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Vi leggo il «Viaggio in Basilicata» di Edward Lear

Il viaggiAutore inglese Edward Lear ha scritto questo diario nel quale racconta il suo viaggio lungo la regione realizzato nell’autunno del 1847.

Sulle orme dei grandi viaggiatori stranieri del 1700 e 1800, Edward Lear intraprende il suo viaggio in Basilicata, traendone inesauribile materia di esercizio per la sua penna di scrittore e la matita di paesaggista.

La cronaca di quel viaggio restituisce oggi tratti inediti o poco noti della regione: i percorsi accidentati, le soste in squallide taverne, i soggiorni a Melfi, Venosa, Rionero e altre località; leggende, feste e tradizioni popolari, gli incontri con personaggi imprevedibili e una folla di gente ora cordiale ora guardinga o sospettosa. 

Il contatto partecipe, e non solo curioso o esterno, con il mondo Lucano ispira al Lear pagine che, al pregio di una scrittura venata di humor, assommano il valore di preziosa testimonianza storica.

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Introduzione al «Viaggio in Basilicata» del 1847 con Edward Lear (03:06)

Anche se alcuni paesi di questo estremo lembo meridionale del bel Regno di Napoli erano finora rimasti inesplorati dagli inglesi, ed altri, finora privi di illustrazioni grafiche, vengono fatti conoscere ora per la prima volta al pubblico, lo scopo precipuo di fare di questo diario un “manuale del paesaggista”, varrà a gratificare il suo autore per aver a volte descritto paesaggi già trattati dagli altri autori. 

Il mezzo con cui io e il mio compagno di viaggio Lord John Proby, compimmo l’intero itinerario, di cui si parla in questo diario, fu il più semplice ed il più economico, tranne alcune carrozzabili lucane, percorse in carrozza, il resto fu fatto a piedi.


Dall'11 al 16 Settembre (27:10)

L’11 settembre, poiché Lord John Proby, mio compagno di viaggio, ha ancora quasi un mese a disposizione prima di dover far ritorno al nord, decidiamo di visitare alcune zone della Basilicata. 

Per diverse città di quella provincia possiedo, infatti, delle buone lettere di presentazione da parte di uno dei più grandi proprietari terrieri di quelle zone; inoltre, quella parte di Regno di Napoli, in particolare il paese di Orazio ed alcuni castelli normanni della Puglia, è una zona di ricco interesse. 

In treno, perciò, raggiungiamo Nocera da dove, al prezzo di due ducati, prendiamo una “caratella” che ci porti ad Avellino, capoluogo del Principato Citeriore.

12 settembre, giornata nuvolosa, ma non ci stanca mai di ammirare il bel contorno di Avellino e di Monte Vergine entro la cornice delle viti sospese.

13 settembre, settembre è forse un mese poco indicato per queste escursioni in alta montagna; tuttavia osiamo tentare la scalata di Monte Vergine, anche se la sua parte superiore è coperta da una fosca cortina di nubi.

14 settembre, abbiamo passato la restante parte di ieri, e tutta la giornata odierna, a disegnare tra i dintorni di Avellino, tra viali tranquilli e boschi ombreggianti.

15 settembre, dopo esserci fatto il sangue amaro con le bugie ed i sotterfugi dei vetturini - nelle zone di Napoli non c’è cosa più odiosa che aver a che fare con questa genìa - alle 10 di mattina, finalmente, si riesce a partire. 

La strada attraversa territori ridenti: sono sempre in vista giardini, capanne, villaggi e numerose città. In una taverna sotto Grottaminarda abbiamo licenziato il nostro vetturino, e abbiamo fatto un pranzo a base di onnipresenti frittate e nutrienti maccheroni italiani.

E così siamo partiti, risolvendo di affidare i nostri destini alle cure di Don Gennaro Fiammarossa che è tutto denaro e tutto cuore, che è padrone di Frigento, in particolare, e di tutto, in generale.

16 settembre, lasciato il giaciglio di fieno prima dell’alba, ci siamo preparati a ripartire. 

Dopo aver percorso un miglio o due, abbiamo lasciato la strada carrozzabile. 

Man mano che  ci avvicinavamo ad una piccola valle profonda, forti odori sulfurei ci hanno avvisato della vicinanza delle Mofette. 

Il bacino in cui giace questa strana e brutta palude vaporosa è orlato, su un lato, da un bosco di querce, alle cui spalle fa da ottimo sfondo la montagna di Chiusano. 

