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Campania: Atrani più piccolo Comune italiano per superficie


Atrani è il più piccolo Comune italiano per superficie, della Provincia di Salerno (SA) in Campania.
Fa parte della Costiera Amalfitana e del Club dei Borghi più Belli d'Italia.

Si raggiunge in 50 minuti da Salerno, in 23,9 km con la SS 163, e si trova a 700 m da Amalfi.
È uno dei Centri più Pittoreschi e tra quelli che meglio conservano le caratteristiche dell'architettura della Costiera Amalfitana; stretta fra le alte pareti rocciose quasi a picco e il mare, allo sbocco della Valle del Dragone, e centro balneare rinomato per la produzione di Ceramiche. 
Fino al 1500, rimase unito ad Amalfi, abitato dalla gente più nobile di quella Repubblica e vi si incoronavano e seppellivano i Duchi di Amalfi. [ascolta il podcast]
ATRANI
Regione: Campania
Provincia: Salerno SA
Altitudine: 21 m slm
Superficie: 0,9 km²
Abitanti: 842
Nome abitanti: Atranesi
Patrono: Santa Maria Maddalena (22 luglio, terza domenica di ottobre)









GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

È uno dei centri più Pittoreschi e tra quelli che meglio conservano le caratteristiche dell'Architettura della Costiera Amalfitana.

«La curva scalinata barocca in leggera salita verso la chiesa. 
La cancellata dietro la chiesa. 
Le litanie delle vecchie all’avemaria: propedeutica alla prima classe del trapasso. 
Se ci si gira la chiesa confina, come Dio stesso, col mare. 
(…) Vicoli come canali di ventilazione. 
Nella piazza del mercato una fontana. 
Verso sera, donne ai suoi bordi. 
Poi solitaria. 
Un gorgogliare arcaico» 
(Walter Benjamin, filosofo tedesco, in visita in Costiera Amalfitana nel 1924)

«Un breve sorriso di case / sul volto arcigno della Costiera / bocca a bocca col fiato del mare».
(A. Raviele)

In questi versi è tutta la natura del luogo, dove le case, la gente, il mare trovano rispondenze infinite nei loro legami ancestrali.
Qui sono nati i profumi della Cucina, l’Uva Appassita al sole, i Fichi insaporiti con spezie; qui le Barche sono tirate in secca ogni mattina, al ritorno dalla Pesca: e quando sul mare si distende lentamente la luce, le bianche case sembrano trasfigurate nell’incomparabile spettacolo della Costiera.

Atrani sta dentro le crudeltà Saracene e le delicatezze dell’Arte: è l’uccellino che cova in cima ad un albero, i pavoni che fanno la ruota, la lepre fuggitiva beccata da 2 uccelli, immagini che vengono dal fondo dei secoli, custodite in una lapide della Chiesa di San Salvatore.


ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

L’origine del nome è incerta: la maggior parte degli studiosi propende per l’aggettivo latino "ater", oscuro, tetro, perché corrisponderebbe alla visione del Borgo simile a un antro racchiuso tra ripide pareti rocciose a picco sul mare.
Altri fanno derivare il nome dall’insediamento da cui provenivano i primi Coloni Greci, Atria.
Il luogo è già menzionato nella «Historia Langobardorum Beneventanorum» di Erchemperto (metà 800): «Atranum vero oppidum cum muris circumdatum prope littus maris in valle abboccasu hyemali habet civitatem Amalphie...» secondo quanto riportato da Giustiniani (1797-1805), il quale aggiunge: «si avvisano taluni, che la sua denominazione derivasse da un antro, o luogo oscuro, avendo infatti vicoli molto stretti, ed angusti, e situata sopra un luogo scosceso, ed ineguale: hoc oppidum sic appellatum est, quia ardua mole saxorum hic inde super extenduntur».


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TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Stretta tra il Monte Civita ad Est ed il Monte Aureo ad Ovest, Atrani si estende lungo la Valle del Fiume Dragone, così detto perché la leggenda vuole che vi si nascondesse un terribile drago che sputava fuoco.
Per la bellezza di Vicoletti, Archi, Cortili, Piazzette, delle caratteristiche “Scalinatelle”, delle Abitazioni, poste l'una sull'altra, per l'atmosfera suggestiva della sera, quando le luci sono accese, Atrani è l'unico paese della Costiera a conservare intatto il suo antico carattere di piccolo Borgo di Pescatori.
Le prime case si affacciano direttamente sulla spiaggia, per poi raccogliersi intorno alla Piazzetta con la Chiesa del San Salvatore e la Fontana di pietra; salgono, infine, verso la Valle e si arrampicano lungo le pendici rocciose della Collina, attraversate dai Giardini e dalle Coltivazioni di Limoni. 
Isolata dal traffico automobilistico, protetta dalle sue Antiche Case dai balconi fioriti, la Piazzetta di Atrani accede direttamente alla spiaggia ed al mare, attraverso l'antico passaggio creato per mettere in salvo le barche dalle mareggiate. 
Il rispetto e l'attenzione alla semplice vocazione originaria, fanno di Atrani, un esempio di sviluppo turistico ecosostenibile.


ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

Visitare Atrani, vuol dire perdersi nel più piccolo paese d’Italia per estensione, antico borgo costruito in appena 0,9 km².
La bellezza di Atrani sta nella coreografia che la spiaggia gli disegna intorno e, nell’intrico di abitazioni, poste l’una sull’altra, che lo fa somigliare a un presepe, soprattutto la sera quando le luci sono accese. 
Di giorno, le stradine che l’attraversano sembrano talvolta sparire dentro le case, per poi riemergere d’incanto in uno slargo o in una piazzetta, dal contrasto di luci e ombre dei suoi caratteristici piazzali, dal biancore degli intonaci, dal colore dei giardini e degli orti ancora diffusi tra le case, dove la luce del sole è finalmente libera di irradiarsi.
Atrani, vicinissimo ad Amalfi, è il Borgo Costiero che meglio ha conservato la struttura originaria, risalente al Medioevo, fatta di vicoletti, archi, cortili, piazzette e le caratteristiche “scalinatelle”.
Ha una piccola spiaggia, raccolta e protetta, da cui, la sera, partono le lampare per la pesca, le mille lampare che di notte diventano mille punti luminosi che illuminano il mare, la più bella visione che si possa avere del Mediterraneo. 
In un posto, pur così piccolo, ci sono tante cose da vedere; la visita al Borgo, deve iniziare dalla “Piazzetta” di Atrani (Piazza Umberto I), il cuore della cittadina, meraviglioso cortile urbano dove, abitanti e turisti di tutto il mondo, si incontrano, da mattina presto a notte fonda, tra i tavolini dei bar e ristoranti o seduti sulle scale della Chiesa di San Salvatore, rilassati, bevendo e mangiando le specialità del posto, negli ottimi locali; il tutto, a pochi passi dal mare, che si scorge dagli Archi che portano alla spiaggia. 
Il Borgo di Atrani, si è sviluppato intorno alle Chiese presenti sul Territorio del Comune, che sono, ancora oggi, i luoghi più belli da visitare, sia per le Opere Artistiche che, soprattutto, per il fascino e il Panorama dei Luoghi dove sono state edificate. 
Si inizia dalla storica Chiesa di San Salvatore de Birecto, dove avveniva l’incoronazione dei Dogi, a cui veniva solennemente posto sul capo il berretto (“birecto”) dogale. 
Rimaneggiata in stile Neoclassico, la Chiesa è, in realtà, antichissima, infatti fu fondata nel 940; contiene un Pluteo marmoreo (elemento parallelepipedo di legno, ma più spesso di pietra, facente parte delle recinzioni che nelle Basiliche circondano l'altare) della fine dell’anno 1000, che mostra altorilievi di stile Bizantino e figure Antropomorfiche di derivazione Longobarda.
La bella Porta di bronzo, fu fatta fondere a Costantinopoli nel 1087 dal nobile Pantaleone Viaretta, lo stesso che 20 anni prima, aveva procurato ad Amalfi la porta del Duomo (le 2 Porte sono molto simili); quella di Atrani presenta 2 battenti formati da 24 formelle, con le 24 centrali, ricche di intarsi in argento, rame e smalti, eseguiti con tecnica Orientale (Persiano-Siriaca).
Sulle pendici del monte, è posta, invece, la Collegiata di Santa Maria Maddalena, sorta nel 1200, come ringraziamento degli Atranesi (che ne inserirono l'immagine anche nello Stemma Comunale), per averli liberati dai predoni Saraceni.
È costituita da un unico ambiente rettangolare, coperto da una volta a botte, ed illuminato da 2 finestroni di Età Barocca, come la facciata. Nella piccola Sacrestia è conservata un’Urna Cineraria Romana di marmo bianco.
La Cupola Maiolicata e la Torre Campanaria, a pianta quadrata, sono diventate il simbolo dello skyline di Atrani. 
La Collegiata è situata sul promontorio che domina il borgo, con una straordinaria vista sul golfo di Salerno, uno dei punti più belli della Costiera Amalfitana. 
Sul suo piazzale sarai abbagliato dalla luce che si riflette sulle pareti bianche e sul mare.
Accanto alla Chiesa, si trova la Grotta di Masaniello, al di sotto della quale, è situata la Casa Materna del celebre CapoPopolo Napoletano, costruita in cima a 500 scalini. 
Accanto alla Chiesa di Santa Maria del Bando (vedi appresso) poco al di sopra dell’Antica Via Pubblica, che collega Atrani con Amalfi, c’è la Grotta del Santidove, in Epoca Medievale, era presente un Eremitaggio si trova al di sotto e poco distante dalla Torre dello Ziro; è una piccola cavità naturale, che si apre su un Terrazzamento Coltivato a Limoni, dal perimetro di un quadrilatero irregolare e dalle pareti decorate da Affreschi in Stile Bizantino, risalenti al 1100 e raffiguranti i 4 Evangelisti; la Grotta è quello che rimane del dell’Antico Monastero Benedettino dei Santi Quirico e Giulitta, fondato nel 986, dall’ArciVescovo Leone I. 
L’entrata della piccola Grotta, che si apre su un Terrazzamento Coltivato a Limoni, è contornata da uno degli archi di sostegno di un Canale Idrico; ha il perimetro di un quadrilatero irregolare e le pareti decorate da Affreschi in Stile Bizantino, risalenti al 1100, raffiguranti i 4 Evangelisti e sul fondo verde, campeggia un Santo Guerriero, certamente San Giorgio, con il braccio levato a reggere l’asta.
Infine, Santa Maria del Bando, incastonata sulla parete rocciosa al di sotto della Torre dello Ziro; l’Antica Cappella, è raggiungibile attraverso qualche centinaio di ripide scale che, dopo la fatica, regalano un Panorama mozzafiato. 
Secondo la tradizione, la Chiesa prende il nome dall’Antica Usanza di Annunciare i Bandi (leggi e sentenze), dall’alto della sua terrazza. 
La Torre dello Ziro è la Fortezza situata sul Monte Aureo, che sovrasta le città di Amalfi e di Atrani e sorge sul territorio di Scala. 
Non se ne conosce la data certa di costruzione, ma l'impronta Aragonese, fa pensare al 1400
La Torre, risulta priva di entrate e si suppone che per accedervi si usassero delle Scale Levatoie. 
La struttura, fiancheggiata da Bastioni e Torrette, era in comunicazione con un altro Castello posto a Settentrione, nei pressi di Pontone, del quale rimangono i ruderi. 
Il nome Ziro deriverebbe: o da Siri, cioè dei Serbatoi scavati nel terreno e chiusi ermeticamente, di cui era dotata la Torre; o da San Salvatore de Ciro, che era un Insediamento Eremitico Rupestre, ubicato sotto la Torre.
La fama della costruzione è legata alla vicenda di Giovanna la Pazza: Giovanna d'Aragona era figlia illegittima di Enrico, figlio a sua volta illegittimo di Ferdinando I d'Aragona; a 12 anni, nel 1490, si sposò con Alfonso Piccolomini, Duca di Amalfi, che, nel 1498, la lasciò vedova e madre di 2 figli, ed alla guida del Ducato, che in quel tempo versava in cattive condizioni finanziarie. 
La giovane donna rimise in sesto il Ducato e, contro la volontà dei fratelli, sposò Antonio Bologna, suo maggiordomo, con il quale visse una travolgente storia d'amore, sulla cui intensità abbondano le cronache del tempo.
I fratelli s'impegnarono a reprimere lo scandalo e, dopo alterne vicende e rocambolesche fughe, imprigionarono Giovanna (oramai soprannominata la Pazza) ed i suoi bambini nella Torre dello Ziro; qui furono lasciati morire di fame o, secondo cronache più accreditate, sgozzati mentre il Bologna fu fatto pugnalare per mano di sicari. 

