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Calabria: Stilo il Borgo della Cattolica


Stilo (Stilu in Calabrese, Stylon in Greco-Calabro) è un Comune italiano della provincia di Reggio Calabria (RC), in Calabria, ed inserito nel circuito de «I Borghi più Belli d'Italia».

Nessuna parte della Calabria è più bella di questa parte «bizantina», del tutto sconosciuta ai più.
Le rovine di un Castello Medievale coronano il Monte Consolino, dalle rocce forate di Grotte, in cui abitarono Eremiti e Calogeri (o Monaci) Basiliani. 
L'Antico Borgo è a mezza Costa del pendio, disposto a gradinate; intorno ulivi e viti. 
Con ultimo tratto in discesa, a mezza Costa del Monte Consolino, si giunge a Stilo, pittoresca ed interessante cittadina dall'illustre passato, disposta gradinate sotto le rocce del Monte Consolino, coronata dai resti del Castello, in vista del Mar Ionio.

STILO
Regione: Calabria
Provincia: Reggio Calabria RC
Altitudine: 386 m slm
Superficie: 78,11 km²
Abitanti: 2.542
Nome abitanti: Stilidi o Stilesi
Patrono: San Giorgio (23 aprile)
Diocesi: Locri - Gerace








GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

Stilo è la Religione della luce. 
Quella che penetra sommessa nelle sue Chiese Bizantine, quella Divina che i Santi Basiliani invocavano attraverso la Preghiera e l’Ascesi, quella del sole metafisico di Tommaso Campanella che è «insegnae volto di Dio». 
Poi c’è il sole della Calabria, imploso e catturato nei profumati agrumi o nelle olive, o splendente sul Mare Jonio. 
C’è la dolce luce del Sud che penetra nelle Làmie, le labirintiche stradine dove gli occhi si accendono per il colore vivo dei gerani pendenti dalle erose balconate. Come una colonna, la vecchia Stilo sta ritta di fronte al sole, affacciata sull’argentea fiumara, con le sue case erette sulla pietra tufacea, le sue rughe e la sua generosa fierezza.


ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Il nome deriva dal Greco «στὗλoς» “Colonna”, in latino Stilum, che allude, verosimilmente, ad una colonna posta lungo un antico percorso (confronta Ad Columnam, indicazione ricorrente negli antichi itinerari). 
Così forse era anticamente chiamato il Monte Consolino, peròa dua forma, ai cui piedi si è sviluppato il Borgo.
Secondo il Barrio e il Marafioti, Stilo prende il nome dalla Fiumara Stilaro e non viceversa come pensa l'Aceti, il quale ritiene che la Città abbia ricevuto tale nome in virtù della conformazione a colonna, in Greco: «στὗλoς», del promontorio di Cocinto (attuale Punta Stilo) dove si trovava, una volta, il primo insediamento.
Attestato nell'anno 1049 «xἄστρoν Στὗoυ», poi anche anno 1310 «In castro Stili»


TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Le rovine di un Castello Medievale coronano il Monte Consolino, ai piedi del quale si trova il Borgo, dalle rocce forate di Grotte, in cui abitarono Eremiti e Calogeri (o Monaci) Basiliani. 
L'Antico Borgo è a mezza Costa del pendio, disposto a gradinate; intorno ulivi e viti.
Nelle vicinanze di Ferdinandea, si estende il Bosco di Stilo, un esempio tipico di Bosco delle Serre calabresi, con Abeti bianchi e Faggi, e con un ricco sottobosco con forte presenza di Eriche ed Agrifogli.
Dista circa 150 km da Reggio Calabria e 75 km da Catanzaro, il suo Territorio si estende, con un sottile lembo, fino al mare in località Caldarella (Caddareda, in dialetto Stilese).
Dal punto di vista Idrografico, lungo tutto il Territorio di Stilo, scorre la Fiumara Stilaro, nell'area Boschiva e Montana del Comune. 
Sempre in quest'area scorrono i suoi affluenti Folea, Mila e Ruggero, verso l'area pianeggiante si aggiungono provenienti da Pazzano il Torrente Troia e il Fosso Brunìa. 
Lo Stilaro sfocia, infine, sul Mar Jonio in Contrada Caldarella.

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ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

Baluardo della Calabria Bizantina, Stilo ha una storia lunga e misteriosa, iniziata al tempo delle Colonie Greche nell’Italia Meridionale e resa ancor più affascinante dall’insediamento sul suo territorio di numerose «Laure» del Monachesimo Orientale, la cui principale testimonianza è la Cattolica; confuso con le rocce e la vegetazione, il piccolo cubo della Cattolica sembra sospeso con la selvetta delle sue cupole tra cielo e terra. 
Qui i Monaci Basiliani, che in Calabria avevano trovato rifugio dalle Persecuzioni, perseguivano il loro ideale di povertà e distacco dal mondo. 


All'arrivo in Città, ci si trova nella Piazza Carnovale, col Monumento a Tommaso Campanella, di bronzo.
Nella stessa Piazza, prospetta la Chiesa di San Francesco, tardo-Barocca, con alta Facciata Settecentesca, con Portale del 1734, in granito locale e Stemma Francescano. 
Nell'interno, rimaneggiato, ad una navata, con alte volte, si trovano: una Tavola (*Madonna col Bambino in trono, detta «Madonna del Borgo»); nel braccio destro del Transetto una Statua marmorea della Madonna Immacolata, di scultore Serrese del 1700; nel Presbiterio, Coro ligneo con decorazioni di maestranze Serresi del 1700. 
Nella vicina Piazza San Giovanni Teresti, ove sorgono il Monastero dei Liguorini e la Chiesa di San Giovanni Terestis, con alta Facciata del 1700, Portale di gusto Settecentesco e 2 Campanili ai lati. 
Nell'interno, all'Altar maggiore, Paliotto in marmi policromi decorato, del 1800, e Tabernacolo con decorazioni Barocche, di marmorario Serrese (1760). 
L’attiguo ex-Convento, ha un Portale in granito grigio e marmo rosa del 1769. 
Dalla Piazza Umberto, si può seguire la Via Tommaso Campanella che attraversa la Città, e passa per la Fontana della Gebbia è comunemente chiamata con questo termine, ma è conosciuta anche come Fontana dei Delfini, è opera Araba che testimonia l'alleanza tra Bizantini, per la prima volta alleati agli Arabi, rappresentati da 2 delfini intrecciati, per scacciare Ottone II di Germania da queste terre.
Così, oltre al nome, che vuole indicare il luogo dov’è posta (gebiòn, vasca di campagna, fuori le mura), anche il nucleo scultorio centrale in pietra, che rappresenta, appunto, 2 delfini attorcigliati, sono di puro stampo Arabo.
Invece, tutto il complesso architettonico restante, costituito da 3 Archi, coronati a loro volta da un Cornicione ben sagomato, è del classico Stile Barocco proprio del 1700 (su uno dei prospetti arcati si notano evidenti tracce di affreschi).
Narra ancora la tradizione che, fino a qualche anno addietro, esisteva, non molto lontano dall'ubicazione di tale Fontana, un masso in granito locale, spianato e a foggia di sedile, che sarebbe servito come trono a qualche “Califfo” Arabo di passaggio, per trattazioni con i suoi dipendenti; era conosciuta, appunto, come «Pietra del Califfo», e di essa non rimane più nulla.
Per la Via XXI Aprile, si giunge Piazza Duomo, nella quale prospetta il Duomo, dedicato a Santa Maria di Ognissanti, la cui fondazione risale ai 1200-1300. 
Della primitiva costruzione, rimane solo il grandioso Portale ad ogiva, di Arte Gotico-Sveva del 1300; a sinistra di esso, è incastrata una Base Marmorea con 2 piedi, avanzo di un'antica Statua; pure murate nella Facciata, sono 3 lastre a bassorilievo: la prima con Croce tra foglie, simbolo dell'Albero della Vita (1000-1200); la seconda reca 2 uccelli affrontati di tipo Bizantino, coevi; la terza, piccola, con motivi geometrici, è un esempio di decorazione Normanna del 1000-1100. L'interno, restaurato, conserva un Arco ogivale ed alcuni Stucchi Barocchi; vi si trovano, inoltre, un ricco Altare in marmi policromi con Ciborio circolare (1742), di marmorario Serrese; nell'Abside, è un bel Crocifisso ligneo del 1700; sulla parete di fondo, *Madonna di Ognissanti, capolavoro di Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello, di dimensioni eccezionali. 
Il Tesoro comprende: un Ostensorio del 1830, di un argentiere Napoletano, una Pisside della metà del 1800 ed altri oggetti di Bottega Napoletana del 1700 e 1800. 
Da una Balconata, a fianco del Duomo, lo sguardo spazia sul greto della Fiumara Stilaro e sul mare.
Retrocedendo a Piazza Carnevale, si può imboccare la nuova strada che, voltando a destra, con vista sull'abitato e, passando per una Porta nelle Muraglie del Castello, conduce alla *Cattolica, uno dei più importanti e singolari monumenti della regione. 


