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Vi leggo «Mare e Sardegna» di David Herbert Lawrence

Mare e Sardegna è un libro dedicato al viaggio che lo scrittore inglese D.H. Lawrence ha effettuato, dopo essere partito in compagnia della moglie dal loro abituale soggiorno in Sicilia, a Naxos, nei primi giorni di gennaio del 1921 all'età di 36 anni (interessante il fatto che io abbia scelto, quasi inconsciamente, tra due diari di viaggio dedicati alla Sardegna che ho sul tavolo, di iniziare da questo che risale a 100 anni fa esatti, che permette una comparazione col passato recente).

Lawrence descrive il viaggio intrapreso con Frieda von Richtofen, la moglie chiamata anche Queen Bee (Ape Regina), partendo (o fuggendo) da Giardini Naxos, passando da Messina, Termini Imerese e imbarcandosi a Palermo in Sicilia, per approdare a Cagliari e poi spingersi nell'interno della Sardegna, da Sud a Nord, lungo la direttrice che lo portò con il trenino delle ferrovie sarde, a Mandas, Sorgono, Nuoro e Terranova nei pressi di Olbia. 

Nonostante la brevità della sua visita, Lawrence distilla una sua particolare essenza dell'isola e della sua gente, oggi ancora riconoscibile.


Come Lawrence stesso spiega, la scelta fu tra la Spagna e la Sardegna, e cadde su quest'ultima, in quanto lo incuriosiva maggiormente perché descritta come selvaggia e indomita, al punto che “né fenici, né romani, né greci, né arabi la conquistarono mai”.

In Sardegna i due coniugi viaggiatori trascorsero 9 giorni, percorrendo soprattutto l’interno, lungo la direttrice da Cagliari a Terranova - attuale Olbia -, passando per la Barbagia. Affrontarono viaggi lunghi, lenti, con tutte le problematiche di una terra ancora lontana dal concetto di accoglienza in chiave turistica.


ASCOLTA LA LETTURA INTEGRALE DEL LIBRO

Giardini Naxos tra Etna e limoneti - Tappa 1 (28:02)

Qua in Sicilia è così piacevole.

L’Etna, quella strega malvagia.

Perché il letto del fiume, e Naxos sotto i limoneti dalle foglie scure e carichi di frutti, le falde dell’Etna e i suoi confini, sono ancora il nostro mondo.

E allora, perché si deve andare?

Perché non restare?

Ah che amante questo Etna!

È come Circe.

Forse è da lui che bisogna fuggire.

Ad ogni modo, bisogna andare subito.

Ed è solo il tre gennaio.

E non ci si può permettere il lusso di muoversi.

Eppure è così: ad un cenno dell’Etna si va via.

Ma dove?

La sardegna, che è come il niente.

La Sardegna che non ha storia, date, razza, non offre nulla.

Vada per la Sardegna.

È fuori: fuori dal circuito della civiltà.

Giace nella rete di questa civiltà europea.

E la rete si sta facendo vecchia e lacera.

Molti pesci stanno scivolando via attraverso la rete della vecchia civiltà europea.

Come quella grande balena che è la Russia.

E probabilmente anche la Sardegna.

Sardegna allora. 


Messina distrutta dal terremoto - Tappa 2 (37:38)

Oh orribile Messina, distrutta dal terremoto, che rinnovi la tua giovinezza come un vasto insediamento minerario, con file e strade e migliaia di baracche di calcestruzzo, squallore, e una grande strada con negozi chiusi e vuoti e case ancora distrutte, proprio dietro la linea tranviaria, ed un desolato, squallido porto terremotato senza speranza, in una splendida insenatura.

Ho sempre paura di avvicinarmi a questo terribile luogo, eppure vi ho trovato la gente gentile, quasi in modo così febbrile, come se conoscessero il terribile bisogno di gentilezza.

Che gran quantità di ferrovieri!

Ad un ferroviere italiano la vita sembra essere lunga ed animata conversazione - la parola italiana è migliore - interrotta casualmente da treni e telefoni.