Tali eventi ispirarono a Matteo Bandello la XXIV delle sue Novelle, dalla quale poi furono tratte 2 tragedie: The duchess of Amalfi di John Febster e El Mayordomo de la Duquesa de Amalfi di Felipe Lope de Vega.
Pure se piccola, Atrani ha tante altre Chiese e Cappelle: il Monastero Francescano di Santa Rosalia, la Chiesa di Santa Maria Immacolata, la Cappella di Santa Gertrude e la Chiesa di San Michele Arcangelo Fuori le Mura ("Camposantino"), famosa per suo bizzarro genere di costruzione: detta Fuori le Mura, perché situata all'esterno dell'Antica Cinta Muraria della città, in prossimità della Porta Nord, al confine con Ravello. 
Fu costruita tra l'anno 1000 ed il 1100, ricavandola da una cavità dal monte Civita. 
Vi si accede tramite una Rampa di Scale alla cui sommità è posto il Campanile, sotto cui passa la Via Pedonale. 
L'interno della Chiesa, di forma trapezoidale, mostra le pareti inclinate della roccia, occupate in lunghezza da tombe. 
La Chiesa, infatti, era adibita a Cimitero fino al 1927 (per questo detta anche "Camposantino"), e fu una vera e propria fossa comune, in occasione della Pestilenza del 1656. 
L'altare, di stile Barocco, alla sinistra del quale, una scala conduce ad una piccola Cappella, molto simile alla 3a Cappella della Badia di Santa Maria Oleari di Maiori.

«Racconti di Viaggiatori»

Alfonso Gatto, per il quale Atrani è «… bianca città d’un tempo e d’ogni giorno …», quando entrò nella redazione di Epoca, un giorno, tra le risposte ai lettori, scrisse una sua bellissima descrizione di Erchie, che a quel tempo era un luogo assolutamente ignorato, persino da chi lo attraversava per venire a Maiori o ad Amalfi.
Gatto raccontava che, da ragazzo, ci si recava in barca da Salerno. 

«In quell'insenatura - scrisse su Epoca -, il mondo taceva come per incanto, la spiaggia di ghiaia bianca, l'acqua del mare verdissima e chiara sugli arenili. 
Poche voci tra le pergole dei giardini d'agrumi»

Ricordava «una piccola osteria, una stanza, in fondo alla valletta verde dell'insenatura, sotto lo strapiombo della strada costiera. 
[...] una piccola osteria, una stanza, in fondo alla valletta verde dell'insenatura, sotto lo strapiombo della strada costiera. 
C'era pronto un piatto di aguglie fritte, quei pesci lunghi col becco e la spina verdissima, tenuto al fresco con l'aceto e la mentuccia. 
Ritornavamo sulla spiaggia, infilavamo la bottiglia nella ghiaia dove batteva la maretta. 
Mangiavamo con le mani quel pesce odoroso e silvestre, bevevamo quel vino asprigno. 
Eravamo felici, parlando delle nostre speranze, dei nostri timidi amori. 
La notte rimaneva sempre chiara. 
Bevendo e bevendo, parlando e parlando, una notte capitò di addormentarci. 
Ci risvegliammo che l'aurora tingeva il cielo di rosso. L'oste, prima di andare a letto, ci aveva coperto col tappeto dell'unico tavolo della sua osteria»

Ogni tanto si alzava e, affacciato al balcone, parlava del paesaggio della Costiera, che adorava, della linea impercettibile dell'orizzonte che separava l'azzurro del cielo da quello del mare, mi manifestava il suo amore per gli ulivi, alberi «di antica povertà", che si vedevano parati nel terreno scosceso: "Gli ulivi del mare, foglia / di grigio-verde-argento ...»

I legami di Alfonso Gatto con la Costiera sono testimoniati dalle sue frequentazioni e dalla sua poesia: le Rime di viaggio per la terra dipinta, soprattutto. 
L'emozione - la sua e quella che trasmette a suoi lettori - del viaggio in Costiera:

«La strada che da Vietri a Capodorso
a Minori, ad Amalfi sale e scende
verso il mare di Conca e di Furore
è strada di montagna: vi s'arrende
la luce che nel trarla dosso a dosso
ai suoi spicchi costrutti trova il fiore
del lastrico deserto, la ginestra.
E l'ombra passa a approfondire il verso
dei suoi displuvi, l'onda dei tornanti
alle case di vetta: una finestra
dai vetri d'alba s'apre per l'oriente
alla breva serale.
Calma fragranza, il sonno nel riverso
meriggio è già l'amore,
un frascheggio di pergole di scale
e di voci passanti,
il fumo di chi vive col suo niente
una giornata d'aria.»

Oppure:

«Odorava di ragia, di fragaglia,
la costa di Cetara e d'Erchie sale
nella memoria, tesse i muri, impaglia
le pergole di agrumi: per le scale
dei monti svetta il bianco delle case.»

O alla suggestiva esplorazione del paesaggio di case e di terrazze a sghembo, che ad Atrani si confondono con le cupole della Maddalena:

«Dall'entro della costa all'ampia svolta,
verde di casa rosa Atrani bianca,
città d'un tempo e d'ogni giorno è colta
dalla sorpresa d'essere: l'affranca
di luce il suo costrutto per dimore
che ascendono murate al vivo, illese
nel tenere per saldo e per nitore
terrazze a sghembo, cupole di chiese.
Nelle arcate profonde del viadotto
il mare verde inabissato annera.
In alto i vetri del tramonto, sotto
questo fresco parlare che è già sera.»

Un giornalista che gli fu amico e lo frequentò, in occasione del Santarosa Festival di Conca del 2009, nel corso del quale s'è celebrato il centenario della nascita di Alfonso Gatto, ha scritto: «di cene insieme ne consumammo tante a Minori con l'allegra brigata di amici o ad Atrani a tirare l'alba in miti conversari nella piazzetta/salotto con le scalinate e l'agile campanile di San Salvatore de Birecto a far da quinta. 
Gatto amava molto Atrani, città d'un tempo e d'ogni giorno colta nella sorpresa d'essere con quel costrutto per dimore che ascendono murate al vivo, illese nel tessere per saldo e per nitore terrazze a sghembo, cupole di chiese, là dove nelle arcate del viadotto il mare verde inabissato annera con in alto i vetri del tramonto e sotto il fresco parlare ch'è già sera»
Gatto - ricorda il giornalista - «non disponeva di macchina ed odiava la guida. 
Così, spesso, mi chiedeva di fargli compagnia nelle scorribande da Vietri a Positano, con soste, sempre più frequenti negli anni, a Minori, a Ravello, ad Atrani, ad Amalfi, a Conca, a Furore, a Positano».
«Verso la fine degli anni sessanta - aggiunge - mi chiese di trovargli una casa nel verde degli agrumeti, nel silenzio assorto della campagna spalancata sull'infinito dell'orizzonte del mare dei miti e della storia. Girammo a lungo tra Ravello, Scala, Pogerola di Amalfi e Furore. 
La trovò a Conca. 
Gli piacque e fu il suo rifugio. 
E a Conca dedicò una bellissima lirica, in cui registrava la paura da mancamento su per l'erta delle scale dal mare alla collina».

