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Vi leggo «La lunga strada di sabbia» un viaggio con Pasolini lungo le coste italiane

La lunga strada di sabbia

di Pier Paolo Pasolini


RECENSIONE DEL LIBRO


È l’estate 1959, per la rivista Successo, Pier Paolo Pasolini percorre nei 3 mesi estivi di giugno, luglio e agosto, gli 8.000 Km di coste italiane al volante di una Fiat 1100 per realizzare «La lunga strada di sabbia» un ampio racconto dell’Italia tra cambiamento e tradizione, vacanza borghese e residui di un dopoguerra difficile.

Un documento unico per tornare a conoscere l’arte di un grande scrittore e intellettuale e riscoprire il forte legame che lo univa al nostro paese.


Parte da Nord da Ventimiglia al confine con la Francia e giù giù verso Sud per tutta la Costa Tirrenica; poi, da Maratea in Basilicata, va a Villa San Giovanni per raggiunge la Sicilia e spingersi il più a Sud possibile, fino a Porto Palo.

Poi un salto, nuovamente in Calabria, via lungo la costa Ionica, coprendo in un giorno l'itinerario della Strada Statale 106 oggi rinominata E 90, da Reggio Calabria a Taranto, per poi spingersi più a Sud possibile, a Santa Maria di Leuca, per poi risalire verso Nord su su lungo la costa Adriatica per finire a Trieste sul confine ex Austro Ungarico poi ex Jugoslavo.

Un documento unico per tornare a conoscere l’arte di un grande scrittore e intellettuale, riscoprendo il forte legame che lo univa al nostro paese.

Un diario fatto di appunti sparsi di sguardi immediati e racconti sinestetici, impressioni, pensieri, immagini sinestetiche, simili ad istantanee fotografiche ad una sceneggiatura, a carrellate ed inquadrature di un film.

Un occhio al paesaggio ed uno all'umanità che li vive e l'invade.

Come dice lo stesso Pasolini: “Sono solo e porto in giro i miei due occhi, più ingenui e contenti di quel che credessi ... Io e migliaia di cose, migliaia di persone. Tutto nuovo”.

ASCOLTA LA LETTURA INTEGRALE DEL LIBRO

Dal confine italo-francese a Ostia, giugno 1959 (38:59)

1 - La Liguria dal confine italo-francese a Lerici, giugno 1959 (26:38)

Tappa 1 - Confine, giugno 1959

Sulla Francia e l’Italia, scende il sole.

Un mucchio di rocce e cespi, unico mucchio di terra, con picchi, insenature, crespe.

Laggiù una piccola villa gialla, con intorno  un folto giardino.

Scendendo per una interminabile scala si giunge in un cortile sospesa nel vuoto, sul mare grigio; si scende ancora tra cespugli e fiori e si arriva sulla spiaggetta sassosa.

La foce di un torrentello del tutto secco, è il Rio San Luigi: in mezzo ai sassi grigi di questo Rio scorre il confine. 

Tappa 2 - San Remo, giugno 1959

Entro al Casinò cercando di farmi piccolo sotto gli sguardi monumentali dei custodi.

Col cuore che mi batte, metto il naso dentro i saloni leggendari.

Il mio amico si siede tranquillo al primo tavolo e mi chiede su che numeri voglio puntare: io, in piedi dietro a lui, non ho un attimo di esitazione: 17 e 31, i due numeri che mi portano jella.

Tappa 3 - Riviera di Ponente

Da San Remo, per la Riviera, sole che brucia e nuvolaglia fresca.

I nomi dei luoghi - leggendari se non altro per le corse ciclistiche - hanno fulminee conversioni in realtà: contro un mucchio di monti trasparenti sul mare che bolle, ecco Alassio ingoia il visitatore in una matrice d’alberghi, protesi sul mare avaro.

Controluce, sfatti, brillanti come ghiaia sui promontori opachi.

A Spotorno è mio dovere fermarmi, e non mi fermo. 

Tappa 4 - Genova, giugno 1959

Il mare cambia colore, dopo essere scomparso per decine di chilometri in una enorme fuligginosa città di magazzini: ricompare dietro due spunzoni di roccia e una torre campanaria tra barbaresco e liberty, con una fila di grattacieli sopra un’altura color polvere, com'è color polvere tutto.

Genova fuma, sfuma in un guazzabuglio supremo.

Tappa 5 - Portofino, giugno 1959

Da Genova a Camogli, il paesaggio è ancora uguale a quello della Riviera di Ponente: un vaporoso arresto della terra sul mare, che fa pensare alle grandi partenze, ai grandi sbarchi.

Poi tutto cambia. Cominciano i porticcioli, i nidi d’aquila, gli angoli miracolosi tra i bracci boscosi, gli eremi, i golfetti di smeraldo.

Non c’è più caos.

La piazzetta di Portofino intorno al porto molto profondo, verde come un fiume alpino, è anch'essa un teatro per miliardari.

Tappa 6 - Santa Margherita, giugno 1959

Come il tempio del Dio della Grande Borghesia, l’Excelsior si alza alle porte di Rapallo, su un costone tutto sole: e i suoi orribili fastigi liberty hanno una solennità che rasenta il sublime.

Tappa 7 - Rapallo, giugno 1959

Viene la sera: le orchestrine suonano nei bar, davanti a eserciti di sedie: tutto il liberty si illumina del fuoco sacro di notti estive che non hanno avuto nessun Proust, e comincia l’ossesso passeggio sotto le palmette del lungomare.

Tappa 8 - Riviera di Ponente, giugno 1959

Chiavari: sembra l’Aia, con un po’ di giungla.

A Sestri Levante che è come nelle cartoline, sono morto per qualche ora, entrato nella cartolina, in un bar, con davanti il golfo, le barche, gli stabilimenti, i bambini, il passeggio.

Tappa 9 - La Spezia, giugno 1959

La Spezia è deserta.

E’ domenica.

Biancheggiano i marinai.

Tutta la gente è al mare, per il golfo.

Comincia una fra le più belle domeniche della mia vita.

San Terenzo è un piccolo paese prima di Lerici: la spiaggia è in piazza.

Le porte delle case e dei caffè danno sulla poca sabbia. 

Tappa 10 - Lerici, giugno 1959

Al centro della festa è Lerici: non ho visto tanto e così perfetto sole.

La gioventù passeggia per le strade come in una domenica di primavera.

Una lunga carrellata sul molo di Lerici, sotto il monte fitto di case, lungo il porticciolo, sarebbe un intero film.