Palermo - Tappa 3 (15:59)

Siamo a Palermo, capitale della Sicilia.

Il cacciatore si mette il fucile a tracolla, io il mio zaino, e nella calca scompariamo tutti, in via Maqueda.

Palermo ha due grandi vie, via Maqueda e il Corso, che si intersecano ad angolo retto.

Via Maqueda è stretta, con marciapiedi piccoli e stretti, e sempre intasata di carrozze e passeggeri a piedi.

La strada stretta era pavimentata con grandi lastroni convessi di pietra dura, indescrivibilmente unti.

Perciò attraversare via Maqueda era un’impresa.

Dalla nostra parte la strada era piuttosto scura, e c’erano soprattutto negozi di verdura.

Verdure in abbondanza, una gran massa di colori e verdure fresche.

La seconda parte di via Maqueda è quella elegante: sete e piume, e numero infinito di camicie e cravatte, gemelli e sciarpe e novità per uomo.

Qui si realizza che i tessuti e la biancheria da uomo sono altrettanto importanti di quelli da donna, se non di più.


Palermo: la partenza - Tappa 4 (46:07)

Arriviamo sul molo, largo desolato, la curva del golfo di Panormos.

Lì sta il nostro piroscafo, laggiù, nell’oscurità dell’alba nel bacino, visibile a metà.

«Quello che sta fumando la sigaretta», dice il facchino.

Sembra piccolo, a fianco all’enorme “Città di Trieste” che gli riposa accanto.

La nostra barca a remi è circondata da molte barche vuote, pigiate a lato del molo.

L’acqua sciaborda contro le prue incalzanti.

Le fantastiche vette dietro Palermo appaiono quasi spettrali in un cielo oscuro.

Il nostro vapore sta ancora fumando la sigaretta (cioè il fumo del fumaiolo) laggiù.

Saliamo, saliamo, questa è la nostra nave.

È un vecchio piroscafo, lungo stretto, con un piccolo fumaiolo.

Lentamente, lentamente ci giriamo: e mentre vira la nave, virano i nostri cuori.

E così usciamo.

E quasi subito la nave comincia ad andar giù in un lungo, lento, vertiginoso tuffo, e a tornar su con un debole ondeggiamento che sembra di svenire, e un lungo, lento tuffo vertiginoso, scivolando via sotto i piedi.


Trapani: legione di mulini a vento - Tappa 5 (27:25)

Sapevo che era Trapani, la parte occidentale della Sicilia, sotto il sole d'occidente.

E la collina vicino a noi era il Monte Erice.

La città giace lì sotto la collina, gli edifici quadrati che mi ricordano gli stabilimenti della Compagnia delle Indie Orientali, brillano al sole lungo lo strano, raccolto porto, oltre il mare blu scuro che corre via.

C’è un’intera legione di mulini a vento, girano lì al livello del pallido mare blu e forse si riesce a cogliere il luccichio dei bianchi cumuli di sale.

Perché queste sono le grandi lagune salmastre che rendono ricca Trapani.

Stiamo entrando in porto, superato il vecchio castello, oltre il piccolo faro, poi attraverso l’imboccatura, scivolando silenziosamente sull’acqua ormai tranquilla.

Sembra un porto piuttosto piccolo, accogliente, con i grandi edifici dai colori caldi.

Decidiamo di scendere a terra.

Non si dovrebbe mai entrare in queste città meridionali che sembrano così deliziose, graziose, dal di fuori.

Ma pensavamo di comprare dei dolci.


Cagliari città ripida e solitaria - Tappa 6 (1:04:04)

E improvvisamente ecco Cagliari: una città nuda che si alza, ripida, dorata, accatastata nuda verso il cielo dalla pianura all’inizio della profonda baia senza forme.

È strana e piuttosto sorprendente, per nulla somigliante all’Italia.

La città si ammucchia verso l’alto, quasi in miniatura, e mi fa pensare a Gerusalemme: senza alberi, senza riparo, che si erge spoglia e fiera, remota come se fosse indietro nella storia, come una città nel messale miniato da un monaco.

