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Campania: Padula città della Certosa e di Joe Petrosino


Padula (A Parùla in dialetto locale) è un Comune italiano della Provincia di Salerno in Campania.
Situata nel Vallo di Diano, è famosa per la Certosa di San Lorenzo e per aver dato i natali a Joe Petrosino, il famoso polizziotto che combatté la mafia italo-americana.

Sottopassata l'Autostrada A2 presso lo svincolo di Padula-Buonabitacolo, e rasentata sulla sinistra la Stazione Ferroviaria di Montesano-Buonabitacolo, proseguendo, oltre la Certosa, verso Nord-Est, si arriva presto (km 3.5) a Padula, in posizione dominante, su 2 Colli, con alle spalle la catena dei Monti della Maddalena al confine con la Basilicata, e di fronte, oltre la vallata, i monti del Parco del Cilento e Vallo di Diano. 
Oltrepassato il bivio per Padula, si continua nel piano ben coltivato ed alberato; alle spalle la vista spazia sul Vallo, mentre, a sinistra, su un cucuzzolo, si staglia il Castello di Montesano, e di fronte, in basso, l'imponente Certosa.

PADULA

Regione: Campania
Provincia: Salerno SA
Altitudine: 699 m slm
Superficie: 67,12 km²
Abitanti: 5.317
Nome abitanti: Padulesi
Patrono: San Michele Arcangelo (29 settembre)
Gemellaggio: Castelverde (Cremona Lombardia) dal 13 febbraio 2019










GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

Il poliziotto antimafia Joe Petrosino, i 300 giovani e forti di Sapri venuti a morire e qui seppelliti, e su tutto la presenza della sempiterna Certosa di San Lorenzo che ancor oggi aleggia con la sua mole e la sua Arte Cultura Spiritualità e Storia.
Arroccata su 2 colli conici, affaccia sul Vallo di Diano, circondata da monti, medievale nell’animo urbanistico che convive con l'armonia della Certosa.


ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Centro situato su un colle conico dominante l'estremità Meridionale del Vallo di Diano. 
In dialetto “a parù la”, il toponimo deriva dal latino “palus”, palude, “palude, acquitrino”, infatti in passato nella pianura sottostante si estendeva una palude, con metatesi consonantica, la variante dialettale presenta l'esito Campano (noto anche altrove) d ed l>r. 
La località è già menzionata nel «Catalogus Baronum» (1150-1168) «Gesulfus de Palude tenet de Comite Paludem ...».


TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Padula si trova nel Vallo di Diano, su 2 colli a 699 m slm, sotto il quale scorre il Fiume Tanagro, che attraversa il Vallo di Diano da Sud a Nord.
Il Centro Storico mantiene intatto l’aspetto del Borgo Medioevale, con archi caratteristici, stradine strette a gradinate, balconi e portali costruiti con la celebre Pietra di Padula.


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ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO (o Sant'Angelo) è la Chiesa Madre di Padula.
Situata nel punto più alto del paese, risalente all’800-900; fu probabilmente fondata grazie all’opera di un gruppo di Cosilinati che, abbandonata la distrutta Cosilinum, eressero nel loro nuovo insediamento il luogo di Culto. 
La Chiesa è nota anche come Chiesa di Sant’Angelo, titolo legato, probabilmente, anche alla vicinanza di una Porta cittadina, la “Porta dell’Angelo”.


La Facciata è suddivisa in 3 sezioni, da una scansione di doppie lesene: ognuna delle parti, ha il suo ingresso inquadrato da Portali di pietra in corrispondenza delle Navate; si innalza solo in corrispondenza della Navata principale, laddove è posta una Nicchia che ospita la Statua in pietra dell’Arcangelo Michele, inquadrata da una decorazione a lesene con un Timpano conclusivo.
L'interno ha una Pianta a Croce Latina a 3 Navate: la Navata Maggiore, con copertura a volta affrescata, si conclude con una Cupola con Lanterna riccamente affrescata; le Navate laterali presentano una serie di Cappelle, all'ingresso della navata laterale destra si trova la Cappella dell'Immacolata Concezione, con il fonte battesimale. 
Lungo la Navata sinistra si trova, invece, l'ingresso al Campanile. 
Sopta il Portone d'ingresso alla navata maggiore, è collocato un maestoso Organo a canne, tardo Settecentesco.
Il Presbiterio, delimitato da balaustra in marmi policromi, è sollevato di 2 gradini rispetto all'aula e si conclude con un'Abside: al centro vi è l'imponente Altare Maggiore, in pietra locale e marmi policromi, del 1702, sormontato da un'Edicola in marmi policromi e vetro, dov'è collocata la Statua dell'Arcangelo Michele, Patrono di Padula. 
La Chiesa conserva diverse opere provenienti dalla Certosa di San Lorenzo: l'Acquasantiera, posta all'inizio della Navata Maggiore, decorata con teste di putti e foglie d'acanto, un Crocifisso d'Avorio, il Confessionale con colonnine tortili, collocato nella Navata Sinistra, l'Altare ligneo intarsiato, di fattura Settecentesca, collocato nella Sacrestia; sempre nella Sacrestia si trova anche il Dittico su legno, datato 1509, sul quale sono raffigurati i Santi Giovanni Evangelista ed Agostino, proveniente dalla Chiesa di Sant'Agostino, mentre nella Cappella del Crocifisso, vi sono 2 Statue provenienti dalla vicina Chiesa di San Nicola de Domnis, la Madonna delle Grazie, attribuita a Giovanni Da Nola, databile al secondo decennio del 1500, ed Il Cristo Benedicente, attribuito alla Bottega degli Alamanno, databile alla fine del 1400.
Rilevante è, altresì, il Fondo Pergamenaceo conservato nella Sacrestia, composto da 147 documenti, che vanno dal febbraio 1371 al dicembre 1829, che consentono l’individuazione di molti aspetti della Vita Sociale e Religiosa della Comunità Padulese dei secoli scorsi, contribuendo a far luce su quella parte di vicende storiche non riconducibili direttamente alla presenza della Certosa.
Il Campanile con Orologio, sorge sul lato sinistro della Facciata ed è suddiviso in 3 ordini: il primo, a sezione quadrata, è in mattoni pieni e muratura; il secondo presenta 2 aperture a tutto sesto sui lati rivolti ad Ovest ed a Sud, mentre sui versanti Est e Nord, le aperture sono bifore con colonnine e capitelli in pietra di Padula; il terzo, infine, è a sezione circolare con aperture a tutto sesto. 
Ospita 5 Campane: la maggiore venne realizzata con la fusione di 2 Campane: l'una dalla Chiesa di San Pietro e l'altra di Santa Croce, rase al suolo nel terremoto del 1857. 
Nel 1955 la Campana si ruppe ed il popolo ne volle una nuova, che fu realizzata fondendo anche la vecchia.
Le altre 2 Campane poste all'interno degli archi a tutto sesto dell'ultimo piano, risalenti al 1824, fuse per volontà dell'Arciprete.
Infine, altre 2 Campane sono poste sul tetto del Campanile.

CHIESA DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA, sede dell'Ossario dei 300
Situata all’interno del Comune di Padula, un tempo fuori le Mura della Città, totalmente rifatta nel 1700, la Chiesa era dotata di Ospedale e Brefotrofio (ospizio per bambini orfani), che il Terremoto del 16 dicembre 1857 prima, e la costruzione della Strada Carrozzabile poi, hanno cancellato.
Nel 1950, in onore del Centenario della spedizione di Carlo Pisacane, fu realizzato un Sacrario dedicato alle Salme dei 300, che qui caddero il 1° luglio 1857, combattendo contro le Truppe Borboniche
L’interno custodisce, nella Porta del Tabernacolo, la copia galvanica del “Cristo che frange il Pane Eucaristico”.
La Facciata è divisa in 2 ordini, sormontata da un Timpano triangolare, ed un Portale in pietra, che rivela l’Arte Barocca della Certosa di San Lorenzo e la docilità della pietra di Padula. 
Alla Chiesa si accede con una Scala esterna a doppia rampa. 
La pianta è rettangolare ad unica navata, con un'Abside poligonale, le entrate sono 2, una sul fianco.
Probabilmente costruita prima del 1600, la Chiesa aveva, sul lato Nord, anche un Ospedale, soppresso presumibilmente nel 1700. 


All’esterno della Chiesa, spicca l’Arco a tutto sesto in pietra locale a grosse bugne e con Stemma Civico nella chiave di volta, che immetteva al Cortile dell’Ospedale e che, nel 1911, il Deputato Padulese Giovanni Camera (1862-1929), elevò a Monumento Nazionale; esso, infatti, inquadra il Sacrario dei Trecento di Carlo Pisacane, i cui resti sono custoditi in teche visibili al pubblico: qui voluto dal Popolo Padulese, fu restaurato ed aperto nel 2007. 
Nella piazzetta di fronte, ove si apre un’incantevole veduta del Vallo di Diano, si trova il mezzobusto dell’Eroe Padulese Joe Petrosino.

CHIESA DI SAN CLEMENTE, situata nel centro storico della Città di Padula, era una Parrocchia signorile.
Fondata intorno al 1200, si trova ai piedi dell’antico sito del Castello.
Scarse le notizie e i documenti riguardanti la storia della Chiesa, si può risalire al fatto che, a metà del 1600, furono congiunti un Ospedale ed un Luogo di Sepoltura.
Agli inizi del 1900, la Chiesa era già stata ricostruita e trasformata in più parti, a causa dei danni causati da violente scosse del Terremoto del 1857.

CHIESA DI SAN MARTINO è uno dei più antichi Edifici Religiosi di Padula.
La Chiesa è tra i monumenti più importanti di Padula: essa è situata nel cuore del Rione del Tuorno (lo Gerone), di cui si ha documentazione nel 1292.
Nel 1498 viene annessa alla Chiesa Matrice di San Michele Arcangelo, come una delle 9 Parrocchie del paese, conserva, ancora oggi, le caratteristiche e l'integrità originale.

CHIESA DI SANT’AGOSTINO DI PADULA fra i vari edifici religiosi, di particolare interesse sono il Convento e la Chiesa costruiti verso il 1300.