Dopo aver disegnato le famose Mofette, ci siamo consultati sull’itinerario futuro.

A quindici miglia c’è la città di Bisaccia, mentre a sole sei miglia c’è Sant’Angelo de’ Lombardi, e così abbiamo deciso di dirigerci qui, con la speranza di trovare, poi, un mezzo di trasporto fino a Melfi. Abbiamo continuato il cammino su un territorio brullo, su per sentieri squallidi e lungo ondulati declivi d’argilla e valli coltivate. 

Dopo una lunga discesa e risalita, abbiamo raggiunto Sant’Angelo de’ Lombardi proprio quando è cominciato a piovere a dirotto.


Dal 17 al 21 Settembre (21:23)

17 settembre, siamo stati contenti, nel rialzarci all’alba, di trovare ad attenderci il vecchio scemo con l’asino, ed una giornata stupendamente chiara. 

È stato, perciò, con piacere, che abbiamo scorto, in lontananza, la cima di una torre che il vecchio scemo ha dichiarato di essere la chiesa di Bisaccia. 

Ahimè!, in quale posto odioso ci eravamo cacciati. 

Gli abitanti erano così restii a degnarci di una qualche attenzione, che, a tutti quelli che incontravamo dovevamo forse dare l’impressione di essere degli appestati.

Tutti i nostri sforzi erano ora diretti a persuadere la vecchia guida ad accompagnarci almeno fino alla prossima città, Lacedonia, dove pensavo di ricevere migliore assistenza di viaggio rispetto al luogo desolato in cui ci eravamo ora fermati. 

Il Vulture, dalla nostra destra, diviene man mano più grande e netto nei contorni.

Davanti a noi si stende Lacedonia, grande, ma poco pittoresca.

Infatti, fermi a Lacedonia, abbandonati dal nostro vecchio con il mulo e perfino da un cavallo promesso e non concesso. 

Poi finalmente, trovato un mulo partiamo e, dopo aver viaggiato fino a sera, siamo finalmente a Melfi e nel buio riusciamo a vedere solo il castello nella sua imponenza e con i suoi requisiti della fortezza medievale. 

E, dopo aver traversato il ponte levatoio, siamo stati ricevuti con molto riguardo dall’ottimo amministratore del principe Doria, immersi nel pieno dello splendore dello stile baronale italiano.

18 settembre, prima roccaforte normanna in terra di Puglia, Melfi è un delizioso posto di soggiorno. Esiste ancora una delle torri di Ruggero d’Altavilla. 

Il castello domina la vista della città, ma non su una grande estensione di territorio, perché una parte dell’orizzonte è completamente occupata dal vicino Vulture, e, la restante, da una serie di basse colline.

19 settembre, dopo aver pranzato con la simpaticissima famiglia Manassei al completo, gli amministratori del castello per conto del principe Doria, abbiamo bighellonato per le vigne, mangiando uva nei grandi vigneti dietro il castello.

Il 20 settembre è stata un’altra giornata allegra passata a disegnare all’aperto, pensando quanto sarebbe bello vivere per sempre in questo castello. 

Ma il 21 settembre, dopo cinque giorni passati al castello, tra lusso e comodità, pronti a ripartire, ci chiediamo se non ci siamo disabituati ai viaggi faticosi. 

Perciò ci prepariamo alla partenza per domani, per altre destinazioni.


Dal 22 al 27 Settembre (35:06)

22 settembre, siamo partiti con comodo dal castello di Melfi e non trovandosi alcun mulo, la nostra poca roba è stata caricata su tre cavalli. 

A circa otto miglia da Melfi siamo passati vicino Lavello, una città alquanto graziosa.

Dopo una graduale salita dalle zone pianeggianti dove c’erano moltissimi bufali, siamo arrivati alla sommità dell’ultimo bastione di collina sul versante orientale d’Italia, dove ci siamo fermati a mangiare e da dove si gode una bellissima veduta del Vulture. 

Verso sud, su uno sperone sorge la città di Minervino e qui abbiamo diretto il nostro cammino.

23 settembre, prima dell’alba siamo partiti a cavallo per destinazioni diverse: Lord Proby alla volta di Canosa, ed io verso Castel del Monte. 

Ahimé, che giorno di snervante strapazzo! 

Finalmente, dopo quasi cinque ore di lento cavalcare, abbiamo cominciato a scorgere il castello meta del viaggio.