La Cattolica è un Tempietto Greco-Bizantino, la cui costruzione risale al 900, ottimamente conservata, che riproduce un tipo di Edificio Sacro frequente nel Peloponneso, in Armenia, Georgia, Anatolia; di così ben conservate, però, ne esistono poche anche in queste regioni. 
La Chiesa era destinata ad una piccola Comunità Eremitica: il nome Greco, forse, più che indicare la Chiesa Madre del luogo (Cattolica = Universale), individua il Katholicon = Chiesa Principale di un Monastero, o di una serie di Laure Basiliane. 
La denominazione di Cattolica stava ad indicarne la categoria delle "Chiese Privilegiate" di primo grado; infatti, con la nomenclatura impiegata sotto il Dominio Bizantino nelle Province dell'Italia Meridionale (soggette al Rito Greco), la definizione di «Katholikì», spettava solo alle Chiese munite di Battistero. 
Cosa che è rimasta fino ad oggi, in certe località legate per tradizione a questo titolo, come ad esempio la Chiesa Cattolica dei Greci di Reggio Calabria che fu la prima della Città. 
Il monumento fu salvato dalla rovina e restaurato per intervento dell’archeologo Paolo Orsi, che lo studiò e ne mise in luce l'importanza, mentre il restauro delle Cupolette è più recente.


La Cattolica fu la prima e più importante Parrocchia della «Universitas» di Stilo, e tale rimase sino al 1600 circa
Fino alla prima metà del 1900, nella Cattolica veniva celebrata la Festa dell’Assunta ed ora, da qualche tempo, alcuni riti, in occasione di particolari ricorrenze, come per la Pasqua Ortodossa officiata dai Monaci Greci.
E’ poggiata alle pendici del Monte Consolino; le Facciate della Chiesetta, che ha forma più o meno quadrata, con il lato di circa 7 metri di lunghezza, sono ricoperte da fasce di mattoni di argilla di colore rosso, interlineati nelle giunture da malta. 
A sinistra della Porta d’Ingresso, e proprio alla estremità della parete frontale, si può notare un incavo, lasciato come è stato trovato, già nel 1914, che probabilmente era una tomba, dato pure che, il Vicario perpetuo che reggeva la Cattolica, esigeva lo «jus sepulturae» in detta Chiesa ma, lo ricordiamo, anche in tutto il territorio sotto il Regio Demanio e facente parte quindi dell’Universitas.
Sovrastano la Chiesa 5 Cupole di forma cilindrica, rivestite da mattonelle disposte a rombo e spezzate al centro da mattoni simili, posti a “dente di sega”, che permettono di rompere la freddezza della sottostante massa cubica. 
Il Tetto e le Cupole sono ricoperte da tegole di colore giallo rossastro, mentre è da notare che un tempo le Cupole erano ricoperte da lamine di piombo. 
Sono pure scomparsi i gradini marmorei della porta d’ingresso, ricavati da resti di Colonne classiche o della stessa età della Chiesa.
In ciascuna delle 2 Cupole anteriori, poste leggermente più in basso rispetto alle posteriori, si aprono 2 piccole Finestre monofore; sulle posteriori se ne apre una sola. La Cupola centrale, di diametro più lungo e situata più in alto di quelle perimetrali, ha 4 piccole Finestre con 2 aperture (bifore) divise da grezze Colonnine. 
A destra della Chiesa, per chi vi entra, le Absidi, che poggiano su di una base murale in pietra; a sinistra, un Muro ben delineato, quasi a protezione del Tempio. 
La Porta d’Ingresso è sormontata da una Architrave in legno, poggiante negli Stipiti della stessa. 
Sopra l’Architrave un Arco a tutto sesto, incorniciato da dentellature di mattoni in cotto. 
Direttamente su di un mattone dello Stipite di sinistra, figura un’Iscrizione incisa a lettere Greche (forse il nome di uno dei costruttori o l’indicazione di un’indizione). 
All’interno, dal Pavimento a quadretti di creta rossa, s’innalzano 4 Colonne, 2 in cipollino, una in lunense e una in granito, che sorreggono le Volte del Soffitto; dividono l’interno in 9 quadrati uguali, escluso l’incavo delle 3 Absidi.
Sul fusto della prima Colonna a destra, si trova scavata una Croce, attorniata da una Scritta in Greco e che tradotta, fa: «Dio il Signore apparve a noi», versetto tratto dal Salmo che celebra l’Epifania o l’Apparizione. 
Le rimanenti 3 Colonne, hanno ciascuna forma differente: la prima a sinistra (sul fusto della quale risultano tracce incise di iscrizioni a lettere Arabe), si regge su un Capitello Corinzio rovesciato, mentre quella più avanti poggia su un Capitello Dorico. 
Si pensa che queste 4 Colonne, provengano da antichi e diversi monumenti esistenti un tempo nel territorio della Kaulonite e portate nella dimora odierna, secondo una curiosa leggenda, da «4 giovani donne del luogo, che durante l’erta ascesa del monte filavano tranquille, cantando, senza avvertire, quasi, il loro gravissimo pondo». 
Delle 3 Absidi (Prothesys, Bema e Diakonikon), situate a levante della Chiesa, la centrale riceveva il piccolo Altare. 
Di fronte alla Porta d’Ingresso, sulla parete a Settentrione, si nota una larga apertura, forse anche questa, un’antica Tomba o più probabilmente l’Antico accesso dei Monaci che abitavano le Grotte Eremitiche esistenti su tutto il costone del Monte, alle spalle della Chiesetta. 
Di eccezionale valore sono gli Affreschi che la Cattolica conserva. 
Certo era Paolo Orsi, l’Archeologo Trentino, quando affermava, in seguito alle sue sapienti indagini sul campo, che «la chiesetta alla sua origine fu coperta di un intonaco generale con parziale decorazione, limitata alle absidi, di grandi immagini di Santi; ma non ebbe una vasta complessa ed organica decorazione, limitata invece, in origine a pochi pannelli, ai quali altri se ne aggiunsero nei successivi tempi».
A distanza di oltre mezzo secolo da queste conclusioni, a conferma della validità di quanto affermato dal noto Archeologo, ha dato buoni frutti nel campo della scoperta, l’ottimo Restauro ultimato nel 1981. 
Nel corso dei secoli, quindi, è risultato tra l’altro che sui muri del Tempietto, sono stati sovrapposti ben 5 strati di Affreschi, caratteristici delle diverse Epoche ma che dimostrano tutti alto valore artistico.
La parete di Ponente mostra un’immagine della Vergine assisa in trono ed avvolta in un ampio mantello azzurro ornato da gigli. 
Più a sinistra di questo, risulta leggiadra la figura dell’Angelo dell’Annunciazione, Affresco parzialmente ricostruito nella parte del viso e delle ali. 
Completamente riportata alla luce l’Icona raffigurante una «Dormitio Virginis» del 1300 o 1400, e che trovasi al centro della stessa parete. 
Ma è sulle Absidi che si conservano i migliori Affreschi: sul Pilastro del Muro dell’Abside Centrale vi è raffigurato un Santo, forse San Nicola; sul lato sinistro della stessa Abside, si mostra una severa immagine di San Basilio, dalla lunga barba, vestito da paramenti Pontificali; ed ecco, sul lato di destra, la figura più ricca di tutto il Tempio: San Giovanni Crisostomo, con lo sguardo stupefatto, ha il collo cinto da una sciarpa quadrigliata con grandi Croci nere ed è coperto da un lungo camice bianco. 
La suggestiva effige di San Giovanni il Precursore adorna l’Absidetta di Mezzogiorno. 
Avvolto in un largo manto regge nella mano sinistra un Libro decorato e chiuso da fermagli, mentre con la destra benedice. 
Nell’Abside di Settentrione è raffigurata l’immagine di una Santa, dal viso bianco, con la fronte cinta da un diadema regale, avvolta in una tunica rossa ricoperta da un manto bianco.
Su un’altra parte di intonaco, v’è pure affrescata una iscrizione a Caratteri Gotici probabilmente del 300. 
Infine, in corrispondenza dell’Abside Centrale, dalla Voltina a Botte appare la figura del Cristo, in mezzo a ornamenti rotondi con l’Effigie degli Apostoli ed ancora fra 4 Serafini ad ali spiegate, che benedice mentre ascende in cielo.
Ciò che colpisce, all’interno, è soprattutto la luce, quasi folgorante nella parte superiore, e tenue nella parte bassa, così da favorire il raccoglimento.