Del Convento va ammirato il meraviglioso Chiostro. 
Il Monastero di Sant'Agostino è una preziosa testimonianza della Storia di Padula: costruito per volere dei Nobili Sanseverino è oggi Sede del Municipio e della Scuola Media.
Durante il Giubileo del 1500 la Chiesa di Sant'Agostino viene indicata, nel Breve di concessione dell'Indulgenza Giubilare, tra le Chiese di Padula con San Francesco, l'Annunziata e San Lorenzo, dove si può lucrare l'Indulgenza secondo il «Breve» di Giulio III del 24 aprile 1502.
Dopo la relazione di Gerolamo Verallo, Cardinale dal titolo di San Martino dei Monti, la Chiesa di San Lorenzo viene sostituita da quella di Sant'Agostino per il divieto di accesso alle donne nella Chiesa della Certosa di Padula secondo un'antica consuetudine.
Di questa lettera riportiamo il passo che ci interessa:

«... abbiamo concesso a tutti i fedeli della Città e Diocesi di Capaccio veramente pentiti e confessati che, visitando per quindici giorni consecutivi o intercalati le quattro Chiese, cioè di Sant'Agostino, di San Francesco, di San Lorenzo e della Beata Maria Annunziata della terra di Padula della Diocesi di Capaccio e compiendo le altre condizioni allora espresse, conseguano e ognuno di essi consegua tutte e singole le indulgenze anche plenarie e la remissione dei peccati, che avrebbero conseguiti o avrebbero potuto conseguire se nel decorso anno del giubileo nei giorni stabiliti a ciò avessero visitato le designate basiliche e chiese dell'alma città e fuori le mura della città, per la visita delle quali era stato concesso il giubileo con le indulgenze annesse ...»

Nel 1810 la Commissione Feudale incaricata di applicare la legislazione antiFeudale, dichiarando decaduta la Feudalità di Padula, distribuì le terre, anche quelle della Certosa, ormai soppressa come Ordine dal 1807; i locali della Corte Esterna furono adibiti a Caserma ed Ospedale Militare e il Convento di Sant'Agostino fu acquisito ad uso del Municipio.

CHIESA SAN NICOLA DE' DOMNIS La data di fondazione di questo importante edificio religioso, è da ricercare in un lasso di tempo che va dal 500 al 1700. A quel periodo, infatti, risale la fondazione della Cella Trichora di San Nicola, un «Martirion» legato all’espansione del Monachesimo Orientale, i cui riti si affermarono definitivamente nel 700.


Nella Struttura Urbana, si distinguono numerosi elementi medievali e moderni, a partire dal Castello Normanno, di cui restano ruderi della Torre nel Giardino di Palazzo Padula, alle spalle della Chiesa di San Clemente;


Terrazzamenti lungo Via della Madonnella; resti del Muro di Cinta lungo la Salita di via Carlo Poerio, le Torri Angioine di Casa Tepedino (Via Nicotera) e Casa Marsicovetere (Piazza Trieste e Trento), ambedue in prossimità del Castello.

Notevoli anche i Palazzi di Età moderna: Palazzetto Sanseverino o Di Stasio: resti della facciata merlata con Stemma della Famiglia in Via Municipio; Porta dell'Auliva: sita in Via Vittorio Emanuele II (Rione Torno), vicinissima alla Chiesa di San Giovanni, rappresenta la presenza più antica di accesso alla Terra; Palazzo Baronale: sito in Via San Giacomo, rappresentava la seconda residenza dei Signori di Padula; Porta di Sant'Antonio o della Chianca Vecchia: in Via Vittorio Emanuele III, nei pressi della Piazza principale (Umberto I o I Fossi), fino agli anni 1960, presentava anche la Torre fortificata, poi trasformata in abitazione privata; all'imposta dell'Arco, è scolpito lo Stemma dell'Università; Palazzo Rienzo: Settecentesco, con attigua Cappella di San Vito in Via Francesco de Sanctis; Palazzo Trezza: di fronte alla Chiesa di San Martino con Portale e Pozzo in pietra e Giardino Pensile; Palazzo Petrella: in Via San Domenico alla Tarpea, che si segnala per il Giardino Pensile; Palazzo Sasso Santelmo, Seicentesco, con Portale bugnato, Cortile interno e giardino; il Portale dell'Ospedale della Santissima Annunziata, presso la Chiesa omonima ed il Sacrario dei Trecento, con lo Stemma dell'Università; Casa Castillejo (con Colombaia Settecentesca); Casa De Nicolellis e Casa Di Gregorio; i Palazzi della Famiglia Romano: in Largo I Luglio e in Via Costantinopoli, dove è ben conservato un Frantoio tradizionale, con le macine mosse da muli; Palazzo Netti: di fronte alla Chiesa Madre di San Michele Arcangelo, con Pozzo di pietra ed Antica Farmacia; Palazzo Santelmo: con Pozzo in pietra sulla Loggia a Valle.


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*CERTOSA DI SAN LORENZO è il più vasto complesso Monastico dell’Italia Meridionale, nonché uno dei più interessanti in Europa per magnificenza architettonica e copiosità di tesori artistici.


Dell'impianto più antico, restano nella Certosa pochi elementi: tra questi si ricordano lo splendido Portone della Chiesa datato al 1374 e le volte a crociera della Chiesa stessa. 
Le trasformazioni più rilevanti risalgono alla metà del 1500, dopo il Concilio di Trento.  
Seicenteschi sono gli interventi di doratura degli stucchi della Chiesa, opera del Converso Francesco Cataldi.  
Del 1700 sono invece gli Affreschi e le trasformazioni d’uso di ambienti esistenti.  
I Certosini lasciarono Padula nel 1807, durante il decennio francese del Regno di Napoli, allorché furono privati dei loro possedimenti nel Vallo, nel Cilento, nella Basilicata e nella Calabria.  
Le ricche suppellettili e tutto il patrimonio artistico e librario andarono quasi interamente dispersi e il monumento conobbe uno stato di precarietà e abbandono
Dichiarato monumento nazionale nel 1882, la Certosa è stata presa in consegna dalla Soprintendenza per i Beni architettonici di Salerno e nel 1982 cominciarono i lavori di restauro.  

Prima di giungere alla cittadina di Padula, si tocca, a km 2.5, la Certosa, uno dei più grandiosi monumenti dell'Italia Meridionale, estesa su una superficie di 51.500 m², compresi i Chiostri, il Cortile ed il Giardino, che fu realizzata per volere di Tommaso Sanseverino, Conte di Marsico nel 1306, ma la cui costruzione si protrasse fino ai primi decenni del 1800: l'aspetto prevalente dei vari corpi dell'edificio è Barocco (1600-1700). L'impressione che si riceve dalla visita dell'imponente complesso, è veramente grandioso, è molto suggestiva ed emozionante.
Il Monastero fu assai ricco e dava Generosa Ospitalità a pellegrini e forestieri. 
Nel 1535, vi fu ospite, nel viaggio trionfale da Reggio a Napoli, dopo l'impresa di Tunisi, Carlo V, che vi cenò: secondo la tradizione, i Monaci prepararono, per lui e per il seguito, una frittata di 1.000 uova
La Certosa fu soppressa dal Governo Francese, che vi alloggiò 20.000 soldati; col ritorno dei Borboni, tornarono anche Certosini, fino alla soppressione del 1866
Durante le Guerre 1915-18 e dal 1940 al 1944, la Certosa fu adibita a Campo di Concentramento
Attualmente, il monumento ha l'assetto conferitogli nel corso degli ultimi decenni, quando, lentamente risollevatosi dagli effetti del terremoto del 1980, ha riacquistato il suo pieno splendore, ed è diventato, ospitando manifestazioni ed eventi di portata internazionale (non ultima l'apertura all'Arte Contemporanea, con il coordinamento del critico Achille Bonito Oliva), un importante punto di riferimento della vita culturale di un'ampia porzione del Salernitano. 
È stato supposto che l'edificio abbia, come l'Escuriale (Il Monastero dell'Escorial, anche detto di San Lorenzo del Escorial, in italiano Escuriale o Escoriale, si trova in Spagna, nella comunità autonoma di Madrid), la pianta a forma della Graticola di San Lorenzo: il manico è raffigurato dalle 2 braccia che chiudono l'Atrio; i Quartieri dei Certosini attorno al Chiostro, rappresentano i ferri della graticola, ed una grande Scala, sporgente a semicerchio, è coperta da Cupola, rappresenta forse il Coppino per l’untume.


IL COMPLESSO ARCHITETTONICO. La CORTE ESTERNA è costituita da un grande Cortile rettangolare intorno al quale erano ospitate buona parte delle attività produttive.
Antistante l’edificio del Monastero, è chiuso ai fianchi, da 2 ali di fabbriche, nelle quali, a pianterreno, sono gli ambienti già adibiti ad Alloggi dei Conversi, Scuderie, Farmacia ed Officine; al piano superiore, le Camere dei Pellegrini
Nel Cortile una Fontana


La Facciata Barocca del Monastero, del 1718, a 2 ordini di semicolonne, è decorata dalle Statue dei Santissimi Brunone, Lorenzo, Pietro e Paolo, entro nicchie. 
Entrati dal portone d'ingresso, si ha davanti un largo e lungo corridoio, uno dei 4 del Chiostro Grande, in fondo al quale è lo Scalone. 


A sinistra il Settecentesco CHIOSTRO DEI PROCURATORI con bella fontana, ispirato a motivi Sanfeliciani, si apre sul lato sinistro lungo il percorso che collega l'ingresso principale al chiostro grande.


A destra dell'ingresso si apre un CHIOSTRO DELLA FORESTERIA, del 1561, a Portico e Loggia dal quale si eleva la Torre dell'Orologio, con Fontana: attorno ad esso, sono gli ambienti della Foresteria (nel piano superiore), e l'ingresso alla CHIESA, a navata unica con cinque cappelle sul lato destro è divisa in due zone da una parete; una delle porte riporta la data del 1374, ed è ornata di bassorilievi con scene della vita di San Lorenzo. 
L'interno, dalla struttura ogivale, con Volte a Crociera, presenta una decorazione di Epoca Barocca. 
Molto notevoli sono i *2 Cori: il Coro dei Laici, intagliato e intarsiato, con nei banchi, paesaggi ed architetture, e negli stalli, 3 ordini di bellissime tarsie: sotto il sedile, architetture; sedile, paesaggi ed architetture; sullo schienale, figure di Santi con motti), opera del 1507; ed il Coro dei Padri, pure con pregevolissimi stalli intarsiati rappresentanti, nel dossale degli stalli, 36 dal Nuovo Testamento; sul sedile, 36 scene di Santi e di Eremiti; sotto il sedile, architettura con castelli; sul davanti dell’inginocchiatoio, 28 scene di Martiri, opera del 1503, rifatto nella parte superiore nel 1700. 
L'Altar Maggiore è di Scagliola (termine che identifica la tecnica di intarsio che, alla fine del 1500 primi anni del 1600, nacque per "imitare" marmi e pietre dure, con una mescolanza dello stesso gesso, unito con colle naturali e pigmenti colorati), con inserti di madreperla; la Sacrestia ha mobili di noce di severa architettura classicheggiante del 1686, ed un Altare con Paliotto di Scagliola, sormontato dal cinquecentesco Tabernacolo monumentale. 
Nelle Porte intarsiate della Sacrestia sono raffigurati, a destra, l'ingresso alla Certosa, ed a sinistra, la Chiesa, com'era all'inizio del 1500.
Per la porta a destra dell'Altare Maggiore, si passa in una serie di 4 Cappelle intercomunicanti, rifatte nel 1700, con Paliotti di Scagliola agli altari, ed in un quinto ambiente, il Capitolo dei Conversi, ove sono: il Trono del Priore, ligneo intagliato (1700) ed un Cristo, busto di marmo pure del 1700. 


