente che io conosca.

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PIEMONTE 1841

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Torino 28 a 30 maggio 1841

Visitato la Cattedrale, bruttissima, e assolutamente di pessimo gusto: teatrale, senza effetto né atmosfera, e musica anche peggiore.

Presenti il Re e la Regina.

Il Re sembra immutato dall’ultima volta che l’ho visto.

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Susa 31 maggio 1841

Di nuovo tra le Alpi!

Che mutamento radicale ha subito il paesaggio in una corsa di trentacinque miglia!

Ero così felice! Devo presto lasciare tutto 

questo, lo so, ma niente salvo un male che mi immobilizzi m’impediva d’essere di nuovo fra questi monti, tra breve.

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IL VIAGGIO DEL 1945

Sestri, mercoledì sera 30 aprile 1845

Le cose, qui, sono andate a meraviglia fin dall’inizio, e mi tratterrò senz’altro anche domani: non potrei partire per nessuna ragione al mondo.

Non si potrebbe ammirare uno scenario più incantevole, ed anche se hai avuto la ventura di assistere in questo luogo allo stupendo spettacolo dell’iride, oggi il cielo, ammantato di nubi che simili a un groviglio di candidi batuffoli orlati d’argento veleggiavano fra i pini italici svettanti contro l’azzurro, era ancor più bello.

Mi hanno assegnato inoltre un magnifico alloggio, dal momento che ben pochi si fermano qui in questo periodo.

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TOSCANA 1945

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Lucca, martedì sera 6 maggio 1845

Alle sei precise sono in piedi, e la colazione, a base di caffè e uova, è sul tavolo alle sette in punto.

Mi reco quindi all’antica chiesa romanica; dal momento che sono in pochi a frequentarla, forse a causa della sua vetusta età e tetraggine, ho agio di disegnare senza recare alcun disturbo, anche durante le funzioni sacre.

Alle dodici esatte sono pronto ad iniziare il giro delle altre chiese.

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Pisa, 21-22-25 maggio 1845

Non sono ancora a metà con il Camposanto e vorrei inoltre prendere appunti sullo stile architettonico della cattedrale.

Povero, caro, vecchio Battistero: tutti i suoi preziosi e vetusti intagli sono sparpagliati nello spazio erboso antistante.

Le campane della Torre Pendente suonavano a distesa, con un rumore cupo e assordante al tempo stesso: non dei singoli rintocchi, ma un unico, tremendo e incessante scampanio che, mentre passavo lì sotto, sovrastava il fragore delle due bande militari accanto alle quali camminavo.

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Pistoia, 28 maggio 1845

Questo è un luogo stupendo, fuori dal comune.

È la città medievale più intatta della Toscana e le sue chiese sono perfette, o per lo meno esenti da danni intenzionali nella parte esterna.

È davvero singolare, tuttavia, quanto siano barbari da queste parti.

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Firenze, 29 maggio a 26 giugno 1845 

Eccomi finalmente qui a godere la vista di Palazzo Pitti e della casa di Galileo, che si offrono però allo sguardo in condizioni assai sfavorevoli, attraverso i toni grigi e spenti di una sera piovosa.

I toscani e i lucchesi non mi piacciono.

I mendicanti sono un vero flagello, al pari delle zanzare; i doganieri, poi, sono esseri spregevoli.

Nel viaggio da Pisa abbiamo incontrato una dogana all’uscita dalla Toscana ed un’altra al momento di entrare nel territorio lucchese, un quarto di miglio più avanti.

Ad entrambe bisogna pagar gabella.

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EMILIA ROMAGNA 1945

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Bologna, 8-9 luglio 1845 

Bologna è rimasta esattamente com’era, albergo - l’Hotel Suisse dove ci fermammo per vari giorni all’inizio del maggio 1841 - e tutto il resto.

Mi sono alzato alle quattro stamani, e ho girato tutte le chiese prima di colazione, che prendo in qualche caffè - ottima e a buon mercato - e quando più mi aggrada.

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Parma, 10-13 luglio 1845

Eccomi alfine alla meta, dopo aver subito l'assalto di una folta schiera di doganieri, più di quanti mi azzardi ad indovinare senza contarli.

In totale, ben sedici soste, con una perdita media di tre minuti e un franco ogni volta ... forse più.

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LOMBARDIA 1945

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Pavia, martedì 15 luglio 1845

Piacenza è un luogo orribile, in rovina, sporcizia, miseria.

È dalle cinque che sono fuori a disegnare un palazzo antico con l’aspide dei Visconti dappertutto (si chiama Quartiere della Biscia).

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Milano, 16-17-18 luglio 1845

Mi ha riempito di gioia scoprire che il Duomo mi affascina come prima, se non di più: è davvero l’opera più maestosa del mondo.