E’ chiaro che il Bizantinismo in tutta la Regione costituì, per diversi secoli, grandezza, Valori Storici ma, soprattutto, lasciò segni d’Arte inconfutabili su ogni lembo di terra conquistata, nel senso più buono del termine. 
Stilo, in particolare, ebbe godimento di questi grossi Benefici Culturali, tanto che nella Cittadina, molti, si è visto, sono i ricordi lasciati, e per lo più ancora intatti, da questa seconda ondata di Grecizzazione della Cultura e dell’Arte Meridionale, che durò fino alla seconda metà del primo secolo dell’anno 1000.
Se la Cattolica di Stilo può considerarsi l’esempio perfetto di Tempio Bizantino in Italia, un altro ricordo lasciato dai Monaci in questa Terra Santa del Basilianesimo, appartenente all’Ordine Eremitano di Sant'Agostino, è la piccola Chiesa di San Nicola da Tolentino, in condizioni precarie, con una dolce Cupola a “Trullo” e la caratteristica disposizioni degli “Embrici” (tegole) che la ricoprono; da qui, lo sguardo sconfina verso gli infiniti orizzonti del mare e le colline digradanti della vallata dello Stilaro. 
Tra gli altri Edifici di Stilo ancora da ricordare, nella parte Settentrionale dell'Abitato, la Chiesa di San Domenico, sconsacrata e quasi in rovina, opera di vaste proporzioni del 1600 e 1700, con alta Cupola, già annessa al Convento, in cui visse il Filosofo Tommaso Campanella
Accanto alla Chiesa di San Domenico, Porta Stefanina, uno degli antichi 5 ingressi di Stilo, rimaneggiata nel 1600, era chiamata così perché confinava con il territorio del Convento di Santo Stefano del Bosco.


Interessante è anche il Chiostro del Convento di San Francesco d'Assisi, del 1600, con Colonne in granito.
Laura Sant'Angelo con affreschi di origine Bizantina, uno rappresentante il Redentore che benedice i 2 Santi Cosma e Damiano, ed un altro, raffigurante San Sebastiano. 
Viene ricordata da Tommaso Campanella nel Sonetto «Sovra il Monte di Stilo».

PORTE CIVICHE E MURA DI CINTA

Nel primo Medioevo, Stilo era cinta da Mura e Torri, e davano accesso all’urbe, ben 5 Porte: Porta Reale, Porta Terra, Porta Scanza Li Gutti, Porta Stefanina e Porta Cacari. 
Di 3 di esse non rimane traccia alcuna, e precisamente, Porta Terra, Porta Scanza li Gutti, Porta Cacari, e fino a meno di un secolo fa, esisteva invece la Porta Reale, formata ad Arco, alla cui sommità centrale v’era scolpito lo Stemma della Città; di essa rimangono solo avanzi murari. 
Ben conservata, è invece la Porta Stefanina, a sostegno della quale, si erige su di un fianco, una Torre rotonda, mentre l’altro suo lato si appoggia al Muro della Chiesa dei Domenicani; maestoso è il Portale in blocchi di granito intagliati, secondo una classica lavorazione Medioevale.

PALAZZI GENTILIZI

Stilo ha un bel cuore pulsante, caratterizzato da un Centro Storico caratteristico, formato da Viuzze e Palazzi Storici. 
Le Chiese ed il Borgo, costituiscono un indubbio Patrimonio Storico, Culturale e Spirituale, ma nel centro e nelle vicinanze della Città, sono anche presenti una molteplicità di Palazzi Gentilizi.
In particolare, l’Edificio Civile appartenuto ai Conti Capialbi, ricco di belle sale, che si trova nel Rione di Santa Lucia. 
Nella Contrada Nipitino, vi è ancora un grande Edificio Rurale di nobile fattura, con graziose finestre ad ogiva, un tempo appartenuto alla stessa famiglia.
Il Palazzo Lamberti è, poi, un altro vasto complesso edilizio eretto nel 1600. 
Allo stesso periodo risalgono: Affreschi e Pitture varie su tela, sculture ed opere di intaglio. 
Infine, tra i Palazzi Nobiliari, sono da annoverare quelli appartenuti alle seguenti famiglie: Carnovale, Bono, Crea, Marzano, Caracciolo, Teti, Sersale ed altri ancora, che raccolgono secoli e secoli di storia e costituiscono vere Opere di Architettura, e sono importanti per quello che ancora, per la maggior parte, recano all’interno. 

LE FAMIGLIE NOBILI

Prima del 1500, esisteva a Stilo, il Seggio o Piazza dei Nobili, o Patrizi, che si distingueva dal Popolo. 
Le famiglie citate appartenevano proprio al Seggio di Stilo, o vi sono state aggregate in seguito. 


I racconti di Joampietro Leostello da Volterra, narrano delle capacità di queste famiglie, di ospitare Personaggi Politici importanti; ciò era consentito dallo Stile di Vita che tali famiglie ricoprivano e dagli Sfarzosi Palazzi nei quali vivevano.

