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Basilicata: Maratea


Maratea (Marathia in dialetto marateota, [maraˈtia) è un Comune Italiano della provincia di Potenza (PZ), unico centro della Basilicata ad affacciarsi sul Mar Tirreno, sul Golfo di Policastro.

È una delle principali mete turistiche della Regione, tanto da essere soprannominata «la Perla del Tirreno» per i suoi pittoreschi Paesaggi e il Patrimonio Artistico e Storico.
È anche detta «la Città delle 44 Chiese» per le numerose Chiese, Cappelle e Monasteri, costruite in epoche e stili diversi, alcune delle quali rappresentano episodi notevoli della Storia Artistica e Religiosa della Regione.

Provenendo da Lagonegro con la Strada Statale 585, ci si immette nella Strada Statale 18 Tirrena Inferiore; la strada si riavvicina alla costa, si risale lasciando, a sinistra in basso, le Case di Maratea Castrocucco, nei pressi dell'insenatura del Porticello di Castrocucco, fronteggiata da un isolotto roccioso unito alla spiaggia da una scogliera e dominato dalle scenografiche Rovine del Medievale Castello di Castrocucco.
Poco oltre si rasenta, a sinistra, la rocciosa Punta Caino, con in cima la diruta Torre Caino, e percorso un breve tratto in uno stupendo paesaggio marittimo, si è a Marina di Maratea, la più meridionale di 4 incantevole località che formano l'importante area balneare e climatica di Maratea, una tra le più note, eleganti e ben attrezzate del Tirreno Meridionale, con numerose installazioni ricettive, stabilimenti e Porticciolo Turistico.
Proseguendo, con vista verso il Golfo di Sapri, mentre avanti appare la nerastra Isola San Ianni, s’incontra, vicino alla strada, la bella e vasta Grotta di Maratea.
La Statale 18 sovrappassa la ferrovia e rasenta, a sinistra, la frazione Porto, con un pittoresco gruppo di case di pescatori e il porto, scalo di numerose imbarcazioni turistiche; presto si incontra, a destra, un tronco per Maratea, graziosa e antica cittadina, in bella posizione sulle pendici del Monte San Biagio, affacciata su uno dei tratti più suggestivi del Golfo di Policastro, costellato di varie località balneari, con ampio e stupendo panorama.

MARATEA

Regione: Basilicata
Provincia: Potenza PZ
Altitudine: 300 m slm
Superficie: 67,84 km²
Abitanti: 4.991
Nome abitanti: Marateoti
Patrono: San Biagio di Sebaste (seconda domenica di maggio)
Co Patrono: San Francesco di Paola
Soprannomi: la Perla del Tirreno - la città delle 44 chiese
Motto: Regia Civitas, Marisque Dea
Gemellaggi: Cento (FE Italia) dal 3 febbraio 1980 - Carosino (TA Italia), dal 12 ottobre 2001 - Bolzano (BZ Italia), da maggio 2008 - Avetrana (TA Italia), dal 28 aprile 2010 - Chiaravalle Centrale (CZ Italia), dal 12 maggio 2012 -
Rocca Priora (RM Italia), dal 10 maggio 2013


Maratea è uno dei borghi inseriti nel tour alla scoperta dei Borghi Italiani di BORGHI VIAGGIO ITALIANO l’iniziativa di 18 Regioni Italiane insieme al MIBACT hanno preso per la valorizzazione di 100 borghi, dall’entroterra alla costa, come luoghi del turismo lento, dell’autenticità, della qualità di vita.
Nel 2017, dichiarato dal MIBACT “Anno dei Borghi”, Borghi Viaggio Italiano ha promosso a livello nazionale ed internazionale, l’Italia dei Piccoli Paesi, ricchi di testimonianze del passato ed ancora custodi della storia, tradizione ed identità del territorio.
Località uniche ma ancora poco conosciute, dove l’ospite può riappropriarsi di una dimensione di viaggio a misura d’uomo, lontano dai percorsi turistici convenzionali.



 GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

“Dea del Mare” o “Città dei grandi Etei”, attraverso l’etimologia del suo nome Maratea racconta una storia intensa che certamente affonda le radici in epoca preistorica.
Maratea è insieme sito di antica storia, centro di pesca ed agricoltura vitalizzata dai Monaci Basiliani che molto si sono spesi per insegnare a organizzare il territorio e farlo fruttare, insegnando agli agricoltori a produrre e trasformare i prodotti della terra e ai pastori la produzione del formaggio.
Località legata alla riva della Costiera, ha fatto del suo porto, l'unica via di comunicazione con tutto il Mediterraneo, in assenza di vie di comunicazione terrestri. 

In bella posizione, affacciata su uno dei tratti più suggestivi del Golfo di Policastro, col centro costituito dai 2 nuclei di Maratea superiore ed inferiore. 
Una “perla” incastonata nel Golfo di Policastro, Maratea è una località dai versatili paesaggi, dagli inebrianti profumi di mare e fiori, che la rivestono in ogni angolo, di rocce, a partire da quelle nere antracite immerse nel mare cristallino, accarezzate dai raggi del sole al punto da creare brillanti giochi di luce.
L’azzurro del mare e il verde della vegetazione tipica della macchia mediterranea incontra la rocciosa scogliera e insieme circondano splendide spiagge.
Così il litorale, impreziosito al largo da scogli e isolotti, si snoda intervallato da pareti rocciose alte e ripide che, ora si tuffano nel Mar Tirreno, ora si ritraggono accogliendo calette e spiagge.
A dominare l’incantevole paesaggio, sorge su uno sperone l’antico Borgo di Maratea, arricchito da Portali e Viuzze, Archi e Palazzi settecenteschi, Grotte, Torri costiere, e, tra le altre, una accogliente e intima piazzetta.
Il centro storico offre una ricca concentrazione di architetture di valore storico, tra cui luoghi di culto, dovuti all'intensa attività delle Confraternite, per cui Maratea è denominata anche «la città delle 44 chiese».
L’abitato della «Perla del Tirreno» è sovrastato dal mistico Monte San Biagio, su cui svetta, la Statua del Redentore, noto anche come «Cristo di Maratea»,  mentre al lato opposto del Cristo c'è la Basilica di San Biagio e sotto al Cristo sono aggrappati, ad un fianco del monte, i ruderi dell’Antico Borgo denominato «Castello».
Ad accrescere la bellezza della città, il suo Porto che ha garantito scambi Mediterranei di Saperi e Sapori, Odori e Colori tra il Verde dei Monti e della Pianura e il Blu del Mare, i Profumi del Finocchio Selvatico, del Pescato delle Alici cucinate alla Scapece e in mille altri modi o trasformate in Garum fin dai tempi dei Romani, dei cibi portati da Saraceni, Bizantini, Greci, ed integratisi con quelli autoctoni.




ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Rammentato nell'anno 1324 «In castro Marattie».
Diverse sono le interpretazioni date al significato del toponimo Marathìa, antico nome ancora conservato nel dialetto.
È opinione comune che il toponimo sia di derivazione Greca ed è quasi universalmente accettata la tesi dello studioso Giacomo Racioppi, che vuole il nome ha origine nel fitonimo (nome di pianta) Greco-Bizantino dalla parola marathus (màrathos, μάραθος, "finocchio selvatico"), col significato di «terra dove cresce il finocchio selvatico».
Altra tesi, diffusa già nel 1700 e tutt'ora piuttosto diffusa, è quella che il nome sia invece il composto del latino màris e del greco théa, cioè «dea del mare» o «spettacolo del mare» a seconda del significato attribuibile alla seconda parola.

 

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TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Il territorio di Maratea si estende per poco meno di 68 km².
Ha per confini indicativi a Nord il Comune di Sapri in Campania e Rivello, a Sud quello di Tortora in Calabria, a Est Trecchina e da dopo di essa il resto della Provincia di Potenza e ad Ovest il mare.
Ciò rende Maratea l’unico Comune della Provincia di Potenza e della Regione Basilicata ad affacciarsi sul mare Tirreno.
La Costa si stende per circa 32 km, variegata da insenature, grotte, scogli, secche e spiagge per lo più ciottolose.
Grosso modo al centro della costiera si trova il Porto

Lungo il tratto meridionale della Costa si distingue invece la piccola Isola di Santo Janni.
Molte le Grotte sparse nel territorio, 132 tra marine e terrestri;
Interessante la Grotta di Marina di Maratea, una piccola grotta naturale, aperta al di sotto del fondo stradale della Strada Statale 18, nei pressi della frazione Marina, in cui sono visibili stalattiti e stalagmiti.
Il territorio marateota è per lo più costituito da rilievi, con pochi pianori e terrazzamenti su cui insistono gli insediamenti antropici.
Montagne e colline bagnano per lo più i costoni direttamente sul mare, creando pittoreschi panorami e scorci visivi. 

Nel territorio di Maratea scorre un solo Fiume, il Noce, la cui foce segna il confine con la Calabria.
Molti i torrenti che scorrono tra i monti del territorio, ma solamente quello detto Fiumicello, che sfocia in mare presso l'omonima frazione, non ha carattere stagionale o alluvionale.

Di fronte a Maratea la piccola Isola di Santo Janni, poco più grande di uno scoglio, dista circa 500 m dalla costa. L’isolotto prende il nome da un'antica Cappella dedicata a San Giovanni, da cui il nome corrotto dal dialetto, ed ospita, in particolare nei suoi fondali, un'area archeologica sottomarina tra le più importanti del Mediterraneo.
Sull’isola anche un endemismo zoologico: il cosiddetto Drago di Santo Janni, una lucertola bruno-azzurra, che vive confinata sugli anfratti rocciosi dell'isolotto, sottoposta a specifiche tutele.