Ci si chiede come abbia fatto ad arrivare là.

Sembra la Spagna o Malta: non l’Italia.

È una città ripida e solitaria, senza alberi, come in una miniatura antica.

E al tempo stesso simile ad un gioiello, un inaspettato gioiello d’ambra a rosetta.

Ha quell’aspetto strano, come se si potesse vederla, ma non entrarci.

È come una visione, un ricordo, qualcosa che è passato.

Impossibile che si possa davvero camminare in quella città: metterci piede e mangiarci, e riderci.


Mandas tra prati e pietre grigie - Tappa 7 (1:03:07)

Mandas è un nodo ferroviario dove questi trenini si fermano e si fanno una lunga, felice chiacchierata dopo il loro arduo inerpicarsi su per le colline.

Abbiamo impiegato qualcosa come cinque ore per fare le nostre cinquanta miglia.

Non fa meraviglia, dunque, che quando finalmente il nodo appare all’orizzonte tutti schizzino fuori dal treno come semi da un baccello che esplode, e corrono da qualche parte per qualcosa.

Al ristorante della stazione, naturalmente.

Perciò c’è un piccolo ristorante della stazione che fa affari d’oro, e dove si può avere un letto.

Dietro la stazione un piccolo prato recintato, piuttosto trascurato, nel quale stavano due pecore.

C’erano diversi fabbricati dall’aspetto abbandonato, proprio come in Cornovaglia.

Poi l’ampia, abbandonata strada di campagna che si allontana tra i margini d’erba e bassi muretti a secco verso una fattoria di pietra grigia con un ciuffo d’alberi, e nudo paesino di pietra in lontananza.


Sorgono rannicchiata attorno alla torre - Tappa 8 (1:58:28)

Era meraviglioso correre verso il cuore della Sardegna, nel trenino che sembrava così familiare.

Viaggiavamo ancora in terza classe, con un certo disgusto dei ferrovieri di Mandas.

In lontananza c’era una piccola città, su un lieve pendio.

La linea faceva grandi curve così che quando si guardava fuori dal finestrino, più di una volta si trasaliva vedendo un trenino correre davanti a noi tra grandi sbuffi di vapore.

A volte, in lontananza si vede un contadino bianco e nero sul suo cavallino.

Graziosa Sòrgono!

Mentre scendevamo giù per il corto viottolo fangoso circondato di siepi, verso la strada principale del paese, ci sembrava quasi di essere arrivati in qualche piccola cittadina inglese dell’Ovest, o nella campagna di Hardy.

Radure  e grandi pendii e sulla sinistra la città, bianca e serrata, rannicchiata attorno alla torre di una chiesa barocca.


Tonara - Tappa 9 (35:59)

Queste corriere in Italia sono splendide.

Prendono le strade ripide, tortuose, con tale facilità, sembra che vadano con tale naturalezza.

E questa era anche comoda.

Le strade italiane mi colpiscono sempre.

Corrono intrepide per le regioni scoscese, e con una curiosa sicurezza.

La corriera ci portò veloce e serpeggiante sulla collina, a volte attraverso l’ombra fredda, quasi solida, a volte attraverso una chiazza di sole.

Poi di nuovo su, sempre più su, diritti verso Tonàra.

Era un luogo meraviglioso.

Di solito, il livello della vita è ritenuto essere al livello del mare.

Ma qui, nel cuore della Sardegna, il livello della vita è alto sull’altopiano.

Il paese vero e proprio, o meglio i due paesi, simili a un orecchino e il suo pendente erano sporgenti vicino alla cima del lungo ripido precipizio boscoso.

Quello di Tonàra è uno dei più bei costumi della Sardegna.


Gavoi - Tappa 10 (22:23)

Eravamo, ora, nel punto più alto del nostro viaggio.

Davanti, sull’ampia cima, si ergevano le torri di Gavoi.

Questa era la fermata di metà percorso, dove le corse avevano la loro coincidenza.