La famiglia Bono ha origini antichissime: Odone da Bono, infatti, fu Ciambellano di Giovanna I. 
Secondo la tradizione, San Giovanni Bono, Vescovo di Milano, proveniva da questa famiglia. 
La famiglia Calderone ha origini Spagnole, e si stabilì a Stilo, presumibilmente, nel 1500. 
La famiglia Capialbi è originaria di Monteleone ed un ramo, si trasferì a Stilo, ed un Capialbi, si dice abbia partecipato alla Battaglia di Lepanto; il ramo si è estinto con Massimo Capialbi.
Della famiglia Carbone, si hanno notizie dal 1481, anno in cui, Ferdinando d’Aragona mandò al Governo di Reggio, Giacomo Carbone, appartenente al Seggio di Nido.
La famiglia Marzano, il cui ramo Stilese, nacque a seguito del matrimonio tra Gio Battista Marzano, Duca di Sessa e Conte di Squillace e Franceschella Leontini, avvenuto a Tropea.
La famiglia Toraldo, ha origini Germaniche e discende da Landolfo, sotto il Regno di Federico II; la sua Arma d’Oro, un Monte alla Tedesca, di verde con 5 Vette, ristretto, carico di un Leone d’Argento, sopraccaricato sulle spalle di un Lambello di rosso e il Cimiero è sormontato da un drago. 
Il poeta Villaroel ricordò un Toraldo, che aveva combattuto a Lepanto.
La famiglia Grillo, anch'essa di origine Germanica, fiorì a Genova, trasferendosi poi nel Regno di Napoli nel 1500; il suo capostipite fu Garifilo Grill, Conte del Sacro Romano Impero.
Origine Spagnola per la famiglia Vigliarolo, mentre antichissima e dai Ricchi Possedimenti Feudali, è la famiglia Carnovale. 
Della famiglia Crea, originaria di Taverna, si hanno notizie fin dall’anno 960; la famiglia godeva del privilegio di Seggio distinto, concesso dall’Imperatore Eraclio nel 639. 
Per 4 generazioni, la famiglia si era stabilita a Napoli, a seguito della donazione di Re Carlo di Durazzo, a Demetrio de Crea, consistente in una Casa e molti Boschi nell’Agro Aversano, intrasmissibili ai discendenti. 
L’arma della famiglia Crea, è costituita da un campo d’azzurro carico, diviso da una fascia giallo-oro, nella parte superiore 3 stelle e nella parte inferiore un cuore al naturale. 
L’immagine è dipinta in fondo al quadro di San Gregorio, già esistente nella Cappella Gentilizia della Chiesa di San Domenico; acquistata nel 1600 da Girolamo Crea, marito di Angelica Contestabile.
Molte di queste Famiglie, ora sono estinte o trasferite altrove; alcune non hanno ottenuto dalla Consulta Arabica, il riconoscimento della Vecchia Nobiltà; altre, esistono ancora, ma sono decadute dall’antico prestigio.

OPERE D’ARTE E CULTURA

Museo d’Arte Sacra, in cui sono conservati oggetti di argento e oro, pergamene, crocifissi e tele che facevano parte del patrimonio del Duomo

Museo di archeologia industriale, legato all’attività delle Fonderie Borboniche Settecentesche-Ottocentesche.

Pinacoteca d'Arte Moderna e Contemporanea “Francesco Cozza”

Museo Civico Tommaso Campanella

Biblioteca Civica, anch’essa intitolata al Filosofo Campanella, è fornita di oltre 10mila volumi consultabili in Palazzo San Giovanni.
La Biblioteca, che custodiva una ricca collezione di libri antichi, appartenne per ultimo al Conte Massimo Capialbi, Colonnello dei Bersaglieri, nonché personaggio famoso per la vasta erudizione di cui era fornito ed ammirato, anche per “la sua signorilità e il suo amore di patria”.  
La biblioteca venne lasciata da Massimo in eredità a sua figlia, la quale nel 1963 donò al Comune di Stilo ben 7260 volumi.
Anche i meravigliosi volumi appartenuti agli Ordini Monastici dei Basiliani e dei Redentoristi, ed a quelli che facevano parte della Collezione dello Storico Stilese Luigi Consolo, costituiscono il ricco patrimonio librario della Biblioteca.


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ESCURSIONI

Attraverso un sentiero panoramico che parte dalla Cattolica, sono anche raggiungibili, sempre a piedi, i resti del Castello Normanno.


Tra i Castelli della Regia Curia, come si ha dai documenti del 1269, figura anche quello di Stilo. 
Questo era stato costruito da Ruggero il Normanno sul Monte Consolino, luogo da cui si poteva dominare meglio tutta la Cittadina e la Vallata fino al Mare Jonio. 
Per i tempi, il Castello di Stilo ebbe una grande importanza strategica ed alla sua manutenzione erano tenuti molti, enti e persone, come si rileva dall’Archivio della Regia Zecca, da documento dell’anno 1281 al foglio 233. 
Lo storico Oreste Dito, nella sua Storia Calabrese scrive: «I Normanni cercarono di assicurarsi il dominio della Calabria, occupando e fortificando i luoghi più forti della regione mediterranea e montuosa. 
Dal 1054 al 1065 caddero in loro potere … Catanzaro, Squillace, Stilo … 
Dal 1091 una linea di Castelli assicurò il dominio della regione interna, San Marco, Ajello, Martirano, Nicastro, Maida, Mileto. 
Lungo il litorale Catanzaro, Squillace, Stilo, Gerace». 
Il Castello che s’innalza sulla Vetta del Consolino è strettamente legato allo sviluppo di Stilo, che era anche circondata da Mura, Torri ed altri Baluardi, opportunamente eretti a difesa e in parte ancora esistenti. 
Padre Apollinare Agresta, Abate Generale dell’Ordine Basiliano, nel Volume «La vita di San Giovanni Theristi» del 1677, così parla del Castello di Stilo: «… per essere questo castello assai forte sopra tutti gli altri della provincia, era in quei tempi pregiatissimo a’ Re e godeva alcune prerogative e fra l’altre, che molti Baroni e feudatari, fossero obligati alle di lui reparazioni». 
Il Castello di Stilo era cinto da varie Opere di Difesa che lo rendevano assolutamente inespugnabile: di queste cinture se ne possono identificare ancora parecchie lungo l’erta del Monte Consolino. 
C’erano inoltre, sparsi qua e là, strategicamente, altri Posti di Guardia e singole difese che potevano rendere sempre più difficile, per non dire impossibile, il passaggio al nemico, che avesse eventualmente forzato le altre Opere Difensive. 
In questi Recinti si distinguono ancora 3 Porte e 2 Postazioni ricordate con il nome delle Antiche Macchine (armi) di Difesa, che ivi erano installate: «Ingenia» e «Mangana». 
La Cinta bassa delle Fortificazioni, cominciava poco più sopra della Chiesetta Bizantina «La Cattolica». 
Altri Sbarramenti, Serbatoi di acque e Rifugi, precedevano il Castello vero e proprio che aveva Fortificazioni autonome coronate da parecchie Torri semicircolari.
Al tempo di Carlo d’Angiò, nel Castello di Stilo furono rinchiusi parecchi Prigionieri Politici a cui vennero mozzati mani e piedi per avere tentato la fuga, una fuga non più possibile quando le prigioni furono scavate sotto il Castello, sulla parete del Monte Consolino, là dove la montagna di calcare sprofonda a picco e a strapiombo per centinaia di metri; ecco perché, quelle prigioni non avevano nemmeno una porta, perché si poteva entrare o uscire soltanto se si era calati o issati dall’alto con un paranco. 
Il Castello vero e proprio, era formato da un complesso di Fabbriche abbastanza esteso, di forma rettangolare. 
Subito dopo la porta, 2 possenti Torri, posteriori al Nucleo più Antico, difendevano l’entrata all’interno. 
Sulla Torre quadrata, detta «d’Altavilla» (con chiaro riferimento all’Epoca Normanna), si apriva una Sala. 
Un’altra più grande, nella Torre maggiore, che aveva altre Camere su 3 piani. 
Vi erano altri Vani annessi alle Cucine ed al Forno. 
Tutte le Torri erano provviste di larghe Feritoie (a bocca di lupo) donde potevano essere rotolati sassi, versato olio bollente ed altri mezzi di difesa propri del tempo. 
Nella parte centrale del Castello c’era una Chiesa o Cappella. 
Dai Tetti, con opportune condutture ricavate con Tegole affrontate e con Tubi di Coccio (ancora esistenti), si otteneva la raccolta di acqua piovana che andava a finire in una vasta Cisterna che occupava lo Spazio Sotterraneo, sottostante ad una buona parte dell’Edificio Centrale.
L’ultimo propugnacolo [dal latino propugnacŭlum, derivato di propugnare - fortificazione, bastione, forte; luogo dove si concentra la resistenza contro l'avanzata del nemico], una specie di piccola Acropoli, abbracciava il culmine del Consolino e dominava il Castello. 
Un Castellano di Nomina Regia era preposto al Comando della Guarigione che presidiava la Fortezza.
Lo Stipendio dei Castellani era di 2 Tarì al giorno. 
Nei Castelli come quello di Stilo, non dovevano essere ammesse donne. 
Tanto il Castello, quanto le opere accessorie lungo il Monte, cominciarono a subire gravi danni durante la Guerra tra Francesi e Spagnoli e i Francesi del Bonaparte, nel 1806, gli diedero il colpo di grazia.
Al Castello va riferita una leggenda, che si richiama al tempo delle Incursioni Saracene, durante le quali, Stilo fu spesso assediata. 
In uno di questi assedi la popolazione atterrita, per suggerimento del suo Protettore San Giorgio, si rifugiò sul Monte; ma, perdurando l’assedio, cominciavano a difettare i viveri e specialmente l’acqua.
Allora il Santo ordinò che tutte le donne che allattavano bambini, raccogliessero in apposito recipiente il latte: ne fu confezionata una grossa ricotta che fu lanciata con un cannone nel campo nemico; i Saraceni a quella vista giudicarono che non avrebbero potuto prendere per fame la città, se aveva tanto di cibo da regalarne perfino ai suoi nemici, così tolsero l’assedio ed andarono via. 
Il punto dove cadde la provvidenziale ricotta femminile, fu, in seguito, nominata Vinciguerra, nome che perdura tutt’oggi.
Invece, del Castello Normanno di Stilo non restano che i ruderi.