Seguendo l'Erta di Conca

«Il mezzogiorno lastrica le mude
di calce spenta, mi sostiene il vago
terrore di mancare, così nude
le gambe irragionevoli che appago
del ricordo del sole, così mio
l'inganno di seguirle al tremolìo
dell'universo vuoto.
Nel precipizio del cadere immoto
la mia paura a strèpito del cuore.
Ad attrarmi così, nel lieve moto
di quegli aghi silenti, fu stupore
di vita la sembianza dell'addio
che a distinguere il volto mi trovavo.
Ero l'orma sparita nell'incavo
del segno, a rilevarmi dall'oblio
fu la musica torrida, la spera
d'un riverbero alato, la Chimera.»

Oltre Conca, era il fiordo di Furore a scatenare nel poeta "l'assorta meraviglia dell'essere". 
Insieme al "paesetto di Riviera" dove

«La sera amorosa
ha raccolto le logge
per farle salpare
le case tranquille
sognanti la rosa
vaghezza dei poggi
discendono al mare
in isole, in ville
accanto alle chiese.»

Le parole di Gatto, i versi che ha dedicato alla Costiera - sottolinea Alessandra Ottieri - «ci restituiscono un'immagine possente della nostra terra, il cui ricordo non solo va preservato come una gemma rara, ma va coltivato, messo a frutto, divulgato presso le nuove generazioni per riscoprire l'amore verso un angolo della nostra penisola che ha bisogno, per riscattarsi, di ritrovare la memoria di sé».

E questo è compito nostro e dei nostri figli. 


Il famoso filosofo tedesco Walter Benjamin, in visita in Costiera Amalfitana nel 1924, ne fu particolarmente colpito e cosi la descrisse:

«La curva scalinata barocca in leggera salita verso la chiesa. 
La cancellata dietro la chiesa. 
Le litanie delle vecchie all’avemaria: propedeutica alla prima classe del trapasso. 
Se ci si gira la chiesa confina, come Dio stesso, col mare. 
(…) Vicoli come canali di ventilazione. 
Nella piazza del mercato una fontana. Verso sera, donne ai suoi bordi. 
Poi solitaria. 
Un gorgogliare arcaico».

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DIALETTO

Dall’attività della Pesca - nel passato, principale fonte di sostentamento - la fantasia popolare ha tratto i “Detti” locali più importanti. 
Queste massime di esperienza del Villaggio, nascono dall’Osservazione della Ciclicità dei Fenomeni Naturali, in particolare, dalle loro conseguenze sulla Pesca.

DETTI MARINARI 

Quanno o mare s’appantana - o è Scerocco o è Tramontana (Quando il mare crea pozzanghere sulla battigia - spirerà o lo Scirocco o la Tramontana)

Aria ‘e Lebeccio - scenne ‘a Napole senza ‘mbaccio (Il Libeccio puro - spira da Napoli senza ostacoli)

A Matalena ‘a menaita dint’ o munazen (Il giorno di Santa Maria Maddalena (22 luglio - data che coincideva con la fine del passaggio dei banchi di Alici), riponi la “menaita”  - rete adibita alla pesca delle alici, nel deposito

Aria ‘e Scerocco - o pesce nun tocca (Quando spira il lo Scirocco - il pesce non abbocca)

Aria ‘e Maisto - o pesce dint’o canisto (Quando spira il Maestrale - si preannuncia una copiosa pesca)

A ‘mmacolat Concezione - sette ducati pe’ no smiraglione (In inverno - 8 dicembre - anche il pesce meno pregiato costa caro)

ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO
(In questa sezione sono riportate le notizie riguardanti prodotti agroalimentari riportati poi nelle ricette dei primi e dei secondi piatti e dei dolci)

I Prodotti Tipici Atranesi sono, il Pesce (soprattutto azzurro) e i Frutti di Mare alla base di Ricette Antiche tramandate di madre in figlia.
Inoltre i Formaggi Freschi provenienti dalle Colline - Mozzarelle, Fior di Latte, Provole -.
Una delle produzioni più caratteristiche dell’area Campana, sono i «Pomodorini del Piennolo» (Presidio Slow Food), Pomodorini da serbo “col pizzo” così chiamati per l’abitudine di appenderli riuniti in grappoli; chiamati popolarmente «Piennoli o «Spongilli» (“Pendoli”) per l’abitudine di appenderli alle pareti o ai soffitti, riuniti in grappoli (Schiocche) e legati con cordicelle di canapa.



Si tratta di piccoli pomodori (20-25 grammi) dalla forma a ciliegia, che si distinguono dai “Pachino” o “Ciliegini”, per la presenza di 2 solchi laterali (coste) che partono dal picciolo e danno origine a delle squadrature, e di una punta, un “pizzo”, all’estremità.
La Buccia è consistente, la Polpa soda, compatta, povera di succo, prosciugata dal sole che splende sui terreni aridi e vulcanici, dal Sapore dolce-acidulo.
Qualità Organolettiche assicurate dal clima e dai terreni lavici.
Si seminano in marzo-aprile e maturano tra luglio e agosto, ma l’Antico Procedimento di Conservazione, prevede che li si raccolga a grappoli interi all’inizio dell’estate per conservarli, appesi in locali con adeguata temperatura e umidità, fino all’inverno o addirittura alla primavera successiva.
Sapore e profumo diventano più intensi con il passare del tempo: man mano che i pomodori asciugano e la concentrazione aumenta.
Così, per molti mesi, si possono condire i piatti di pesce, le pizze e le paste della tradizione campana, con una pummarola straordinariamente saporita.
Da sempre, hanno anche costituito il veloce spuntino di mezza mattina dei Contadini nei Campi: un Pomodoro schiattato sul pane, un filo d’olio, sale e basilico.
In cucina si utilizzano per le cotture veloci: ad esempio per i Vermicelli alle Vongole o il Pesce all’Acquapazza.
Eccellenti anche con la carne alla pizzaiola: fettine cotte in un semplice sughetto di pomodorini preparato all’istante, che poi, una volta estratta la carne, serve per condire i maccheroni.