Una fila lunga un centinaio di metri, di povera gente, con la schiena contro i massi di pietra, seduta al fresco: vecchi, pensionati, malati, coppie di fidanzati.


2 - Dalla Toscana al Lazio, giugno 1959 (12:22)

Tappa 11 - Cinquale, giugno 1959

I monti della Versilia ... ridenti o foschi?

Ecco una cosa che non si può mai capire.

Un poco folli, di forma, e inchiostrati sempre con tinte da fine del mondo, con quei rosa, quelle vampate secche del marmo che trapelano come per caso.

Ma così dolci, mitici.

Qui c’è la spiaggia del Cinquale. 

un mare di memorie, alimentate soprattutto dal mio amico poeta Bertolucci, che viene a villeggiare qui, coi più squisiti dei letterati.

Qui ci fu D’Annunzio.

Da queste parti veniva anche Rilke, a pensare chissà quali suoi sonetti.

E ci venne al confino Malaparte.

Vi ha dipinto Carrà.

E, ripeto, ci vengono ancora i letterati, specie fiorentini.

Tappa 12 - Forte dei Marmi, giugno 1959

La spiaggia di Forte dei Marmi è, in questo mese, quasi deserta: la sabbia è liscia, sembra il pavimento di una sala da ballo.

Dalla fila di capanni - accuratamente verniciati, sotto festoni trionfali bandierine - fino al frangente, sono piantate le tende con eleganza quasi giapponese i quattro pali reggono la tela di color opaco e sotto si stendono, in delizioso disordine, sdraie, panchetti, coperte dai colori di Matisse. 

Tappa 13 - Viareggio, giugno 1959

Il grande lungomare tra le pagode è ancora poco affollato, è vero: negli alberghi la camera a un letto con bagno si trova alla prima richiesta, i dancings sono ancora frequentati dalla gioventù locale, studenti e bagnini, con eleganti calzoni bianchi: ma Viareggio ha cominciato la sua grande stagione.

Tappa 14 - Tirrenia, giugno 1959

Tre studenti di Pisa, raccolti con l’autostop.

Si lamentano di non poter andare a San Rossore, perché è del Presidente della Repubblica: scartano Marina di Pisa: è vecchia; vanno a Tirrenia perché è tutta moderna, americana.

Io invece trovo bella la Marina, e soprattutto l’Arno, vicino al mare, con dei villini di legno dolcissimi, sulle rive d’un verde delicato.

Tappa 15 - Livorno, giugno 1959

Livorno è la città d’Italia dove, dopo Roma e Ferrara, mi piacerebbe più vivere.

Lascio ogni volta il cuore sul suo enorme lungomare, pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici.

Si ha poco l’impressione di essere in Italia.

Intorno, nelle fabbriche dei quartieri verso il Nord, ferve un lavoro che non ha un’aria familiare, e per questo è tanto più amica, rassicurante.

Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi, c’è sempre un’aria di festa, come nel meridione, una festa piena di rispetto per la festa degli altri.

Tappa 16 - Dalla Toscana al Lazio, giugno 1959

L’acqua più bella d’Italia è sotto gli scogli tra Calafuria e Quercianella.

Anche a Capri ci sono degli scogli così fantastici e dell’acqua trasparente: ma là qualche avanzo di pasti, qualche cartaccia c’è sempre.

Qui è tutto perfetto come nelle isole di Verne.

Poi comincia la Maremma, la storia stinge, si attenua, ha un vuoto.

Dopo Cecina, - bella spiaggia popolare, dove, se io usassi villeggiare, villeggerei -, comincia una serie di coste pure.

Il culmine è Porto Santo Stefano, che non ha più riferimenti col tempo e con lo spazio.

E l’Argentario.

Pure pennellate, macchie luminose, che hanno forma di terra e mare, e una pace di sonno vivo.

Santa Marinella è cambiata da quando ho conosciuto Rossellini, a una proiezione privata.

Tappa 17 - Fregene, giugno 1959

Vado subito a salutare Moravia, ritirato alla Villa dei Pini, fresco come un ragazzo, a scrivere il suo nuovo romanzo.

E vado anche da Fellini, che, dietro ai villini di Fregene, dietro la pineta, gira un episodio de La Dolce Vita. 

Tappa 18 - Ostia, giugno 1959

Il Grande Formicaio s’è mosso.


3 - Da Ostia a Maratea, luglio 1959 (52:02)

Tappa 19 - Da Ostia a Napoli, luglio

Arrivo a Ostia sotto un temporale blu come la morte. 

La pioggia non ha l’aria di cessare: e, in questo clima gelido di novembre, filiamo lungo la costa.

È con me Elsa De Giorgi, che va al Circeo: quieta e acuta come una spada inguainata, che parla, parla, mentre fuggono a destra e a sinistra le incredibili catapecchie da far west di Tor Vajanica.

Ma io mentalmente la tradisco già con l'altra Elsa, Elsa Morante: sono già tutto, laggiù, nel meridione, all'isola di Arturo. 

Tappa 20 - Napoli, luglio

Arrivo a Napoli verso sera: il temporale gira lontano sui monti pagani.

Tappa 21 - Avventura a Ischia, luglio

Esco dal mio albergo.

Piove ancora un poco.

Sono solo e porto in giro i miei due occhi, più ingenui e contenti di quel che credessi.

Solo io e Ischia.

Io e migliaia di cose, migliaia di persone.

Tutto nuovo.

Scende la sera.

L’intera Casamicciola è sul porticciolo.

Due minuti e siamo a Lacco Ameno dove c’è quel famoso albergo di Rizzoli di cui tutti tanto parlano.

Tappa 22 - Ischia (Casamicciola), luglio

Sono felice.

Era tanto che non potevo dirlo: un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta e normale. 

Tappa 23 - Capri, luglio

Domenica.

Il battello di turisti sacrileghi.

Il signore inglese, con la giacca a scacchi e il berretto kaki, la sua signora, il suo amico in grigio, circondati da una banda di commercianti di Latina, affermano il loro possesso di un pezzo di panca, sulla prua, mangiando del pollo e del pane, con le mani, ungendo tutti, e pulendosi il naso con le dita grasse come salsicce.

Capri è invasa.

Anacapri, lassù, si conserva quieta: una quiete da bazar e negozi di souvenir.

Tappa 24 - Da Napoli a Vallo Lucano, luglio

Che ebbrezza partire da Napoli, la mattina presto, in un colore celeste che riempie il cuore.