Tornati a Minervino all’una di notte, vale la pena di ricordare la storia del vecchio castello che la guida ha raccontato mentre cavalcavamo lentamente sulle pietrose colline delle Murge.

24 settembre, essendoci alzati prima dell’alba, il pratico ed energico Don Vincenzino ci ha portato il caffè con l’aiuto di una lampada a spirito. 

Abbiamo passato alcune ore a disegnare la città di Minervino, le cui luci scintillanti e tinte grigiastre si fondevano mirabilmente con il rosa pallido delle distese pianeggianti della Puglia. 

Alle nove siamo ritornati in casa per una sostanziosa colazione, e alle dieci e mezza ci siamo congedati dal nostro cortese ed amabile ospite.

Alle ventitré siamo arrivati nell’antica città di Venosa che, pittoresca quant’altri mai (sia dalla parte esterna che interna), sorge sull’orlo di un ampio e profondo vallone, con il castello e la cattedrale che guardano dall’alto l’intera area urbana.

25 settembre, il castello di Venosa è attualmente abitato da Don Peppino Rapolla e consorte. 

Vi ci siamo recati di mattina presto, in compagnia di Don Nicola, e vi ci siamo seduti davanti, per disegnarlo. 

Il cortese ospite non la finiva di gironzolarci attorno, nonostante che facessi di tutto per tenerlo lontano. Si è allontanato solo quando gli ho prospettato che il lavoro poteva tenerci occupati per due o tre ore.

Dopo pranzo ci siamo trasferiti nella biblioteca del castello dove prendiamo il caffè, dopodiché usciamo in carrozza, a vedere i leoni della città.

26 settembre, Ancora squisitezze! 

Al mattino ci viene servito il caffè con fette di pane imburrato che i Napoletani sono convinti faccia parte della colazione inglese. 

La rispettabilità di questi signori di Venosa è osservabile, in ogni momento, nel deferente contegno di tutti quelli che incontriamo; i contadini, ad esempio, si tolgono il cappello già da molto lontano, e, raggiungendo il lato opposto della strada, restano come statue mentre passiamo. 

Domani si riparte. Destinazione Barile, Rionero e San Michele.

27 settembre, ho lasciato con rimpianto Venosa e la simpatica famiglia di cui siamo stati ospiti - uniche persone, in questo viaggio, alle quali mi sia sentito legato da profondo affetto. 

Il cammino ci ha condotto, su una serie di ondulazioni, alle falde del Vulture. 

Un pendio fiancheggiato da querce, e sentieri tra i vigneti, ci hanno condotto a Rapolla, città che sorge ai piedi della montagna vicino a Melfi. 

Rapolla è un luogo pittoresco, ma lo abbiamo disegnato in fretta, per ripartire alla volta di Barile e Rionero, dove speravamo di trovare cose più interessanti. 

Siamo arrivati a Rionero, grande e popolosa città, a notevole altezza sulla base del Vulture, che la sovrasta come il Vesuvio Pompei.


Dal 28 Settembre al 4 Ottobre (13:19)

28 settembre, una giornata passata sul monte Vulture, al monastero di San Michele ai laghi di Monticchio, infatti nel giorno di San Michele, durante la grande festa, tutta la popolazione delle aree limitrofe ha la consuetudine di dirigersi in massa al monastero. Siamo partiti di buon’ora a piedi e raggiunto il versante occidentale della collina, ci siamo addentrati in bellissimi boschi di faggio. 

Di lì a poco, tra i rami degli alti alberi, si poteva scorgere il luccichio del lago di Monticchio, nelle cui acque si specchia il monastero di San Michele, modello più perfetto di solitudine monastica è inimmaginabile.

29 settembre, è piovuto tutta la notte, e, all’alba, i boschi del Vulture erano ricoperti di fredda umidità. Nel pomeriggio abbiamo lasciato San Michele. 

Al tramonto abbiamo raggiunto Rionero, dove i nostri ospiti, come sempre ospitali e premurosi, apparivano molto lusingati dai nostri entusiastici commenti sulla visita al monastero.

30 settembre, all’alba eravamo pronti a ripartire con la carrozza del nostro amabile ospite, che ci ha accompagnato fino ad Atella, a due o tre miglia da Rionero. 

Città pittoresca ma malinconica, Atella è la più a valle di tutti i paesi del Vulture; sorge, difatti, quasi in pianura. 