Le Paste fatte a mano

 
Gli «Scialatelli» o scialatielli, sono fatti di pasta fresca casalinga, di semola di grano duro ed acqua, tipica del Centro Sud; originaria della Campania dove il verbo “sciglià”, significa scompigliare, riferito ai capelli.
La tecnica per produrli richiede l'uso del ferretto, con 2 possibilità: avvolgere intorno, a caso, una striscia di pasta e strofinare sulla spianatoia, fino ad ottenere un lungo fusillo; oppure, allungare sul ferro un cilindretto di pasta, ottenendo un grosso bucatino.
I condimenti variano secondo gli usi regionali, con una netta prevalenza di ragù a base di carne.
Le «Laganelle» sono formato di pasta fresca, a base di acqua e semola di grano duro o farina tipo 0, diffuso nell'Italia Centro-Meridionale.
Sono ottenute da un rotolo di pasta (Lu Lainàre), tagliato in strisce,le cui dimensioni variano, in larghezza è in lunghezza, a seconda delle località, ricordano le tagliatelle, pappardelle e maltagliati.
Anche gli impieghi e i condimenti cambiano: oltre che asciutte, le lagane sono abbinate a minestre di legumi, o verdure.
Il termine latino “Laganum” è lo stesso da cui è derivata la voce italiana lasagna.

Deliziosi, sono anche i Dolci, come «o’ Bocconotto» e «o’ Pasticciotto» che ne è la versione pantagruelica; la Cassata e i  Dolci fatti col Limone «Sfusato Amalfitano», senza dubbio il più pregiato del Mediterraneo.

Tra i Liquori, ricavati da Antiche Ricette Contadine, il celebre «Limoncello», ma anche il «Nocino», il «Fragolino», il «Mortello» (Mirto), il «Concerto» fatto con 15 Spezie ed Erbe, il «Finocchietto», il «Lauro».

Deliziosi i Profumi che ricordano salotti Settecenteschi.

Per non parlare di bijou come i «Passolini», Uva appassita al sole e conservata in un cartoccio di foglie di limone, legate con un sottile giunco, o i «Fichi a Crocetta», riposti nei caratteristici Cestini di Vimini e insaporiti con Spezie, che si consumano a Natale.
 

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ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO

La Tradizione Culinaria riprende, a grandi linee, la Cucina Napoletana, con largo uso di Prodotti di Mare, in particolare il Pesce Azzurro, a cui, durante il mese di agosto, è dedicata anche una Sagra.

La Cucina Locale ha, nell’intreccio della fantasia con la tradizione, la sua caratteristica principale, con l’aggiunta di alcune incursioni nelle Tradizioni delle Regioni vicine.

Il piatto con cui, in Costiera, viene identificata Atrani è «o’ Sarchiapone»: è la Zucca Verde lunga, che viene sbucciata e svuotata, rendendola come un cannellone rigido; dopo questa operazione, si prepara un’imbottitura, che concerne un impasto di carne tritata, uova battute, mozzarella, prosciutto cotto e salame il tutto tagliato a pezzetti con Parmigiano, un pizzico di sale, pepe, basilico e prezzemolo.
Nel frattempo, si prepara una salsa al pomodoro, non troppo densa, che verrà unita al resto.
Riempita la zucca, dell'impasto, si infarina e si frigge, per poi disporla in un ruoto, condita con la salsa preparata, basilico ed una grattugiata di Parmigiano; si inforna a temperatura media per 20-30 minuti.

CIAK SI È GIRATO AD Atrani

La Macchina Ammazzacattivi di Roberto Rossellini (1948)


Carmela è 'na Bambola di Gianni Puccini (1958) con Nino Manfredi e Marisa Allasio; proprio alla Chiesa della Maddalena di Atrani, viene celebrato il matrimonio tra Carmela e il suo amato.


Domani non saremo qui di Brunello Rondi (1967)

Che cosa è successo tra mio padre e tua madre? di Billy Wilder (1972)



Capriccio di Tinto Brass (1987)



Chiari di Luna di Lello Arena (1988)


A spasso nel tempo di Carlo Vanzina (1996)


Le Seduttrici (Good Woman) di Mike Barker, un remake del 2004 del classico di Oscar Wilde “Il Ventaglio di Lady Windermere”, è una vera e propria perla per gli amanti della Costiera Amalfitana. Nel film recitano Helen Hunt, Scarlett Johansson e Tom Wilkinson ed è ambientato negli anni ‘30 sulla Costiera Amalfitana. Le scene sono state girate ad Amalfi, Atrani, Ravello ed in altri luoghi della Costiera Amalfitana, con sottofondo i commenti satirici di Wilde sulla forza dell’amore e sulle virtù del matrimonio.


Amalfi - Megami no hoshu, girato tra Amalfi, Ravello e Atrani, del regista Giapponese Hiroshi Nishita, uscito nel 2009, ha scelto tra le varie location


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STORIA

Le origini di Atrani sono ancora oggi sconosciute. 
Ricerche archeologiche hanno stabilito che nel I sec. d.C., lungo la Costa Amalfitana esistevano delle Ville Romane, le quali furono, però, coperte dal materiale che, eruttato dal Vesuvio nel 60, si era depositato sui monti circostanti e da lì, in seguito, era franato a valle. 
Nel 40, a seguito delle invasioni Barbariche, numerosi Romani, fuggiti dalle Città, si rifugiarono, prima sui Monti Lattari e successivamente, lungo le Coste, ove crearono degli insediamenti stabili. 
La prima prova documentata dell’esistenza di Atrani è rappresentata da una lettera del Papa Gregorio Magno al Vescovo Pimenio datata 596