Lasci Via Caracciolo, prendi lungo il porto, la via della Calabria, passi per un quartiere dove regnano ancora i Borboni, e ogni faccia è la faccia di Pulcinella: sulle quinte sconfinate di casacce arancione, marrone, terree, di una periferia nata come zona di abitazione di plebi, senza industrie, senza strade, senza nulla, gravano odori incredibili: paglia macerata e liquerizia, scoli e agrumi, odori sopravviventi di una civiltà scomparsa, per noi, e ancora così assoluta per chi ci vive.

Tappa 25 - Maratea, luglio

Maratea, Maratea, nome magico, che mette in sospetto, in ansia, come tutte le cose di moda, a cui non si vuole arrivare secondi, e d’altra parte non si vorrebbe arrivare affatto.

La costa infatti non ha niente di ciò che si considera convenzionalmente bello, neanche sulle orme del Boccaccio: semplicemente, la costa è tremenda.

Mai vista tanta perfezione: un enorme scoscendimento, tempestato di ciuffi d’un verde tutto uguale, che precipita a picco sul mare.


4 - Da Villa San Giovanni a Pachino, luglio 1959 (15:07)

Tappa 26 - Da Villa San Giovanni a Siracusa, luglio

Avevo sempre pensato e detto che la città dove preferiscono vivere è Roma, seguita da Ferrara e Livorno.

Ma non avevo visto ancora, e conosciuto bene, Reggio, Catania, Siracusa.

Non c’è dubbio, non c’è il minimo dubbio che vorrei vivere qui: vivere e morirci, non di pace, come Lawrence a Ravello, ma di gioia.

Tappa 27 - Siracusa, luglio

Eccomi a girare per Siracusa.

Capito proprio alla fonte Aretusa: è sul porto: un porto ceruleo e dolce come una laguna: sul piccolo lungomare, c’è una costruzione cinquecentesca, di suprema eleganza, circolare, una specie di pozzo, e dentro cigni, pesci e papiri.

Tappa 28 - Pachino, luglio

Più a Sud di così, è impossibile.

Passo Noto, passo Avola.

Giungo a Pachino, ché una cittadina piena di vita, di gente stupenda: ma non mi fermo, vado ancora più a Sud, arrivo a Capo Passero.


5 - Da Reggio Calabria a Senigallia, luglio-agosto 1959 (30:22)

Tappa 29 - Taranto, luglio

Credo che a ben pochi, in Italia, sia capitato di fare in macchina, in un giorno, l’intera costa da Reggio a Taranto.

Ora che sono qui, a Taranto - che brilla sui due mari come un gigantesco diamante in frantumi - mi pare che la cosa mi sia successa in sogno.

L’Ionio non è un mare nostro: spaventa.

Tappa 30 - Da Taranto a Santa Maria di Leuca, luglio

Volo per la costa meno nota d’Italia: mi trascina una gioia tale da vedere che quasi son cieco.

Qui tutto minaccia di non essere la costa piatta, i paesi arabo-normanni, il mare.

Santa Maria di Leuca si estende lungo il mare con una fila di villini Liberty, lussuosi, rosei e bianchi, incrostati d’ornamenti, circondati da giardinetti: sembrano appena abbandonati. 

Tappa 31 - Rodi Garganico, luglio

E’ appena passata mezzanotte, e sono solo.

Ma solo come può essere solo uno spettro.

Tutti sono serrati nelle case, i piccoli borghesi foggiani in villeggiatura, i rodigiani, che domani mattina si devono alzare alle tre, alle quattro, per andare nei campi col mulo. 

Tappa 32 - Pescara, agosto

Con Francavilla, cominciano le grandi spiagge adriatiche, una nuova civiltà balneare.

Pescara è splendida.

Credo sia l’unico caso di città, di vera e propria città, che esista totalmente in quanto città balneare.

I pescatori ne sono fieri.

Tappa 33 - San Benedetto, agosto

Ogni volta che parto da qualche posto, anche se ci sono stato solo poche ore ci lascio sempre un pezzetto sanguinante di cuore.

A San Benedetto, no, perché ormai, a San Benedetto, la forma balneare è quella classica del Nord: il grande arenile, equipaggiato di tutto punto, i bar con la terrazza sulla spiaggia, i juke-box, e soprattutto, le belle donne.

Tappa 34 - Ancona, agosto

Che cos’è che segna il passaggio dal Sud al Nord?

Sì c’è una lunga sfumatura intermedia, gli alti Abruzzi e le Marche; eppure certi mutamenti sono repentini.

Compaiono ad un tratto le biciclette, compaiono ad un tratto le insegne del metano: ma soprattutto, compaiono ad un tratto le belle donne.

Tappa 35 - Senigallia, agosto

Sulla spiaggia di Senigallia, il trionfo della pensione: della pensione, non della famiglia.

Sotto gli ombrelloni sono adunati insieme gli ospiti degli stessi villini novecento, in discussioni che non tradiscono uno solo dei luoghi comuni dell’istituzione linguistica borghese e, per questo, conservano a ognuno il suo ambito mistero.


6 - Da verso Rimini a Trieste, agosto 1959 (35:47)

Tappa 36 - Verso Rimini, agosto

Cominciano le spiagge bilingui.

Le insegne sono tutte in italiano e in tedesco: “Bagnino - Maister”.

Lo spiaggione di Cattolica, ormai stratificato, raffinato, impreziosito, ipertrofico, da anni e anni di grande uso, è pieno di donne: gli uomini si perdono, quasi non esistono: o umili scagnozzi, o dei fuchi.

Ora cominciano le spiagge della mia infanzia e della mia adolescenza: non saranno più scoperte, ma verifiche.

A Riccione andavo in villeggiatura quand’ero ginnasiale. 

Tappa 37 - Porto Corsini, agosto

Spiaggia per soli ravennati.

Che arrivano ai loro stabilimenti, contro il mare di lacca, sulla spiaggia di calce.

Il canale del porto giunge fino in mezzo al mare, con due braccia sottili di massi.

Qui infuria la ragazzaglia della periferia, del contado, del proletariato che lavora alle fabbriche che l’ENI ha costruito lungo il canale da Ravenna a qui, quasi nuove cattedrali, nuovi Sant’Apollinari. 

Tappa 38 - Verso Chioggia, agosto

Devo dire la verità: dopo Ancona la “bellezza naturale” finisce.

L’ultimo residuo della grande venustà italica, meridionale, appenninica - la collina marchigiana - si appiattisce di colpo, si annulla.

Sopravvivono sorde, impolverate collinucce, dietro pinete sconsacrate, peste.

Il pratico la vince su tutto: la spiaggia si fa funzionale: bagni d’acqua e di sole, confortati dalla presenza di una potente organizzazione. 