L'abitato si divide nei 2 nuclei di Maratea superiore e Maratea inferiore, posti sulla cima e sul fianco del Monte San Biagio, a cui fanno capo 9 Frazioni, dislocate 6 sulla Costa - Castrocucco, Marina, Fiumicello-Santavenere, Porto, Cersuta ed Acquafredda - e 3 nell'entroterra, frazioni montane, oltre le montagne che si affacciano sul mare - Santa Caterina, Massa e Brefaro -.
Centro fortificato, in posizione dominante sul Golfo di Policastro, l'Antica Maratea (Maratea Superiore) perdette la sua importanza alla metà del 1200, quando a valle venne costruito un nuovo Borgo (Maratea inferiore). 
Il Nucleo Superiore di Maratea è la Città Antica, chiamata tradizionalmente «Castello» perché fu fortificata con mura e bastioni, mentre il Nucleo Inferiore è il Centro Storico, chiamato invece «Borgo» in quanto privo di fortificazioni particolari.
Questa duplicità urbana di Maratea era puntualmente notata dai viaggiatori che hanno descritto la città nel corso dei secoli:

«È divisa in due parti: una detta il Borgo, o Maratea inferiore, messa tra due monti, […] l'altra più in alto e in collina detta il Castello, o Maratea superiore, che è la più antica, gode bellissima vista»
(Gustavo Strafforello, La Patria, vol. XXVII, 1899)

Ai piedi del Monte si trova poi una Valle, popolata di molte Contrade.

La parte antica di Maratea Inferiore, già chiamata "Borgo", immediatamente a ridosso del versante roccioso è quasi completamente abbandonata, conserva intatto l'impianto primitivo, con vicoli strettissimi ed un'edilizia molto semplice, ma ricca di elementi architettonici e decorativi (logge, portalini ed aggetti), caratteristici della zona e che l’accostano più ai motivi del Cilento che alle aree interne della Basilicata.
I 2 nuclei di Maratea si svilupparono in tempi e modi diversi, non del tutto noti agli storici.
La Città Superiore, posta sulla cima del Monte San Biagio, è per immemore tradizione la più antica, e i suoi Abitanti fondarono quella Inferiore sul versante Settentrionale dello stesso Monte durante l'Età Medioevale.

I 2 appellativi derivano dalle Fortificazioni della Città Antica, così come puntualizzato dalle fonti letterarie:

«la superiore è cinta di mura e bastioni, la dicono Castello, mentre l'altra chiamano Borgo.»
(Attilio Zuccagni-Orlandini, Corografia fisica, storica e statistica dell'Italia e delle sue Isole, vol. XI, Firenze, 1845.)

I 2 Centri presentano notevoli differenze nell'impianto urbano l'una dall'altra, dovuti alle caratteristiche dei loro siti e all'epoca del loro sviluppo.
Solo la città inferiore è popolata; mentre la superiore è abbandonata e in rovina.

Il Castello

«Più antica è la prima Maratea, chiusa con mura per mille passi e munita di inespugnabili bastioni e vari pezzi di artiglieria, con due porte esposte alla furia dei venti, e le case picciole di un sol Quarto, nominandosi volgarmente Castello»
(Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in Prospettiva, Napoli 1702.)

Il «Castello» è il nome con cui i Marateoti indicano colloquialmente la Città Vecchia di Maratea, sita sulla cima del Monte San Biagio.
Questo antico centro, ora disabitato e in gran parte ridotto in stato di rudere, nacque probabilmente in Età Alto-Medioevale, sebbene sul sito non manchino Tracce Archeologiche di un insediamento di Età Romana.
A differenza di altri luoghi Lucani con lo stesso appellativo, il soprannome "Castello", non si deve alla presenza di una Fortezza o di un vero e proprio Maniero sul sito, ma al fatto che la Cittadina fosse posta in cima a una Rupe inespugnabile e protetta da Mura di Cinta, Bastioni e Torri, che la difesero dagli attacchi subiti del 1440 e del 1495, ma che furono distrutti dopo la Resistenza del 1806.

«Quando era circondata di Muraglie, e Torrioni, faceva una bella, luminosa, magnifica comparsa.
Non ostante che adesso di Torrioni, e di Muraglie, è priva; pure da lontano bella comparisce; ma al di dentro è deserta»
(Carmine Iannini, Di San Biase e di Maratea. Discorso Istorico. Libri II., Napoli, Istituto Grafico Italiano, 1985.)

Le Abitazioni presentavano caratteristiche di «miniaturizzazione»: ogni vano era circa 1/4 più piccolo del normale, per economizzare lo spazio e ridurre al minimo la dispersione del calore, garantito da un forno per la panificazione di cui disponevano tutte le Case.
In ogni Dimora, trovava posto anche una Cisterna per l'acqua, in quanto sulla Cima del Monte non vi sono Sorgenti.
Non mancavano comunque Palazzi e Residenze più grandi, riservate alle famiglie più agiate; su tutte spicca Palazzo Ventapane, grandioso edificio di cui si scorge ancora la Loggia esagonale.

La Viabilità all'interno era costituita da stradine, vicoli, angiporti e scalinate, e solo 2 Porte permettevano l'accesso alla Cittadina Fortificata: Porta Santa Maria, posta nelle Mura Meridionali, e Porta dei Carpini, posta nelle Mura Settentrionali.

Le difficili condizioni abitative del sito, esposto alle intemperie e alla caduta di fulmini, unite al Pendolarismo dei Contadini che coltivavano le Terre della Valle sottostante, furono i presupposti per la nascita della nuova Maratea.
Divenute queste città di pari dignità chiamate a Governare Congiuntamente il Territorio nel 1500, la Cittadina, chiamata Maratea Superiore nei Documenti Giuridici e sulle Mappe, perse rapidamente peso politico in favore della consorella, ma si mantenne sempre Cuore Religioso della Comunità, in quanto Custode delle Reliquie di San Biagio di Sebaste, Patrono di Maratea.
Dopo essere stata teatro della Resistenza contro i Soldati Napoleonici, venuti a conquistare il Regno di Napoli, ed essere quindi stata mutilata delle sue Fortificazioni Artificiali, il processo di spopolamento accrebbe, e già nel 1808 la sua Municipalità fu soppressa e incorporata completamente a quella dell'altra Maratea con il nome popolare di «Castello»



Il Borgo

«[...] È situata alle falde di un monte a settentrione. Gode di un vago orizzonte, e di aria niente insalubre, sebbene da novembre fino a gennaio non gode affatto del sole venendo impedito dall'altezza della montagna. [...]»
(Lorenzo Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, 1802, Napoli, Tomo V, pagina 357)

Il Borgo, più frequentemente indicato come
«il Paese», è il Centro Storico della Città di Maratea.
Si trova arroccato su un costone di roccia del Monte San Biagio che lo rende invisibile dal mare, e quindi, in antichità, al sicuro dalle insidie dei Saraceni.
Questa posizione ha il grave svantaggio di isolare la Cittadina dai raggi solari nel mese di dicembre e di gennaio, bloccati dalla cima della montagna sovrastante.
Nato come sobborgo dell'Antica Maratea, questo è dal 1808 l'unico Capoluogo Comunale, fu edificato dagli abitanti del Castello che coltivavano le terre della valle sottostante.
Questi, secondo la tradizione

«incominciarono, quando la Stagione lo permetteva, a trattenersi nelle Grotti, alla falda del monte.
Ivi costruirono delle capanne: indi delle piccole case: e nello spazio di qualche tempo, queste piccole fabriche formarono un Casale: ed avendovi sperimentato del commodo: ed essendosi più moltiplicati, un altro Casale pure edificarono, non molto lontano dal primo; ma perché più piccolo, lo chiamarono Casaletto, dando al primiero la denominazione di Capo Casale»
(Carmine Iannini, Di San Biase e di Maratea. Discorso Istorico. Libri II., Napoli, Istituto Grafico Italiano, 1985.)

Espansosi con la costruzione di nuovi Casali, nel 1434 il Borgo si emancipò dalla Circoscrizione Ecclesiastica di San Biagio al Castello, costituendo la Chiesa di Santa Maria Maggiore Parrocchia autonoma.
Nel 1500 si elevò a dignità di Città, distinguendosi dall'altra con il nome di Maratea Inferiore, formando una propria Amministrazione che Governava
il territorio, congiuntamente all'Antica Maratea.
Accresciuto ulteriormente, nel 1626 fu teatro di un Assalto Banditesco, sedato grazie all'intervento dei Soldati del Castello.

Il Borgo presenta una struttura Urbanistica diseguale e caotica, dovuta all'asperità del sito: i Palazzi e le Abitazioni più grandi, persino alcune Chiese, sono formate dall'unione di piccole Case ed altre strutture

Oltre agli Edifici Sacri, tra cui figurano l'Antica Chiesa di San Vito, la Settecentesca Chiesa dell'Annunziata, la Seicentesca Chiesa dell'Addolorata, la Chiesa dell'Immacolata e la Chiesa di Sant'Antonio; le emergenze architettoniche principali sono gli Antichi Palazzi della Nobiltà Marateota: Palazzo De Lieto, che dal 1734 ospitò il primo Ospedale di Maratea, Palazzo Calderano, Palazzo D'Orlando, Palazzo De Filippo, Palazzo Eredi Picone e Palazzo Gennari.

La Viabilità, chiusa in tortuosi ma pittoreschi Vicoli, si apre in un lungo Corso, detto "la Piazza", alle cui estremità si trovano 2 Colonne Votive, ingrandito nel 1900 con l'apertura di 2 Piazzali: Piazza Biagio Vitolo e Piazza Gennaro Buraglia. 