La Ferdinandea
Parte integrante della Storia e delle Opere d'Arte di Stilo è la Ferdinandea, "vasta isola amministrativa", dal glorioso passato.
Sorge non molto distante dal paese, tra fitti e verdi boschi di faggi.
Ferdinando II di Borbone la scelse come sua dimora estiva e lo stesso fece, dopo tant'anni, Achille Fazzari, insigne Colonnello Garibaldino. 
Più di tutto, il vasto Complesso Borbonico, nella prima metà del 1800, fu destinato a sede della direzione delle Regie Ferriere e della Fonderia, stabilimenti già in funzione da tanto tempo, e costituenti grande fonte di reddito per tutta la zona. 
Da ammirare, all'interno della tenuta, un vivo e colorito Giardino con, al centro, un laghetto artificiale.
Il Complesso Residenziale era completato da una Cappella od Oratorio, che esiste tutt'ora, e da un Museo privato che ormai da tempo non esiste più formato dalla cospicua raccolta di tele, ceramiche, materiale di antiquariato ed altri oggetti di indubbio interesse artistico.

Ebbero modo di ammirare e cantare le bellezze naturali e paesaggistiche del posto, nientemeno che Garibaldi e Matilde Serao, ospiti di Fazzari.

A San Giovanni Vecchio: km 3 circa, per mulattiera, verso Nord. 
Il percorso è interessante per la bellezza del panorama. 
La Chiesa di San Giovanni Vecchio, m 415, e ciò che resta di un Monastero Basiliano annesso, forse una Laura, sorto prima del 900, in questo luogo solitario e che, verso la fine del 1000, acquistò fama e divenne meta di pellegrinaggi, per l'opera di San Giovanni Terestis (Teresti = Mietitore), un Monaco emigrato dalla Sicilia, a seguito dell'invasione Araba. 
Con rifacimento del Cenobio, promosso da Ruggero I, verso la fine del 1000, fu eretta la Chiesa. 
Questa, che mostra analogie con la Roccelletta di Squillace (CZ) e con altre architetture Siciliane e Calabresi dell'Età Normanna, era costituita da un'unica Navata, con copertura a Capriate, è seguita da un Coro tripartito. 
L'Arco Trionfale immette in un vasto quadrato, intorno al quale sono disposti 3 Sacelli Absidati. 
Il paramento murario richiama quello di Santa Maria di Tridetti presso Staiti; la Chiesa aveva un ingresso laterale destro sul lato Meridionale, ed era preceduta da un Atrio.
La Cupola all'interno è impostata su 4 Pilastri sorreggenti altrettanti Archi e, con doppio ordine di denti a sega trapassa all'ottagono, quindi al circolo. 
La costruzione, studiata da Paolo Orsi nel 1914, racchiude Affreschi Bizantineggianti.
Dopo 600 anni dalla fondazione del Monastero fondato da San Giovanni Theristis e a lui intitolato (ricadente nel vicino Comune di Bivongi), la definitiva decadenza obbligò, nel 1662, i Monaci all'abbandono definitivo, con il trasferimento in questo Convento più grande di San Giovanni Theristis fuori le mura a Stilo, dove furono portate le Reliquie di San Giovanni Theristis e dei Santi Asceti Nicola e Ambrogio.

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«Racconti di Viaggio»

« [...] Nessuna parte della Calabria è più bella di questa parte «bizantina», del tutto sconosciuta ai più; bizantina perché si conservano in essa testimonianze di Bisanzio, tanto che gli studiosi di quello stile vi convengono spesso, ma anche perché bizantino e il paesaggio, così attonito e così solenne. 
Si vedono in questo tratto le figure più ampie, che servivano un tempo di strada verso la collina; ed anche oggi occorre costeggiarle, per salire ai villaggi e alle piccole città interne.
Per esempio si sale a Stilo, che è la più affascinante, giacché dovunque reca i segni di uno splendore estinto. 
Ebbe otto conventi, oggi non ne ha nessuno; e tra le case sorge, un po' deperito anch'esso, il palazzo del Conte. 
Sono queste le vere città morte italiane, sebbene brulicanti di vita fisica. 
Sopra la città, su una rupe, si leva la Cattolica, una chiesetta bizantina, simile a quella di Rossano, con cupolette, absidiole, avanzi di affreschi. 
Ci si arrampica, come sempre, sulle vie acciottolate, seguiti da un corteo di bambini e ragazzi che si ingrossa di metro in metro fino a sembrare un corteo; la loro conversazione è istruttiva. 
Tutti hanno parenti in America; studiano tutti, spesso nelle classi medie, ma l'insegnamento medio mi sembra equivalere a quello elementare delle città maggiori; vorrebbero tutti andarsene, e l'arrivo di un forestiero è per essi un evento che potrebbe recare un'occasione favolosa di far fortuna. 
Aspettano tutti in regalo, anche il figlio dell'avvocato; alcuni di essi non hanno mai mangiato cioccolatini.
La vita della cittadina si basa soprattutto sulle opere pubbliche, adesso però numerose.
Vedo quanto sia vero ciò che mi disse un calabrese, che se fosse possibile migrare gran parte della Calabria si vuoterebbe; lo stesso legame coi luoghi è stato reso debole da troppi lunghi secoli di decadenza. 
Vi è una specie di attesa del miracolo, che il forestiero rappresenta, ancora più del piccolo regalo immediato e questo si unisce a una grande civiltà d'animo e di modi. 
Se ci accompagna una signora, può capitare che le donne, avvisate della sua presenza, gettino qualche fiore dalle finestre. [...] » 
(pagine 681-682 di «Viaggio in Italia» di Guido Piovene - 1950)

MEMORIA DEGLI UOMINI

Il Filosofo Tommaso Campanella, sintetizza così la sua missione: «Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia». 
Il più intenso ritratto del Frate di Stilo, da cui emana il furore visionario della sua intelligenza, è un olio del 1630-1631, conservato a Roma presso la Collezione Caetani. 
Ne fu autore Francesco Cozza, suo concittadino (Stilo 1605 - Roma 1682) e grandissimo pittore, allievo prediletto del Domenichino.