Tappa 39 - Venezia, agosto

Dopo un volo per le lunghe piste sugli argini, alti sopra la più verde, malinconica, severa campagna d’Italia, lungo le lagune, arrivo al caos di Mestre.

Cerco un albergo, mi sistemo, riprendo la corsa verso Venezia, per il ponte battuto da migliaia di fari.

Finalmente prendo il motoscafo  sbarco a piazza San Marco.

Mi guardo intorno con riacceso interesse: la piazza è la solita, il solito salottone con le solite orchestrine noiose, che suonano tronfia musica leggera: intorno gli stranieri si stipano.

Tappa 40 - Da Venezia a Trieste, agosto

Ora sono a casa mia, penso, l’arco dell’Adriatico da Venezia a Trieste è il confine meridionale della mia prima giovinezza: tutto è visto, tutto è nei miei precordi.

Invece è il pezzo più inaspettato del mio viaggio: non solo non riconosco più niente, ma sono addirittura in terra straniera.

Qui si può dire che siamo veramente in Europa: e solo pochi anni fa, questa era una delle parti più provinciali e arcaiche della penisola.

Tappa 41 - Trieste, agosto

Non ero mai andato nella periferia di Trieste che si stende sulla strada dell’Istria e di Pola.

Trieste finisce, con gli ultimi cantieri del porto, gli ultimi palazzoni, contro quelle tristi colline fumose, contro la cortina bianca del cielo.

Ogni tanto, lungo la strada che costeggia il mare, in una serie ininterrotta di gruppi di case, di muri invalicabili, c’è una spiaggia, con famiglie, e l’eterno sorriso della giovinezza trionfante.

Un breve formicolio desolato.

Ed ecco Lazzaretto, l’ultima spiaggia italiana.

Sulle povere voci, sulla povera spiaggetta, il temporale getta un’ombra leggera, biancastra.

Qui finisce l’Italia, finisce l’estate del 1959.


ASCOLTA LA LETTURA TAPPA PER TAPPA

Tappa 1 - Confine, giugno 1959 (03:08)

Sulla Francia e l’Italia, scende il sole.

Un mucchio di rocce e cespi, unico mucchio di terra, con picchi, insenature, crespe.

Laggiù una piccola villa gialla, con intorno  un folto giardino.

Scendendo per una interminabile scala si giunge in un cortile sospesa nel vuoto, sul mare grigio; si scende ancora tra cespugli e fiori e si arriva sulla spiaggetta sassosa.

L’impianto liberty di un grande albergo mai finito e una misera cappelletta di pietra: dietro a questa, le due piccole costruzioni per le guardie e lì subito, la foce di un torrentello del tutto secco.

E’ il Rio San Luigi: in mezzo ai sassi grigi di questo Rio scorre il confine.


Tappa 2 - San Remo, giugno 1959 (05:15)

Entro al Casinò cercando di farmi piccolo sotto gli sguardi monumentali dei custodi.

Col cuore che mi batte, metto il naso dentro i saloni leggendari.

Il mio amico si siede tranquillo al primo tavolo e mi chiede su che numeri voglio puntare: io, in piedi dietro a lui, non ho un attimo di esitazione: 17 e 31, i due numeri che mi portano jella.


Tappa 3 - Riviera di Ponente, giugno 1959 (03:33)

Il cameriere di San Remo mi guarda accorato, poi si sfoga: ha visto che sto a Roma, lui c’è stato dieci anni e non la può dimenticare: quasi piange.

Da San Remo, per la Riviera, sole che brucia e nuvolaglia fresca.

I nomi dei luoghi - leggendari se non altro per le corse ciclistiche - hanno fulminee conversioni in realtà: contro un mucchio di monti trasparenti sul mare che bolle, ecco Alassio ingoia il visitatore in una matrice d’alberghi, protesi sul mare avaro.

Controluce, sfatti, brillanti come ghiaia sui promontori opachi.

A Spotorno è mio dovere fermarmi, e non mi fermo.


Tappa 4 - Genova, giugno 1959 (01:56)

Il mare cambia colore, dopo essere scomparso per decine di chilometri in una enorme fuligginosa città di magazzini: ricompare dietro due spunzoni di roccia e una torre campanaria tra barbaresco e liberty, con una fila di grattacieli sopra un’altura color polvere, com'è color polvere tutto.

Genova fuma, sfuma in un guazzabuglio supremo.


Tappa 5 - Portofino, giugno 1959 (03:56)

Da Genova a Camogli, il paesaggio è ancora uguale a quello della Riviera di Ponente: un vaporoso arresto della terra sul mare, che fa pensare alle grandi partenze, ai grandi sbarchi.

Poi tutto cambia. Cominciano i porticcioli, i nidi d’aquila, gli angoli miracolosi tra i bracci boscosi, gli eremi, i golfetti di smeraldo.

Non c’è più caos.

I prezzi sono altissimi; proibiscono gli accessi alle anime piccolo borghesi o proletarie.

La piazzetta di Portofino intorno al porto molto profondo, verde come un fiume alpino, è anch'essa un teatro per miliardari.


Tappa 6 - Santa Margherita, giugno 1959 (02:01)

Come il tempio del Dio della Grande Borghesia, l’Excelsior si alza alle porte di Rapallo, su un costone tutto sole: e i suoi orribili fastigi liberty hanno una solennità che rasenta il sublime.


Tappa 7 - Rapallo, giugno 1959 (01:55)

Viene la sera: le orchestrine suonano nei bar, davanti a eserciti di sedie: tutto il liberty si illumina del fuoco sacro di notti estive che non hanno avuto nessun Proust, e comincia l’ossesso passeggio sotto le palmette del lungomare.


Tappa 8 - Riviera di Ponente, giugno 1959 (00:26)

Chiavari: sembra l’Aia, con un po’ di giungla.

A Sestri Levante che è come nelle cartoline, sono morto per qualche ora, entrato nella cartolina, in un bar, con davanti il golfo, le barche, gli stabilimenti, i bambini, il passeggio.


Tappa 9 - La Spezia, giugno 1959 (00:54)

La Spezia è deserta.

E’ domenica.

Biancheggiano i marinai.

Tutta la gente è al mare, per il golfo.

Comincia una fra le più belle domeniche della mia vita.

San Terenzo è un piccolo paese prima di Lerici: la spiaggia è in piazza.

Le porte delle case e dei caffè danno sulla poca sabbia.


Tappa 10 - Lerici, giugno 1959 (03:39)

Al centro della festa è Lerici: non ho visto tanto e così perfetto sole.