La Valle

La Grande Valle compresa tra i Monti San Biagio e Cerreta (o Cerrita), anticamente luogo dedicato alla pastorizia e all'agricoltura, negli ultimi 50 anni è stata oggetto di una massiccia azione di urbanizzazione.
La Valle di Maratea è infatti ricolma di una miriade di Case Sparse che, sebbene rappresentino un unico grande agglomerato senza una precisa identità urbana, sono convenzionalmente divise in Rioni.

Frazioni

Frazioni Costiere



Acquafredda, è la frazione più a Nord del Comune, si trova incastonata tra una Corona di Monti, coperti da una fitta Pineta, che la isolano dalle zone circostanti. 


Fu Residenza Estiva di Francesco Saverio Nitti, nonché luogo del Martirio di Costabile Carducci nel 1848.
Ha una Chiesa Ottocentesca di pregevole architettura, hotel e lidi balneari.
Di fronte a una delle sue spiagge si trova una Sorgente Marina di Acqua Dolce, più fredda di quella del mare, donde il nome.



Cersuta, la piccola Frazione, si sviluppa intorno ad una Chiesa Seicentesca.
Prende il nome dalla presenza di Querce, in dialetto locale dette «Cerse».

Fiumicello-Santavenere, sviluppatasi in tempi recenti con l'aggregazione dei 2 Villaggi da cui prende il nome, è uno dei principali centri del turismo locale; è attraversata da un Torrente che convoglia in mare le acque delle principali Sorgenti della Valle di Maratea.



Porto, Borgo di Pescatori, si sviluppa a forma di Anfiteatro intorno al Porto, realizzata a partire dal 1962
È uno dei centri principali del turismo locale, durante la stagione estiva ospita manifestazioni di vario genere.


Marina, la Frazione più grande per estensione, ma è composta per lo più da case sparse senza una precisa identità urbana.
Il nucleo principale si raggruppa intorno alla Stazione Ferroviaria.
Sul suo tratto di costa, dall'alto valore paesaggistico, ha numerose spiagge.
Vi si trova la Grotta di Marina e il grazioso Bosco di Ilicini.



Castrocucco, la Frazione più a Sud, nonché unica zona pianeggiante del territorio comunale, Piccolo Borgo, fu nel 1900 sede di molte Attività Agricole.
Su un picco del Monte retrostante si trova il Grande Castello di Castrocucco, da cui prende il nome



Frazioni Montane

Santa Caterina, la Frazione più piccola e la meno popolata, che si trova a breve distanza dal Castello e da Massa, e si sviluppa intorno ad una Chiesetta intitolata a Santa Caterina d'Alessandria, dalla quale prende il nome.



Massa, la Frazione più popolosa, frequentata già nell'Antichità, nell'Alto-Medioevo fu Sede di Masserie, donde il nome.
Vi si producono ancora Mozzarelle e altri Prodotti Caserecci.

Brefaro, Frazione isolata tra le Montagne dell'Entroterra Marateota, si sviluppa intorno ad una Chiesetta Ottocentesca dedicata alla Madonna della Mercede.


Ambiente

5 Vele - Legambiente con la sua Guida Blu le ha attribuite a Maratea per gli anni 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018 e nella classifica "La più bella sei tu", dedicata alla spiaggia italiana più bella, nel 2015 Maratea si è classificata al 2° posto con la Spiaggia del Nastro di Cersuta, mentre nel 2016 ha ottenuto il 1° posto con la Spiaggia de 'I Vranne.
Bandiera Blu
Fee - a Maratea è stata assegnata numerose volte: nel 2001, 2002, 2003, 2004, 2007, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019 - che premia la qualità delle acque di balneazione, le spiagge e i servizi offerti.
Bandiera Verde - la quale premia le località balneari che dispongono di spiagge adatte ai bambini secondo le indagini redatte da pediatri, è stata vinta per gli anni 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018



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ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici e Storici)

Non solo natura incontaminata e mare cristallino, Maratea è anche Arte e Cultura testimoniate in architetture di pregio, monumenti di inestimabile valore e Torri Costiere.
Mentre si raggiunge il borgo, percorrendo ripidi tornanti a picco sul mare, si può godere di un paesaggio senza eguali, in cui colori e profumi si fondono tra sensazioni indimenticabili.
Una volta raggiunto il Centro Storico ci si perde tra stradine, portali e settecenteschi Edifici Nobiliari. 

Dopo una sosta nei caffè della graziosa piazzetta, di giorno centro dello shopping nei piccoli negozi di artigianato locale e in prestigiose boutique, di sera fulcro di concerti, mostre e manifestazioni culturali, è d’obbligo visitare almeno qualcuna delle 44 Chiese della città, tutte custodi di interessanti gioielli artistici.


L'abitato si divide nei 2 nuclei di Maratea superiore e Maratea inferiore.
La parte antica di Maratea Inferiore, già chiamata Borgo, immediatamente a ridosso del versante roccioso, conserva intatto l'impianto primitivo, con vicoli strettissimi ed un'edilizia molto semplice, ricca di elementi architettonici e decorativi (logge, portalini ed aggetti), caratteristici della zona e che l’accostano più ai motivi del Cilento che alle aree interne della Basilicata.
Vi si trovano alcune Chiese di notevole interesse: Santa Maria Maggiore, con un fianco ornato di Angeli marmorei (1400) e Campanile Medievale, che ha all'interno un magnifico Coro Ligneo in forme Gotiche del 1400.
La Chiesa del Rosario, che possiede un Paliotto ad intarsi marmorei e un Coro Ligneo del 1600; notevole è l'attiguo Chiostro del 1600.
Nella Chiesa dei Cappuccini si trova un pregevole Altare Barocco.
A Maratea superiore, da cui si godono Stupendi Panorami, nella Parrocchiale dell'Annunziata, sono un Ciborio di marmo del 1519 e un busto reliquiario di San Biagio, del 1600.

Colonna di San Biagio. Colonna votiva a San Biagio, posta in fronte alla Chiesa dell'Annunziata nella Piazza di Maratea, fu eretta per volere di popolo il 13 luglio 1758 e si compone di 3 corpi: una base squadrata, un'antica colonna di marmo (che tradizione vuole essere stata ripescata al largo della costa presso Marina) e la statua del Santo a figura intera.
Obelisco dell'Addolorata. Piccolo e semplice monumento, eretto nel 1788 da un cittadino di Maratea, a memoria della scomparsa di uno dei suoi figli; si trova di fronte alla Chiesa dell'Addolorata.
È composto da una guglia su cui trova posto una piccola statua della Madonna Addolorata, raffigurata nella classica iconografia.

Palazzi e Residenze Nobiliari

Palazzo De Lieto
Donato alla comunità nel 1734 da Giovanni De Lieto, divenne il primo Ospedale di Maratea; mantenne questa funzione fino all'inizio del 1900, quando il nosocomio cittadino fu trasferito nell'ex-Convento di San Francesco di Paola.
La struttura presenta una terrazza con 3 Arcate.
Posto sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali nel 1979, è stato restaurato ed ospita Mostre perenni ed Eventi museali.

L'Ospedale Civile di Maratea fu fondato per volere di Giovanni Di Lieto, che il 12 aprile 1734 lasciò per Testamento una Rendita e il Palazzo per dare il via alla primitiva struttura.
Ripristinato dopo esser stato soppresso per motivi poco chiari durante il decennio Francese, nel 1831 il Re Ferdinando II delle Due Sicilie lo proclamò Ospedale Distrettuale per tutta l'area del Lagonegrese.
Nei primi anni del 1900 fu spostato nell'ex Convento dei Paolotti e lì rimase fino agli anni 1970.
Nel 2001 molti reparti furono chiusi, con il progetto di far trasformare l'Ospedale in un Polo Multispecialistico per la riabilitazione, ma il progetto fu duramente contestato dalla Popolazione e, in parte, dall'Amministrazione Comunale.
Successivamente il progetto è stato rivalutato ed è quello attualmente sostenuto.
Nell'Ospedale Marateota sono funzionanti i Reparti e i Laboratori di Chirurgia Oculistica, Residenza Sanitaria Assistenziale e Fisioterapia, oltre ai servizi di Pronto Soccorso, Radiologia, Dialisi e Farmacia.
Più recente è l’istituzione della RSA (Residenza Sanitaria Assistita) che rappresenta un'eccellenza nel territorio ed ospita molti pazienti, tra cui ragazzi con disturbi intellettivi, lungodegenti.

Palazzo Calderano
Si trova nel Rione più Antico del Borgo di Maratea, detto Capo Casale.
Il Palazzo del 1700, posto sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali nel 1990, presenta una bella Loggia con Colonne e un grande Portale in pietra quarzitica. Sulla doppia Facciata, traforata, si innesta un sistema di Scale e Ponti volanti.

Palazzo Eredi Picone
Sul ciglio del Rione Pietra del Pesce, il Palazzo si distingue per la caratteristica Loggia a forma di Torre, tradizionalmente identificata come una di quelle presenti nello Stemma Comunale.
La struttura, di proprietà privata, è stata posta sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali nel 1981, ma non ancora restaurato.

Palazzo Marini-D'Armenia
Sito nel Rione Casaletto, ha un bel Portale, sopra cui si trova un bassorilievo raffigurante un angelo.
Sottoposto alla tutela del Ministero dei Beni Culturali nel 1991, ha un caratteristico Angiporto (Vicoletto, chiassuolo, cui di solito si collega l'idea dello svolgersi di attività equivoche oppure Darsena con magazzini nella parte più interna e difesa del porto) che permette il passaggio sotto un piano.

Palazzo Baronale Labanchi
Si trova in località Secca di Castrocucco e fu costruito nel 1500; nel 1860, ospitò per una notte Giuseppe Garibaldi, di passaggio durante la spedizione dei Mille. L'edificio si distingue per la presenza di 2 massicce Torri circolari, che rendono l'aspetto di una fortificazione.
Il Palazzo è sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali dal 1979.