Tommaso Campanella, nacque a Stilo, nel 1568, da un'umile famiglia. Entrato giovanissimo nell'Ordine dei Domenicani, cercò di innestare sul Naturalismo Rinascimentale, una nuova Metafisica Cattolica, al limite dell'eterodossia, che, infatti, gli costò dei processi, prima a Napoli (1592), poi a Padova e Roma (1594-1595).
Prosciolto, grazie ad un’Abiura, nel 1598 fu di nuovo denunciato, e costretto a rientrare in Calabria, dove, le miserabili condizioni del Popolo, lo spinsero a fomentare una rivolta contro gli Spagnoli, vagheggiando uno Stato Fondato sull'Uguaglianza e sulla Religione Naturale. 
Fallita l'insurrezione, fu arrestato a Napoli nel 1599, salvandosi la vita fingendosi pazzo, ma dovette scontare 27 anni di prigione a Napoli (fino al 1626) ed altri 3 nel Carcere Romano del Sant’Uffizio. 
Durante la prigionia, scrisse le sue opere più importanti, tra cui la «Città del Sole» (1602), dove sposa il Progetto Utopistico di uno Stato Comunistico e Teocratico. 
Liberato per l'intervento del Papa, dovette di nuovo riparare in Francia, nel 1634, per aver difeso Galileo.

Gli ultimi anni della sua vita, furono finalmente sereni: protetto da Richelieu e Luigi XIII, Acclamato Grande Filosofo alla Sorbona, morì nel 1639, nel Convento Domenicano di rue Saint Honoré a Parigi.

A Stilo nacquero anche il Cosmografo Domenico Villaroel, vissuto nel 1500, e Francesco Cozza (1605-1682) grandissimo Pittore, allievo prediletto del Domenichino, Scrittore ed Accademico, a Roma, dei Virtuosi del Pantheon.

STORIA

Le origini di Stilo sono note, anche se, il periodo tra il 500 e il 900 è il più oscuro della sua storia. 
Dal 900, divenne il più importante centro Bizantino della Calabria Meridionale (come Rossano lo fu, di quella Settentrionale), sede di Eremiti e Calogeri (Monaci) Basiliani
Venne fondata probabilmente sui resti dell’antica Colonia magnogreca chiamata Kaulon (nei pressi dell’odierna Monasterace Marina), intorno al 600.
Fu, infatti, l’ultimo propugnacolo [dal latino propugnacŭlum, derivato di propugnare - fortificazione, bastione, forte; luogo dove si concentra la resistenza contro l'avanzata del nemico] della «Polis» presso il Promontorium Cocyntum quando ancora l’odierna cittadina prendeva il nome di «Stilida».
Gli abitanti furono costretti ad abbandonare il litorale e a ritirarsi sopra il Capo di Stilo e, successivamente, alle falde del monte Consolino, «monte aspro, eminente e tuto», perchè solo esso poteva costituire luogo sicuro e rifugio tranquillo, man mano che infuriavano lungo tutta la Costa Jonica i sanguinosi Saccheggi Saraceni.
L’esistenza del centro, nel primo millennio dopo Cristo, è confermata dalla notizia della Storica Battaglia tra le Truppe di Ottone II di Sassonia, gli Arabi e i Bizantini, avvenuta lungo il fiume Stilaro, il 13 luglio del 982, nella zona tutt’oggi denominata Vinciguerra, a seguito della quale fu quasi interamente distrutta, dopo la sconfitta di Ottone II.
Ma, la vera Storia di Stilo, ebbe inizio nel periodo della Seconda Ellenizzazione ad opera dei Bizantini, e poi sotto la Dominazione Normanna; periodo nel quale, la cittadina acquistò Autonomia Territoriale ed Amministrativa, divenendo Città di Regio Demanio, in quanto dipendente in via diretta dal Sovrano Regnante. 
Fu anche economicamente autonoma, per la ricca Produzione Mineraria, che si rinvigorì nei periodi successivi a quello Normanno. 
Le sue Ferriere  (stabilimenti siderurgici nei quali si produce ghisa, ferro o acciaio) note sin dal Medioevo, furono concesse nel 1500, agli Eredi di Ettore Fieramosca, poi riprese dallo Stato, che nel 1700 le trasferì, ampliandole ulteriormente. 
Il diretto contatto della Città con il Potere Regale fu mantenuto vivo, oltre che sotto i Normanni, anche durante le dominazioni Sveva, Angioina ed Aragonese. 
Strenua difesa fu opposta a Baroni e Principi all’Epoca dei Borbone ma, nonostante tutto, per l’Indipendenza di Stilo fu la fine.
Subì gravi danni dal Terremoto del 1783.
La fedeltà di Stilo ai Sovrani e l’opposizione a tutti quelli che tentarono di dominarla con falsi titoli, rimasero consacrate ed eternate nel binomio «Sanguinis Prætio», che gli Antichi scelsero quale motto su cui innalzare lo Stemma della Città, che risulta composto da un’Aquila Bicipite Coronata, ad ali allargate e stante su 3 Colli che lambiscono il Mare.  

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CURIOSITÀ & LEGGENDE
Le Leggende riflettono la Storia di un popolo ma soprattutto gli aspetti della Vita della Comunità

Il Santo locale, Giovanni, è chiamato Therestis ("mietitore" in Greco), per un miracolo cui deve la fama: avrebbe, in un istante, tagliato una quantità di grano, per la quale sarebbero occorsi più giorni di lavoro.
Discendente di una Nobile Famiglia di Stilo, nacque verso il 995 a Palermo, dove sua madre era stata portata, già incinta, dai Saraceni che l'avevano catturata, in un'incursione a Stilo.
Qui tornò da Monaco Basiliano, per trascorrervi una Vita di Preghiera e Meditazione, nell'indigenza più assoluta.