Il Ducato di Amalfi si estendeva da Cetara a Positano, comprendendo anche Agerola, Pimonte, Lettere, Capri e l’Arcipelago delle Sirenuse (Li Galli); all’interno di questo territorio, Atrani era un Borgo che si fregiava del titolo di Città, Gemellata di Amalfi e sede dell’Aristocrazia: vi risiedevano i Pantaleoni (la famiglia più ricca e potente di Amalfi), gli Alagno, i Comite Mauro, i Comite Iane, gli Augustariccio, i Viarecta, e i suoi Abitanti conservavano identità di Atranesi, a differenza di tutti gli altri abitanti del Ducato, che erano denominati Amalfitani.
Solo agli Amalfitani ed agli Atranesi era riservato il Diritto di Eleggere o Deporre i Capi del Ducato
Amalfi fu governata dapprima da Conti, poi da Prefetti, quindi da Giudici ed infine da Duchi (e non da Dogi come erroneamente si dice, che invece imperavano a Venezia). 
Il Duca concentrava nella sua persona, sia il Potere Civile che quello Militare; simbolo della sua Podestà era un Copricapo, il “Birecto”, di cui i Duchi venivano insigniti nella Cappella Palatina del San Salvatore de Birecto di Atrani.
Il Borgo di Atrani, era più esteso di quello attuale, e protetto sui Confini, da imponenti fortificazioni e si estendeva fino a Castiglione (oggi frazione del Comune di Ravello), così chiamata da Castello Onis, un grande Castello situato sul Promontorio ove oggi sorge la Collegiata di Santa Maria Maddalena. 
In località Civita era invece situato il Castello di Supramonte, distrutto dagli attacchi dei Pisani, tra il 1135-1137.
Vi era poi, la Torre Costiera del «Tumulo» o di «San Francesco», costruita nel 500, ad opera di Don Parafan de Ribera, per difendersi dai Turchi che, dopo la sconfitta della Flotta Cristiana a Gerbe, presso Tunisi, infestavano il litorale.
Gli Atranesi, collaborarono allo Sviluppo Economico-Sociale del Ducato: rilevanti, erano i Pastifici e le Fabbriche di Tessuti che producevano drappi preziosi, per i quali, gli Atranesi detennero il vanto tra i Centri della Costiera.
E furono particolarmente attivi nella zona Orientale extra-Ducato: a Paestum, a Cava dei Tirreni ed a Vietri sul Mare.

Nel 987, Amalfi fu promossa a rango di Diocesi Arcivescovile da Papa Giovanni XV, il cui primo ArciVescovo fu l’Atranese Leone di Sergio di Urso Comite.
Ad Atrani era fiorente la Vita Religiosa: circa 300, erano le Chiese e le Cappelle private; il Monte Maggiore, oggi Monte Aureo, ospitava 6 Cenobi, i più antichi del Ducato.

Il Maremoto del 24 settembre 1343 (di cui ha lasciato un’efficace descrizioni il Petrarca, in una nota Epistola delle “Familiari”), sommerse buona parte del litorale, e pose fine allo splendore di Amalfi e di Atrani, già provate dalle continue incursioni dei Pisani 1135-1137; successivamente, negli anni che seguirono, le sorti di Atrani furono legate a quelle di Amalfi, il cui Ducato, oramai decaduto, venne inglobato nel Principato di Salerno.
Nella seconda metà del 1100, Manfredi, per punire gli Atranesi, per essersi schierati a favore del Papa, nella lotta tra Papato ed Impero, inviò, contro di loro, 1.000 Marinai Alessandrini e gli Atranesi fuggirono ad Amalfi, mentre i Mercenari si stabilirono nel Borgo, che abbandonarono soltanto molti anni dopo (evento attribuito all’intercessione di Santa Maria Maddalena, a cui gli Atranesi si erano affidati); dell’occupazione rimangono tracce, ancora oggi, nella cadenza ed in alcune parole del dialetto locale.
Nel 1643, la Grande Peste mietè numerose vittime anche ad Atrani. 
Nel 1647, Masaniello fece ritorno ad Atrani, braccato dai soldati del Vicerè di Napoli, per nascondersi in quella che, da allora viene chiamata «Grotta di Masaniello», una cavità poco distante dalla Casa Materna dell’Eroe. 
Nato a Napoli nel 1620, Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello, figlio di Francesco d’Amalfi ed Antonia Gargano di Atrani, di mestiere faceva il Pescivendolo, ma era noto, in Piazza del Mercato a Napoli, per la sua abilità di Contrabbandiere Reale 8una sorta di Corsaro), per il quale fu imprigionato insieme alla moglie. 
Uscito di galera per nulla domato, il 7 luglio 1647, Masaniello insieme a Giulio Genoino, fu a capo della «Rivolta dei Fichi», scoppiata per protesta contro il rincaro dei Dazi sulla frutta e sui principali prodotti agricoli. 
La rivolta, da Napoli, si estese a tutto il Regno, venne proclamata la Real Repubblica, sotto la protezione della Francia, e Masaniello fu acclamato “Capitano Generale del Popolo Napolitano”, ma il potere gli diede alla testa, e si abbandonò ad una serie di eccessi che lo resero inviso dal Popolo, tanto che, il 16 luglio 1647, cadde vittima di una congiura: il cadavere decapitato e, la testa su di un palo, fu portata in trionfo per le vie della città. 
La Real Repubblica resistette fino all’aprile successivo, poi soccombette agli Spagnoli. 
Negli anni che seguirono, non si registrarono nel Borgo, eventi particolari, fino al 22 giugno 1807, data in cui, Giuseppe Bonaparte, Re del Regno di Napoli, si recò in visita ufficiale in Costiera Amalfitana
Colpito dalle bellezze del luogo, da Amalfi ed Atrani in particolare, promise di far costruire una Strada che rendesse più facile l’accesso al Regno dei Paesi della Costiera, che fu realizzata, però, tra il 1816 ed il 1854 da Gioacchino Murat.