Lasciando il Borghetto, mentre si va alla ricerca di nuove meraviglie, lungo la Costa di Maratea si possono ammirare 6 Torri Costiere anticorsare, risalenti alla fine 1500, disposte come Fari:

Torre dei Crivi: in stato di rudere, sebbene ben conservatasi nella sua forma esterna, si trova a nord di Acquafredda, su un costone di roccia al 221,5 km della SS 18.

Torre di Acquafredda: la torre peggio conservata, si trova ad Acquafredda, sul promontorio della Rotondella, al 225,5 km della SS 18.

Torre Apprezzami l'Asino: si trova a Nord della frazione Cersuta, su un costone di roccia al 229 km della SS 18, e deve il suo nome ad un episodio della tradizione popolare, che racconta di quando, nell'unica e strettissima strada che passa sotto la Torre, 2 contadini si incrociarono con i loro asini nel punto dove non c'era lo spazio materiale per far passare tutti e 2 gli animali.
Non restò altro che apprezzare quale animale avesse minor valore e, per fare strada libera all'altro, precipitarlo in mare.

Torre Santavenere: giudicata la più bella torre del Regno di Napoli, si trova nella Frazione Fiumicello-Santavenere.
È stata riadattata come abitazione nel 1900, e questo intervento ne ha modificato radicalmente la struttura.

Torre di Filocaio: era la torre a guardia del Porto. è stata restaurata nel 1900 ed adattata ad abitazione privata.

Torre Caina: si trova in posizione pittoresca su un grande promontorio a picco sul mare, presso il 240 km della SS 18, a Sud della Frazione Marina.

*Castello di Castrocucco, sito nei pressi della Frazione omonima, si trova su un grande costone di roccia sospeso sopra la Strada Statale 18.
Nel 2005 è stato sottoposto a tutela dal Ministero dei Beni Culturali e proclamato Monumento Nazionale.
Tutta l'area circostante è stata anche individuata quale Sito di Interesse Comunitario dall'Unione Europea.
Il Castello fu abbandonato nel 1600, pertanto presenta un pessimo stato di conservazione, ma sono comunque ancora distinguibili alcuni elementi: la porta, i bastioni e alcuni tratti della mura.



Puntando poi verso la località Acquafredda, si può visitare Villa Nitti, una struttura di grande valore storico e architettonico.
Fu residenza di Francesco Saverio Nitti, Meridionalista e Presidente del Consiglio dei Ministri durante il Regno d'Italia (Vedi Biografia); progettata come rivisitazione neogotica-decò di una tipica Casa Rurale da Vincenzo Rinaldo, architetto veneziano, è situata in posizione panoramica, presso il litorale della Frazione.



Escursione al Santuario e al Belvedere di San Biagio (km 4.5), per una Strada Panoramica che porta in cima al Monte San Biagio (m 624).


Raggiungendo Monte San Biagio, si resta estasiati al cospetto dell’imponente Statua del Cristo Redentore che, in posizione dominante, dà le spalle al mare.
Il Santuario, con Facciata a Portico a 3 Archi Rinascimentali e tozzo Campanile, conserva una Cappella Barocca del 1619 e un bassorilievo marmoreo del 1500.
Dal vicino *Belvedere, ove sorge la monumentale *Statua del Redentore, dello scultore Bruno Innocenti (1973),
alta 21 m, con apertura delle braccia di 19 m, si gode uno stupendo e vasto *Panorama verso il mare e i monti.
Poco oltre sono i ruderi di Maratea Vecchia, Mura, Torri e Porte di Maratea Castello.
L'antica Maratea, posta sulla cima del monte San Biagio, è soprannominata dai Marateoti «Castello» perché un tempo
era fortificata con mura, bastioni e torri, elementi oggi non più ben distinguibili nell'ammasso di rovine che costituisce il sito, ma sono ancora presenti resti di alcune di queste strutture, di cui fu ordinata la distruzione dopo l'Assedio Napoleonico del 1806.
Nulla rimane delle 2 porte d'accesso alla cittadina, mentre i tratti delle antiche mura sono ancora esistenti.
Di fronte alla Basilica di San Biagio, sono presenti 2 torri diroccate, originariamente poste a guardia di una delle 2 porte.
Un'altra struttura simile si può scorgere nella parte alta dell'antico nucleo urbano; mentre, nei pressi dell'attuale asse viario, si vede chiaramente il rudere di una Torre quadrangolare con una grande feritoia sul lato esterno.


Siti Archeologici

Le tracce di archeologia presenti sul territorio di Maratea sono lo specchio delle vicende della storia stessa della località legate sopratutto all'Età Greca e Romana.

L'antica Maratea fu sin dall'Età Greca un Luogo di Culto cui facevano riferimento le Città Greche della Costa come Vibona, Laos e Blanda, quest'ultima edificata alla Foce del Fiume Noce e localizzata sulla Collina di Palestro tra gli Abitato di Castrocucco e Tortora, dove oggi vengono alla luce Resti di Antiche Costruzioni e Arredi di natura Sepolcrale.
Il Fiume Noce e la sua Valle erano la porta attraverso la quale, gli uomini della Costa commerciavano con le zone interne del Lagonegrese i Prodotti che approdavano sulla Costa di Maratea, come l'Ossidiana delle Eolie, le Anfore, le Coppe di Stile Ionico, i Vasi a vernice nera, che sono stati ritrovati a Rivello e a Capo la Timpa sopra il Porto di Maratea.
Ai Greci si sostituirono, a partire dal II secolo a.C., i Romani, e l'importanza di Maratea e dei suoi Approdi sulla Costa è testimoniata dagli importanti Giacimenti Marini presenti lungo tutto il tratto Costiero da Castrocucco al Capo di Santavenere .
Sono state ritrovate, infatti, numerosi frammenti di Anfore (Castrocucco e Secca della Giumenta), un Relitto di Nave, e numerosi Ceppi d'Ancora in pietra o di metallo.
A Castrocucco di Maratea sono state individuate anche Tombe del 300-400 con frammenti di Anfore cilindriche del Basso Impero; a Massa, invece, una Tomba con una Moneta e una Lucerna frammentaria.
Sempre a Castrocucco, nella zona di Capo la Secca accanto al Palazzo Baronale Labanchi vi sono i resti di una struttura in 2 vani molto probabilmente destinata alla produzione di “Garum”.
I Reperti di Archeologia sono conservati presso il Museo di Palazzo De Lieto, nel Centro Storico a Maratea.


Il promontorio detto Capo la Timpa è stato a lungo oggetto di ricerche archeologiche, che hanno riportato alla luce un Insediamento Indigeno in Capanne che visse, a più riprese, dal XV al III secolo a.C.. 



I rinvenimenti del Periodo Romano si concentrano principalmente intorno all'Isola di Santo Janni, dove è stato scoperto il più Grande Giacimento del Mediterraneo di Ancore ed Anfore di questo periodo. 


Altro sito dello stesso periodo storico è quello presso la Secca di Castrocucco, dove è stata rinvenuta una Villa Marittima Romana.
Per la Storia Medioevale i protagonisti sono: il Castello, il Castello di Castrocucco (vedi più sopra), entrambi siti non ancora oggetto di ricerche sistematiche, e le 6 Torri Costiere.


Il Centro Operativo Misto di Maratea organizza mostre e attività didattiche nelle sale di Palazzo De Lieto, uno degli edifici storici della città, in occasione delle manifestazioni promosse dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, e durante la stagione estiva.
Palazzo De Lieto espone inoltre la Mostra Permanente «Dal mare alla terra» che consiste in 2 sezioni: una generale, composta da pannelli raffiguranti le origini della navigazione e dei commerci via mare; l’altra strettamente Archeologica, costituita dall’esposizione di ancore di Navi Romane ritrovate intorno all’Isola di Santo Janni - uno dei ritrovamenti più cospicui del Mediterraneo - anfore e oggetti simili. 



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«Racconti di Viaggio»

 «... Lagonegro è attraente e lo è il brevissimo tratto di Costa Lucana tra la Campania e la Calabria, con le sue insenature rocciose dominate da alte muraglie e Torrioni di pietra.
A Maratea è sorta, in un lanificio di proprietà biellese, l'industria più notevole della della Lucania, ed accanto all'industria, dentro una baia, uno dei più raffinati piccoli alberghi dell'Italia Meridionale.
Questa breve costa tirrenica, fino a ieri allo stato naturale, è oggi aperta al turismo ...» (da 
«Viaggio in Italia»di Guido Piovene - 1950 - pagine 744-745)

Maratea, luglio
«Maratea, Maratea, nome magico, che mette in sospetto, in ansia, come tutte le cose di moda a cui non si vuole arrivare secondi, e d'altra parte non si vorrebbe arrivare affatto.
Si parla di Maratea in tono ironico - solenne, come dell'ultima, grande, misteriosa scoperta degli industriali milanesi.
In realtà, passata Sapri, con la sua umile spiaggetta per Borghesi indigeni, e imboccata la penisola calabra, ho pensato: "però, questi industriali milanesi".
La Costa infatti non ha niente di ciò che si considera convenzionalmente bello, neanche sulle orme del Boccaccio: semplicemente, la Costa è tremenda.
Mai vista tanta perfezione: un enorme scoscendimento, tagliato da bianchi torrenti - mezzanotte, malcanale... - grigio, di roccia, tempestato di ciuffi d’un verde tutto uguale, che precipita a picco sul mare.
Lo schema è quello Sorrentino, amalfitano, ma è riempito da un concreto inferno: ossessivo: e il risultato è stupendo.
Maratea, però comincia con l'essere un'oasi molto più dolce: ci sono boscaglie, e la costa finisce con maggiore dolcezza sul mare.
Su un grande prato, che sembra quasi un parco inglese, sorge l'elegante, celebre albergo degli industriali.
Sì, è bello: ma io mi ci annoio.
Riparto, mi perdo nelle Calabrie: che si fanno sempre più Calabrie, sempre più Calabria, finché a Mileto, a Palmi, comincia la Sicilia.» (da 
«La Lunga strada di sabbia» di Pier Paolo Pasolini - 1961 - pagina 76).