Il caldo non è ancora eccessivo, non c’è bisogno di andare a fare il bagno.

La gioventù passeggia per le strade come in una domenica di primavera.

Una lunga carrellata sul molo di Lerici, sotto il monte fitto di case, lungo il porticciolo, sarebbe un intero film.

Una fila lunga un centinaio di metri, di povera gente, con la schiena contro i massi di pietra, seduta al fresco: vecchi, pensionati, malati, coppie di fidanzati.


Tappa 11 - Cinquale, giugno 1959 (03:02)

I monti della Versilia ... ridenti o foschi?

Ecco una cosa che non si può mai capire.

Un poco folli, di forma, e inchiostrati sempre con tinte da fine del mondo, con quei rosa, quelle vampate secche del marmo che trapelano come per caso.

Ma così dolci, mitici.

Qui c’è la spiaggia del Cinquale. 

un mare di memorie, alimentate soprattutto dal mio amico poeta Bertolucci, che viene a villeggiare qui, coi più squisiti dei letterati.

Qui ci fu D’Annunzio.

Da queste parti veniva anche Rilke, a pensare chissà quali suoi sonetti.

E ci venne al confino Malaparte.

Vi ha dipinto Carrà.

E, ripeto, ci vengono ancora i letterati, specie fiorentini.


Tappa 12 - Forte dei Marmi, giugno 1959 (02:41)

La spiaggia di Forte dei Marmi è, in questo mese, quasi deserta: la sabbia è liscia, sembra il pavimento di una sala da ballo.

Dalla fila di capanni - accuratamente verniciati, sotto festoni trionfali bandierine - fino al frangente, sono piantate le tende con eleganza quasi giapponese i quattro pali reggono la tela di color opaco e sotto si stendono, in delizioso disordine, sdraie, panchetti, coperte dai colori di Matisse.


Tappa 13 - Viareggio, giugno 1959 (00:32)

Il grande lungomare tra le pagode è ancora poco affollato, è vero: negli alberghi la camera a un letto con bagno si trova alla prima richiesta, i dancings sono ancora frequentati dalla gioventù locale, studenti e bagnini, con eleganti calzoni bianchi: ma Viareggio ha cominciato la sua grande stagione.


Tappa 14 - Tirrenia, giugno 1959 (00:41)

Tre studenti di Pisa, raccolti con l’autostop.

Si lamentano di non poter andare a San Rossore, perché è del Presidente della Repubblica: scartano Marina di Pisa: è vecchia; vanno a Tirrenia perché è tutta moderna, americana.

Io invece trovo bella la Marina, e soprattutto l’Arno, vicino al mare, con dei villini di legno dolcissimi, sulle rive d’un verde delicato.


Tappa 15 - Livorno, giugno 1959 (01:33)

Livorno è la città d’Italia dove, dopo Roma e Ferrara, mi piacerebbe più vivere.

Lascio ogni volta il cuore sul suo enorme lungomare, pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici.

Si ha poco l’impressione di essere in Italia.

Intorno, nelle fabbriche dei quartieri verso il Nord, ferve un lavoro che non ha un’aria familiare, e per questo è tanto più amica, rassicurante.

Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi, c’è sempre un’aria di festa, come nel meridione, una festa piena di rispetto per la festa degli altri.


Tappa 16 - Dalla Toscana al Lazio, giugno 1959 (02:11)

L’acqua più bella d’Italia è sotto gli scogli tra Calafuria e Quercianella.

Anche a Capri ci sono degli scogli così fantastici e dell’acqua trasparente: ma là qualche avanzo di pasti, qualche cartaccia c’è sempre.

Qui è tutto perfetto come nelle isole di Verne.

Poi comincia la Maremma, la storia stinge, si attenua, ha un vuoto.

Dopo Cecina, - bella spiaggia popolare, dove, se io usassi villeggiare, villeggerei -, comincia una serie di coste pure.

Il culmine è Porto Santo Stefano, che non ha più riferimenti col tempo e con lo spazio.

E l’Argentario.

Pure pennellate, macchie luminose, che hanno forma di terra e mare, e una pace di sonno vivo.

Santa Marinella è cambiata da quando ho conosciuto Rossellini, a una proiezione privata.


Tappa 17 - Fregene, giugno 1959 (01:37)

Vado subito a salutare Moravia, ritirato alla Villa dei Pini, fresco come un ragazzo, a scrivere il suo nuovo romanzo.

E vado anche da Fellini, che, dietro ai villini di Fregene, dietro la pineta, gira con la rediviva Louise Reiner un episodio de La Dolce Vita.


Tappa 18 - Ostia, giugno 1959 (00:08)

Il Grande Formicaio s’è mosso.


Tappa 19 - Da Ostia a Napoli, luglio 1959 (03:29)

Arrivo a Ostia sotto un temporale blu come la morte. 

La pioggia non ha l’aria di cessare: e, in questo clima gelido di novembre, filiamo lungo la costa.

È con me Elsa De Giorgi, che va al Circeo: quieta e acuta come una spada inguainata, che parla, parla.

"Dovevano darlo a te, lo Strega - continua a dirmi, ostinata - è stata veramente una cattiva azione, che ti hanno fatto ...”

"Era scontata Elsa" le dico io, che mi sembra che la votazione del premio Strega, avvenuta l'altro ieri, sia ormai vecchia di mille anni.

"No, no, non devi rassegnarti così!"

"Mi dice l'attrice, e scrittrice, con la sua passione che non le viene mai meno, mentre fuggono a destra e a sinistra le incredibili catapecchie da far west di Tor Vajanica.

Ma io mentalmente la tradisco già con l'altra Elsa, Elsa Morante: sono già tutto, laggiù, nel meridione, all'isola di Arturo.


Tappa 20 - Napoli, luglio 1959 (05:56)

Arrivo a Napoli verso sera: il temporale gira lontano sui monti pagani.

Ceno da Ciro, fermato invano dalla Bersagliera in persona che mi trattiene per la camicia, poi dai camerieri della Zi’ Teresa.

Passo il ponticello, là dietro la sagoma del castello: un giovane con un mazzo di rose mi ferma, mi offre una rosa.


Tappa 21 - Avventura a Ischia, luglio 1959 (18:30)

Esco dal mio albergo.

Piove ancora un poco.

Sono solo e porto in giro i miei due occhi, più ingenui e contenti di quel che credessi.

Solo io e Ischia.

Io e migliaia di cose, migliaia di persone.

Tutto nuovo.

Scende la sera.

L’intera Casamicciola è sul porticciolo.

Nativi e villeggianti si confondono: è la piena sagra dei grandi giorni d’estate.

