Pubblicato da
Giuseppe Cocco
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«Sono un uomo da pausa, non da arrivo.
È in quel momento che comprendo a fondo il senso del viaggio: girare attorno al traguardo, farsi trascinare da un istinto interiore, socializzare con persone che puoi incontrare solo nelle pause, cambiare obiettivo, sentire il territorio sotto i tuoi piedi.»
Questo libro racconta un viaggio in Molise del 2006, non una guida scritta da un viaggiatore professionista per aspiranti viaggiatori professionisti, non propone itinerari, non consiglia hotel, ristoranti o negozi tipici. Semplicemente, chi l'ha scritto non se l'è sentita di catalogare il mirabolante universo del Viaggio dentro le lineari coordinate di una guida di viaggio.
Questo libro è peregrinazione impigrita, su e giù per i tornanti molisani, riflessioni sorridenti di un viaggiatore suo malgrado.
Non è per cattiveria, ma «come dice Parise, passano gli anni, ottieni quello che vuoi, ne passano altri e poi è finita. Ci vuole, dunque, una pausa».
ASCOLTA LA LETTURA INTEGRALE DEL LIBRO
Non è per cattiveria
In questo podcast inizia il viaggio con una serie di considerazioni dell’autore.
Col tempo ho sviluppato una vera e propria antipatia verso i viaggiatori professionisti.
Quelli che a intervalli regolari prendono e partono.
Perché, dicono, devono staccare la spina, cambiare aria, vedere posti nuovi, magari più belli, più strani, più vivi di quelli visti l'anno prima.
Non è che io sia contrario al viaggio su tutta la linea.
Viaggiare in fondo è un accidente che può capitare a tutti e, certo, è quel genere di accidente capace di generare un benefico cambiamento d'umore, anche se non più di una bella giornata uscita fuori all'improvviso.
Il viaggio in luoghi a me non familiari mi mette ansia. E così ho fatto una cosa che placa e aggiusta i miei movimenti: sono andati in Molise, una regione dove da 30 anni vado in vacanza.
Dunque, poca avventura e molta domesticità a me congeniale, sebbene mi siano successe un sacco di cose poco domestiche e per niente a me congeniali.
Mi tocca dunque, per poter guardare quello che vedo, scavare nella mia labile dimensione psichica.
Non spaventatevi se il percorso è ondivago e divagatorio, perché, in pratica, tutte le storie sono dei surrogati di un'unica storia che fa da matrice, più viva e palpitante, e per questo naturalmente più nascosta.
Prima o poi tutti noi, alle soglie di una certa età critica, cercheremo il percorso di viaggio più adatto, personale e pudico per arrivare a questa benedetta matrice: il nostro punto cardinale.
Questo è il metodo di lavoro che qui, umilmente qui vi sottopongo.
Ma, ahimè, questo metodo, divagatorio proprio come i miei umori, non è esportabile né consigliabile.
Contiene in nuce solo una possibilità: che altri viaggiatori, occasionali come me, incrocino i miei umori in un momento di pausa e li riconoscano simili ai loro.
Non è per cattiveria, ma la penso così.
Ascolta "Non è per cattiveria - Un viaggio in Molise - Capitolo 1" su Spreaker.E' tutta un'altra cosa
Ora, non sono mica obbligato a cominciare questo viaggio con un'associazione, intesa come strumento linguistico di paragone, però un po' mi piace farlo.
Se per caso vi trovate in Molise, dovete per forza percorrere le strade molisane.
Ecco, non ho ancora finito la prima associazione che già me ne viene in mente un'altra; e allora, visto che ci sono, vado fino in fondo; avete presente la canzone di Bruce Springsteen Thunder Road?
A un certo punto dice: abbassa il finestrino e lascia che il vento scompigli i tuoi capelli.
Come mi piaceva da giovane questo verso.
Immaginavo la strada diritta su cui correre e fuggire.
In America la corsa ha a che fare con l'idea della fuga.
Fuggire poi, non proprio nel senso realistico del termine, pigro come sono.
Però mi aiutava a divagare, questo sì.
Comunque, quando questa canzone arrivò in Italia, io avevo già a casa e Molise e spesso ci andavo.
Bene, quella canzone non la potevo sentire, sulle strade molisane stonava proprio.
Era vero ieri ed è vero ancora oggi.
Insomma non avrebbe senso, quasi tutte le strade hanno un andamento contorto, ondeggiano, sono soggette a saliscendi continui.
Per il Molise chiedi in piazza
Come vi dicevo, la mattina, poco prima di partire, mi cala l'accidia.
Perché dovrei partire?
Per assomigliare a viaggiatori professionisti eccetera?
la solita tiritera che mi ripeto da anni.
Fatto sta, alle soglie di quarant'anni, che non posso far finta di essere diverso.
Per me partire è fare essenzialmente una pausa.
Solo che questa pausa inizia molto prima di partire.
Prima ancora di cominciare a percorrere la strada, già vorrei fare una pausa.
È un paradosso, una specie di Achille e la tartaruga.
Non posso partire, perché la strada è sempre un po' più in là, distanziata di una frazione infinitesimale rispetto alla falcata dei miei passi.
Gli effetti, con il tempo credo di aver capito meglio il paradosso di Zenone.
Per una sorta di empirismo quotidiano, dico, non certo perché sono diventato un matematico teorico.