«Forse in Italia non c'è paesaggio e panorama più superbi.
Immaginate decine e decine di chilometri di scogliera frastagliata di grotte, faraglioni, strapiombi e morbide spiagge davanti al più spettacoloso dei mari, ora spalancato e aperto, ora chiuso in rade piccole come darsene.
La separa da una catena dolomitica, tutta rocce color carnicino, punteggiata di villaggi [...], di castelli diruti e antiche torri saracene, un declivio boscoso rotto da fiumiciattoli e torrenti e sepolto sotto le fronde dei lecci e dei castagni.» (Indro Montanelli)

 


ARTI & MESTIERI

Esistono ancora tracce dell’Artigianato Locale, le cui radici affondano profonde nella Cultura Contadina Lucana.
Si basa principalmente su Oggetti di Uso Quotidiano, come Cestini, Contenitori per Cibi e Gratelle di Canna, costruiti con diverse qualità di fibre vegetali. 



La Produzioni in Legno si concentra principalmente su Bastoni e Strumenti Tradizionali per l'Agricoltura e la Pastorizia.
Per la Ceramica si segnalano oggetti tradizionali e piccoli elementi per l'arredo della casa, come Piatti e Brocche Decorate.



Artisti

Angelo Brando è il più famoso artista pittore di Maratea, vissuto a cavallo di 2 secoli (Maratea 1878 - Napoli 1955).
Attivo a Napoli sopratutto nel periodo tra le 2 Guerre Mondiali, rappresenta una delle figure più interessanti nel panorama delle Arti Figurative del 1900 Meridionale.



Ultimo di 8 figli della famiglia del commerciante Giuseppe Brando e di Vincenza Zaccaro, Angelo nasce a Maratea il 10 gennaio 1878. 
Con l'intento di coltivare le sue forti doti artistiche  si iscrive all'Istituto di Belle Arti a Napoli dove la guida di Vincenzo Volpe e Michele Cammarano gli consentirà non solo di completare gli studi ma anche di entrare nella cerchia dei Pittori Napoletani che costituiranno il nocciolo di una importante Scuola Pittorica.
Tali frequentazioni  permetteranno al Pittore di esporre già nel 1908 alla Mostra Quadriennale di Torino.
Stabilitosi definitivamente a Napoli, dal 1917 al 1948 Angelo Brando vi esercitò la professione di insegnante di Materie Artistiche: insegnò in varie scuole tra cui il Liceo Artistico, ricevendo nello stesso periodo altri incarichi, quale per esempio, nel 1919, quello di riordinare la Galleria Regionale di Napoli di cui poi fu nominato Conservatore.
Fu Commissario del Comitato per la costituzione della Pinacoteca della Basilicata. 
Venne a mancare a Napoli il 21 febbraio 1955, all'età di 77 anni. (clicca qui per vedere la Galleria delle Opere)


DIALETTO

Il Dialetto di Maratea, pur appartenente alla famiglia dei Dialetti Lucani, si discosta sensibilmente da quelli dei paesi circostanti per fonetica che per grammatica.
I Vocaboli derivano principalmente dal Greco Antico e dal Latino, da cui il Dialetto prende in blocco le Desinenze nella Coniugazione dei Verbi.
Inoltre non mancano Etimologie Spagnole, Osche e addirittura Arabe.

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ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO

Quelli di Maratea sono si piatti poveri ma con sapori forti e talvolta delicati, con una forte prevalenza di tutto ciò che è legato al Maiale, che per la Lucania/Basilicata rappresenta un vero è proprio "humus" Culturale.

Tra i cibi tipici della Basilicata e di Maratea in particolare spiccano alcuni prodotti artigianali la cui origine spesso è lontana nel tempo.
Oltre a conoscere come sono fatti è interessante conoscere l'origine dei nomi di alimenti di uso comune, nomi che spesso ignoriamo e che ci aiutano a capire meglio e apprezzare di più quello che mangiamo.

In questa sezione sono riportate le notizie riguardanti prodotti agroalimentari riportati poi nelle ricette dei primi e dei secondi piatti e dei dolci della tradizione di Maratea.

La Melanzana
La melanzana (in marateoto «Mulignana») fu importata nell'Italia Meridionale dagli Arabi, ma inizialmente non godé di buona fama: era infatti chiamata  "mela insana"  ovvero mela malsana, considerata volgare e appannaggio delle classi sociali basse che la consumavano fritta nell'olio.

Scapici o Scapece
Per alcuni il nome «Scapici» potrebbe derivare dallo Spagnolo «ecapeche» o dal Francese «escabèche» oppure ancora dall’espressione Latina “ex Apicio” (Apicio è stato il più grande scrittore di Arte Culinaria dell’Antica Roma).
Molto probabilmente però l'origine è Araba
«Scapece» e indicava una particolare ricetta di Pesce Fritto e Marinato in sale e aceto.

Mostaccioli o Mustazzoli
Il nome deriva dal Latino «Mustaceus», un'Antica Focaccia Nuziale dei Romani cotta al forno ed adagiata sopra foglie di lauro.

Zeppole
Ricordano
le «Frictilia», pizzette fritte col miele da offrire agli dei, vendute per strada da donne anziane col capo cinto d'edera, durante le «Liberalia», Feste Romane in onore di Divinità Protettrici della Fecondità Rurale.Mozzarelle e Caciocavalli di Massa
Accanto alla Carne, i Formaggi: eccezionale la Mozzarella e i Caciocavalli, entrambi di Massa, ma non si può non ricordare che, in questo prodotto, il culmine lo si raggiunge sicuramente con gli «Squacchiamadduni», le tipiche Mozzarelle Intrecciate di Massa.
E' il clima probabilmente ad aggiungere quel tocco di magico che rende questi latticini unici nel panorama Regionale e in generale in Italia Meridionale.

Garum, la Salsa dei Romani
La Cucina Romana di Età tardo Repubblicana ed Imperiale - ovvero dal II-I sec. a.C. - fu molto influenzata dalla tradizione Greca anche nell'uso del «Garum» (per i Greci «Garon»), la celebre Salsa di Pesce che Apicio nel suo famoso ricettario, rimasto l'unico manuale di cucina di età romana pervenuto sino a noi, propone come indispensabile completamento di quasi tutte le ricette presentate.

Maratea una fabbrica di «Garum»?
Nel corso di Scavi Archeologici effettuati a Maratea sono stati ritrovati dei manufatti di Età Romana che riportano alle modalità di preparazione e conservazione di questo famoso ingrediente della cucina degli Antichi Romani.
Tali manufatti, presenti ad esempio sull'Isola di Santo Janni, fanno pensare a Maratea come uno dei più importanti "centri" produttivi di questo alimento di tutta la costa tirrenica .

Ma cos'è in effetti il «Garum»?
Per farlo, si alternano strati di Pesce Azzurro (Sgombri, Sardine, ecc.) e strati di Erbe Aromatiche (Santoreggia, Aneto, Menta, ecc.) con l'aggiunta su ciascuno strato di molto sale e mettendo tutto sotto pressa.
Nell'arco di qualche giorno si raccoglie sul fondo, un liquido di colore bruno chiaro, che si conserva per lunghissimo tempo e si presta a condire ogni tipo di pietanza.
Le caratteristiche di conservazione del «Garum» lo resero ideale anche per le lunghe spedizioni che da Maratea via mare lo trasportavano sulle tavole di Roma.
Dal punto di vista olfattivo il «Garum» è una Salsa dal sapore delicato, da usare in piccolissime quantità, a gocce, anche come sostituto del sale.
Per alcuni simile alla Salsa di Acciughe, per altri alla «Worcester Sauce»; per altri ancora il sapore si avvicina al «Nuocnam» una salsa usata normalmente su quasi tutte le pietanze nelle cucine del Vietnam.

Come factotum a tavola, a mo' di sostituto dell'antico «Garum», il Peperoncino è usato per accompagnare quasi tutti i piatti della tradizione marateota: nonostante il "carattere", risulta comunque gradevole anche a chi non ama il cibo  troppo gustoso.

Caratteristica delle tavole dei Marateoti sono i Lampascioni, una varietà di cipolletta selvatica dal gusto particolare, che si consumano da soli o in combinazione con altri piatti.

La Salsiccia Calabrese, detta anche «Sazizza» «Sauzizza» «'u Zazicchiu»
A Maratea l'uccisione con la macellazione del maiale «'u Porcu» era ed è ancora occasione di festa, che anticamente durava anche 3 giorni o più, con amici e parenti invitati a vivere questo importante momento di socialità e di benessere.
Si usa dire che del Maiale non si butta niente, ma gli insaccati restano i principali prodotti della macellazione.
Le salsicce prodotte a Maratea (quasi sempre solo per uso familiare) sono di qualità altamente pregiata e possono essere consumate fresche o stagionate ("curate") o conservate sott’olio o sugna.
Le Soppressate, Salsicce di carne di maiale tagliata con la punta del coltello, seccate e poi conservate in Olio Extra Vergine di oliva, rappresentano le altre splendide reliquie della macellazione del maiale.