Tornati in Chiesa, per una porticina a sinistra dell'Altare Maggiore, si passa nella TESORERIA, con stucchi Barocchi nella volta, e poi, a sinistra, nella SALA DEL CAPITOLO, adorna di stucchi e statue: nella volta, Affreschi (Miracoli di Cristo), del 1600, e dietro l'Altare, Madonna coi Santissimi Lorenzo e Brunone, tela degli inizi del 1600. Dall'ambiente antistante la Tesoreria, la SALA DELLE CAMPANE o COLLOQUIO, si accede all'ANTICO CIMITERO, del 1552, trasformato in chiostro nel 1700. 
Sulla sinistra, è la CAPPELLA DEL FONDATORE, con la tomba di Tommaso Sanseverino, Conte di Marsico, che replica il gruppo della Madonna col Bambino, che è nella Chiesa di Santa Maria del Mare a Maiori. 


Segue lo spazioso REFETTORIO: dal pavimento maiolicato; sulla parete di fondo Affresco, delle Nozze di Cana (1749); al centro di uno dei lati lunghi, Pulpito marmoreo, sostenuto da un'aquila.
Dal Cimitero si passa nella CUCINA DEL CONVENTO (da ammirare i tavoli di lavoro in pietra e l'enorme Cappa del Camino), poi nel CHIOSTRO DELLE CUCINE, Gotico, ma di cui è rimasto solo un lato, su colonnine. 


Quindi si possono visitare le Cantine, costituite da 2 grandiosi ambienti a volta, ove è un gigantesco Torchio di quercia e Pino, del 1785. Risalendo per una Scala Elicoidale, si perviene alla BIBLIOTECA, col bel *Pavimento Maiolicato e Scaffali: il *Soffitto è di tela decorata con l’Allegoria dell'Aurora, il Giudizio Universale e l'Allegria della Sapienza (1700); custodiva decine di migliaia tra libri, codici miniati, manoscritti, di cui in Certosa resta oggi solo una piccolissima parte, circa 2.000 volumi.


Il *CHIOSTRO GRANDE, vastissimo rettangolo di 15.000 m², a 2 ordini di Portici su 84 archi, del 1690, ed al centro è collocata una bella fontana a forma di coppa, realizzata in pietra e datata al 1640; sopra le Arcate del Portico terreno, gira una decorazione a bassorilievo in pietra, raffigurante Fondatori di Ordini Religiosi, Santi, Angeli; nel mezzo, ad Aiuole, è una Fontana (1640); in un lato, un quadrato chiuso da Balaustra marmorea, con simboli della morte, è il Cimitero dei Monaci, del 1729. 


Lungo il Portico, si aprono le Celle dei Certosini, costituite ciascuna da 3-4 Stanze, dall’Alcova, da un Portichetto, da una Loggia coperta, da un Giardinetto con Fontana; in qualche Cella, è anche una Scaletta a Chiocciola, che porta ad un Abbaino, adibito a Laboratorio. 
Accanto all'ingresso, è il Finestrino per il quale ci passava il cibo, ed un buco da cui si porgeva il lume.
Le Celle, sono state rifunzionalizzate come Laboratori permanenti di Arte Contemporanea. 
Nel lato Nord-Occidentale, in una Torre Ottagona, è il grande ed elegante Scalone Ellittico, costruito da Gaetano Barba nel 1761-1763, che, con 2 rampe, porta al piano superiore, dov'è un Ambulacro che gira sopra il Chiostro, e che serviva come Passeggiata per i Monaci; tra i 2 piani ed un mezzanino. 
Fu l'ultima opera che i Monaci riuscirono a vedere, realizzata prima delle soppressioni Francesi, un'opera che appare come un maestoso elemento scenografico illuminato dai suoi 7 grandi finestroni che spaziano sul paesaggio circostante.
Attorno al Chiostro Grande, è situato l'Appartamento del Priore, del quale si conservano la Cappella privata dedicata a San Michele, con Affreschi del 1700 (rovinati), stucchi ed armadi dello stesso periodo, ed il Giardino personale del Priore, cui si accede da un Portico con Soffitto Ligneo Decorato con Affreschi di paesaggi, della fine del 1600.

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MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA  LUCANIA OCCIDENTALE. Negli ambienti che precedono il grande Portale d'ingresso alla Clausura, ha sede il Museo Archeologico della Lucania Occidentale, istituito nel 1957 allo scopo di custodire i Materiali Archeologici che si vanno recuperando con le opere di scavo nelle zone a Sud del Sele.


Il Museo Archeologico, raccoglie i materiali venuti alla luce nel Vallo di Diano in seguito agli scavi eseguiti dalla Direzione dei Musei Provinciali del Salernitano. 
Si tratta dei Corredi delle Tombe Enotrie di Sala Consilina e di Padula, ricchi di oggetti in Ambra, Bronzo e Ferro; a queste Tombe, fanno seguito quelle più numerose di fase Ionica e del periodo Arcaico (700-500 a.C.), con una Suppellettile abbondante, tra cui eccellono i Vasi con decorazione a stile geometrico.
Solo una piccola parte degli oggetti è attualmente esposta in vetrine nell'Appartamento del Priore, il resto è ordinato su scaffali in magazzini.

REPERTI DA SALA CONSILINA. Da questa località, provengono, oltre ad Ossuari Villanoviani, Vasi a decorazione geometrica, di cui i più antichi hanno la caratteristica decorazione «a tenda», limitata alla spalla del fittile (aggettivo [dal lat. fictĭlis, derivato di fingĕre «plasmare»] - che è plasmato di terracotta: vasi fittili etruschi; figure fittili; o che riguarda la lavorazione di vasi), si tratta perlopiù di Brocche panciute
I Vasi più recenti, che non discendono oltre la fine del 600 a.C., sono generalmente Anfore globulari, con collo cilindrico e manici a bastoncelli multipli. 
La decorazione, piuttosto elaborata, è distribuita con carattere "metopale"nella parte superiore del recipiente. 
Alcuni Vasi sono multipli, altri hanno la forma di stivaletti dalla punta rialzata
Su un esemplare, inoltre, sono rappresentate figure umane danzanti. Molto notevoli sono i Bronzi appartenuti ai Corredi, tra cui figurano Rasoi trapezoidali e grandi Fibule a sanguisuga con staffa a disco decorata di incisioni
La Necropoli, la cui estrema importanza è determinata dal carattere Villanoviano nella sua parte più antica, va datata tra il 900 ed il 600 a.C.. 
Essa consente di studiare la funzione assolta dalla Valle del Tanagro in Età Arcaica, come mercato interno della Magna Grecia, frequentato da genti in massima parte provenienti da Metaponto e dalla Siritide (la Siritide (in greco antico: Σιρίτις, Sirítis) è una regione storica della Lucania Centro-Meridionale, più precisamente si indicava con il nome Siritide la zona d'influenza dell'antica città di Siris; questa zona corrisponde all'attuale territorio Occidentale del Metapontino, compreso tra i fiumi Sinni, Cavone ed Agri [gli antichi Siris, Akalàndros e Akìris]), ed in Relazioni Commerciali anche con le Colonie Jonico-Calcidesi (Calcide (Greco Xαλκίς) di Eubea Città e porto della Grecia, capoluogo dell’isola di Eubea, nel Mare Egeo) del basso Tirreno, attraverso la Valle del Bussento, alla cui Foce sorgeva Dixons, nel Golfo, oggi detto, di Policastro.

LA NECROPOLI DI PADULA. Nelle Necropoli più antiche, sono stati ritrovati Vasi Attici del 600 e 500 a.C., insieme a Ceramica Indigena con decorazione geometrica simile a quella di Sala Consilina, ed a Bronzi
Notevoli sono alcuni Vasi finemente decorati e 2 Manici di Patere, costituiti da figure umane.
Dalle Necropoli più recenti (400-300 a.C.), provengono Vasi Lucani a figure rosse di stile locale, ma con influssi Apuli e Campani
All'Età Ellenistica, appartengono alcune caratteristiche Antefisse con protomi (nell'Arte Antica, elemento decorativo costituito dalla testa, talora anche con parte del busto, di una figura umana o animalesca o fantastica) di Menadi (le Menadi (in greco antico: μαινάς [-άδος, ἡ]), dette anche Baccanti, Tiadi o Mimallonidi, erano donne in preda alla frenesia estatica e invasate da Dioniso, il dio della forza vitale; in realtà, più propriamente, le menadi erano le seguaci mitologiche del dio, mentre sono denominate "Baccanti" le donne che storicamente hanno venerato il dio) e Sileni (Sileno (in Greco Antico: Σιληνός, Silēnós), oppure Seileno (in Greco Antico: Σειληνός, Seilēnós), è un personaggio della Mitologia Greca e corrisponde al vecchio dio rustico della vinificazione e dell'ubriachezza antecedente a Dioniso), forse pertinenti a coperture di Edicole Sepolcrali rinvenute nel fondovalle tra Atena Lucana e Sala Consilina. 

Dal Chiostro Grande, si passa nel CHIOSTRO DEI PROCURATORI, del 1700, fontana nel mezzo, da qui, per un corridoio ove si trova una Madonna col Bambino in pietra, del 1502, si può far ritorno nel primo Chiostro. 

A destra della Certosa, sopra una verde collina detta Civita, sono gli avanzi di Consilium, che fu un importante Centro Commerciale dell'Antica Lucania, che scomparve al tempo delle prime Invasioni Barbariche.
Di essa restano una Torre quadrata ed avanzi della Cinta Megalitica. A mezza costa, si aprono 2 Grotte contigue, forse già dedicate ad Apollo, poi a San Michele, con Affreschi e con la notevole Tomba dell'Abate Brancaccio, eretta dai Certosini.