La leggenda narra che, per trovare scampo dalle continue incursioni, con conseguenti saccheggi e distruzioni, che subivano spesso da parte dei feroci e predoni Saraceni, i pacifici abitanti, di questa ex Colonia Greca, si rifugiarono in massa ai piedi del Monte e là, fissarono la loro stabile dimora, denominandola Stilida (o forse Cocinto).
Intorno ad essa costruirono altissime Mura, per rendere quel luogo inespugnabile. 
Per consentire l’accesso e l’uscita dal paese furono costruite 5 grandi Porte - Porta Stefanina, Porta Reale, Porta Cacari, Porta Scanza li Gutti e Porta Terra -, che di notte venivano ermeticamente chiuse dall’interno.
Ma anche qui i pacifici abitanti vennero spesso molestati e insediati, e se non fosse stato per la loro vigile e costante solerzia, nonché per l’inespugnabilità del luogo, Turchi e Saraceni avrebbero avuto la meglio su di loro.
In un’epoca non ben precisata, continua la leggenda, i Turchi sbarcarono alla Marina, più agguerriti che mai, e tentarono più volte l’assalto; ma resisi conto dell’impossibilità di poter portare a buon fine l’impresa con le armi, decisero di costringere la popolazione ad arrendersi per fame: posero i loro accampamenti fuori le Mura di Cinta e, con un continuo lancio di pietre e dardi, costringevano quella gente a stare per giorni e giorni, inoperosa a difendersi.
Un mattino però, mentre gli uomini, più stanchi del solito, vigilavano ai loro posti di combattimento, e le donne e i bambini, se ne stavano rinchiusi in casa morti di fame e di paura, ecco affacciarsi ad ogni porta un Giovane Guerriero, bello e imponente di aspetto, che con fare autoritario ordinò alle donne di non allattare, quel giorno i loro figli e di raccogliere tutto il latte dei loro seni, in recipiente di rame.
Con tutto quel latte, il giovane preparò delle polpette di ricotta e cominciò a scagliarle, ancora fumanti, contro l’accampamento nemico.
I Turchi a quella vista, pensarono subito che se gli abitanti del monte, potevano permettersi il lusso di sprecare tutto quel cibo, chissà quanti giorni avrebbero resistito ancora all’assedio, così tolsero le tende e se ne tornarono nelle loro terre.
Visto allontanarsi il nemico, tutti gli abitanti si diedero a cercare quel guerriero, al quale dovevano la loro salvezza; ma di quel giovane non era rimasta neanche l’ombra.
Allora tutti furono indotti a credere che quell'inatteso aiuto fosse venuto loro dal cielo, e che quel giovane non era altro che San Giorgio, e da quel momento il Santo fu proclamato protettore del paese.
Una tradizione, consacrata in una Lapide marmorea sita nella Chiesa di San Giovanni, parla della venuta a Stilo di Papa Callisto II, che, pregato da Ruggero, ha consacrato personalmente la Chiesa di San Giovanni Therestis, in memore.

PRODOTTI DEL BORGO

Le saporite Olive “Cumbité” (conservate in aceto), i profumatissimi Pomodori Secchi, il piccante e candido Pecorino, gli Insaccati di maiale (“Soppressate” e “Capicolli”).
A Stilo è presente l'Azienda d'imbottigliamento di Acqua Minerale, Mangiatorella - che va per la maggiore tra i Calabresi -, con uno stabilimento di 8.000 m².

ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO

La Pasta fatta in casa, filata con il “ferro”, secondo l’uso antico, e condita con Sughi dai sapori forti: ad esempio, Ragù alla Carne di Capra o Salsa di Melanzane ripiene.

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TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE
(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)

Fiera dell'Epifania, 6 gennaio
Festa di San Giorgio, 25 aprile
Processioni della Settimana Santa, Festività Pasquali - Processione votiva delle Croci e Drammatiche Rievocazione della Passione


Gli Antichi Riti della Settimana Santa di Stilo sono Riti plurisecolari, risalenti al periodo spagnolo, mantenuti integri da oltre 400 anni; unici e suggestivi, durano l'intera settimana, dalla Domenica delle Palme, fino alla Domenica di Pasqua .
Ogni giorno della Settimana Santa (in dialetto Simana Santa) è scandito da preparazioni ed allestimenti particolari. 

Giovedì Santo è caratterizzato dalla Benedizione delle «Gucciadate», dalla tradizione dei Sepolcri e la Processione notturna delle Croci Votive, per tutto il Centro Storico, da parte di penitenti scalzi. 


Venerdì Santo è il giorno della Processione dell'Addolorata con le «Tre Ore di Agonia», fino a tarda ora. 


Sabato Santo, si inizia la mattina con la Processione del «Monumento» e del Cireneo, per una intera mezza giornata;  


-

verso sera, la Processione del «Cristo nel lenzuolo».


Domenica di Pasqua, la Processione alla quale fa seguito la «Confronta».


Fiera della Ribusa, 24 giugno - Mercato dell'Artigianato e dei Prodotti Tipici


Palio di Ribusa, inizialmente il 22 di Aprile, fu poi spostata al 15 di Agosto per la Festa dell'Assunta e successivamente ancora spostata alla 1ª domenica di Agosto - (chiamato così per la fiera che si svolgeva a Stilo fin dal 1600) la più grande rievocazione storica della Calabria dei tempi Medioevali-Rinascimentali, in cui Stilo svolgeva il ruolo di Contea, raccogliendo a sé i Feudi di Pazzano, Stignano, Guardavalle, Riace e Camini


Rassegna di Spettacoli Medievali; è una delle manifestazioni estive più seguite della Calabria; rievocazione storica, musica, spettacoli e cucina per le vie del borgo e, l'ultimo giorno, Giostra dell'Anello, con assegnazione al vincitore del «Palium», un drappo artisticamente lavorato. 


Tutto il suo centro storico e percorso da personaggi in costume medievale è illuminato dalla luce delle fiaccole

SANTO PATRONO

San Giorgio (Cappadocia, 275-285 circa - Nicomedia, 23 aprile 303) è stato, secondo una consolidata e diffusa tradizione, un Martire Cristiano, venerato come Santo Megalomartire (in greco Hàghios Geòrgios ho Megalomàrtys, Ἅγιος Γεώργιος ὁ Μεγαλομάρτυς) da quasi tutte le Chiese Cristiane che ammettono il Culto dei Santi.
Morì prima di Costantino I, probabilmente sotto le Mura di Nicomedia, secondo alcune fonti nel 303. 
Il Martirio sarebbe avvenuto sotto Diocleziano stesso (che però in molte versioni è sostituito da Daciano, Imperatore dei Persiani), il quale avrebbe convocato 72 Re, per decidere quali misure prendere contro i Cristiani per sterminarli
Il suo culto è molto diffuso ed è antichissimo, risalendo almeno al 300.


In mancanza di Notizie Biografiche certe su San Giorgio, le principali informazioni provengono dalla Passio Sancti Georgii, che però, già il Decretum Gelasianum del 496, classificava tra le Opere Apocrife. Secondo questa fonte, Giorgio era originario della Cappadocia (regione dell'odierna Turchia), figlio di Geronzio, Persiano, e Policromia, Cappadoce; nato verso l'anno 280 e i genitori lo educarono alla Religione Cristiana
Trasferitosi in Palestina, si arruolò nell'Esercito dell'Imperatore Diocleziano, comportandosi da Valoroso Soldato, fino al punto di giungere a far parte della Guardia del Corpo dello stesso Diocleziano, divenendo Ufficiale delle Milizie e forse suo successore.
Giorgio donò ai poveri tutti i suoi averi e, davanti alla Corte, si confessò Cristiano; all'invito dell'Imperatore di sacrificare agli dei, si rifiutò, alchè, venne battuto, sospeso, lacerato e gettato in Carcere, dove ebbe una visione di Dio che gli predisse 6 anni di Tormenti, 3 volte la Morte e 3 la Resurrezione.
Tagliato in 2, con una ruota piena di chiodi e spade, Giorgio resuscitò, operando la conversione del Magister Militum Anatolio, con tutti i suoi soldati, che vennero uccisi a fil di spada; entrò in un Tempio Pagano e, con un soffio abbatté gli idoli di pietra; convertì l'Imperatrice Alessandra, che venne Martirizzata.
A richiesta del Re Tranquillino, Giorgio risuscitò 2 persone morte da 460 anni, le Battezzò e le fece sparire
L'Imperatore Diocleziano lo condannò nuovamente a morte, e il Santo, prima di essere Decapitato, implorò Dio che l'Imperatore e i 72 Re fossero Inceneriti; esaudita la sua Preghiera, Giorgio si lasciò Decapitare, promettendo Protezione, a chi avesse Onorato le sue Reliquie, le quali, sono conservate in una Cripta, sotto la Chiesa Cristiana di Rito Greco-Ortodosso, a Lydda (l'odierna Lod, in Israele)


Culto
La Festa Liturgica si celebra il 23 aprile e la sua memoria, è Celebrata in questo giorno anche nei Riti Siro e Bizantino
Viene Onorato, almeno dal 300 anche se, nel 1969, la Chiesa Cattolica declassò il Santo nella Liturgia ad una memoria facoltativa, ma la Devozione dei Fedeli è continuata.