Parlare di gastronomia di Maratea significa prima di tutto non dimenticarsi della Dea Salsiccia, la Salsiccia Calabrese, detta anche «Sazizza» «Sauzizza» o «'u Zazicchiu».
Lo Storico Romano Varrone riferendosi alle salsicce, scrive: «Chiamano lucanica una carne tritata, insaccata in un budello, perché i nostri soldati hanno appreso il modo di prepararlo dai Lucani».
Lo stesso Apicio, nel suo importante «De re coquinaria» ne descrive la ricetta; quindi dai tempi di romani "lucanica o lucanega" è sinonimo di salsiccia.

Le Lucaniche
Per conoscere l'origine del nome «Lucanica» è utile aver imparato il latino (niente paura: c'è la traduzione) e leggere Varrone:

«Quod fartum intestinum crassundiis, Lucan<ic>am dicunt, quod milites a Lucanis didicerint.»   

Traduzione: «Un tipo di salsiccia fatta con l'intestino crasso del maiale è chiamato luganica, perchè i nostri soldati l'hanno imparata a fare dai Lucani.»

Dal che, ne deriva che la Lucania/Basilicata è la patria della Salsiccia - che deriva dal sale e dalla carne, utilizzata per farla.
Altri scrittori latini parlano di Schiave Lucane che avevano portato la novità a Roma; probabilmente la verità è che «Lucanica» è la Budellina di Maiale o di Montone («Lucanega») utilizzata per insaccare la carne triturata del maiale.

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ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO

Aldilà dei Prodotti Tipici, a Maratea ci sono le Specialità della Tradizione Gastronomica più genuina: ricette di piatti da gustare della Cucina Marateota che, pur rappresentando varianti della Cucina già presente in altre zone limitrofe del Meridione - Campania Calabria e Puglia -, ha una sua originalità fatta di sapori semplici coniugati ad ingredienti provenienti dalle campagne e dal mare ma esaltati da ricette prelibate.

Le verdure spesso vengono gustate come primo piatto, da sole o accompagnate da legumi o pasta: i legumi, i cereali, gli ortaggi e le erbe aromatiche sono la base di piatti dal gusto deciso e nel contempo armonico.

La Pasta, lavorata a mano con sola Farina di Grano Duro, sale ed acqua, è costituita da Fusilli alle Lagane ai Maccheroni, è spesso accompagnata da ottimi Ragù di Carne, ma anche Verdure e Legumi.
Da provare sono anche i Salumi (Salsiccia e Soppressata), e i Formaggi, (Mozzarella di Massa e i Caciocavalli), in genere presentati come Antipasti gustosi che precedono portate altrettanto prelibate.

Un vero piacere per il palato è rappresentato da Zuppe di Pesce, Vermicelli al Sugo di Alici, o ancora Alici “a scapici” e poi, a volte, il “Garum”, la salsa ottenuta dalle interiora di pesce, molto utilizzato dai romani, ma spesso
il Peperoncino elemento indispensabile che accompagna ed esalta quasi tutti i piatti, un must della gastronomia di Maratea.

I Dolci vengono realizzati con ingredienti semplici anche se con abbinamenti arditi, come ad esempio il Sanguinaccio preparato con sangue di maiale, mosto cotto, cioccolato fondente, uva passa, buccia di limone, cannella e zucchero, il tutto contenuto in un involucro di pasta frolla.
Squisiti i Bocconotti, biscotti ripieni di mostarda d’uva, i Mostaccioli, biscotti a base di Pasta di Mandorle ricoperti di Cioccolato e le Zeppole, Ciambelle Fritte.

In una sorta di ideale carrellata di una tavola imbandita con tutti i piatti tipici di Maratea, propongo alcune specialità della tradizione gastronomica più genuina: ricette di piatti della tradizione Marateota, da provare a cucinare anche a casa propria; fornisco le video-ricette.

I Primi

Le ricette dei primi piatti della tradizione gastronomica Marateota,
pur rappresentando varianti della Cucina già presente in altre zone limitrofe del Meridione - Campania Calabria e Puglia - si trovano anche sulle tavole Lucane nei Giorni di Festa o di uso più quotidiano, ma comunque basati su ingredienti semplici.
Questi piatti, non sono sempre facili da trovare nei Ristoranti Locali, ad eccezione di quelli Tipici Locali, ma ci si può a divertire provando a elaborarle in casa, e sono da cercare come un bene prezioso perché donano un’esperienza unica di sapori, di qualità e di genuinità, frutto della terra e del mare di Maratea.

Per gli abbinamenti del Vino, così come per i Secondi, consigliamo Vini Locali Rossi e Bianchi; oppure, soprattutto per i piatti a base di Carne, un medio Aglianico del Vulture.

CIAUDEDDA



VERMICELLI DELLA VIGILIA DI NATALE


I Secondi

I Secondi Piatti delle ricette di Maratea
, pur rappresentando varianti della Cucina già presente in altre zone limitrofe del Meridione - Campania Calabria e Puglia - si basano essenzialmente sugli elementi tradizionali della cucina di Maratea, quali le verdure, la Carne di Maiale e i Pesci di mare.
Questi piatti, non sono sempre facili da trovare nei Ristoranti Locali, ad eccezione di quelli tipici locali, ma ci si può a divertire provando a elaborarle in casa, e sono da cercare come un bene prezioso perché donano una esperienza unica di sapori, di qualità e di genuinità, frutto della terra e del mare di Maratea.

Come per i Primi Piatti, anche per i Secondi si consigliano, un abbinamento con Vini Locali Rossi , d'estate raffrescati ma non freddi per le carni e anche per i piatti a base di verdure e poi  i Bianchi Locali fermi serviti sempre freddi per i piatti a base di pesce.

ALICI 'A SCAPICI


 
CIAMBOTTA



I Dolci

I Dolci di Maratea, pur rappresentando varianti della Pasticceria già presente in altre zone limitrofe del Meridione - Campania Calabria e Puglia - hanno un proprio carattere che li contraddistingue, sia per sapori e ingredienti, sia per colori e forme. 
Quasi sempre legati a particolari momenti dell'anno - il Natale, la Festa di San Biagio - i Dolci di Maratea oggi sono diventati importanti Testimoni della Cultura Gastronomica Locale, al pari della Salsiccia e della Mozzarella di Massa. 
Come per i Primi e i Secondi piatti tipici di Maratea fornisco qui di seguito le video-ricette per preparare in casa propria le leccornie Marateote.

BOCCONOTTI


 
MOSTACCIOLI o MUSTAZZOLI

Il nome deriva dal latino "mustaceus", un'antica focaccia nuziale dei romani  cotta al forno adagiata sopra foglie di lauro


ZEPPOLE CRISCIUTE


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CIAK SI È GIRATO A Maratea

Maratea un Set Cinematografico "Naturale"

La cittadina lucana di Maratea sin dai primi anni 1960 è stata il Set Naturale per alcuni Film della Commedia all'italiana e di altri generi.
Inoltre l'eccezionale spettacolarità delle ambientazioni naturali e delle opere dell'uomo ha fatto scegliere Maratea come Location oltre che per Lungo e Cortometraggi anche  per vari filmati pubblicitari e per  fiction televisive.



Dal 2009 è attiva a Maratea l'ASSOCIAZIONE MARATEA FESTIVAL che organizza il «Maratea Film Festival», con l'obiettivo di riportare Maratea, attraverso il Cinema, al centro della "Piazza" Culturale Italiana ed Internazionale (clicca per andare al sito del Festival). 


Film Ambientati o Girati a Maratea:

A Porte Chiuse di Dino Risi
(1961)
La vedovella di Silvio Siano (1964)


Ogni lasciato è perso di Piero Chiambretti (2000)


007 Quantum of Solace di Marc Forster (2008)


Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo (2010)



Sdramma di Gianni Ciardo (2013)


Ustica di Renzo Martinelli (2016)


L'eroe di Cristiano Anania (2019)


Film indipendenti e Cortometraggi:

751 Tommaso Campanella di Andrea Nuzzi e Marco Zanelli (2008)
Cruel Tango di Salvatore Metastasio (2012)



Veritatis Splendor di Nino Cramarossa (2013)


Mille lire di Angelo Calculli (2015)

A Maratea sono stati girati anche i VideoClip dei brani musicali:

Quante parole che non dici di Arisa (2014)



Non è detto di Laura Pausini (2018)