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Como, domenica 19 luglio 1845

Eccomi di nuovo qui dopo tanti anni da quando ci siamo stati insieme; comunque, ho sbirciato nella vecchia stanza ed è sempre la stessa.

Magari avessero lasciato stare anche il resto!

Ieri ho accettato una forte scommessa con me stesso a proposito di quelle deliziose case antiche: ero sicuro, infatti, che non ne avrei trovata in piedi nemmeno una

In vita mia non avevo mai visto niente di così spaventoso come lo stato in cui si è ridotta l’Italia.

In questo paese non ho incontrato nessuno, fra la gente del posto, che sembrasse una creatura della mia stessa specie.

Comunque, è un luogo, questo, incantevole.

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Vogogna, martedì 22 luglio 1845

Non puoi immaginare niente di più bello del serpeggiare dei laghi, visibili cinque o sei alla volta tra boschi di gelsi e dirupi.

Non c'è niente al Sud che sia così italiano, niente così adorabile.

La gente qui e a Como è di razza molto più bella che al Sud.

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Faido, 15-17 agosto 1845

Dopo colazione, ho proseguito da solo, senza premura, preferisco camminare in fretta subito pranzo.

Un’interminabile distesa di pascoli stupendi, disseminati di castagni, sotto dirupi maestosi, nessun segno di desolazione, ovunque fiumi limpidi e splendide cascate ogni quarto di miglio.

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Baveno 21-22 agosto 1845

Non vi è un posto come questo.

Assolutamente.

È delizioso al di là di ogni immaginazione.

Mi sento molto più in Italia qui che a Firenze, e gli effetti sul lago e le montagne sono così piacevoli da darmi gran pena perché non riesco a rifarli.

La gente qui non è spiacevole, sembrano più industriosi di quasi tutti gli altri italiani, e perciò di migliore umore e maniere.

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Venezia 14 settembre a 10 ottobre 1845

Non so dirti quanto sia penoso trovarsi ora a Venezia.

Non v’è un solo luogo, a levante o a ponente, a settentrione o a meridione, dove aleggi ancora lo spirito.

La piaga delle invenzioni moderne ha impresso ovunque il suo marchio: nell’attimo in cui cominci a provare viva emozione, ecco che balza all’occhio una qualche conduttura del gas, e vieni trascinato a forza nel diciannovesimo secolo, finché non ti ritrovi a sognare, che la tua gondola s’è tramutata in un piroscafo.

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Padova 14 ottobre 1845

Siamo qui alfine, regolarmente sulla via del ritorno.

Ma sono stato profondamente addolorato di lasciare Venezia, malgrado tutto, specie perché non la vedrò così mai più.

Bene, sto tornando a casa, e sarò ben felice di arrivare.

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L’AUTORE

John Ruskin (Londra, 8 febbraio 1819 - Brantwood, 20 gennaio 1900) è stato uno scrittore, pittore, poeta, restauratore e critico d'arte britannico.

La sua interpretazione dell'arte e dell'architettura influenzò fortemente l'estetica vittoriana ed edoardiana.

Ruskin nacque a Londra, unico figlio del matrimonio tardivo tra un ricco fabbricante di sherry di origine scozzese, John James Ruskin, appassionato di pittura, e una sua cugina, Margaret Cock, di cultura rigidamente puritana. 

Il ragazzo crebbe assai agiatamente, ma ebbe un'infanzia e un'adolescenza molto solitarie, al centro delle cure materne, cure così pressanti che quando, nel 1836, il figlio entrò al Christ Church College di Oxford, anch'ella vi si stabilì.

Questo inizio di vita eccezionalmente protetto e "osservato", in un ambiente nel quale non erano mancati fin dall'infanzia viaggi e stimoli estetici ma anche pressioni moralistiche, sollecitò in lui lo sviluppo di un carattere geniale, sensibilissimo ma anche continuamente oscillante tra entusiasmo e depressione, e di una vita affettivo-sessuale complicata e faticosa. 

A Oxford incontrò William Turner (del quale Ruskin, a conclusione di un rapporto durato tutta la vita, sarà anche esecutore testamentario) e Lewis Carroll.

È del 1840 il suo primo viaggio in Italia, che lungo le classiche tappe del Grand Tour lo condusse con i genitori attraverso la Francia e l'Italia fino a Paestum, che fu fra l'altro l'occasione della scoperta di Venezia. 

Di questo viaggio è stato pubblicato in italiano il diario, estrapolato dal Diario che Ruskin compilò dal 1836 al 1874. 

Un nuovo viaggio in Italia, questa volta senza i genitori, fu del 1845: periodo nel quale scoprì la Toscana, delle arti figurative, del gotico e del romanico italiani e, sul piano della creatività personale, in cui realizzò i suoi migliori acquarelli.

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