Qui abbiamo trovato ad attenderci, con alcuni cavalli, un guardiano che ha l’incarico di accompagnarci a Castel del Lago Pesole, ultimo possedimento del principe Doria Pamfili, che abbiamo in programma di visitare. 

Era la tenuta di caccia di Federico II, ma questo luogo antichissimo non vanta bellezze naturali, né si può definire, in alcun modo, pittoresco, a parte il lato meridionale, dove una parte del paesaggio si armonizza con la pianura antistante il Vulture.

1 ottobre, ci prepariamo a far ritorno a Napoli. 

Ad Avigliano abbiamo lasciato il signor Manassei, ed abbiamo ripreso il viaggio per Potenza, attuale capoluogo della provincia, ma città così brutta per forma, dettagli e posizione, che si è quasi tentati di evitarla. 

Qui abbiamo noleggiato una “caratella” che ci porti fino ad Eboli per poi continuare fino a Vietri in Basilicata.

2 ottobre, Vietri (di Potenza) si presenta ricca di bellissimi scenari e di stupendi paesaggi. 

Ha lasciato nella nostra mente una forte impressione di bellezza, anche se gli incantevoli paesaggi naturali cambiavano di ora in ora. 

Poi abbiamo raggiunto quella locanda di Eboli, che dieci anni fa ricordo di aver considerato un posto orribile, ma che ora mi sembra, invece, abbastanza accogliente.

4 ottobre, ieri abbiamo fatto una capatina a Paestum: giro mattutino per la bella pianura di Persano; ore d’ozio tra le luminose solitudini dell’antica Posidonium. 

Poi ritorno passando nottetempo per la frenetica e rumorosa Salerno, per la bella Cava, e l’affollata Nocera, infine in treno da Pompei a Partenope. 

Il viaggio è finito e ha avuto le sue belle cose.


27 Agosto 1851 e 27 Marzo 1852 Napoli, notizie del terremoto a Melfi dopo il viaggio di Edward Lear (08:19)

Con questo podcast ti racconto delle notizie del terribile terremoto verificatosi a Melfi e dintorni nel 1851, ricevute dal viaggiAutore inglese Edward Lear, 4 anni dopo il suo «Viaggio in Basilicata», realizzato nel 1847.

Napoli 27 Agosto 1851, un racconto che, sempre uguale, sembra già sentito ancora ai nostri giorni: le notizie che giungono con molta lentezza, in cui ogni bollettino reca notizie di un’accresciuta quantità di danni, e di un aumentato numero di vittime umane. 

Prima le percezioni e le avvisaglie di un cataclisma, poi le storie narrate dai sopravvissuti.

Napoli 27 Marzo 1852, un’altra lettera gli è stata inviata dal signor Manassei, il curatore del castello di Melfi per conto del principe Doria, in cui con dovizia dati.


AUTORE

Edward Lear nasce a Holloway, un quartiere di Londra interna in Inghilterra, il 12 Maggio 1812; è noto come scrittore, pittore, viaggiatore e autore del Book of Nonsense. Dopo un'adolescenza difficile e con la vita turbata sin dalla giovinezza dalla malattia e dalla depressione, presto cominciò a fare disegni e schizzi, che gli permisero di guadagnarsi da vivere. Ospite e dipendente del Conte di Derby, scrive i suoi famosi Limerick per divertire i figli del Conte. Edward Lear passerà poi buona parte della sua vita a viaggiare, legandosi in particolar modo all'Italia: nel 1837 è a Roma, in seguito tra il 1842 e il 1846 percorre Abruzzo, Molise e la campagna romana. Nel 1847 progettò di visitare l'intera Calabria, ma i moti di Reggio del settembre 1847 gli permisero di vedere solo la provincia reggina. Nel 1848 visitò i dintorni di Melfi, il Vulture e l'alta Irpinia. Durante i suoi viaggi Lear produsse numerosi resoconti illustrati, tra cui i Journals of a Landscape Painter in Southern Calabria, diario del viaggio calabrese pubblicato a Londra nel 1852. Dopo aver dato per un breve periodo lezioni di disegno alla Regina Vittoria, riprese a viaggiare ancora a lungo per altri paesi mediterranei: Grecia, Albania, Corsica. Negli anni 1970 si ritirò a Sanremo, sulla costa dell'amato Mediterraneo, dove morì nel 1888.

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