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STORIA


“Dea del Mare” o “Città dei grandi Etei”, attraverso l’etimologia del suo nome Maratea racconta una storia intensa che certamente affonda le radici in epoca preistorica.
I più antichi insediamenti umani riscontrati nel territorio di Maratea sono quelli delle Grotte di Fiumicello, dove ricerche speleologiche ritrovarono reperti di Industria Litica, come raschiatoi e schegge di quarzite, risalenti al Paleolitico Medio; e resti di Fauna Pleistocenica, tra cui quelli di un “Rhinoceros Spaelaeus”.
Nelle località di Massa e Brefaro, in particolare nelle Grotte a ridosso della spiaggia di Fiumicello, sono emerse tracce di insediamenti umani risalenti ad oltre 40.000 anni fa, mentre reperti rinvenuti in Località Timpa, nei pressi del porto, rimandano al 1500 a.C. circa.
Se le Grotte di Fiumicello furono utilizzate come Luogo di Sepoltura fino all’Età del Bronzo, nell’Era Protostorica il piccolo Promontorio di Capo la Timpa divenne un punto di incontro tra i primi navigatori del Mediterraneo e le popolazioni indigene della Lucania.
Nel XV-XVI secolo a.C. nacque il primo Villaggio, posto proprio sulle pendici Meridionali del Promontorio, fatto di Capanne con Focolare centrale, riportato alla luce dagli Scavi Archeologici condotti tra il 1989 e il 1991.
Gli Abitanti, probabilmente Pastori Transumanti della cosiddetta “Cultura Appenninica” dedicatisi al Commercio in seguito alle Navigazioni Micenee, vivevano dei Traffici Marittimi instauratisi con le vicine Isole Eolie e con le zone circostanti, facendo da intermediari tra i navigatori e le popolazioni dell’interno.
Dopo un apparente abbandono del sito, avvenuto in seguito alla fondazione delle prime Colonie Magno-Greche, nel IV secolo a.C. il Villaggio produceva Laterizi e importava merci in Vasellame, come attestato dai ritrovamenti di frammenti di Anfore Greco-Italiche, Greco-Orientali, Ceramiche a vernice nera e paste vitree, testimonianze di commerci che si spingevano dalla Grecia stessa alla Siritide.
La ricerca archeologica non ha finora chiarito dove siano da localizzare la Necropoli o l’Approdo Marino corrispondenti all’insediamento sul Promontorio, sebbene probanti indizi indichino che la zona detta di Maremorto, dove in Epoca Moderna è stata ricavata una Darsena, sia stato l’approdo corrispondente al Villaggio.
All’inizio del III secolo a.C. il Villaggio su Capo la Timpa venne definitivamente abbandonato.
Non conosciamo esattamente il successivo modello d’insediamento, ma gli archeologi presumono che nell’Era Romana il territorio di Maratea ospitasse un insediamento disgregato, con piccoli nuclei a cui si affiancavano le grandi Villae Marittimae Patrizie.
Una di queste Villae è stata ritrovata presso la Secca di Castrocucco, dove reperti testimoniano anche la presenza di un Impianto Ittico.
Una Necropoli è stata invece ritrovata presso l’attuale Frazione di Castrocucco, la cui cronologia si estende dal IV-V secolo a.C. fino al Medioevo.

Nella piana di Massa è stata ritrovata una Fattoria con annesso Impianto Produttivo, la cui frequentazione si protrae all’Età Romana.
Il territorio doveva esser sottoposto alla guida di un Vicus; sito forse nell’Area dell’odierna Frazione di Fiumicello-Santavenere, dove nel 1800 si potevano ancora vedere i ruderi di alcune Antiche Strutture, tra cui un Tempietto che la tradizione popolare vuole dedicato a Venere, per poi essere trasformato in Sacello Cristiano, e quindi all’origine del toponimo; oppure da una Area Politico-Religiosa sulla cima del Monte San Biagio, dove sono stati riscontrati reperti di Epoca Romano-Imperiale e luogo designato dalla tradizione come sito di un Tempio dedicato alla dea Minerva.
L’influenza Romana è impressa sull’Isolotto di Santo Janni per la presenza di resti di vasche destinate alla lavorazione e alla conservazione del Garum - condimento ottenuto dalle interiora di pesce molto utilizzato dai romani - e di un Giacimento di Ancore e Anfore proprio sui fondali circostanti dello stesso isolotto.
Vi è certezza poi che intorno al 600-700, sulla cima del Monte San Biagio, si siano stabilite piccole Comunità di Monaci Basiliani, i quali vi hanno creato un nucleo abitativo fortificato, oggi denominato “Castello”.



Leggende, o meglio ancora, storie tramandate attraverso le tradizioni, ci hanno donato molte spiegazioni sulle origini della Città di Maratea.
Per una di queste molto probabilmente i primi passi della città si devono collocare ai tempi degli antichi Greci e cioè nel secolo VIII a.C.: l’origine risalirebbe alla fondazione da parte di Greci alla ricerca di nuove Colonie di un piccolo nucleo abitato sulle pendici del Monte che sovrasta Maratea verso Sud, oggi chiamato di San Biagio. 
Per altri, Maratea sarebbe frutto di un'emigrazione della popolazione della vicina Città di Blanda, che rivesti una grande importanza per il Mondo Cristiano - ebbe infatti una propria Sede Vescovile - e di cui si sono perse le tracce nel 700.
L’ipotesi più plausibile, suffragata dal pensiero di vari studiosi e storici, è un mix delle 2 ipotesi, e cioè che gli Abitanti di Blanda si siano uniti con i primi Abitanti di Maratea, nel luogo del Monte San Biagio; tutto ciò, probabilmente, alla fine della Storia della Città di Blanda.
Centro Fortificato, in posizione dominante sul Golfo di Policastro, l'Antica Maratea (Maratea Superiore) accolse i Profughi di Blanda (città Lucana del territorio nel comune di Tortora (vedi l’articolo), ultimo Comune della Calabria, al confine con la Basilicata), quando questa fu distrutta dai Saraceni, nell’800.

Dopo aver seguito le sorti dell’Impero Romano d’Occidente ed essere stata annessa all’Impero Bizantino, le Popolazioni della Città Costiere dell’Italia Meridionale furono costrette nel Medioevo ad abbandonare le loro Antiche Dimore, minacciate dalle incursioni Barbare e dai Pirati Saraceni, in favore delle Vette dei Monti, luoghi meno ospitali ma molto più difendibili.
In Epoca AltoMedioevale la popolazione presente sul territorio Marateota si rifugiò sulla cima del Monte San Biagio, dove fu fondata la Cittadina che prese il nome di «Marathia», parola Greco-Bizantina che indica un luogo abbondantemente interessato dall'abbondante presenza del Finocchietto Selvatico.
La Cittadina, protetta naturalmente dagli speroni rocciosi della Montagna, fu ulteriormente fortificata con l’erezione di Mura e Torri, di cui oggi si osservano pochi ruderi.
2 le Porte per accedere alla Cittadina: Porta Santa Maria, posta sul versante Meridionale, e Porta dei Carpini, sul versante opposto.
La Popolazione abbracciò presto la Fede Cristiana, i cui riti venivano inizialmente praticati nella Grotta dell’Angelo, una Cavità del Monte nei pressi delle Abitazioni dell’Antica Città.
Vennero poi edificate le Chiese di San Basilio (nei pressi della Grotta), di Santa Maria (nei pressi della Porta omonima) e della Madonna delle Grazie, ricavata dall’adattamento al Culto Cristiano dell’Antico Tempio di Minerva, che divenne poi il Santuario del Santo Patrono quando, secondo un’antica leggenda tramandata nei secoli di padre in figlio, le Reliquie di San Biagio di Sebaste giunsero a Maratea trasportate da un equipaggio di Cristiani Armeni.
Nel Periodo PaleoCristiano Maratea fu coinvolta nel fenomeno del Monachesimo Italo-Greco, spesso erroneamente detto “Basiliano”, che spingeva i Cristiani a dedicarsi, per brevi o lunghi periodi, alla Vita Eremitica in Grotte o Cenobi: risalgono a questo periodo le frequentazioni della Grotta dell’Eremita (presso Acquafredda), della Grotta di Zu Janco (presso Marina) e degli Antichi Eremi sparsi nel territorio, di cui sopravvivono alcuni esemplari.
Nel 1079 un Documento del Vescovo di Salerno Alfano, annovera nella Diocesi di Policastro le Cittadine di Marathia e Castrocuccu, quest’ultima da identificare, non nell’attuale Frazione ma, nel Borgo sorto intorno al maestoso Castello omonimo.
Roccaforte dei Longobardi di Salerno, appartenne poi alla Contea di Lauria; perdette la sua importanza alla metà del 1200, quando a Valle venne costruito un nuovo Borgo (Maratea inferiore).
Se l’antica Castrocucco fu più volte sottoposta a un Feudatario, non così fu per Maratea, che già nel 1278 risultava nell’elenco dei Castelli e delle Fortezze Demaniali della Basilicata, e nel corso dei secoli fu ricoperta di numerosi privilegi da parte dei Sovrani Napoletani.
Nel 1284 Maratea fu coinvolta nella Guerra dei Vespri, combattuta da Francesi e Spagnoli per la conquista del Regno di Napoli; e dopo la caduta di Policastro e Scalea nella mani dei nemici, Maratea subì violenti attacchi per molti mesi, senza però mai cedere la piazza agli invasori.
Nel 1440 Maratea fu attaccata dal Conte della vicina città di Lauria, ma i nemici furono duramente sconfitti, tanto da essere costretti a ripagare i Marateoti dei danni provocati.
Nel 1495
Città Regia nell'Età Aragonese, subì un nuovo assedio, stavolta da parte dei soldati del Re Carlo VIII d’Angiò, ma un miracolo di San Biagio, che si racconta svegliò a suon di schiaffi le sentinelle addormentate, salvò dalle razzie e dal saccheggio la popolazione della città sul Monte San Biagio
La libertà e i privilegi della Città furono sempre difesi dal Popolo, e quando nel 1530, il Conte Ettore Carafa di Policastro acquistò Maratea dal Demanio Regio, i Cittadini riacquistarono i privilegi pagando al Re, in colletta, il doppio del denaro versato dal Conte.
Gli Abitanti della Cittadina vivevano di Pastorizia ed Agricoltura, che venivano praticate nella Valle sottostante il Monte.
Alcuni Contadini dell’Antica Maratea, stanchi del continuo saliscendi sul Monte, si stabilirono sui Terrazzamenti Settentrionali del Monte San Biagio, dando vita a una nuova Cittadina, invisibile dal mare perché nascosta dalle falde della Montagna.
Nel corso del tempo la Nuova Maratea, soprannominata dal Popolo «il Borgo», era diventata così più grande e più popolata dell’Antica, soprannominata invece «il Castello» perché Fortificata, e nel corso del 1500 si elevò a rango di Città.
Le 2 Città, che nei documenti ufficiali assunsero la denominazione di Maratea Superiore e Maratea Inferiore, avevano ognuna un proprio Sindaco e degli Organi Collegiali indipendenti, ma continuarono a costituire una sola Comunità e un solo territorio, così come ratificato dallo Statuto Municipale (documento oggi andato perduto).
Ad ulteriore protezione dagli attacchi dei Pirati Saraceni, tra il 1566 e il 1595, vennero costruite 6 Torri di Guardia sulla Costa: la Torre dei Crivi, Torre di Acquafredda, Torre «Apprezzami l’Asino», Torre di Santavenere, Torre di Filocaio e la Torre Caina.
La minaccia Saracena non impedì ai Marateoti di intraprendere Commerci Marittimi, che generarono un discreto Benessere Economico.
L’Economia Seicentesca di Maratea era infatti la più solida della Basilicata, e una delle più floride del Mezzogiorno.
Il 21 maggio 1626 il «Borgo» di Maratea fu messo in stato d’assedio da 160 Banditi, che tentarono di saccheggiare la Città Inferiore.
Dopo 3 ore di Battaglia Urbana, l’assalto fu sventato dai Soldati del «Castello», che misero in fuga i Banditi a colpi di cannone.
In seguito all’Epidemia di Peste che flagellò la Basilicata nel 1656, l’Antico Borgo di Maratea Superior rimase disabitato, e da allora, il Castello cadde in rovina.
Sul piano religioso si moltiplicarono le Chiese, e i Cittadini Laici solevano riunirsi in Confraternite Religiose a seconda del Mestiere, come quella di San Crispino e Crispiniano (che riuniva i Calzolai) e quella della Madonna del Portosalvo (i Pescatori).
Di queste Confraternite sopravvive oggi solo quella dell’Addolorata.
Le condizioni di benessere sviluppatesi nei secoli pretendenti, all’inizio del 1700, garantirono a Maratea una condizione privilegiata rispetto al resto dei paesi della Basilicata.
La possibilità di un Porto, o meglio di una serie di approdi lungo la Costa, aveva eletto Maratea al ruolo di Sbocco Commerciale dei prodotti dell’Entroterra Lucano, e le Produzioni Agricole locali - sebbene ridotte solo al Vino e all’Olio, data l’asperità della terra Marateota - avevano generato nella Cittadina un Ceto Borghese molto intraprendente.