Salimmo sempre più su per la strada tortuosa, e finalmente entrammo nel paese.

Uomini si affrettavano, fumando la pipa, verso il luogo dove ci eravamo fermati.


Nuoro - Tappa 11 (59:03)

Arrivammo alla valle dove corre la diramazione per Nùoro.

Percorremmo in silenzio i pendii simili alla brughiera e più oltre vedemmo la città, raggruppata dall’altra parte, un po’ più in basso, alla fine del lungo declivio, con improvvise montagne che si ergevano tutt’intorno.

Stava lì, come se fosse alla fine del mondo, montagne che sorgevano tenebrose alle spalle.

Penso che questa è la patria di Grazia Deledda, la scrittrice, mentre vedo una bottega di barbiere: De Ledda.

C’era un caffè in una specie di piazza, in realtà non una vera piazza, ma uno spazio informe.

Così andammo avanti su per la strada del paese in pendio.

Queste cittadine finiscono quasi subito.

Stavamo già girovagando nell’aperta campagna.


Orosei dall’aspetto spagnolo - Tappa 12 (27:11)

Entriamo a Orosei, una cittadina cadente, battuta dal sole, dimenticata da Dio non lontana dal mare.

Scendiamo in piazza.

C’è una chiesa con una grande facciata in falso barocco sopra una grande, ondeggiante massa di scalini.

Tutto questo spazio ha uno strano aspetto spagnolo, trascurato, arido, eppure ha una sua grandezza e una dignità cadente e una insensibilità che riportano al Medio Evo, quando la vita era violenta e Orosei era senza dubbio un porto e un posto importante.

Giù in basso verso le paludi salmastre, e con la sensazione che una volta un’unica potenza aveva tenuto questo luogo in pugno, aveva dato a questo centro una sua unità architettonica e uno splendore oggi perduto e dimenticato, Orosei era veramente affascinante.

Ci aggirammo per questa città morta, quasi estinta, oppure chiamiamola villaggio.


Siniscola - Tappa 13 (14:56)

Vediamo la collina dietro la quale c’è Siniscola.

E laggiù, a due miglia, sulla spiaggia, ci sono i Bagni di Siniscola.

Superata la cima della bassa collina; ed eccolo, un villaggio simile ad un ammasso grigio con due torri.

E non posso dire molto a favore di Siniscola.

È solo un posto angusto, primitivo, pietroso, cocente al sole, freddo all’ombra.

Ci ritrovammo alla locanda, dove un giovanotto grasso era appena smontato dal suo cavallino marrone e lo stava legando a un anello di fianco alla porta.


Olbia, addio alla Sardegna - Tappa 14 (35:53)

La strada era a livello del mare e avanti a noi vedevamo la grande massa dell’isola di Tavolara.

Non eravamo molto lontani da Terranova, l’attuale Olbia.

Eppure tutto sembrava ancora abbandonato, al di fuori della vita del mondo.

Vedemmo la strada curvare piatta sulla pianura, era l’ingresso del porto, un porto magico, circondato dalla terra, con alberi di navi e terra scura che cingeva un bacino rosseggiante.

Vedemmo un vapore che si trovava all’estremità di una lunga sottile lingua di terra nel porto poco profondo, luccicante ed ampio, come se fosse naufragato lì: era il nostro vapore, come naufragato in una solenne, misteriosa baia circondata dal blu della terra, perduta per l’umanità.


Napoli, si torna in Sicilia - Tappa 15 (19:31)

Nel viaggio di ritorno dalla Sardegna arriviamo a Napoli per imbarcarci e raggiungere Palermo.

Vedo il capannello di uomini che lottano attorno a un minuscolo sportello.

Mi lanciai nella mischia, è letteralmente una lotta.

Non ci sono traverse per la fila né ordine: solo un buco in un muro e individui che gli si pigiano contro in massa.

Il sistema è inserire l’estremità più sottile di se stessi e, senza alcuna violenza, con pressione decisa e pertinacia giungere alla meta.

