Il viaggio in Italia è stata una meta privilegiata, quasi nella continuità di un genere, da parte di grandi scrittori.
E’ la metamorfosi del viaggio verso l’altrove, un racconto mistico.
La viaggiAutrice Marianne von Werefkin, figura coltissima in un orizzonte europeo tra arte, letteratura e musica, del suo Viaggio in Italia svolto nel 1925 offre forse la singolarità, il tratto acutamente sintomatico dell’espressione femminile.
In queste sue pagine libere, toccanti, c’è la voce, l’inconscio, l’emozione, l’intermittenza.
C’è lo sguardo nell’incanto e nel vento della vita: Bologna, Roma, nella frase all’infinito tra le rovine del tempo e i colori dei giorni, il teatro dell’esistenza a Napoli, le visioni di Assisi.
Un viaggio dell’anima, in cui la pittrice presta alla parola l’ampiezza del suo mondo immaginario, come scrive Maria Folini, studiosa della Werefkin.
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20 agosto 1925: partenza e Bologna
E’ da tempo immemorabile che ho desiderato fare questo viaggio in Italia, forse fino da quando mia madre mi ci portò nel suo grembo.
Per decenni ho vissuto alle porte dell’Italia, spesso le mie valigie erano pronte per raggiungerla ma, a causa di un imprevisto o per qualche altro imprevisto o per qualche altro impegno, non sono mai partita.
A un certo punto decisi di seguire il consiglio di Maometto: lasciai che l’Italia venisse a me.
Spesso fantasticavo su questo paese e come protagonista dei miei sogni mi valevo di Francesco, il santo e l’amico dell’uomo, degli animali e della natura.
Quando il mio interesse divenne talmente costante e articolato, addirittura, un bel giorno, il Santo si materializzò e a quel punto ebbe inizio la mia opera di persuasione di Santo, il mio amico e modello: anche lui infatti desiderava vedere l’Italia e così facevamo a gara per vedere chi lo desiderasse più intensamente.
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21 settembre 1925: Roma
I nostri biglietti, acquistati come pellegrini, necessariamente dovevano essere timbrati a Roma e quindi lì, necessariamente, dovevamo andare.
Avevamo appena lasciato alle nostre spalle la Toscana e l’Umbria - con i loro borghi sugli speroni rocciosi e le montagne come fossero assemblate dalla sabbia incandescente e quegli alberi solitari disseminati nel paesaggio come tanti punti esclamativi - quando fummo accolti da un turbinio di forme e di colori.
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24 settembre 1925: Roma
Verso sera ci siamo recati nuovamente ai Fori e guardando in basso, verso la selva delle colonne, scorgiamo alcuni movimenti.
Il nostro amico Binswanger ci dice che si tratta dei gatti che i romani abbandonano qui quando non vogliono più tenerli e a loro il popolo getta i resti di cibo.
Questi animali non riescono più a uscire da questa prigione e vivono nei Fori fino alla fine dei loro giorni.
Mi si accappona la pelle e mi dimentico della Roma antica, percepisco solamente i passi e i movimenti di questi condannati a morte.
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22 ottobre 1925: Napoli
Il primo napoletano che abbiamo incontrato è stato il nostro facchino.
Aveva occhi neri e dolci come quelli di un bambino e desiderava renderci felici.
Lo chiamavo il nostro “amico fraterno”.
Mi fidavo di lui.
Santo invece l’ha chiamato: “imbroglione”.
Abbiamo preso una carrozzella e ci siamo mossi tra strade, vicoli e piazze.
Mi giravo di qua e di là: tutto luccicava, brillava e scintillava.
Tutto era movimento e colore.
I miei occhi saettavano in tutti i vicoli.
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10 dicembre 1925: Orvieto
In questo paesaggio incantevole san Francesco predicò agli uccelli.
la città si erge con i suoi colori verde-grigio dalle ombre violacee sopra la roccia rossa, con in cima la sua cattedrale, nata nella luce e attraversata dalla luce.
Sembra una Madonna, nel cuore della città grigia che la protegge, in attesa dell’annunciazione dell’Angelo.
Orvieto deve essere abitata da persone molto buone, ne ho incontrate diverse sia tra le vie della città sia camminando nella sua campagna.
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10 dicembre 1925: Orvieto
Ad Assisi faceva molto caldo.
Il nostro compagno di scompartimento nel treno sembrava un pallone aerostatico e se le dimensioni della finestra lo avessero permesso sarebbe volato via.
Faceva caldo come a Tomboff nella regione delle steppe e la stazione sembrava quella di Tomboff, aveva lo stesso grado di abbandono.
Anche la pizza del mercato mi ricordava la città russa, con i tessuti colorati, le bancarelle piene di dolci al miele e di rosari.
Ho ritrovato anche le stesse figure di donna con vestiti colorati, le gonne corte e i fazzoletti gialli stretti sotto il mento.
Anche la polvere sembra essere la stessa, e uguale è la confusione sulle strade con i cavalli affaticati che tirano i carri e con i maiali dalle gambe lunghe che scorrazzano.
Mi strofino gli occhi: siamo a Tomboff o ad Assisi!
Assisi la terra promessa!
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31 dicembre 1925: Perugia
Perugia
L’Italia è veramente bella, belli sono i suoi colori e le sue forme.
Gli animali e le persone, gli edifici e gli alberi sono in grande armonia con questa terra.
Il piacere estetico è continuo e la mano vorrebbe ritrarre tutto; sono felice di essere un’artista.
Dopo essere stati sballottati in macchina, abbiamo finalmente raggiunto le porte di Perugia.
La città è di pietra, ha un unico giardino e la sua vita si concentra su un’unica strada.
Anche qui si mangia due volte al giorno maccheroni.
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31 dicembre 1925: Siena
Avvicinandoci alla città di Siena ci siamo immersi in un tripudio di colori magici. Nella luce della sera si ergono le colline di arenaria gialle, grigie, bianche e rosse coronate da costruzioni che sembrano fortificazioni.
I campi sono cosparsi di covoni di fieno come formazioni antidiluviane.
La città è rimasta se stessa nel tempo e nulla sembra turbare questo equilibrio: bellissimi edifici che si aprono sul paesaggio circostante, piccole le stradine tortuose, belle le piazze con le chiese e i grandi alberi che gettano ombra.
Scale, muretti, ringhiere, bancarelle, cortili e balconi, tutto è un richiamo per il pittore.
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31 dicembre 1925: Considerazioni finali
Dal mio viaggio in Italia ho riportato alcune fotografie che ho regalato e diverse riflessioni sull'arte che invece voglio raccontare.
Prima di tutto, ora so che nell'arte non c'è nulla di inventato.
Le Madonne, anche le più sante, e i paesaggi più fantastici sono stati visti e sono stati ripresi dalla vita vera.
Sono le grandi anime degli artisti che trasformano, con la forza e la sicurezza delle loro scelte, la fugace in realtà in qualcosa di eternamente reale.
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Marianne von Werefkin nacque a Tula in Russia nel 1860 da una famiglia di nobili origini.
Rivelò una predisposizione verso la pittura, il disegno, accanto a un’aperta, vasta coscienza culturale, divenendo una pittrice espressionista dopo un significativo trasferimento nel 1896 a Monaco, in un fervido giro di relazioni con Kandinsky e Klee.
Dopo un soggiorno a Zurigo, si stabilì nel 1918 ad Ascona in Svizzera sul lago Maggiore.
Marianne Werefkin compì il viaggio in Italia nel 1925 e morì nel 1938 ad Ascona nel ricordo e nell’affetto del borgo.
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