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LUOGHI DELLA CULTURA
(Musei - Biblioteche - Musica)

A parte la presenza fondamentale della Certosa di Padula, la cittadina Valdianese accoglie anche Fondazioni Conventuali, quali, il Convento di San Francesco, il Convento di Sant'Agostino e, in passato, la Badia di San Nicola al Torone, di cui restano le rovine.

CONVENTO DI SAN FRANCESCO DI PADULA è un Complesso Monastico situato ai piedi del paese.
Fatto costruire dal 1380, il Convento fu voluto da Giovanni Tommaso Sanseverino, discendente del più famoso Tommaso II, Fondatore della Certosa di San Lorenzo.


Nel 1400 i lavori del Convento vero e proprio, dopo l'innalzamento della Chiesa, furono affidati da Papa Martino V, ai Frati Minori Osservanti.
Nel contempo, fu completato il Chiostro e, nel 1556, venne fusa la Campana; i lavori continuavano velocemente, come risulta da una cronaca dell'epoca, «l'anno 1643 fu fatto un bellissimo soffitto, o tempiata artificiosamente per mano di valenti Maestri lavorata e pittata, ove con gentilissima disposizione, ed ordine a modo di croce, sono otto bellissimi quadri».
Il Complesso è composto dall’unione di più corpi: la Chiesa, il Chiostro e la zona delle Celle.
L’ingresso della Chiesa, affaccia sulla Piazzetta antistante: è costituito da 3 Archi sorretti da Capitelli decorati con un motivo a foglie ed un Portale di pietra.
La Chiesa è formata da 2 Navate, di cui la principale con Abside, il tutto arricchito da numerose decorazioni Settecentesche. 
La Navata Centrale è affrescata e nella Navata Laterale si trovano 6 Cappelle Votive. 
Il Chiostro, al quale si può accedere direttamente dalla porta laterale della Chiesa, è costituito da 24 Colonne
Dal Chiostro si può accedere alla Biblioteca ed alla Cantina dei Frati. Di fronte alla Chiesa, poi, tramite un cancello si può accedere all'Orto (chiamato dai padulesi «l’uort di San Francesco»).
La Chiesa custodisce anche pregevoli Sculture raffiguranti Santi, tra cui la veneratissima Statua di San Francesco, oggetto di un Culto Secolare tra gli abitanti di Padula.


CASA MUSEO DI JOE PETROSINO Allestito nella Casa Natale del Poliziotto Italo-Americano Giuseppe “joe” Petrosino, nato a Padula il 30 agosto 1860, è l’unica Casa-Museo in italia dedicata a un rappresentante delle forze dell’ordine. 
Rientrato in italia da New York, dove era emigrato con i genitori a 13 anni, per investigare i legami tra Mafia Americana e Siciliana, Joe torna a Padula, prima di proseguire per Palermo, dove verrà assassinato il 12 marzo 1909.


Il Museo mantiene gli ambienti originali di Casa Petrosino, ancora con gli arredi e gli oggetti del tempo. nella camera da letto, oltre la culla da neonato, rivestita di tulle, e gli oggetti da toilette posti sul piccolo mobile con specchiera, si osservano le fotografie originali d’epoca dei familiari di joe petrosino. nella sala da pranzo, arredata con mobili in stile Liberty, e la tavola apparecchiata con le stoviglie di famiglia e tovaglioli con il monogramma. 
Nei dipinti e nelle fotografie alle pareti, o poste sui mobili si susseguono le generazioni dei petrosino.

Al piano superiore, la Sezione Multimediale del Museo, innovativa e documentata, indaga le trame storiche dell’antimafia, nata anche dall’impulso pionieristico di Petrosino: a partire da filmati originali che fanno rivivere le investigazioni del Poliziotto di Padula, proseguendo con documenti visivi tratti dagli archivi delle Teche Rai, fino alle cronache dei nostri giorni, ai protagonisti e alle vittime della lotta senza quartiere contro la criminalità mafiosa.

MUSEO DEL COGNOME, ospitato negli ambienti al piano terreno di una casa del 1700, è un esempio davvero unico di Museo dedicato allo studio della genealogia


MUSEO DIDATTICO DELLA PIETRA DI PADULA dedicato alla tradizione millenaria dei Maestri Scalpellini, artigiani e scultori abilissimi.


MUSEO CIVICO MULTIMEDIALE ospitato nel Palazzo Brando, nei pressi del Municipio, realizzato nel 2014, è un percorso interattivo rigoroso e evocativo attraverso la storia millenaria di Padula e del Vallo di Diano, dalla Preistoria al 1800.


Attraverso Supporti Multimediali innovativi il Museo dà vita ad una esplorazione virtuale nel territorio e nella storia, fino all’Unità d’italia: Archeologia, Risorgimento, Brigantaggio, Ambiente e Identità Civili composite, prendono forma, sala dopo sala, interpretati dalle voci e dalle immagini dei protagonisti che si materializzano sugli schermi aprendo cassetti e ante di armadi “parlanti”.
Nell’ultima sala del piano superiore, un processo immaginario virtuale invita gli ospiti a partecipare e interagire: il protagonista, l’imputato, è Carlo Pisacane, l’eroe della spedizione di Sapri del 1857, naufragata tragicamente tra Padula e Sanza.

Siti Archeologici


Siti di rilevante interesse Archeologico risultano gli Scavi dell'Antica Cosilinum e, in ambito tardoantico, l'Eremo di San Michele alle Grottelle


BATTISTERO DI SAN GIOVANNI IN FONTE o di Marcelliano, un antico Battistero Paleocristiano fondato su un preesistente tempio pagano; uno dei più antichi di tutto l’Occidente, costruito su commissione di Papa Marcello I, da cui prende nome la Chiesa ed il Borgo, Marcellànium, distrutto nel 500, forse durante la Guerra Greco-Gotica.
Nel 1100 la Chiesa venne ricostruita, ora dedicata a San Giovanni Battista.


I restauri del 1985-1987, hanno riportato alla luce una struttura articolata intorno a un corpo di fabbrica quadrato, e le mura, con archi a tutto sesto, che in origine probabilmente reggevano una cupola; al centro, il Fonte Battesimale era alimentato da una sorgente perenne e un invaso pieno d’acqua. 
Evidente il reimpiego di reperti Romani, recuperati da una Villa d’Età Imperiale, mentre gli Affreschi risalgono alla fondazione, 500-600, e all'800.


ITINERARI

Nei mesi estivi è particolarmente frequentata in località Mandranello (m 1060, accessibile per una strada di 4 km circa verso Nord-Est). 
Si tratta di una zona molto pittoresca e verde, particolarmente ricca di Boschi, pini e faggi, è situata in un vasto Piano Carsico adiacente al Piano di Mandrano (m 1040 circa), le cui acque sono smaltite da un inghiottitoio a 1059 metri di quota.

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CIAK SI È GIRATO A Padula

C'era una volta del 1967, settimo lungometraggio diretto da Francesco Rosi, una favola napoletana che trae spunto da varie novelle del Pentamerone Giovan Battista Basile, noto anche come «Lo cunto de li cunti»


La città del sole del 1973 diretto da Gianni Amelio, l'opera si basa sull'omonimo trattato scritto nel 1500 da Tommaso Campanella


Quanto è bello lu murire acciso un film storico del 1975 diretto dal regista Ennio Lorenzini. Il film, il cui titolo è quello di una canzone popolare, racconta l'impresa del Duca Carlo Pisacane organizzata alla Maniera Mazziniana, badando cioè più all'Entusiasmo Patriottico che ad una severa preparazione. Imbarcatosi a Genova con 24 volontari, allo scopo di avviare una Rivoluzione dei Contadini Meridionali, fece dirottare la nave, diretta a Tunisi, all'Isola di Ponza dove liberò 323 detenuti e si rifornì di armi. Dopo lo sbarco a Sapri, Pisacane si rese subito conto del mancato aiuto dei Liberali Napoletani che non vollero avere a che fare con quella spedizione mista con Ergastolani che i Contadini temevano come una Banda di Briganti, tanto che furono proprio i Contadini ad attaccare e costringere alla fuga i Congiurati che in località Salemme presso Sanza, vennero circondati e 25 di loro massacrati; gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegnati ai gendarmi.


La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia di Lina Wertmüller del 1978 Un giornalista comunista ed una fotografa liberale americana si trovano, nonostante le differenze, a trascorrere una notte insieme e si innamorano al punto da far decidere all'uomo di trasferirsi negli Stati Uniti.
Qualcosa, però, va storto. (clicca per vedere)

Cavalli si nasce del 1989 diretto da Sergio Staino. 1832. Due signori toscani partono da Napoli per la Sicilia; sono il marchese Ottavio e il suo amico Paolo. I due vogliono conoscere il meridione della penisola sulle orme del filosofo Goethe, morto proprio in quell'anno. Il viaggio si interrompe quando Ottavio viene ferito e derubato mentre i due si trovano alloggiati nel Cilento.


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ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO
(In questa sezione sono riportate le notizie riguardanti prodotti agroalimentari e prodotti tipici)

IL PANE DEI MONACI
Padula, nel Vallo di Diano (Salerno), oltre a ospitare una delle più belle e importanti certose d’Italia, è anche territorio d’elezione di un Pane Casereccio dalla lunga conservabilità ottenuto dall’impasto di farina di grano tenero e duro, sale, lievito naturale e di birra sciolti in acqua molto calda.

LA TRADIZIONE 
In provincia di Salerno, nel comune di Padula e in quelli limitrofi, da secoli si produce questo gustoso Pane Casareccio. 
La Campania è una delle Regioni che meglio ha saputo declinare i cereali in mille diverse preparazioni, facendo addirittura entrare il grano nel dolce più tipico: la Pastiera
Già celebrata dai latini per la sua fertilità, questa Regione è terra di pane e di companatico eccellente. 
Sulla parte superiore, prima della cottura vengono effettuati 4 tagli, retaggio storico del «Panis Quadratus» Romano, visibile in alcuni Mosaici Pompeiani. 
Si dice che i Monaci della Certosa di San Lorenzo, amassero consumare questo Pane già nel 1600, e che proprio loro, contribuirono a diffonderne la ricetta ancora oggi scrupolosamente eseguita come allora.