Una mano deve essere tenuta ben salda sulla tasca col danaro, e una deve essere libera per afferrare il lato dello sportello quando ci si arriva.

E così si viene triturati in minuscoli pezzetti lottando per i biglietti.

E mai neppure per un secondo si deve allentare la guardia al proprio orologio e al denaro.

La prima volta che venni in Italia fui derubato due volte in tre settimane, mentre giravo galleggiando nella dolce vecchia innocente fiducia nel genere umano.


Palermo, fine del viaggio - Tappa 16 (26:53)

Felice, ero felice del viaggio in Sardegna ma anche di scendere da quella nave, di essere tornato in terra siciliana e non dover più condividere il ponte con altri commessi viaggiatori.

Ero felice di essere solo,indipendente.

No, non avrei preso una carrozza.

Mi portai lo zaino a spalla fino ad un albergo.

Alla sera mia moglie insistette per andare a vedere le marionette per le quali ha una passione sentimentale.

Così è finita.

I cavalieri ci guardano ancora una volta, Orlando, eroe degli eroi, ha gli occhi leggermente strabici.

Ma è finito. 

Tutto è finito. 

Il teatro si svuota in un attimo.

Li ho amati veramente tutti nel teatro: il sangue meridionale, generoso, ardente, così sottile e spontaneo, che chiede il contatto fisico, non la comunione mentale o la simpatia dello spirito.


Il breve soggiorno cagliaritano fu preludio di un altro viaggio che portò Lawrence e la moglie, a Mandas, poi Sorgono, Nuoro e infine Terranova, passando per Orosei. I viaggi verso l’interno, in treno e in corriera, erano lenti e poco confortevoli, ma sempre animati dalla vivacità degli abitanti che cambiano da paese a paese, come cambiano i costumi tradizionali. Le persone ospitali e gentili, anche se talvolta rozze e maleducate. Anche il paesaggio intorno era mutevole: a tratti arido e arabeggiante, con palme e chiese simili a moschee e piccole case in terra cruda, a tratti aspro e selvaggio, fatto di boschi, colline e montagne che lasciano spazio a lande desolate.

È qui che Lawrence capisce che “la Sardegna è un’altra cosa” rispetto all’Italia: è “più ampia, molto più consueta, nient’affatto irregolare, ma che si perde in lontananza”. Qui domina lo spazio che si traduce in “distanze da viaggiare”, simili alla “libertà stessa”. Del suo viaggio in Sardegna, Lawrence conservò il ricordo dolceamaro di una terra diversa, complessa da definire, affascinante e oscura al tempo stesso.


Tra le opere che i viaggiatori stranieri hanno dedicato alla Sardegna, questa è una delle più affascinanti e poetiche.

Si tratta di una delle più belle guide turistiche della Sardegna (e non solo) di sempre, in cui si leggono usanze, costumi, tradizioni e accurate descrizioni di luoghi e personaggi narrati in maniera poetica e affascinante, ma anche ironica e dissacrante.


Lawrence, in effetti, del suo viaggio racconta più i personaggi incontrati anche solo con la vista, che i paesaggi; quando racconta gli ambienti, naturali o edili, lo fa per inquadrare le scene in cui si muovono i soggetti della narrazione.

Inoltre ama dare giudizi su ognuno e con il suo sguardo di straniero, ci svela, attraverso la sua visione abitudini, vizi e virtù italiche.

Più che i soggiorni, sono lunghi i racconti durante gli altrettanto lunghi viaggi in treno, corriera e nave, forieri d'incontri e dialoghi., dove esce la sua vena narrativa di romanziere, lui autore, tra l'altro, de "L'amante di Lady Chatterley".

La sua narrazione, talvolta fa pensare che gli manchi solo una macchina fotografica per poter fissare le immagini che gli scorrono davanti. Ama le scene di massa ma anche personaggi singoli e coppie, che descrive come sceneggiature di pièce teatrali.

E ai suoi personaggi e interpreti del quotidiano ama sempre dare un soprannome non conoscendone il nome di battesimo, né si sforza di conoscerlo.