Prendo un piccolo pullman, anzi pulmàn, e in dieci minuti arrivo a Porto d’Ischia.

Giù da Casamicciola, lungo il mare.

Due minuti e siamo a Lacco Ameno.

Qui devo fermarmi!

C’è quel famoso albergo di Rizzoli di cui tutti tanto parlano.


Tappa 22 - Ischia (Casamicciola), luglio 1959 (03:56)

Sono felice.

Era tanto che non potevo dirlo: e cos’è che mi dà questo intimo, preciso senso di gioia, di leggerezza?

Niente.

O quasi.

Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta e normale.


Tappa 23 - Capri, luglio 1959 (03:59)

Domenica.

Il battello di turisti sacrileghi.

Il signore inglese, con la giacca a scacchi e il berretto kaki, la sua signora, il suo amico in grigio, circondati da una banda di commercianti di Latina, affermano il loro possesso di un pezzo di panca, sulla prua, mangiando del pollo e del pane, con le mani, ungendo tutti, e pulendosi il naso con le dita grasse come salsicce.

Capri è invasa.

Anacapri, lassù, si conserva quieta: una quiete da bazar e negozi di souvenir.


Tappa 24 - Da Napoli a Vallo Lucano, luglio 1959 (14:09)

Che ebbrezza partire da Napoli, la mattina presto, in un colore celeste che riempie il cuore.

Lasci Via Caracciolo, prendi lungo il porto, la via della Calabria, passi per un quartiere dove regnano ancora i Borboni, e ogni faccia è la faccia di Pulcinella: sulle quinte sconfinate di casacce arancione, marrone, terree, di una periferia nata come zona di abitazione di plebi, senza industrie, senza strade, senza nulla, gravano odori incredibili: paglia macerata e liquerizia, scoli e agrumi, odori sopravviventi di una civiltà scomparsa, per noi, e ancora così assoluta per chi ci vive.


Tappa 25 - Maratea, luglio 1959 (02:08)

Maratea, Maratea, nome magico, che mette in sospetto, in ansia, come tutte le cose di moda, a cui non si vuole arrivare secondi, e d’altra parte non si vorrebbe arrivare affatto.

La costa infatti non ha niente di ciò che si considera convenzionalmente bello, neanche sulle orme del Boccaccio: semplicemente, la costa è tremenda.

Mai vista tanta perfezione: un enorme scoscendimento, tempestato di ciuffi d’un verde tutto uguale, che precipita a picco sul mare.


Tappa 26 - Da Villa San Giovanni a Siracusa, luglio 1959 (06:03)

Avevo sempre pensato e detto che la città dove preferiscono vivere è Roma, seguita da Ferrara e Livorno.

Ma non avevo visto ancora, e conosciuto bene, Reggio, Catania, Siracusa.

Non c’è dubbio, non c’è il minimo dubbio che vorrei vivere qui: vivere e morirci, non di pace, come Lawrence a Ravello, ma di gioia.


Tappa 27 - Siracusa, luglio 1959 (06:40)

Eccomi a girare per Siracusa.

Capito proprio alla fonte Aretusa: è sul porto: un porto ceruleo e dolce come una laguna: sul piccolo lungomare, c’è una costruzione cinquecentesca, di suprema eleganza, circolare, una specie di pozzo, e dentro cigni, pesci e papiri.


Tappa 28 - Pachino, luglio 1959 (02:25)

Più a Sud di così, è impossibile.

Passo Noto, passo Avola.

Giungo a Pachino, ché una cittadina piena di vita, di gente stupenda: ma non mi fermo, vado ancora più a Sud, arrivo a Capo Passero.


Tappa 29 - Taranto, luglio 1959 (08:23)

Credo che a ben pochi, in Italia, sia capitato di fare in macchina, in un giorno, l’intera costa da Reggio a Taranto.

Ora che sono qui, a Taranto - che brilla sui due mari come un gigantesco diamante in frantumi - mi pare che la cosa mi sia successa in sogno.

L’Ionio non è un mare nostro: spaventa.


Tappa 30 - Da Taranto a Santa Maria di Leuca, luglio 1959 (04:58)

Volo per la costa meno nota d’Italia: mi trascina una gioia tale da vedere che quasi son cieco.

Qui tutto minaccia di non essere la costa piatta, i paesi arabo-normanni, il mare.

Santa Maria di Leuca si estende lungo il mare con una fila di villini Liberty, lussuosi, rosei e bianchi, incrostati d’ornamenti, circondati da giardinetti: sembrano appena abbandonati.


Tappa 31 - Rodi Garganico, luglio 1959 (02:49)

E’ appena passata mezzanotte, e sono solo.

Ma solo come può essere solo uno spettro.

Tutti sono serrati nelle case, i piccoli borghesi foggiani in villeggiatura, i rodigiani, che domani mattina si devono alzare alle tre, alle quattro, per andare nei campi col mulo.


Tappa 32 - Pescara, agosto 1959 (05:12)

Con Francavilla, cominciano le grandi spiagge adriatiche, una nuova civiltà balneare.

Pescara è splendida.

Credo sia l’unico caso di città, di vera e propria città, che esista totalmente in quanto città balneare.

I pescatori ne sono fieri.


Tappa 33 - San Benedetto, agosto 1959 (01:30)

Ogni volta che parto da qualche posto, anche se ci sono stato solo poche ore ci lascio sempre un pezzetto sanguinante di cuore.

A San Benedetto, no, perché ormai, a San Benedetto, la forma balneare è quella classica del Nord: il grande arenile, equipaggiato di tutto punto, i bar con la terrazza sulla spiaggia, i juke-box, e soprattutto, le belle donne.


Tappa 34 - Ancona, agosto 1959 (03:45)

Che cos’è che segna il passaggio dal Sud al Nord?

Sì c’è una lunga sfumatura intermedia, gli alti Abruzzi e le Marche; eppure certi mutamenti sono repentini.

Compaiono ad un tratto le biciclette, compaiono ad un tratto le insegne del metano: ma soprattutto, compaiono ad un tratto le belle donne.


Tappa 35 - Senigallia, agosto 1959 (03:48)

Sulla spiaggia di Senigallia, il trionfo della pensione: della pensione, non della famiglia.

Sotto gli ombrelloni sono adunati insieme gli ospiti degli stessi villini novecento, in discussioni che non tradiscono uno solo dei luoghi comuni dell’istituzione linguistica borghese e, per questo, conservano a ognuno il suo ambito mistero.


Tappa 36 - Verso Rimini, agosto 1959 (07:14)

Cominciano le spiagge bilingui.