LA CULTURA 
A Padula, per tradizione, la Pagnotta Casereccia viene cotta con le fascine, e rigorosamente nel forno a legna. 
La procedura è molto laboriosa; si comincia all’alba a riscaldare il forno con le fascine esclusivamente di alberi locali. 
Dopo un'ora, la temperatura è al punto giusto e si comincia con l'infornata. 
La cottura con le fascine è molto più impegnativa, anche se la qualitá ottenuta ripaga i sacrifici fatti. 
Ogni infornata è praticamente un processo a sé stante, alla fine del quale il forno deve essere interamente ripulito. 
La lavorazione è tutta artigianale: vengono infornati pochi pezzi alla volta per una cottura che dura non meno di due ore.

LE CARATTERISTICHE 
Il Pane di Padula è una Pagnotta di circa 2 kg, di forma rotonda, fatta con una miscela di farina di grano tenero e duro, con lievito naturale che, prima della cottura viene segnato con tagli trasversali, in modo da disegnare sulla crosta una sorta di quadrettatura. 
Il prodotto è ampiamente conosciuto nell'area del Vallo di Diano ed è sicuramente trasformato da almeno 25 anni, come accertato da ampia documentazione raccolta in zona. 
Qui il Pane può essere di farina di grano duro, di grano tenero oppure integrale o ancora misto, ma la costante, che garantisce una qualitá mediamente alta del Pane è la lievitazione naturale, accompagnata dalla cottura in forni a legna.

LA PRODUZIONE 
La lavorazione tradizionale prevede che le 2 farine vengano impastate con lievito precedentemente sciolto in acqua tiepida e che la massa venga lasciata lievitare per 3 - 4 ore in estate e a 4-5 ore durante l'inverno. 
Dopo la lievitazione, si lavorano i pezzi, fino ad ottenere le pagnotte rotonde di un paio di kg che vengono segnate a strisce perpendicolari fra loro e quindi cotte in forno a legna. 

LA DENOMINAZIONE 
Il Pane di Padula è un prodotto tradizionale Campano; l’originale Pagnotta è prodotta dai membri dell’Associazione Cittá del Pane che raccoglie 44 comuni italiani di 15 regioni, interessati alla valorizzazione dei pani tipici legati al loro territorio e alla tutela della qualitá del Pane, garanzia di tutela per i consumatori.

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ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO


IL PANE DEI MONACI IN CUCINA 
Si conserva a lungo ed è ottimo con un filo d’olio di qualità; si può mantenere anche per 15 giorni.  

LA RICETTA 
Pomodori gratinati con Pane di Padula
Ingredienti per 4 persone: 25 pomodorini; olio evo; sale pepe; origano; prezzemolo; capperi; rosmarino; 2/3 fette di pane raffermo non duro; 1 spicchio d’aglio. 
Preparazione: Lavare accuratamente i pomodorini, farli sgocciolare e tagliarli a metà. In una ciotola aggiungere: un filo di olio evo, il rosmarino sminuzzato finemente, l’origano q.b e regolare di sale. 
Con una forchetta, mescolare gli ingredienti. 
Disporre i pomodorini su di una teglia rivestita da carta forno e  spennellare la superficie abbondantemente con l’olio aromatizzato. 
In forno preriscaldato a 140 °C statico per circa 40 minuti. 
Devono risultare appassiti. 
In un mixer aggiungere il pane spezzettato, un filo di olio evo, i capperi dissalati, un ciuffo di prezzemolo, l’aglio sbucciato, l’origano, sale, pepe e azionarlo per amalgamare e tritare il tutto. 
Distribuire in abbondanza il composto tritato sui pomodori e ripassare in forno in modalità grill per pochi minuti.


STORIA

In località Civita, diversi ritrovamenti fanno stimare che i primi insediamenti umani vi si siano stabiliti intorno al 1200 a.C.: è quindi da datare in questo periodo la fondazione della Città di Cosilinum, l'antica Padula, molto probabilmente fondata dagli Enotri
È solo nel 600 a.C. che si iniziò a popolare la zona dove sorge l'attuale Padula: in località Valle Pupina, sono stati ritrovati bellissimi Corredi Tombali, formati da vasellame in bronzo e ceramiche di chiaro stampo Greco, attualmente esposti nel Museo Archeologico, presso la Certosa di Padula. 
Occupata dai Lucani prima, dai Romani poi, la città non ebbe vita facile: schieratasi con Pirro e con Annibale, dovette subire le ripercussioni derivanti da queste infelici scelte. 
Riuscì a risollevarsi, grazie all'impulso ricevuto dalla costruzione della Regio-Capuam (la via Popilia-Annia, che insieme alla via Appia e alla via Traiana, fungeva da rete stradale per tutto il Sud Italia) che la collegava alle più centrali Paestum e Velia, tanto che, nell'89 a.C. diventa Municipio Romano.
La Città, col tempo, si espanse molto, arrivando ad edificare anche a Valle: in località Fonti sorge, infatti, in un Antico luogo di Culto, il Battistero Paleocristiano di San Giovanni, che divenne sede diocesana. 
Nel 500 d.C., prima che vi sorgesse l'attuale Centro Abitato, viene edificato il Monastero di San Nicola, che a lungo rimarrà il centro politico, oltre che spirituale, del paese. 
Si diffonde il Culto di San Michele, che diviene Patrono del paese, probabilmente derivante dal Culto del dio pagano Attis: a lui verrà consacrato l'Eremo nei pressi dell'antica Cosilinum e, sempre in suo onore, verrà eretta la Chiesa Madre
Anche la Badia di San Nicola al Torone, sorta poco lontana dal sopracitato Eremo, rispecchia la massiccia presenza di molti ordini religiosi nel territorio, tutti, o quasi, di tipo Orientaleggiante: la cui influenza è ancora presente nei nomi di alcune Contrade.
Agli inizi del 900, l'Antica Città risultava completamente disabitata: gli ultimi abitanti l'avevano abbandonata a seguito delle scorrerie Saracene, che, probabilmente, la distrussero (stessa sorte capitata alla vicina Grumentum).
L'arrivo dei Normanni, portò ad una inevitabile militarizzazione della zona e, il fragile equilibrio che si era tanto faticosamente raggiunto, venne sconvolto dall'introduzione del Feudalesimo, che cambiò i rapporti di potere. 
In particolare, ne ebbero a soffrire i Monaci Basiliani, che vennero allontanati dalla città: il Monastero, che per secoli era stato il Centro Politico, si trovò a doversi rapportare ad una nuova figura, il Feudatario
La prima trasformazione Urbanistica in chiave unitaria, si ebbe ad opera di Tommaso Sanseverino, incaricato da Carlo II d'Angiò nel 1296, di provvedere alla difesa della città. 
Questi cinse tutto l'Abitato con un imponente Cinta Muraria che partiva dai Bastioni del Castello, per arrivare a chiudersi sullo strapiombo, rendendo il paese impenetrabile, con l'introduzione di Accessi Fortificati e Torri di Guardia, di chiaro stampo Angioino. Non fu possibile creare intorno alle Mura un Fossato Difensivo, a causa dell'orografia del paese; tuttavia, se ne può ipotizzare la presenza almeno in località “Fossi” (Piazza Umberto I), da cui il nome. 
La «Guerra del Vespro», scoppiata nel 1292 a Palermo e ben presto dilagata, portò i Feudatari ad aumentare la pressione fiscale che, in un momento di crescita demografica e di calo della produttività, portò, più volte, le masse contadine ad insorgere
Questi fenomeni di violenza, uniti alla nascita del Banditismo ed alle impressionanti Epidemie (si pensi solo alla Peste Nera del 1348), portarono all'abbandono dei Centri Rurali a Valle, per rifugiarsi in nuclei più elevati, grandi e meglio difesi. 
I Sanseverino si trovarono ad essere gli artefici ed interpreti, di queste trasformazioni, con lo sviluppo dell'area intorno al Castello: la costruzione della Chiesa di San Clemente, che era Cappella privata del Feudatario, un Ospedale pubblico, la Sede del Governo cittadino, e diversi Palazzi, sedi degli Uffici ed Alloggi dei dipendenti del Marchesato
Inoltre, sposando lo spirito Guelfo della Corte Angioina, favorirono l'insediamento di Ordini Monastici nel territorio di Padula: oltre alla ripopolazione del Monastero di San Nicola al Torone e alla fondazione della Certosa di San Lorenzo (1306), i Sanseverino provvidero all'inserimento nel tessuto cittadino degli Agostiniani (1350) e dei Francescani (1380). 
I rapporti non furono comunque sempre idilliaci, tanto che nel 1383 il Paese, colpevole di essersi ribellato agli ordini superiori, venne cinto d'assedio da Enrico Sanseverino, pronipote di Tommaso.
Dal 1500 fino al 1700, Padula passò di Feudatario in Feudatario, ai quali venne donata e venduta, ma che non dimoravano in paese, ricevendo, altresì, dal territorio notevoli benefici economici, anche perché rinunciarono ad amministrare la giustizia penale: così facendo la città divenne una piccola oasi di “libertà”, dove l'Universitas (il Comune), né i cittadini potevano essere giudicati.
Tutto ciò, però, non favorì lo sviluppo economico e sociale, in quanto le continue inondazioni tormentavano l'intera Valle. Interventi di Bonifica si rendevano necessari, ma furono sempre avversati dai Nobili locali, a cui conveniva mantenere accese le discordie tra i vari paesi
Non solo, la situazione nella parte vecchia della Città era tragica: le anguste stradine, tanto utili per la difesa della Rocca, e l'assenza delle fognature, dovuta alla natura rocciosa del sito, portavano al mancato rispetto delle norme igieniche, favorendo il diffondersi delle epidemie.
La Miseria estrema del popolo costringeva i Braccianti ad emigrazioni stagionali, in particolare in Puglia; molti Commercianti a chiudere Bottega ed ugualmente grigio era l'orizzonte intellettuale: i migliori uomini non potendo vivere in ambienti così meschini, si rifugiavano a Napoli. 
Tale situazione disastrosa è da imputare al malgoverno dell'Universitas, che badava solo ai privilegi goduti dei Nobili e del Clero.
Dal 1811 al 1860, Padula divenne Capoluogo del circondario appartenente al Distretto di Sala del Regno delle Due Sicilie. Mercoledì 27 ottobre del 1839, lo straripamento del Torrente Fabbricato distrugge due terzi del territorio di Padula, sommergendo la Certosa.
Sono proprio i pochi uomini acculturati tra i più convinti portatori di idee democratiche della zona: nel 1799, davanti alla Certosa, venne eretto l'«Albero della Libertà», al grido di «Mora il Tiranno, viva la Libertà!». 
Nel 1806 la Certosa fu abbandonata dai Monaci, che dovettero obbedire ad un Decreto Reale, mentre l'Esercito Francese facendo razzie di beni ed opere d'arte, dà avvio alla fase calante dello splendido monumento. 
Altri insurrezioni, sfociate nel sangue, si verificarono nel 1820 e nel 1857, quando Carlo Pisacane, accompagnato dai «300 giovani e forti» si recarono a Padula, convinti che vi fossero buone probabilità di una rivolta popolare: al contrario, trovarono i Patrioti del posto, arrestati e le guardie del Re ad aspettarli ed un Clero che dispensava false indicazioni; i compagni di Pisacane furono massacrati, e le residenze dei Rivoluzionari del posto saccheggiate. 
Al contempo, le forze della natura sembrarono volersi accanirsi contro i territori: il terremoto del 16 dicembre 1857, fa tremare Padula, provocando 32 morti e 171 case crollate.
Rilevante fu il contributo dato dai Padulesi al processo di Unità Nazionale: Vincenzo Padula ed Antonio Sant'Elmo, furono tra i Mille che sbarcarono a Marsala, guidati dal generale Giuseppe Garibaldi. Durante la recrudescenza del Brigantaggio che caratterizzò i primi anni dell'Unità, intorno a Padula agiva la Banda di Angelantonio Masini, responsabile di ruberie, sequestri di persona, omicidi ed altre efferatezze; ma la Guardia Nazionale di Padula, guidata dal Capitano Filomeno Padula, in appoggio all'Esercito Regolare, riuscì, infine, ad intrappolare il Brigante che fu ucciso il 23 dicembre 1864.
I tentativi di rimettere in moto l'economia a Padula, come in tutto il comprensorio, fallirono miseramente, causando l'inizio della migrazione verso le Americhe che, intorno agli inizi del 1900, aveva già dimezzato la popolazione locale.
Nel 1900, la Certosa, ormai abbandonato da circa un secolo, diviene Campo di Concentramento, per disertori e prigionieri, tra il 1915 e il 1921, ed un campo di lavoro inglese tra il 1943 e il 1945.
Dal 1923 al 1959, voluto e realizzato dal Barnabita Padre Giovanni Semeria, Cappellano Militare al fronte, durante la Prima Guerra Mondiale, fu sede anche di un Orfanotrofio per i figli dei Caduti in Guerra, con breve interruzione dovuta agli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale.
Il tessuto Economico-Civile uscì distrutto dalla Seconda Guerra Mondiale, tanto che iniziò una seconda ondata migratoria, diretta verso il Nord Italia, il Centro Europa e l'America Latina. 
Tra gli anni 1950 e 1960, Padula, inoltre, fu sconvolta dallo sviluppo Urbanistico: furono costruite diverse strutture ed infrastrutture, quali l'apparato fognario, la scuola elementare e la Strada Provinciale, che collega la parte bassa del paese al centro storico.


