L’invincibile senso dello humor dei protagonisti ha la meglio su contraddizioni e contrattempi, dal Monte Bianco all’Aspromonte.
Davanti ai loro occhi affascinati scorre un’Italia tutta da amare.
Un sentimento che giova riscoprire.
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Introduzione - Lui, lei e la Topolino
La struttura narrativa è una delle più collaudate e flessibili che si possano immaginare, e così il genere letterario: chi non conosce almeno un esemplare di diario di viaggio in Italia di qualche milordino britannico, dama francese o poeta tedesco?
I protagonisti del nostro viaggio sono dunque una coppia di americani - Stanley T. Williams e Mary Lee - che si regalano, a conclusione di un periodo di lavoro in Italia, un’escursione ricalcata sui percorsi canonici del Grand Tour, Sicilia compresa.
Come in tutti i viaggi che si rispettino, il mezzo di trasporto è elemento integrante della storia e, visti i tempi, esso non può che essere un mezzo meccanico.
Anzi, il veicolo sembra sin dall’inizio sottostare a una sorta di metamorfosi creaturale che trova riscontro nel nome: la mitica Topolino.
Un primo divertente spetto del volume è appunto il rapporto di amorosi sensi che si instaura fra i viaggiatori e la loro piccola vettura.
Capitolo 1 - Incontro con la Topolino
Vi racconto quello che è capitato a me.
Ci eravamo appena sistemati a Roma, quando Mary Lee mi disse: “Dobbiamo comperare una piccola automobile. A primavera prendiamo la via Appia e, attraversando l’Umbria, arriviamo a Siena, Firenze e infine a Venezia”.
Preoccupante.
Odio comperare e vendere, inoltre, considero i viaggi in automobile superiori ai trenta chilometri dei veri supplizi.
Fu un momento assai difficile ma, temprato da una lunga disciplina, tacqui.
Accettando il mio destino come un kamikaze giapponese, fui trascinato a ispezionare una distesa infinita di autoveicoli di seconda mano.
Quale scegliere?
Erano tutte identiche fra loro.
Parlavamo con un simpatico giovane proprietario del garage Parioli che si affrettò a dirci che aveva proprio l’auto che faceva al caso nostro: era una giardinetta di dimensioni assai ridotte, una Topolino appunto.
L’auto era stata di proprietà di una vecchia signora che la usava solo di tanto in tanto per portare a spasso il cagnolino.
Capitolo 2 - La Topolino a Roma e in Umbria
Non dimenticherò mai quelle escursioni verso le cittadine umbre arroccate sulle colline: i verdi campi di orzo, i colli rivestiti di vigneti e oliveti, il delicato profilo dei boschi distanti.
Nelle piazze la gente sedeva ai tavolini dei caffè oppure passeggiava chiacchierando come solo gli italiani sanno fare.
Lungo le strade incontravamo donne forti, erette, piene di salute che portavano in capo panieri di biancheria appena lavata o piccole damigiane di vino.
Appartenevano alla terra ed erano belle da guardare.
Se erano in compagnia di un uomo questi camminava dietro (o conduceva un asino), senza portare nulla.
Ci piaceva abbandonare la strada principale e prendere le strade secondarie lungo le quali l’auto ci conduceva in località meno note, villaggi in angoli sperduti dell’Umbria.
Gli abitanti ci guardavano con curiosità e simpatia.
Capitolo 3 - La Topolino fa rotta verso Sud
Nelle settimane successive la Topolino si fece impaziente.
Dopo la gita a Bagnoregio mi capitò uno di quei periodi di totale immersione nello studio che mi hanno afflitto per tutta la vita e sui quali ora ho un maggior controllo. Non usiamo la Topolino se non per raggiungere punti della città come il Pincio e Trinità dei Monti.
Sì, forse era meglio lasciare Roma per qualche settimana.
Alle otto del mattino il 15 aprile mi dibattevo nel traffico di Corso Italia per portare la Topolino dal distributore di benzina, dove passava la notte, all'hotel.
C'era una nuova e ampia strada che andava a Sud, ma questo era un dettaglio che l'agenzia turistica “Universe” si dimenticò di comunicarci, unitamente ad altre informazioni sulle autostrade del sud d'Italia.
Ricordo che il giovane impiegato disse che la strada avrebbe potuto essere occasionalmente "un po' montagnosa". Questa nota fu, lo scopriremo più avanti, un trionfo di sottovalutazione.
Capitolo 4 - La Topolino in fuga dalla Calabria verso Messina
Quando mi fui ripreso dallo sballottamento, decidemmo che avremmo trascorso la terza notte a Messina, poi avremo passato tre o quattro giorni a Taormina. Avremmo quindi affrontato la strada per Catania e Siracusa: un viaggio che mi interessava in modo particolare per i miei studi.
Saremmo poi tornati verso Messina e, attraversando lo Stretto, saremmo tornati a Napoli lungo la strada costiera.
Ma ci saremmo riusciti? Quella strada era avvolta nel mistero.
A Roma avevamo chiesto al nostro giovane amico dell'ufficio del turismo notizie sulla sua storia e sulle sue condizioni.
Ne aveva ammesso l'esistenza, ma era stato un po' reticente: tutte le nostre domande avevano ottenuto solo varie risposte.