I gradi di separazione tra noi e qualunque individuo al mondo, secondo la nota teoria, sono sei.
Questo dice la nota teoria, ma il Molise fa eccezione: sono meno di sei, forse solo un paio.
Tant'è vero che se cercate qualcuno, che so, un elettricista, un idraulico, un muratore, il molisano vi dirà:
- chiedete in piazza.
Le prime volte questa espressione vi faceva toccare la nervatura.
Sono un metropolitano convinto, ho bisogno delle pagine gialle, di internet, della strada e del numero civico per trovare le persone.
Che mi significa questa cosa della piazza?
Ma funziona.
Avete bisogno di qualcuno?
Andate in piazza e chiedete.
Non voglio dire che in piazza esista un ufficio informazioni, con tanto di bancariello, no.
Chiedete alla prima persona che incontrate, tempo due minuti e sarete accontentati.
Per il Molise, insomma, basta chiedere in piazza.
I vecchi e i giovani
Problema serio.
I vecchi e i giovani Molise, dico.
Anche perché la popolazione di mezzo sembra non esista.
Ma è apparenza dovuta al fatto che se andate in un piccolo paese molisano, in piazza, ai tavolini del bar troverete i vecchi e i giovani.
Spesso insieme, che magari si fanno la passatella, che è un gioco con le carte, chi vince prende una birra.
Un’avvertenza: i vecchi, anche se vi sembrano un po' fuori di testa, sono ottimi giocatori di carte e non solo briscola o tressette, ma anche poker.
Non ci provate a sfidarli.
Ascolta "I vecchi e i giovani «Non è per cattiveria» un viaggio in Molise - Capitolo 4" su Spreaker.
I benedetti prodotti tipici
Ma quali prodotti tipici vai trovando?
Mi ha detto un ristoratore a cui avevo chiesto notizie di alcune varietà di mele che si trovano solo qui.
Prima, però, vi devo dire, avevo pensato, invece delle mele, a un prodotto tipico particolare: i coltelli di Frosolone.
Un paese, questo, non piccolo ma nemmeno grande, dove alcuni artigiani da centinaia di anni creano bellissimi coltelli, esportati in tutto il mondo.
Adesso è chiaro, io per i coltelli sono malato.
Non ne possiedono nemmeno uno, si intende, mi fanno pure paura.
Però mi piace guardarli e questo è il luogo ideale per farlo.
E lui, invece, mi ha risposto: ma quale prodotto tipico, quali mele?
Qua il vero prodotto tipico è l'immigrazione, il resto sono chiacchiere.
Non si mangia più come una volta
Una volta si mangiava bene, c'era uno che praticamente ti apriva la casa, ti faceva entrare nel suo soggiorno e mangiavi tanto e con pochi soldi.
È che cosa mangiavi!
Tutti i migliori prodotti contadini, quelli veri, non quelli inventati per il grande pubblico.
La pasta, per esempio, e soprattutto i piatti poveri della tradizione contadina.
Ma adesso dove li mangi più prodotti come i nodi di trippa, per esempio?
Non si mangia più come una volta.
Ecco, sono quasi 30 anni che ascolto questo giudizio: una volta si mangiava bene in Molise.
E invece non è vero, si mangia ancora bene e con pochi soldi.
Qui trovate molti prodotti stagionali, e inutile cercare prodotti fuori stagione.
Perché, in alcuni paesi, in un rapporto con il territorio è ancora arcaico , ovvero questo rapporto segue il ritmo delle stagioni.
Verso il mare
La verità, adesso posso ammetterlo, è che il Molise mi piace soprattutto perché c'è il mare.
Ve lo posso dire, vanno bene le pause, va bene l'amore, va bene il viaggio accidentale, ma tutte queste cose non mi bastano perché non placano i miei malumori.
Non riuscirei mai a stare in Molise, a sedermi sulla panchina in piazza del Belvedere a Civita Superiore, oppure durante il mese di agosto a Bojano a sentire il festival delle bande musicali.
Non riuscirei nemmeno ad andare, lo faccio una volta all'anno, a Macchiagodena, per vedere il castello e, poco più avanti, l'olmo con il tavolino di pietra.
Non parliamo poi della lavorazione del ferro a Frosolone, andare ad Agnone per scoprire il segreto della fabbricazione delle campane.
Non mi godrei nemmeno il cambio di colore autunnale delle foglie di faggio, dal verde a rosso intenso.
Non riuscirei a bere l'acqua fresca che sgorga la fontana improvvisate, spesso solo da un tubo a cielo aperto o da un rubinetto vecchio tipo.
Insomma, vengo in Molise da quando avevo 8 anni, ma non ce la farei a fare nessuna di queste cose se non sapessi che l'ultimo lembo di terra molisana confina con il mare: Termoli, appunto.
Ascolta "Verso il mare «Non è per cattiveria» un viaggio in Molise - Capitolo 7" su Spreaker.
AUTORE
Antonio Pascale, è nato a Napoli nel 1966, è vissuto a Caserta, poi nel 1989 si trasferisce a Roma, dove lavora come ispettore del Ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf).
È scrittore, saggista, autore teatrale e televisivo; collabora con «Il Mattino», «Il Foglio», per cui dirige il bisettimanale di agricoltura «Agrifoglio», «Rivista Studio», «Link.
Idee per la tv», «Mind», «Le Scienze», «limes» e ha un blog sul «Post».
Si occupa di divulgazione scientifica.
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