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MEMORIA DI DONNE e UOMINI

Giuseppe Petrosino, detto Joe (Padula, 30 agosto 1860 - Palermo, 12 marzo 1909), è stato un Poliziotto italiano naturalizzato statunitense; un pioniere nella lotta contro il crimine organizzato
Le tecniche di lotta al crimine, di cui Petrosino è stato ideatore, sono ancora oggi praticate dalle Forze dell'Ordine.
Nacque a Padula, da famiglia modesta, non povera: con il suo lavoro di sarto, il padre era riuscito a far studiare i suoi 4 figli maschi; infatti, i fratelli Petrosino furono fra i pochi, nel paese, a ricevere un'adeguata istruzione che gli permettesse di leggere e scrivere, grazie ad un istitutore che, per poco denaro o del cibo, si recava nelle case e famiglie migliori istruendone i figli.
Emigrò con la famiglia a New York nel 1873 e crebbe nel sobborgo di Little Italy.
Il piccolo Giuseppe, per vivere, si mise a vendere giornali, a lucidar scarpe ed a studiare la lingua inglese. 
Nel 1877, Joe (come ormai si chiamava) prese la cittadinanza statunitense, facendosi assumere, l'anno dopo, come netturbino dall'amministrazione Newyorkese. 
Era caposquadra quando, una dopo l'altra, erano cominciate ad arrivare in America le fitte schiere degli emigranti italiani.
Questo fenomeno aveva posto le autorità Americane, di fronte a gravissimi problemi: primo quello dell'ordine pubblico. 
I Poliziotti, quasi tutti Ebrei od Irlandesi, non riuscivano a capire dagli italiani: questo generava un clima a favore delle organizzazioni criminali che giunsero in breve a controllare una parte di Little Italy.


Arruolamento in Polizia
Dipendente dal Dipartimento di Polizia come Spazzino, Petrosino era stato poi impiegato come informatore; nel 1883, non senza difficoltà, era stato ammesso alla Polizia. 
Faceva un certo effetto vedere quell'uomo basso e tarchiato (non superava il metro e sessanta), tra i giganteschi Poliziotti Irlandesi; in compenso Petrosino aveva spalle larghe, bicipiti possenti e, ciò che più contò per il suo arruolamento, grinta ed intelligenza, tutto ciò che gli aveva permesso di superare le difficoltà di essere l'unico Poliziotto Italiano, dileggiato dai connazionali e guardato con un certo sospetto dai colleghi. 
Petrosino era un uomo temuto, che non lasciava spazio nemmeno ai crimini minori,tanto che, dai racconti e testimonianze della sorella e dei parenti, molte donne non lasciavano uscire i propri figli in strada, a Little Italy, quando Petrosino era di pattuglia: «Oggi Petrosino ind' 'a minestra» (in italiano: «Oggi prezzemolo nella minestra», nella maggior parte dei dialetti del Sud petrosino vuol dire prezzemolo) era la frase in codice che i popolani diffondevano nel quartiere, quando Petrosino avrebbe pattugliato la zona.
Determinante, ai fini della sua carriera, oltre al suo impegno, fu la stima riposta in lui da Theodore Roosevelt, Assessore alla Polizia (e poi Presidente degli Stati Uniti): grazie al suo appoggio nel 1895 Petrosino era stato promosso Sergente, liberato dal servizio d'Ordine Pubblico, e quindi dalla divisa, e destinato alla conduzione di indagini. 
I criminali di Little Italy, si erano trovati improvvisamente di fronte ad un nemico che parlava la loro stessa lingua, che conosceva i loro metodi, che poteva entrare nei loro ambienti. 
Joe Petrosino nutriva una sorta di cupo, rovente rancore verso quei delinquenti che stavano dissipando il patrimonio di stima che gli Italiani avevano costruito.
Ciò non significava che egli non comprendesse le cause di quella situazione; gli era ben chiaro che, oltre alle misure di Ordine Pubblico, occorreva agire sulla causa della delinquenza: la miseria. 
Risolti brillantemente numerosi casi (il più celebre fu il "delitto del barile" nel 1903), abile nel travestirsi, rapido nell'azione, inflessibile e quasi feroce verso i criminali, divenuto quasi un simbolo della lotta a favore della giustizia e della legge, Joe Petrosino (un po' snob: abito scuro, cappello duro, camicia bianca, scarpe dal tacco alto) era stato, via via, assegnato ad incarichi di sempre maggiore responsabilità.
Nel frattempo Petrosino sposò la vedova Adelina Saulino (1869-1957), dalla quale ebbe una figlia chiamata anche lei Adelina (1908-2004)

L'Italian Branch
Nel 1905, divenendo Tenente, gli era stata affidata l'organizzazione d'una Squadra di Poliziotti Italiani, l’«Italian Branch» (composta di 5 membri, tra cui il successore di Petrosino, Michael Fiaschetti, nativo di Morolo), e ciò aveva reso più proficua ed efficace la sua lotta senza quartiere contro la «Mano Nera», una tenebrosa organizzazione a carattere mafioso, con ramificazioni in Sicilia, attraverso la quale si esprimeva il racket.
Un'occasione che vide Petrosino e l'«Italian Squad» contro la «Mano Nera», riguardò Enrico Caruso che, in tournée a New York, fu ricattato dai gangster, e minacciato di morte; Petrosino convinse Caruso ad aiutarlo nel catturare i criminali.
In precedenza, Petrosino si era infiltrato nell'organizzazione anarchica responsabile della morte del Re d'Italia Umberto I, scoprendo l'intenzione di assassinare il Presidente Statunitense William McKinley durante una sua visita all'Esposizione Pan-Americana di Buffalo.
McKinley, informato attraverso i servizi segreti, ignorò l'avvertimento e fu effettivamente ucciso il 6 settembre 1901 da Leon Czolgosz.


La Morte
Proprio seguendo una pista che avrebbe dovuto portarlo ad infliggere, forse, un decisivo colpo alla «Mano Nera», Petrosino era giunto in Italia.
La Missione era top secret, ma, a causa di una fuga di notizie, tutti i dettagli furono pubblicati sul New York Herald. 
Petrosino partì comunque nell'erronea convinzione che in Sicilia la Mafia, come a New York, non si azzardasse a uccidere un Poliziotto.
Alle 20.45 di venerdì 12 marzo 1909, 3 colpi di pistola in rapida successione ed un quarto, sparato subito dopo, suscitarono il panico nella piccola folla che attende il tram al capolinea di piazza Marina a Palermo. 
Ci fu un generale fuggi fuggi: solo il giovane marinaio anconetano Alberto Cardella (della Regia Nave Calabria della Marina Militare), si lanciò coraggiosamente verso il Giardino Garibaldi, nel centro della Piazza, da dove erano giunti gli spari: in tempo per vedere un uomo cadere lentamente a terra, ed altri 2, fuggire scomparendo nell'ombra. 
Non vi fu soccorso possibile, l'uomo era stato raggiunto da 4 pallottole: una al collo, 2 alle spalle, ed una quarta mortale alla testa. 
Poco dopo, si scoprì che si trattava del Detective Giuseppe Petrosino, il nemico irriducibile della Malavita Italiana trapiantata negli Stati Uniti, celebre in America come in Italia, quale protagonista della lotta al racket.
Il Console Statunitense a Palermo, telegrafò al suo Governo: «Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. 
Gli assassini sconosciuti. 
Muore un martire.»
Il Governo, mise subito a disposizione la somma di 10.000 lire (quasi 40.000 euro), per chi avesse fornito elementi utili a scoprire i suoi assassini. 
La paura della Mafia, però, fu più forte dell'attrazione esercitata da quell'elevata offerta di denaro, e le bocche rimasero chiuse. 
Circa 250.000 persone parteciparono al suo funerale a New York, un numero fino ad allora mai raggiunto da alcun funerale in America.
Si ritiene che il responsabile della sua fine sia il boss Vito Cascio Ferro di Bisacquino, tenuto d'occhio da Petrosino sin da quando questi era a New York, ed il cui nome era in cima ad una "lista di criminali" redatta dal Poliziotto ItaloAmericano, e trovata nella sua stanza d'albergo il giorno della morte. 
Probabilmente (e questo fu un sospetto anche della Polizia Palermitana dell'epoca) vi è un collegamento tra la morte di Petrosino e alcuni personaggi malavitosi appartenenti alla Cosca Newyorkese di Giuseppe "Piddu" Morello, noti per il loro presunto legame al caso del "corpo nel barile" (un famoso omicidio avvenuto a New York nel 1903). 
Infatti 2 uomini di questa Cosca, erano ritornati in Sicilia nello stesso periodo del viaggio di Petrosino rimanendo in contatto con il Boss Newyorkese.