La Legenda Aurea
Si narra che in una Città, chiamata Silena, in Libia, vi fosse un grande stagno, tale da poter nascondere un Drago, che, avvicinandosi alla città, uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava. 
Gli abitanti gli offrivano, per placarlo, 2 pecore al giorno ma, quando queste cominciarono a scarseggiare, furono costretti a offrirgli una pecora ed un giovane tirato a sorte. 
Un giorno, fu estratta la giovane figlia del Re che, terrorizzato, offrì il suo patrimonio e metà del Regno per salvarle la vita, ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. 
Dopo 8 giorni di tentativi, il Re alla fine dovette cedere, e la giovane si avviò verso il lago, per essere offerta al drago. 
In quel momento, passò di lì il Giovane Cavaliere Giorgio, il quale, saputo dell'imminente sacrificio, tranquillizzò la Principessa, promettendole il suo intervento per evitarle la brutale morte, dicendole di non aver timore, che l'avrebbe aiutata nel nome di Cristo. 
Quando il Drago si avvicinò, Giorgio salì a cavallo e protettosi con la Croce e raccomandandosi al Signore, con grande audacia, affrontò il Drago che gli veniva incontro, ferendolo gravemente con la lancia e lo gettò a terra, disse quindi alla ragazza di avvolgere la sua cintura al collo del Drago, il quale prese a seguirla docilmente verso la Città. 
Gli abitanti erano atterriti nel vedere il Drago avvicinarsi, ma Giorgio li tranquillizzò, dicendo loro di non aver timore poiché «Iddio mi ha mandato a voi, per liberarvi dal Drago: se abbraccerete la Fede in Cristo, riceverete il Battesimo ed io ucciderò il Mostro». 
Allora il Re e la popolazione si convertirono ed il Cavaliere uccise il Drago e lo fece portare fuori dalla Città, trascinato da 4 paia di buoi.
Questa leggenda era sorta al tempo delle Crociate e, probabilmente, fu influenzata da una falsa interpretazione di un'immagine dell'Imperatore Costantino, trovata a Costantinopoli, in cui il Sovrano schiacciava col piede un enorme Drago, simbolo del «Nemico del Genere Umano». 
La fantasia popolare ricamò sopra ciò e il racconto, passando per l'Egitto, dove San Giorgio ebbe dedicate molte Chiese e Monasteri, divenne una Leggenda affascinante, spesso ripresa nell'Iconografia. 
San Giorgio, tuttavia, non è l'unico personaggio che uccide un Drago: anche ad altri Santi, le Leggende riconoscono simili imprese; è facile confondere San Giorgio con San Demetrio o San Teodoro.
Nell'iconografia, San Giorgio spesso compare con l'Epiteto "O Τροπαιοφόρος" (Tropeoforo, il Vittorioso) ed indicato come «Divinità Sol Invictus - Elio« (Divinità Solare).
Nel Medioevo, la lotta di San Giorgio contro il Drago, diviene il Simbolo della lotta del Bene contro il Male e, per questo, il mondo della Cavalleria, vi vide incarnati i suoi ideali. 
La leggenda del Soldato Vincitore del Drago, contribuì al diffondersi del suo Culto, che divenne popolarissimo in Occidente ed in tutto l'Oriente Bizantino, ove egli è per eccellenza il «Grande Martire» ed il «Trionfatore» diventando un Santo tra i più venerati in ogni parte del mondo Cristiano. 
Vari Ordini Cavallereschi, portano oggi il suo nome e i suoi simboli: l'Ordine della Giarrettiera, l'Ordine Teutonico, l'Ordine Militare di Calatrava, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, il Reale e Militare Ordine di San Giorgio della Riunione e molti altri.

Reliquie
Grande venerazione riscosse il Sepolcro del Martire, mentre le sue Reliquie furono trasferite, probabilmente durante l'Invasione Persiana, all'inizio del 600 o poco dopo, all'arrivo dei Musulmani in Palestina.
A Roma, Belisario (ca. 527) affidò alla protezione del Santo, la Porta di San Sebastiano e la Chiesa del Velabro, dove venne poi trasferito il Cranio di San Giorgio, trovato in Cappadocia da Papa Zaccaria (744-752).
Una frazione del Cranio di San Giorgio, è custodita presso la Chiesa di San Giorgio Martire in Oriolo (CS).

Il Nome di San Giorgio, era invocato contro i Serpenti velenosi, la Peste, la Lebbra e la Sifilide e, nei Paesi Slavi, contro le Streghe.
Dal 1996, dietro Autorizzazione Ecclesiastica, San Giorgio è il Santo Protettore delle "Guardie Particolari Giurate".
La sua Croce Rossa in campo bianco era originariamente vessillo della Repubblica di Genova; venne poi utilizzata dai Crociati ed in seguito adottata da molte altre Città, tra cui Milano e Bologna, e fu concessa in uso all'Inghilterra dai Genovesi.
Papa Pio XII, con Bolla Papale del 1937, elesse San Giorgio Martire, come Protettore della Cavalleria Militare e Civile dello Stato Italiano (Sanctus Georgius Equitum Patronus), quale riferimento e fonte d’ispirazione agli ideali dell’Altruismo e della Solidarietà.

Patrono degli Scout
San Giorgio è, da sempre, considerato Santo Patrono degli Scout e delle Guide, non per le origini Inglesi del Movimento, bensì per la simbologia a lui legata dei Cavalieri e del Bene che sconfigge il Male. 
Nella tradizione italiana, la Festa di San Giorgio è il giorno del rinnovo dedicato al Rinnovo della Promessa, proprio per la vicinanza del cerimoniale della promessa a quello della cavalleria. 
Nei pressi di questa data spesso vengono organizzate attività intergruppo chiamate Campo San Giorgio, che si svolgono attorno al 23 aprile. 
Anche nelle associazioni scout non confessionali (come per esempio quella britannica o il Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani) il giorno di San Giorgio viene sempre festeggiato, con attività spesso in gemellaggio tra diversi gruppi.

COME RAGGIUNGERE Stilo

In Treno

Treni diretti provenienti dalle più importanti Città Italiane e con la linea Roma - Napoli - Lamezia Terme - Catanzaro Lido - Monasterace-Stilo

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Roma > Catanzaro Lido


Catanzaro Lido Monasterace Lido-Stilo


Monasterace Lido-Stilo > Stilo


In Automobile

DA NORD - sull’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, prendere l’uscita Lamezia Terme. 
Procedere in direzione Catanzaro Lido ed in prossimità di Germaneto, imboccare l’uscita verso Reggio Calabria. Proseguire sulla strada sino all’ultima uscita, Squillace Lido e procedere fino alla rotonda di Soverato in direzione Davoli Marina. 
Percorrere tutta la SS 106 Ionica, fino a Monasterace Marina e prendere il bivio, che conduce verso i paesi interni di Stilo, Pazzano e Bivongi.

DA SUD - sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, imboccare l’uscita di Rosarno, procedere sulla Strada di Grande Comunicazione Ionica fino all’uscita di Marina di Gioiosa Jonica e continuare in direzione Taranto. 
Uscire a Caulonia Marina, oppure continuare sulla costa ionica verso nord, fino ad arrivare a Monasterace Marina e poi imboccare il bivio che conduce verso i paesi interni di Stilo, Pazzano e Bivongi.


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