Le insegne sono tutte in italiano e in tedesco: “Bagnino - Maister”.

Lo spiaggione di Cattolica, ormai stratificato, raffinato, impreziosito, ipertrofico, da anni e anni di grande uso, è pieno di donne: gli uomini si perdono, quasi non esistono: o umili scagnozzi, o dei fuchi.

Ora cominciano le spiagge della mia infanzia e della mia adolescenza: non saranno più scoperte, ma verifiche.

A Riccione andavo in villeggiatura quand’ero ginnasiale.


Tappa 37 - Porto Corsini, agosto 1959 (01:50)

Spiaggia per soli ravennati.

Che arrivano ai loro stabilimenti, contro il mare di lacca, sulla spiaggia di calce.

Il canale del porto giunge fino in mezzo al mare, con due braccia sottili di massi.

Qui infuria la ragazzaglia della periferia, del contado, del proletariato che lavora alle fabbriche che l’ENI ha costruito lungo il canale da Ravenna a qui, quasi nuove cattedrali, nuovi Sant’Apollinari.


Tappa 38 - Verso Chioggia, agosto 1959 (02:58)

Devo dire la verità: dopo Ancona la “bellezza naturale” finisce.

L’ultimo residuo della grande venustà italica, meridionale, appenninica - la collina marchigiana - si appiattisce di colpo, si annulla.

Sopravvivono sorde, impolverate collinucce, dietro pinete sconsacrate, peste.

Il pratico la vince su tutto: la spiaggia si fa funzionale: bagni d’acqua e di sole, confortati dalla presenza di una potente organizzazione.


Tappa 39 - Venezia, agosto 1959 (06:11)

Dopo un volo per le lunghe piste sugli argini, alti sopra la più verde, malinconica, severa campagna d’Italia, lungo le lagune, arrivo al caos di Mestre.

Cerco un albergo, mi sistemo, riprendo la corsa verso Venezia, per il ponte battuto da migliaia di fari.

Finalmente prendo il motoscafo  sbarco a piazza San Marco.

Mi guardo intorno con riacceso interesse: la piazza è la solita, il solito salottone con le solite orchestrine noiose, che suonano tronfia musica leggera: intorno gli stranieri si stipano.


Tappa 40 - Da Venezia a Trieste, agosto 1959 (12:22)

Ora sono a casa mia, penso, l’arco dell’Adriatico da Venezia a Trieste è il confine meridionale della mia prima giovinezza: tutto è visto, tutto è nei miei precordi.

Invece è il pezzo più inaspettato del mio viaggio: non solo non riconosco più niente, ma sono addirittura in terra straniera.

Qui si può dire che siamo veramente in Europa: e solo pochi anni fa, questa era una delle parti più provinciali e arcaiche della penisola.


Tappa 41 - Trieste, agosto 1959 (05:14)

Non ero mai andato nella periferia di Trieste che si stende sulla strada dell’Istria e di Pola.

Trieste finisce, con gli ultimi cantieri del porto, gli ultimi palazzoni, contro quelle tristi colline fumose, contro la cortina bianca del cielo.

Ogni tanto, lungo la strada che costeggia il mare, in una serie ininterrotta di gruppi di case, di muri invalicabili, c’è una spiaggia, con famiglie, e l’eterno sorriso della giovinezza trionfante.

Un breve formicolio desolato.

Ed ecco Lazzaretto, l’ultima spiaggia italiana.

Sulle povere voci, sulla povera spiaggetta, il temporale getta un’ombra leggera, biancastra.

Qui finisce l’Italia, finisce l’estate del 1959.


AUTORE

Pier Paolo Pasolini nasce il 5 marzo del 1922 a Bologna

Primogenito di Carlo Alberto Pasolini, tenente di fanteria, e di Susanna Colussi, maestra elementare. 

Il padre, di vecchia famiglia ravennate, di cui ha dissipato il patrimonio, sposa Susanna nel dicembre del 1921 a Casarsa. 

Dopodiché gli sposi si trasferiscono a Bologna.

Lo stesso Pasolini dirà di se stesso: «Sono nato in una famiglia tipicamente rappresentativa della società italiana: un vero prodotto dell'incrocio... 

Un prodotto dell'unità d'Italia. 

Mio padre discendeva da un'antica famiglia nobile della Romagna, mia madre, al contrario, viene da una famiglia di contadini friulani che si sono a poco a poco innalzati, col tempo, alla condizione piccolo-borghese. 

Dalla parte di mio nonno materno erano del ramo della distilleria. 

La madre di mia madre era piemontese, ciò non le impedì affatto di avere egualmente legami con la Sicilia e la regione di Roma».

Nel 1928 è l'esordio poetico: Pier Paolo annota su un quadernetto una serie di poesie accompagnate da disegni. 

Il quadernetto, a cui ne seguirono altri, andrà perduto nel periodo bellico.


Conclude gli studi liceali e, a soli 17 anni si iscrive alla facoltà di lettere dell'Università di Bologna

Collabora a "Il Setaccio", il periodico del GIL bolognese e in questo periodo scrive poesie in friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo volume, "Poesie a Casarsa".


«… vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana»


Partecipa inoltre alla realizzazione di un'altra rivista, "Stroligut", con altri amici letterati friulani, con i quali crea l' "Academiuta di lenga frulana".

Pasolini tenta di portare anche a sinistra un approfondimento, in senso dialettale, della cultura.


Scoppia la seconda guerra mondiale, all'indomani dell'8 settembre la famiglia Pasolini decide di recarsi a Versuta, al di là del Tagliamento, luogo meno esposto ai bombardamenti alleati e agli assedi tedeschi, dove insegna ai ragazzi dei primi anni del ginnasio.

Nel 1945 Pasolini si laurea e si stabilisce definitivamente in Friuli dove trova lavoro come insegnante in una scuola media di Valvassone, in provincia di Udine.


Nel 1947 comincia la sua militanza politica avvicinandosi al PCI (Partito Comunista Italiano), cominciando la collaborazione al settimanale del partito "Lotta e lavoro". 

Diventa segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma non viene visto di buon occhio nel partito e, soprattutto, dagli intellettuali comunisti friulani. Le ragioni del contrasto sono linguistiche. 

Gli intellettuali "organici" scrivono servendosi della lingua del 1900, mentre Pasolini scrive con la lingua del popolo senza fra l'altro cimentarsi per forza in soggetti politici. 

Agli occhi di molti tutto ciò risulta inammissibile: molti comunisti vedono in lui un sospetto disinteresse per il realismo socialista, un certo cosmopolitismo, e un'eccessiva attenzione per la cultura borghese.