Curiosità
Inspiegabilmente, la Targa che indica il luogo in cui venne assassinato Joe Petrosino, in piazza Marina, a Palermo è collocata nel Giardino Garibaldi, ma sul lato opposto della grande Piazza, rispetto al punto in cui il poliziotto trovò la morte. 
Un errore logistico di non poco conto, soprattutto rispetto alla pubblicistica relativa alle indagini sul delitto, per la quale un elemento determinante fu proprio l'esatto luogo dell'omicidio.

Carlo Pisacane, Duca di San Giovanni, accompagnato dai «300 giovani e forti» sbarcati a Sapri, si recarono a Padula, convinti che vi fossero buone probabilità di una rivolta popolare: al contrario, trovarono i Patrioti del posto, arrestati e le guardie del Re ad aspettarli ed un Clero che dispensava false indicazioni; i compagni di Pisacane furono massacrati, e le residenze dei Rivoluzionari del posto saccheggiate. 
Nella sua marcia verso Napoli, Pisacane decise di fermarsi a Padula dove era attivo un gruppo settario mazziniano i cui capi erano stati da poco arrestati dalla polizia. 
Qui fu ospitato nel Palazzo di un simpatizzante della Rivoluzione, Don Federico Romano che cercò nella notte tra il 30 giugno e il 1º luglio di convincere Pisacane a rinunciare all'impresa improvvisata.


I rivoltosi non trovarono ad attenderli quelle masse insurrezionali che si aspettavano, ma incominciarono lo stesso la rivolta liberando i carcerati di Padula e assaltando le Case dei Nobili. 
Nel frattempo i «Ciaurri» [Sostenitori del Re Borbone e del suo regime; estensione del termine spregiativo cia(v)urru "cialtrone" (in calabrese), ciaurro "corsaro, uomo efferato" (a Napoli), dal turco gàvur (che si pronuncia giàvur) "giaurro, infedele"» (In Manlio Cortelazzo, Carla Marcato, I dialetti italiani: dizionario etimologico, UTET, 1998)] sobillavano i contadini contro i ribelli tra i quali erano banditi conosciuti e attivi in quei territori.
L'arrivo dei Gendarmi Borbonici e del VII Cacciatori, costrinse Pisacane e i suoi a ritirarsi nell'abitato di Padula dove tra gli spari, provenienti dalle finestre delle case e dagli angusti vicoli, morirono 53 dei suoi seguaci. 
Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegnati ai Gendarmi.
Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi superstiti, riuscì a fuggire a Sanza, vicino a Buonabitacolo, dove, all'alba del 2 luglio, il Parroco, don Francesco Bianco, fece suonare le campane per avvertire il popolo dell'arrivo dei "Briganti". 
I Ribelli furono, ancora una volta, aggrediti e massacrati, uno ad uno, a colpi di roncola, pale, falci. 
Pisacane esortò i Compagni a non colpire il Popolo ingannato dalla propaganda, ma anche la disperata difesa opposta non servì a nulla.
Perirono in 83 e tra questi Pisacane, forse ucciso da Sabino Laveglia, Capo Urbano della Guardia Cittadina di Sanza, e Falcone; secondo altre versioni dell'episodio, Pisacane fu ucciso dai Soldati Borbonici, mentre secondo un altro diverso resoconto, Pisacane e Falcone, feriti gravemente ed in procinto di essere uccisi, si suicidarono con le loro pistole.
Quelli scampati all'ira popolare furono poi processati nel gennaio del 1858: condannati a morte, furono graziati dal Re, che tramutò la pena in Ergastolo.
I morti di Padula vennero sepolti in una fossa comune di una Chiesa, mentre il corpo di Pisacane, come quello degli altri caduti a Sanza, venne cremato in un rogo eretto nello stesso luogo, seguendo la legislazione sanitaria verso coloro che restavano insepolti per alcuni giorni, e le ceneri seppellite nel vicino Cimitero o disperse.
Un cippo funerario commemorativo, apposto dopo la spedizione dei Mille del 1860, lo ricorda vicino al luogo dove cadde.

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DIALETTO
(Il termine "dialetto" va inteso nella sua accezione di "lingua contrapposta a quella nazionale" e non come "varietà di una lingua")

Il dialetto di Padula è Galloitalico, risentendo della vicinanza con la Basilicata Detti di ieri e di oggi A Pasqua Epifania nun z tess e nun z fila, nun z mett u fil a l'acu, mang u pettn a la cap! - A Pasqua e alla Befana non si tesse e non si fila, non si mette il filo all'ago e neanche il pettine al capo A bona zita o vicinanz s mmarita - La buona ragazza viene subito notata e sposata A carn s perd e ì can arrabbian - la carne si perde e i cani si disperano A gatta p ghi r pressa fec i gattariedd cecat - (non andare in fretta) la gatta presciolosa fece i gattini ciechi A lava a capa o ciucc' s'nc perd sul acqua e sapon’ - (la testa dura non cambia idea) A lavare il capo al ciuccio si spreca acqua e sapone A merda chiù a ruozzl' e chiù feta - (Più la giri peggio è) La caccapiù la giri più puzza A pratica fac r’ chiu ‘ ra’ grammatica!!!! - La pratica è più importante della grammatica A sai mett' a pezza a culor'! - Sai mettere una pezza a colori A serpa ca muzzucau a sogrma muriu mblnat - Il serpente che morse mia suocera morì avvelenato A stizza re continuo face ‘o fuosso - La goccia piano piano scava il fosso A votta è chiena e a muglier è mbriaca - la botte è piena e la moglie è ubriaca Accirm e minuzzam e mename inda i mei - Uccidimi e riducimi in piccoli pezzi, poi gettami tra i miei Addu arriv chiand o zip - Fino dove ce la faccio mi fermo Ammend'ca mov' nu per' l'at su 'u mangia i can - Intanto che muovi un piede l'altro lo mangiano i cani Aspetta ca cala 'u panariedd r'a u ciel - Aspetta il cesto dal cielo Attacca o ciuccio a du vol o padron - Lega l'asino dove vuole il padrone Aust cap r_viern - Quando entra il mese di Agosto Caggiola aperta auciedd muort - Gabbia aperta uccello morto Cainat scuma r pignat - I cognati sono inutili e spregevoli Car cumbar a carn vaj cara, i uaj so gruoss e spolac -t l’uoss! - I soldi non danno la felicità Cerze e ulivi Aust vieni mi vir - Lavora l'ulivo quando entra il mese di Agosto Chesta e a casa ru granc, chi s’arrangia mangia - Questa è la casa del "granc" chi si arrangia Chi bell vol parè, pene e guai adda passa - chi bello vuol sembrare, pene e guai deve passare Chi camba rerenn mor fiscann - Chi campa ridendo muore fischiando Chi camina qu zuopp gapnann zuppchea - Chi cammina con il zoppo impara a zoppicare Chi campa drit campa afflitt - Chi campa rigido campa afflitto Chi campa stortari ed campa bunariedd - Chi campa storto campa bonariamente Chi chiagne fot a chire ca rire - (i furbi) Chi piange frega chi ride Chi cummanna nu sura - Chi comanda non suda Chi more chi fung puoz accis chi u chiagne - Chi muore chi lo seppellisce possa uccidere chi lo piange Chi nasc tunn nun mor quadr - chi nasce tondo non morirà mai quadr Chi ricordo 'a messa e chi assist - Chi lavora e chi guarda Chi sap' ast'mà astema 'n zuonn - Il bestemmiatore bestemmia anche quando dorme Chi ten figl’ femmène nun chiamess puttan’ - Chi ha fiflie femmine le chima puttane Chi ten figl' mascul’ nun chiamess mariuol - Chi ha figli maschi non li chiama ladri Chiacchier nanze u furn, perdmient r tiemp - chiacchiere davanti al forno è perdita di tempo Chiur i port ca trasâ’n i gatt - Chiudi la porta che entrano i gatti Crai crai rice a cornacchia - Domani domani dice la cornacchia Crisc' figli e crisc' puorc - Cresci figli e cresci maiali Cumm ric u pappc a noc, ramm tiemp ca t spertos - Come dice il tarlo alla noce, dammi tempo che ti buco E che cazz' s' so spartut a fessa r' a furmicula - Dividersi il nulla È scuro cum' a na vocca r' lup' - È buio come la bocca del lupo Fa cum t fann ca nun è p’cat - Fai quello che ti fanno che non fai peccato I caz ra caurara u sape a cucchiara - Ogni mestolo sa i problemi della sua pentola (ogni persona conosce i suoi problemi) I guai ra pignata i sap sul a cucchiara - Ogni mestolo sa i problemi della sua pentola (ogni persona conosce i suoi problemi) I corn r' ricch so d' vammanac, Cher r'i poveriedd so d'noc - Le corna dei ricchi sono di ovatta, quelle dei poveri sono di noci I femmen so cum u casacavadd: appienn ra capa e u ngign ra u cul! - La donna è come il caciocavallo: si prende per la testa e si inizia dal sedere I foder cumbattn e i sciabule stann appes - I foderi combattono e le sciabole stanno appese I pacc fuin e a casa rest - I pazzi scappano e la casa rimane Inda vita s tien panar si furtunat - Nella vita bisogna avere il sedere grosso per avere fortuna