Alcuni viaggiatori sostenevano che la strada era ancora in costruzione.
Altri dicevano che non era percorribile.
Altri ancora la ritenevano più montagnosa di quella che passava per l'interno. Anche se ha un americano può sembrare incredibile, la strada "diretta" per la Sicilia passa all'interno della Calabria in una serie infinita di tortuose salite e tornanti da brivido.
Capitolo 5 - Da Messina a Siracusa e ritorno
Contrariamente alle leggende e alla letteratura turistica, il tratto tra Messina e Taormina non è di particolare bellezza fin quasi alla fine.
Tristi paesini interrompono lo scenario fatto di mare e del profilo della costa italiana non distante.
Passiamo da Santa Teresa di Riva e Ali senza essere tentati di fermarci, ma lì la bellezza del cielo e del mare era ancora più palpabile.
Quando raggiungeremo la discesa tortuosa che porta alla dolce Taormina, il mare si ripropose in tutta la sua magnificenza.
Il suo azzurro brillante ricordava il colore del cielo. Qual era il mare e quale il cielo?
Il piccolo paese del quale tutti gli italiani vanno fieri, sembra pendere dal picco di una montagna.
In realtà il Monte Tauro è distante e, paragonato all'Etna che domina sopra tutto, sembra una semplice collinetta.
Taormina è una città in miniatura.
Lo stretto e lungo Corso Umberto è reso vivace dai souvenir e dalla paccottiglia per turisti mentre, non lontano, sopravvivono le rovine del suo passato storico del quattordicesimo secolo.
Il benessere è evidente nello splendore dei suoi interventi, dei negozi e degli stessi turisti che spendono largamente durante i loro brevi soggiorni.
Capitolo 6 - Palermo e la strada per Roma
Decidemmo di proseguire per Palermo e, per l'occasione, coniammo un termine per definirci: "montagnofobi", aborrivamo qualsiasi strada di montagna.
Il cortese direttore del nostro albergo ci suggerì una via più breve, assicurandoci che avremmo risparmiato almeno trenta chilometri se solo avessimo preso quella strada, che era solo "poco montagnosa".
Lo interrompemmo all'unisono gridando il nostro nuovo credo: "No, no, no. Mai più montagne. Non ci importa quanti chilometri dobbiamo fare se la strada è in pianura".
Naturalmente, una strada del genere in Sicilia non esisteva, ma riuscimmo comunque a beffare i dispettosi dei dèi delle colline.
Facemmo ciò che per il nostro geniale direttore era pura follia: girammo intorno alla punta della Sicilia e passammo per Sparta e Divieto, fino a raggiungere la grande strada costiera che ci avrebbe portato a Palermo. Il resto fu uno scherzo.
Da quel lato dell'isola c'erano cittadine deprimenti come Barcellona, Felione, Patti, Sant'Agata di Militello o Marina di Carmia.
Capitolo 7 - La Topolino si riposa a Roma
Durante il nostro viaggio di due settimane nel Sud avevo raccolto molto materiale letterario.
Perciò, per diverso tempo trascurai la Topolino.
Dedicai le mie giornate, e parte delle serate, a studiare e a scrivere.
Oltretutto, la Topolino era di nuovo dal dottore. Era in convalescenza dopo la ferita al fianco.
Per cinque giorni ricevette cure giornaliere.
E uno strato dopo l'altro di stucco grigio e, su sua pressante richiesta, fu rimesso in sesto con due candele nuove.
Intanto io me ne stavo in biblioteca o in camera a lavorare sodo su Harry James. Trovai le esperienze italiane di questo romanziere di inesauribile interesse.
A Roma era vissuto in un “appartamento inondato dal sole" in via Capo le Case, ma questo accadeva molto prima del traffico di oggi.
Tutti gli studiosi di James ricordano come, durante la sua prima visita a Roma, egli se ne andasse "per la strada per le strade vacillando e gemendo, colto da un piacere febbrile”.
Era estasiato dalle meraviglie della città, dalle sue linee e dal suo colore.
Capitolo 8 - La Topolino si dirige a Nord
Una mattina Mary Lee mi disse candidamente: "Se soltanto potessimo rifare una corsa ad Assisi per cercare la statua di San Francesco...”
La misi in guardia: "ricordati, ad Assisi non hanno lo zabaione.” "Beh," aggiunse lei con la logica che contraddistingue le donne, "allora potremmo proseguire per Venezia.”
In fondo avevo delle buone ragioni anche io per visitare Venezia: William Dean Howens vi era vissuto per quattro anni, italianizzandosi completamente, sebbene si fosse sempre rifiutato di mangiare cervella fritta.
Nella biblioteca di Harward c'erano cinque lettere manoscritte inviategli da Eugenio Brunetta; dove potevano trovarsi le lettere di risposta se non negli archivi della famiglia Brunetta a Venezia?
Capitolo 9 - Firenze, Bologna e l'Emilia
Capitolo 10 - La Topolino alle porte di Venezia
Capitolo 11 - Arrivederci, Topolino
L’AUTORE
Stanley Thomas Williams, americano del New England, ha insegnato letteratura angloamericana come docente universitario in molte città d’Europa.
Viaggiatore entusiasta, con la moglie Mary Lee ha attraversato, sempre a metà degli anni ‘50, l’America del sud e l’Europa.
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