Questo, di fatto, è l'unico periodo in cui Pasolini si sia impegnato attivamente nella lotta politica, anni in cui scriveva e disegnava manifesti di denuncia contro il costituito potere democristiano.


Il 15 ottobre del 1949 viene segnalato ai Carabinieri di Cordovado per corruzione di minorenne avvenuta, secondo l'accusa nella frazione di Ramuscello: è l'inizio di una delicata ed umiliante trafila giudiziaria che cambierà per sempre la sua vita. 

Dopo questo processo molti altri ne seguirono.


È un periodo di contrapposizioni molto aspre tra la sinistra e la DC, e Pasolini, per la sua posizione di Intellettuale Comunista ed anticlericale rappresenta un bersaglio ideale. 


Espulso dal PCI, perde il posto di insegnante, e si incrina momentaneamente il rapporto con la madre. 

Decide allora di fuggire da Casarsa, dal suo Friuli spesso mitizzato e insieme alla madre si trasferisce a Roma.

I primi anni romani sono difficilissimi, proiettato in una realtà del tutto nuova e inedita quale quella delle Borgate Romane; sono tempi d'insicurezza, di povertà, di solitudine.

Pasolini, piuttosto che chiedere aiuto ai letterati che conosce, cerca di trovarsi un lavoro da solo. 

Tenta la strada del Cinema, ottenendo la parte di generico a Cinecittà, fa il correttore di bozze e vende i suoi libri nelle bancarelle rionali.


Sono gli anni in cui, nelle sue opere letterarie, trasferisce la mitizzazione delle campagne friulane nella cornice disordinata della borgate romane, viste come centro della storia, da cui prende spunto un doloroso processo di crescita. 

Nasce insomma il mito del sottoproletariato romano.


Nel 1954 abbandona l'insegnamento, si stabilisce a Monteverde Vecchio e pubblica il suo primo importante volume di poesie dialettali: "La meglio gioventù".

Nel 1955 viene pubblicato da Garzanti il romanzo "Ragazzi di vita", che ottiene un vasto successo, sia di critica che di lettori. 

Il giudizio della cultura ufficiale della sinistra, e in particolare del PCI, è però in gran parte negativo. 

Il libro viene definito intriso di "gusto morboso, dello sporco, dell'abbietto, dello scomposto, del torbido.."


La passione per il Cinema lo tiene comunque molto impegnato. 

Nel 1957, insieme a Sergio Citti, collabora al film di Fellini, "Le notti di Cabiria", stendendone i dialoghi nella parlata romana, poi firma sceneggiature insieme a Bolognini, Rosi, Vancini e Lizzani, col quale esordisce come attore nel film "Il gobbo" del 1960.

In quegli anni collabora anche alla rivista "Officina".

Nel 1957 pubblica i poemetti "Le ceneri di Gramsci" per Garzanti e, l'anno successivo, per Longanesi, "L'usignolo della Chiesa Cattolica". 

Nel 1960 Garzanti pubblica i saggi "Passione e ideologia", e nel 1961 un altro volume in versi "La religione del mio tempo".


Nel 1961 realizza il suo primo film da regista e soggettista, "Accattone" che viene vietato ai minori di anni 18 e suscita non poche polemiche alla XXII Mostra del Cinema di Venezia. 

Nel 1962 dirige "Mamma Roma". 

Nel 1963 l'episodio "La ricotta" (inserito nel film a più mani "RoGoPaG"), viene sequestrato e Pasolini è imputato per reato di vilipendio alla Religione dello Stato. Nel 1964 dirige "Il vangelo secondo Matteo"; nel 1965 "Uccellacci e Uccellini"; nel 1967 "Edipo re"; nel 1968 "Teorema"; nel 1969 "Porcile"; nel 1970 "Medea"; tra il 1970 e il 1974 la triologia della vita, o del sesso, ovvero "Il Decameron", "I racconti di Canterbury" e "Il fiore delle mille e una notte"; per concludere col suo ultimo "Salò o le 120 giornate di Sodoma" nel 1975.


Il Cinema lo porta a intraprendere numerosi viaggi all'estero: nel 1961 è, con Elsa Morante e Moravia, in India; nel 1962 in Sudan e Kenia; nel 1963 in Ghana, Nigeria, Guinea, Israele e Giordania (da cui trarrà un documentario dal titolo "Sopralluoghi in Palestina").


Nel 1968 è di nuovo in India per girare un documentario. 


Il clima che si respirava in quegli anni, quello della contestazione studentesca, vede Pasolini assumere anche in questo caso una posizione originale rispetto al resto della cultura di sinistra. 

Pur accettando e appoggiando le motivazioni ideologiche degli studenti, ritiene in fondo che questi siano antropologicamente dei borghesi destinati, in quanto tali, a fallire nelle loro aspirazioni rivoluzionarie.


Tornando ai fatti riguardanti la produzione artistica, nel 1968 ritira dalla competizione del Premio Strega il suo romanzo "Teorema" e accetta di partecipare alla XXIX Mostra del Cinema di Venezia solo dopo che gli viene garantito non ci saranno votazioni e premiazioni. 

Pasolini è tra i maggiori sostenitori dell'Associazione Autori Cinematografici che si batte per ottenere l'autogestione della mostra

Il 4 settembre il film "Teorema" viene proiettato per la critica in un clima arroventato in cui l'autore interviene per ribadire che il film è presente alla Mostra solo per volontà del produttore ma, in quanto autore, prega i critici di abbandonare la sala, richiesta che, per altro, non viene minimamente rispettata; la conseguenza è che Pasolini si rifiuta di partecipare alla tradizionale conferenza stampa, invitando i giornalisti nel giardino di un albergo per parlare non del film, ma della situazione della Biennale.


Nel 1970 torna in Africa: in Uganda e Tanzania, da cui trarrà il documentario "Appunti per un'Orestiade africana".


Nel 1972, presso Garzanti, pubblica i suoi interventi critici, soprattutto di critica cinematografica, nel volume "Empirismo eretico".


Nel 1972 decide di collaborare con i giovani di Lotta Continua, ed insieme ad alcuni di loro firma il documentario 12 dicembre. 


Nel 1973 comincia la sua collaborazione al "Corriere della sera", con interventi critici sui problemi del paese che pubblicherà come raccolta in "Scritti corsari".


La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romano ad Ostia, in un campo incolto in via dell'idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il suo cadavere che Ninetto Davoli riconoscerà come il corpo di Pier Paolo Pasolini.

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