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MEMORIA DI DONNE e UOMINI

San Francesco d'Assisi, nel 1222, in occasione di un suo viaggio ad Amalfi, ove fondò un Convento sulla Rocca di Santa Croce e Santa Sofia, sostò ad Atrani raccogliendovi dei Discepoli tra i quali si distinse Frate Francesco di Atrani; 

Erik Ibsen, soggiornò 3 mesi ad Amalfi nel 1879, dove creò il suo capolavoro «Casa di bambola». 
Egli scriveva per tutto il giorno, chiuso nella sua stanza, e l’unico relax che si concedeva, erano le discese sulle scogliere e le lunghe passeggiate ad Atrani; 

Richard Wagner, nel 1880, approdò ad Amalfi e, dopo un brevissimo soggiorno, partì a dorso d’asino alla volta di Ravello, facendo tappa ad Atrani dove «…le onde al dilà della riva cullatisi mollemente in un’alterna vicenda mormorano una dolce e misteriosa canzone…»; 

Il 14 marzo 1923 approda in Costiera Mauritius Cornelius Escher
Nel suo cosiddetto “Periodo Italiano”, un arco di tempo che va dal 1922 al 1935, tra alterni viaggi e soggiorni, l’artista realizzò 110 opere (tra litografie e xilografie) da lui definite: «… più che altro … esercizi pratici», ma che costituiscono la base della grande produzione degli anni 1930 e 1940. 
«Laggiù mi sono venute quelle bizzarre idee di uccelli, pesci, cieli, acque», “laggiù” nacque il magico mondo di Escher; le sue opere raffigurano tutta la Costiera, ma fu Atrani ad esercitare sull’artista un fascino particolare: “il villaggio”, come egli lo chiamava, fu il soggetto dominante della sua produzione. Una peculiare attenzione fu rivolta ai giochi di luce, «…magica atmosfera», delle viuzze-cunicoli ed alle architetture intese quali «…forme nello spazio», che portò al compimento della Atrani: «Costa di Amalfi» (1931) e della «Metamorfosi 2» (1939-1940) che fu ripresa dall’artista nel pannello murale destinato all’Ufficio Postale dell’Aja (1968); 

Rosa Fumetto, volle lasciare un segno della sua visita firmando in modo originale (con la forma delle sue grazie posteriori) il libro degli ospiti più famosi di un noto ristorante del posto.

SANTA PATRONA

Maria Maddalena (in Ebraico: מרים המגדלית‎?, in Greco: Μαρία ἡ Μαγδαληνή, Maria hē Magdalēnē) detta anche Maria di Magdala, secondo il Nuovo Testamento è stata un'importante seguace di Gesù.



Venerata come Santa dalla Chiesa Cattolica; nel Calendario Romano Generale, la sua celebrazione è fissata al 22 luglio e nella forma ordinaria del Rito Romano, dal 3 giugno 2016, Papa Francesco l'ha elevata al grado di festa per sottolineare il suo compito di «Evangelizzatrice degli Apostoli», il ruolo della donna nella Chiesa e l'azione della Misericordia di Dio.
La sua figura viene descritta sia nel Nuovo Testamento, sia nei Vangeli Apocrifi, come la cugina di Maria. 
Le narrazioni Evangeliche, ne delineano la figura, attraverso alcuni versetti, che la dipingono come una delle più importanti e devote Discepole di Gesù.
Fu tra le poche a poter assistere alla Crocifissione e - secondo alcuni Vangeli - fu la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell'avvenuta Resurrezione.
L'aggettivo "Maddalena" viene accompagnato, in qualche passo dei Vangeli, dalla precisazione "detta": per esempio in Luca 8,2 il testo originale riporta "Μαρία ἡ καλουμένη Μαγδαληνή" (Maria chiamata Maddalena). 
Si è posta così la domanda se il soprannome "Maddalena" indichi che la donna proveniva da Magdala - una piccola cittadina sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade, detto anche di Genezaret - o abbia un altro significato.
Anche se molti studiosi ritengono valido, il senso di semplice riferimento alla città d'origine, qualcuno ritiene che esso si scontri con problemi oggettivi legati alla Toponomastica del I Secolo che cita Magdala, esclusivamente con il nome Greco di Tarichea e l'identificazione della località, è resa difficile dalla presenza di diverse località denominate Magdala e dall'assenza nei testi Evangelici, di riferimenti precisi che consentano di identificare la città natale di Maria Maddalena.
L'appellativo "Maddalena" potrebbe avere invece una suggestiva valenza simbolica derivata dal termine Ebraico/Aramaico Migdal/Magdal = Torre, usato per sottolineare l'importanza di questa donna all'interno della Comunità dei Discepoli di Gesù. 
Già San Girolamo, adottò questa interpretazione quando, in una sua lettera, scrisse di Maria Maddalena, come di colei che «per il suo zelo e per l’ardore della sua fede ricevette il nome di “Turrita” ed ebbe il privilegio di vedere Cristo risorto prima degli Apostoli»

Maria Maddalena è menzionata nel Vangelo secondo Luca (8, 2-3), assieme a Susanna e Giovanna, come una delle donne che «assistevano Gesù con i loro beni»
Secondo tale Vangelo, esse erano spinte dalla gratitudine: proprio da Maria Maddalena «erano usciti sette demòni». 
Costoro finanziavano personalmente la Missione Itinerante del Maestro.
Secondo la tradizione, era una delle 3 Marie che accompagnarono Gesù anche nel suo ultimo viaggio a Gerusalemme (Matteo 27, 55; Marco 15, 40-41; Luca 23, 55-56), dove furono testimoni della Crocifissione. 
Maria rimase presente anche alla morte e alla deposizione di Gesù nella tomba per opera di Giuseppe di Arimatea.

Legenda Aurea
Lazzaro, Maria Salomé, Marta di Betania, Maria Jacobé e Maria Maddalena, assieme alla serva Sara la Nera, vagarono in mare su una barca priva di remi; dapprima giunsero nel territorio la Couronne, dove, dopo lungo peregrinare, trovarono, finalmente, un pozzo di acqua potabile: per tal motivo, il luogo d'approdo è chiamato ancora oggi Santo Terro, "Santa Terra", dove vi è una Cappella dedicata alla Santa Croce, la Chiesetta della Sainte-Croix, il famoso Pozzo e la supposta Impronta di un piede di Lazzaro;  2 volte l'anno, vi è una Processione alla Cappella. 
Da qui, imbarcata l'acqua potabile necessaria, i Santi personaggi avrebbero proseguito per la Camargue, per approdare a Saintes-Maries-de-la-Mer.
Dall'abitato di Saintes-Maries-de-la-Mer, mentre Maddalena si sarebbe diretta verso Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Lazzaro a Marsiglia, Marta a Tarascona, Maria Salomé, Maria Jacobé e Sara si sarebbero stabilite vicino all'Oppidum Evangelizzando la regione. Una famosa versione di questa storia è contenuta nella «Legenda Aurea» di Jacopo da Varazze (1200).