La sua scrittura è evocativa, sinestetica, ricchissima di particolari e sensazioni, racconta ogni sensazione e atmosfera, considerazioni, divertenti scenette, ambienti, luoghi, paesaggi, passo passo, momento per momento, con precisione ogni personaggio, suono e rumore, inquadra e rende reale ogni ambiente.


Molte delle sue citazioni sono diventate celebri e risultano ancora oggi autentiche e vere: tra le tante: la frase “Questa terra non assomiglia a nessun altro luogo

La presente traduzione è la prima in lingua italiana che sia stata condotta sul testo ricostruito filologicamente dall’edizione Cambridge sulla base del dattiloscritto originale.


«Lontano dietro di noi il sole si stava appena alzando sopra l’orizzonte del mare, e il cielo tutto d’oro, un oro gioioso, infiammato, e il mare era luminoso, cristallino, il vento placato, ... la schiuma ... era di un pallido azzurro ghiaccio nell’aria gialla.

Dolce, dolce vasto mattino sul mare»


Una Sardegna magica ed inconsueta, carica di mistero e di ombre quasi orientali, quella descritta dallo scrittore David Herbert Lawrence che nel 1921 compie il suo primo viaggio in Sardegna e che poi scriverà il libro "See and Sardinia", una delle pietre miliari nel genere della Letteratura odeporica (dal termine greco hodoiporikós che significa "di viaggio", ovvero Letteratura di viaggio) che esplora in modo originale l'Isola attraverso infiniti percorsi.

Una terra magica, scrigno di monti, dirupi e valli che vuoi vedere il filmato dedicato al viaggio in Sardegna di Lawrence, a distanza di tempo dal viaggio dell'illustre ospite inglese, cerca di riscoprire con l'aiuto degli antichi percorsi dei treni sardi e dei suoi macchinisti e fuochisti, figure ormai leggendarie, antico lavoro legato alla memoria della stessa Isola.


Originariamente pubblicato a puntate in The Dial nei mesi di ottobre e novembre 1921, è stato poi edito in volume lo stesso anno a New York da Thomas Seltzer, con illustrazioni di Jan Juta. 


AUTORE


(nella foto con la moglie Frieda) David Herbert Richards Lawrence nacque a Eastwood l’11 settembre 1885, scrittore, poeta, drammaturgo, saggista e pittore inglese, considerato tra le figure più emblematiche del XX secolo. 

Insieme a diversi scrittori dell'epoca, fu tra i più grandi innovatori della letteratura anglosassone, soprattutto per le tematiche affrontate.

Nel 1912, lascia l'Inghilterra con Frieda Weekley (membro della ricca e nobile famiglia Von Richtofen), moglie di uno dei suoi professori d'università, da alle stampe "Il trasgressore" e compie una serie di viaggi in Italia con Frieda.

Dopo varie vicissitudini e le prime esperienze letterarie, nel gennaio 1921 visitò la Sardegna: frutto della «necessità assoluta di muoversi» fu Sea and Sardinia (Mare e Sardegna).

Tra il 1922 e il 1925 viaggiò in India, Australia e Messico.

Nel 1925 fece rientro in Europa, dove, nel periodo compreso tra il 1926 e il 1928, riprese e intensificò la sua attività di scrittore e pittore; a quegli anni risale il capolavoro L’amante di Lady Chatterley.

Ambientalista ante litteram, fu nel contesto industriale del Nottinghamshire che Lawrence sviluppò la sua ostilità verso l'industria estrattiva rea di aver disumanizzato il padre, distrutto la campagna inglese ed il suo luogo di nascita.

Ebbe i polmoni minati già da ragazzo a causa dell'aria malsana respirata nella sua città natale che era industriale, così una grave forma di tubercolosi lo spinse negli ultimi anni della sua vita alla ricerca di luoghi salubri e luminosi: in Provenza, poi a Maiorca e, ancora, nel sud della Francia, a Vence, dove morì il 2 marzo del 1930.

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