Ma chiant o schiant? - Hai capito il controsenso che hai appena detto? Marit e figli com Dio ti mann ti pigli - Marito e figli come Dio te li manda cosi te li prendi Mazz e panel fann i figl bell, pan senza mazza fann i figl pazz - botte e panelle fanno i figli belli, pane senza botte fanno i figli pazzi Natale cu sole e Pasqua cu tuzzone - Natale con il sole Pasqua legna al fuoco Nu mangia p' nu caca - Non consuma per non spendere Nun crer a i suonn - Non credere ai sogni Nun mbarà prtus ai surgi - Non insegnare buchi ai topi Nun'a cap' na zedd'la r' puorc' gul - Non hai testa nemmeno come una setola di maiale O ciuccio porta a paglia e o ciuccio sa ammaglia - L'asino porta la paglia e l'asino se la mangia O prima o rop re quinici - O prima o dopo Ogn leuna ten u fum suw - Ogni legna ha il suo fumo P' guliio r' lard' t' mitt n gul a scrofa - Per voglia di lardo ti fai la scrofa Pov'r a chi stai suggett - Povero chi ha bisogno degli altri Prima r' tras pan e cas, ropp trasut pan assulut - Prima di entrare pane e formaggio, dopo entrato solo pane Quan marz u bol fa ngoppa na pala t fac caca - Quando marzo lo vuol fare col mal tempo non ti fa uscire di casa Quann fui s' fai' arr'va i tacc ,n gul - Quando corri ti arrivano i tacchi a sedere Quann parla u zich’ u’ gruoss’ già ha parlat - Quando parla un bambino, un adulto ha già parlato (i bambini seguono l'esempio degli adulti) Quann si giovan canta e sona, quann si viecchij t ric a curona - Quando sei giovane canta e suona, quando si è anziani reciti il rosario Quann u cervat s fac u cappucc' vinnt a crapa e ccattat u ciuccio - Quando il cervati si rannuvola venditi la capra e comprati un asino Ress u papc a noc, ramm tiemp che t spurtos - Il tempo è galantuomo Ricm a chi si figl e t ric a chi assumigl - Dimmi a chi sei figlio e ti dico a chi assomigli Rui paravisi nun s potn gor - Non si può avere tutto dalla vita S' a mmiria foss coglia tutt quand a strascnessr p'terra - Se l'invidia fosse "coglia" tutti la trascinerebbero per terra S' vuò mett u per a ogni preta nun arriv mai - Se vuoi mettere il piede su ogni pietra non arrivi mai S'i mbriest't fossr buon s mbr'stessr u mmuglier - Se i prestiti fossero sicuri si presterebbero anche le mogli Sa pozza mangia cu na ponda r'ac - Si possa mangiare con una costa di sedano Sant Martin mnestra e cucina, a femmna spnzierata nun s trova mang cucnat - Il giorno è breve, e se la donna non si dà da fare, non riesce nemmeno a cucinare Scapula i vuoi e mprestame a'rato - Sciogli i buoi e prestami l’aratro Senz sold nun ze candan mess - Senza soldi non si cantano messe (fa niente) Simm fatt r chir ca mangiam, carn! - Siamo fatti di ciò che mangiamo, carne Stipa ca truv - Conserva quello che trovi T mangan quatt lastr au lambarul - Ti manca ancora tanto T' si abbuttat cum a nu ruosp - Hai mangiato come un rospo Tirt..inda.. a pettla c’ha par brutt - Camminare con la camicia fuori dai pantaloni U figliu mut u capisc a mamma - Il figlio muto lo capisce la mamma U putuar t vol venn cher ca ten - Il negoziante ti vuole vendere quello che ha U rut porta u san - La persona rotta porta quella sana U' cchiù fess t' caca a casa - Il più scemo ti sporca la casa U' riavul venn a lana e nun tene i pecur - Il diavolo vende la lana senza avere le pecore U’ Gnurant’, t’nia vint’ e vulia fà quaranta - L'ignorante ti batte e vuol stravincere facendo il sapiente Uocchi contruocchi furt'ciedd a l'uocchi scatta ammiria e crepa u malucchio - Occhio e malocchio forcine negli occhi non credere al malocchio Uocchj chin e man vacant - Occhi pieni e mani vuote! Vai pt fa acroc e ngg truv a capa - Vai per farti la croce e non trovi la testa

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TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE

(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)

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SANTO PATRONO

Michele (in ebraico: מִיכָאֵל‎? [mixaˈʔel]; in latino: Quis ut Deus, Chi è come Dio, che traduce Mîkhā'ēl; in greco antico: Μιχαήλ, letto Mikhaḗl; latino: Michahel; in arabo: ميخائيل| , letto Mīkhā'īl) è un arcangelo nell'Ebraismo, nel Cristianesimo, e nell'Islam.
Nella tradizione delle Chiese Cattolica Romana e Ortodossa, nella fede Anglicana e Luterana, egli è chiamato "San Michele l'Arcangelo" (l'Arcangelo per antonomasia), o più brevemente "San Michele". 
Nella tradizione delle Chiese Ortodosse Orientali e Ortodossa, egli è chiamato "Tassiarca Arcangelo Michele", o più brevemente "Arcangelo Michele".
L'attribuzione direttamente nel nome del titolo di Santo, che pure ha origine nell'Antico Testamento, non è universalmente accettata da tutte le confessioni religiose.
Invece, il nome proprio Michele (in ebraico: מיכאל, di tipo teoforico) è tra quelli a cui la Bibbia attribuisce espressamente il titolo di Arcangelo.
Il nome Michele deriva dall'espressione Mi-ka-El che significa "chi è come Dio?".
L'Arcangelo Mihele è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di Satana.
Michele, comandante delle milizie celesti, dapprima accanto a Lucifero (Satana) nel rappresentare la coppia angelica, si separa poi da Satana e dagli angeli che operano la scissione da Dio, rimanendo invece fedele a Lui, mentre Satana e le sue schiere precipitano negli Inferi.
L'arcangelo Michele è rappresentato in forma di guerriero, infatti porta una spada. 


L'angelo Michele nell'ebraismo
Secondo l'esegesi della religione ebraica l'Angelo Michele, che è un Serafino, sostiene il popolo d'Israele e rappresenta il Kohen Gadol nelle Regioni eccelse, è infatti legato alla Sefirah Chesed ed è chiamato "Grande" come il popolo d'Israele.
«...Samek indica Mikael che sostiene Israele, lo difende e ne attesta la rettitudine».
Se non fosse per lui, che parla bene nei nostri confronti, non saremmo più al mondo ma egli dice al Santo, benedetto Egli sia: "Israele professa l'Unità proclamando: "Chi è come Dio?" (mi ka E-l)", come è scritto: "Chi è come Te fra gli dei, o Signore" (Esodo15.11) ... Mikael domina tutti i (gli Angeli) principi»
L'angelo Michele rivelò alla matriarca Sarah, sposa di Abramo, la nascita del figlio Isacco; inoltre, ormai superata, parlò ad Abramo nell'episodio della prova del sacrificio di Isacco.

Michele nell'islam
Il nome di Mīkāʾīl (in arabo: ميخائيل‎), o Mīkīl (in arabo: ﻣﻴﻜﻴﻞ‎), è citato nel Corano alla sūra II, versetto 98. È indicato come di pari rango rispetto a Jibrīl (Gabriele). Secondo la tradizione, assieme a quest'ultimo, avrebbe provveduto a istruire il profeta Maometto e, secondo un'altra tradizione, sua caratteristica sarebbe quella di non ridere mai.

San Michele Arcangelo a Padula
San Michele Arcangelo (Patrono di Padula), si festeggia principalmente l'ultima Domenica di Maggio o la Terza (ma viene festeggiato anche in altre occasioni)
Per l’occasione, tutte le statue delle altre Chiese Parrocchiali e delle Cappelle del Paese, fino agli anni 1970, «si recavano in visita» al Protettore San Michele, per la solenne funzione delle ore 11 celebrata dal Vescovo in Chiesa Madre. 
Oggi, solo San Francesco e San Giovanni giungono dalle rispettive Chiese (Convento di San Francesco e Chiesa di San Giovanni Battista) e vengono accomodate lungo le navate laterali della Chiesa Madre, prima della liturgia, al termine della quale sono disposte in teoria sul Piazzale antistante in attesa del Santo, che esce dalla Chiesa, adorno di ori e primizie, in particolare ciuffi di ciliegie messi in bell'ordine.
Dopo la solenne funzione, cui partecipa tutto il popolo Padulese, si aspetta che esca il Santo Patrono, accompagnato dal maestoso suono delle campane e dalla banda musicale.
Il racconto delle antiche modalità di svolgimento delle Feste Padulesi è tramandato da don Arcangelo Rotunno, sacerdote, archeologo e letterato, vissuto tra la metà del 1800 e la fine degli anni 1930: «Oltre il suono giulivo delle campane della Chiesa Madre, anche quelle delle altre chiese squillano a festa per il Santo Patrono nei predetti giorni e in altri simili».
«La sera della vigilia della solennità del Patrono si accendono per le vie i falò, le Sacre cerimonie montane - vere villeggiature pel popolo, - sono allietate dal suono delle cennamelle e della cornamusa».
«A volte dei vaghi cinti o castelli di candele ornati di fiori e di nastri, seguono i questuanti o la processione prima di essere consegnati ai procuratori della festa: i quali procuratori si fanno, nelle collette per l'abitato, precedere da uno stendardo a mo' di panno da testa o di scialle adorno di una immagine del festeggiato per la sottoscrizione. 
E quel drappo preceduto dalla musica, si porta al favorito dalla sorte la sera; e, allora, cerimonie e cortesie. 
Ragazze (verginelle) ornate di fiori naturali o artificiali, abbigliate per la circostanza, ordinariamente o in maggioranza in candida veste, partecipano, serie e modestissime, ai convegni, alla processione che sosta ove brucia, scoppia la batteria». 
«La sera delle maggiori solennità, nella Piazza Umberto I o in altro piazzale, si bruciano fuochi artificiali più o meno numerosi, svariati e attraenti».

DOVE MANGIARE (clicca qui per vedere)
DOVE DORMIRE (clicca qui per vedere)

COME RAGGIUNGERE Padula
In TRENO

Le Stazioni Ferroviarie più vicine sono quelle di Salerno


[collegamenti Salerno>Padula in Autobus Freccialink o Italobus solo durante il periodo estivo]


e di Sapri

[con collegamenti Sapri>Padula in autobus Autolinee Lamanna e Curcio]

In AUTOMOBILE

Autostrada A2, uscita Padula-Buonabitacolo


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Whatsapp: +39 348.2249595


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