Nella Chiesa antica
Il Culto più antico rivolto a Maria Maddalena, risalente alla fine del 300, è quello che si svolgeva nei riti della Chiesa Orientale la 2a Domenica dopo Pasqua, chiamata "delle Mirofore"; in quel giorno, si commemoravano le donne che il giorno dopo la Crocifissione e la morte di Gesù si recarono al sepolcro con gli unguenti per imbalsamarlo. 
Tra le "Mirofore" un ruolo importante l'aveva Maria Maddalena, l'unica che è sempre citata in tutti e 4 i Vangeli Canonici
Il primo centro della venerazione della Maddalena fu Efeso, dove secondo una tradizione si sarebbe recata insieme a Maria madre di Gesù e all'Apostolo Giovanni e dove si diceva fosse pure la sua tomba, nell'ingresso della Grotta dei Sette Dormienti; si sposta poi a Costantinopoli, dove all'epoca di Leone il Filosofo, nell'886, sarebbe stato trasferito il corpo, e si diffonde poi nella Chiesa Occidentale soprattutto dal 1000.

In Occidente
La diffusione del Culto in Occidente, avvenne soprattutto grazie all'Ordine dei Frati Predicatori
I Domenicani la considerano una delle loro Patrone e varie Congregazioni di Frati e di Suore, le attribuirono il titolo di «Apostola degli Apostoli», come viene celebrata nella Liturgia Bizantina, e paragonarono la missione di Maddalena, di annunciare la Risurrezione, al loro ufficio Apostolico.
Il Culto di Maddalena si diffuse in Europa e i suoi devoti costruirono numerose Chiese in suo onore: la più nota è quella Gotica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume (1295) dov'è conservato quello che si dice sia il Teschio della Santa; «Sainte Baume», in Antico Provenzale, significa "Santa Grotta": a Plan-d'Aups-Sainte-Baume, sotto la cima più alta del massiccio montagnoso, c'è una grotta dove la tradizione vuole che sia morta la Santa, oggi sede di una Chiesa in cui è conservata una Reliquia della Maddalena, ed in cui c'è una fonte d'acqua, ed un Convento Domenicano.
Ma, il primo luogo in cui si formò il Culto di Maria Maddalena, è l'Abbazia di Vezelay in Borgogna, dove già nel 1050 si diceva fosse conservato il Corpo.
Il Culto della Maddalena, peraltro, non è una prerogativa esclusiva della Francia, come dimostra l'esistenza di molti edifici a lei dedicati, ad esempio, in Italia, come la Chiesa Parrocchiale dell'Isola della Maddalena, la Basilica di Santa Maria Maddalena Penitente in Casamicciola Terme (Ischia) - unica Chiesa in Italia, che conserva il titolo di "Maria Maddalena Penitente" -, la Collegiata di Atrani (SA) dedicata alla Santa dal 1274, e molti altri luoghi di culto.

Reliquie
Come Santa Cattolica, le Reliquie di Maria Maddalena furono venerate a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Provenza, attraendo una tale folla di pellegrini che venne eretta una grande Basilica, verso la metà del 1200, una delle più famose Chiese Gotiche del Sud della Francia; benché le sue Ossa siano state disperse durante la Rivoluzione Francese, si disse che la sua Testa fosse rimasta nel suo Sacrario in una caverna a La Sainte-Baume vicino a Marsiglia, dove la Santa si sarebbe ritirata; si racconta anche di grandi Miracoli e Benedizioni, ricevute da chi si recava al Sacrario per venerare Maddalena. 
Il Piede della Santa, custodito in un prezioso Reliquiario di Benvenuto Cellini, è stato venerato per secoli a Roma, in una Cappella posta all'ingresso di Ponte Sant'Angelo ultima delle "Reliquie Maggiori", prima di giungere sulla Tomba di San Pietro; oggi è conservata nella Basilica di San Giovanni de' Fiorentini, all'inizio di Via Giulia. 
Altre Reliquie consistenti in filamenti di Capelli, stralci di Camice e piccoli resti Ossei, sono state rinvenute nella Collegiata di Atrani (SA), dove sono custodite anche gli attestati e le certificazioni di autenticità.

Tradizione dell'Uovo di Pasqua
Da secoli, è costume dei Cristiani Ortodossi Orientali di terminare la Celebrazione Pasquale, dipingendo uova e proclamando "Cristo è Risorto!" in quanto le uova simboleggiano la nuova vita, e Cristo che risorge dalla morte e per questo nacque la tradizione di colorare le uova di Pasqua.
Una tradizione riguardante Maria Maddalena, infatti, racconta che, dopo la morte di Gesù Cristo, usò la sua posizione per ottenere un invito a un banchetto dato dall'imperatore Tiberio. 
Quando lo incontrò, teneva un uovo nelle sue mani ed esclamò "Cristo è Risorto!" e Tiberio ridendo disse che la Resurrezione di Gesù Cristo dalla morte, era probabile quanto la possibilità che l'uovo nella sua mano potesse diventarle rosso e, secondo la leggenda, prima che finisse di parlare, l'uovo diventò rosso, permettendole di continuare a proclamare il Vangelo in tutta la Casa Imperiale.

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TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE

(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)

Tra le cose da vivere ad Atrani ci sono sicuramente le sue Feste, tra le quali segnaliamo 3 eventi unici, che ogni anno rallegrano la vita della cittadina: il 22 Luglio con la Festa Patronale in onore di Santa Maria Maddalena: messe solenni, processioni e spettacolari fuochi d’artificio sul mare, rendono la giornata unica.


Il giorno della festa si può assaggiare la specialità gastronomica unica di Atrani, il "Sarchiapone", la zucca lunga ripiena e cotta al forno.
il 1 Settembre, durante le celebrazioni del Capodanno Bizantino, Atrani ospita l’investitura del Magister di Civiltà Amalfitana e il Corteo Storico


La Notte di Natale si tiene la tradizionale «Calata della Stella»


poco dopo la mezzanotte, migliaia di persone assistono alla discesa della Stella Luminosa sopra la Valle, tra una miriade di fuochi d’artificio sparati sui tetti delle case.


COME RAGGIUNGERE Atrani

Con i Trasporti Pubblici

In Treno


Roma > Salerno

Clicca sul logo per Orari e Biglietti


Mobilità extraurbana in Bus

I trasporti interurbani da Salerno, sono gestiti dalla società Sita Sud (clicca sul logo qui sotto)

https://www.sitasudtrasporti.it/


In Automobile

Strada statale 163 Amalfitana, principale asse viario di accesso al territorio comunale.
Strada Regionale 366 (di Agerola); innesto SS 163 fino al confine della provincia.
Strada Provinciale 252 SS Agerolina-Bivio Acquarola-Tovere di Amalfi, principale accesso alle frazioni di Vettica, Pogerola, Pastena e Lone.


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