Sul finire del 1700 e l’inizio del 1800, il Viaggiatore Lorenzo Giustiniani descrisse le produzioni di Maratea nel suo “Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli”:

«Il territorio di questa città non è molto fertile, perché assai petroso, nulla di meno fa del buon vino, specialmente in alcuni luoghi, ed ogni altra produzione ancora per forza d'industria.
È abbondante di acqua, e vi sono molti molini, gualchiere, che recano del guadagno a quella popolazione.
Il massimo prodotto è quello dell'olio.
Il detto territorio abbonda di mortelle, le quali ridotte in polvere vendono altrove per la concia de' cuoj.
Gli ortaggi vi si coltivano con successo e similmente gli agrumi, e i fichi d'India, che ne' mesi estivi serve per alimento della povera gente, come anche le carrube.
Vi è la caccia di lepri, volpi, lupi, e di più specie di pennuti, e il mare dà abbondante pesca.»

All’inizio dell’infelice dominazione borbonica, Maratea era a capo di uno dei 4 Ripartimenti della Regione.
Dopo la proclamazione di Giuseppe Bonaparte a Re di Napoli, avvenuta il 30 marzo 1806, Bande di Truppe Legittimiste opposero una disorganizzata ma coraggiosa Resistenza all’Avanzata Napoleonica nel Regno di Napoli.
Dopo lo spaventoso Massacro di Lauria dell’agosto 1806, nel dicembre dello stesso anno, Maratea subì l’assedio portato avanti dal Generale Jean Maximilien Lamarque, che con 4.000 uomini e 4 cannoni si presentò alle porte del «Castello».
La Storia dell’Assedio è ben raccontata dallo Storico Lucano Giacomo Racioppi nella sua “Storia dei Popoli della Basilicata e della Lucania”:

«Il 4 dicembre, postate che furono le artiglierie su prossime alture, circondata la piazza da tre lati, egli intende a tòrre ogni possibile comunicazione per la via di terra.
Intima la resa, che è respinta; e comincia l’offesa; la quale si fa più viva ed efficace, quando sopravvengono da Lagonegro altri due cannoni di maggiore calibro, e da Sapri il colonnello Pignatelli-Cerchiara con cinquecento soldati, che dovranno tener fronte de’ partigiani raccoltesi a Castrocucco sotto il comando del maggiore Giuseppe Necco, ed alle altre venute dei paesi intorno a Sicignano, guidate da un Tommasini.
Queste sparse bande di partigiani tentano di apportare aiuto per via mare agli assediati, il giorno 7; ma una loro barca con quaranta animosi non pure tocca la riva che è presa, e quelli morti o prigioni. Intanto l’artiglieria degli assedianti continua a battare le torri che difendono la porta del castello; un assalto di sorpresa è tentato nella notte dell’8; mentre dai barili delle apportate polveri si fa scoppiare una mina.
Non riesce il colpo di mano, e lasciano a piè delle mura non pochi morti e feriti.
Pure le opere di approccio e i mezzi di offesa abbondanti e vivi tolgono animo al presidio, che è di gente, in gran parte, raccogliticcia, e mal provvista in munizione da guerra e da bocca; onde piegano orecchio alle nuove e più oneste proposte del generale che aveva fretta e bisogno di procedere oltre; e accettano una capitolazione onorata.
Per la quale, ceduto il castello, i soldati di ordinanza s’imbarcano per la Sicilia; e i partigiani della bande a massa vengono nella chiesa di Maratea, ove, fra riti ordinati solenni degli uffizi religiosi e un sermone del parroco, dànno giuramento sulla immagine del Cristo, che non avrebbero mai prese le armi contro i francesi: e furono mandati liberi.
Ciò fu il 10 dicembre.
Le torme sicignanesi, al comando del Tommasini, passarono ai servizi del vincitore: Alessandro Mandarini non volle, pure fatto segno a speciali lusinghe, ma si ritirò in Sicilia, ove visse di onesti commerci a Cefalù, finché la restaurazione borbonica non venne a rialzare le sue fortune.»

Se Mandarini ottenne la salvezza della città e degli abitanti, nulla poté contro la pretesa dei Francesi di abbattere Mura e Torri del «Castello»: la cosiddetta Maratea Superiore, mutilata delle sue Fortificazioni artificiali, si spopolò rapidamente, e già nel 1808 l’antica città venne degradata a frazione del «Borgo», da allora unico capoluogo comunale.
Nello stesso periodo Maratea acquisì anche il territorio disabitato di Castrocucco, grazie alle leggi d’eversione dalla Feudalità portate avanti dai Francesi.
La ripresa economica avvenne intorno al 1810, quando da Amalfi vi si trasferirono i Coppetta, che vi impiantarono una Casa Commerciale.
Nel 1820 si diffusero le Riunioni Carbonare, tra cui si ricorda quella del 17 agosto, avvenuta alla presenza del Parroco D’Alitto, in cui i Rivoluzionari Marateoti giurarono fedeltà alla Costituzione Nazionale.
Il 4 luglio 1848 il rivoluzionario Costabile Carducci fu costretto ad uno sbarco di fortuna sulla spiaggia del Porticello di Acquafredda, bloccato da una tempesta che gli impediva di proseguire il suo viaggio verso il Cilento.
Scoperto da Sicari filo-Borbonici venuti dalla vicina Sapri, fu catturato, torturato e ucciso nello stesso giorno, lungo il sentiero che sale nelle Montagne dietro la Frazione.
Raffaele Ginnari, compagno del Carducci, nel 1860 promosse la costituzione di un Comitato Insurrezionale per l’Unificazione dell’Italia anche a Maratea.
La stessa città fornì 4 uomini all’Esercito Meridionale di Giuseppe Garibaldi, che il 3 settembre aveva attraversato in barca la Costa Marateota.

Se alla fine del 1800 Maratea era riuscita a preservare la sua Economia dalla dilagante povertà della Basilicata, all’inizio del nuovo Secolo anche i Marateoti furono costretti a emigrare; mete privilegiate furono il Venezuela, la Colombia e gli Stati Uniti. 
Sostenuta dalle rendite degli esuli, la città ebbe il primo Acquedotto nel 1902 e l’Illuminazione Elettrica delle Strade nel 1921; la Strada Carrabile, inaugurata nel 1929, si affiancò alla Ferrovia, inaugurata nel 1894, ad alleviare la carenza di comunicazioni della città.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il 15 agosto 1943 Maratea subì un bombardamento da parte degli Alleati, che da un aereo sganciarono 17 bombe sulla città, senza causare, per fortuna, alcun ferito.
Dopo la Guerra ci furono i primi tentativi di pubblicizzare la città come Stazione Balneare, ma l'impulso decisivo arrivò dall'esterno.
Difatti le Bellezze Naturali ed Artistiche di Maratea acquisirono visibilità solo dopo il 1953, quando l’industriale Stefano Rivetti di Val Cervo installò una serie di attività industriali, che riuscirono a frenare il flusso migratorio della popolazione, e costruì un hotel di lusso che diede l’avvio all’attività turistica.



Nel 1965, lo stesso Rivetti donò alla popolazione di Maratea, con cui ebbe un rapporto a volte problematico, la colossale statua di Cristo Redentore, opera dello scultore fiorentino Bruno Innocenti.
Quando la crisi colpì le Industrie di Rivetti, l’Economia di Maratea si impostò principalmente sul Turismo, tralasciando, come in altre realtà del Mezzogiorno, l’Agricoltura e quelle attività che erano state importanti risorse nel passato.
Nel 1982 la città fu colpita da un violento Terremoto, e il 12 gennaio 1987 il Porto fu distrutto da un Maremoto, per poi essere prontamente ricostruito.





Oggi Maratea è uno dei più ridenti e progrediti Centri Turistici della Regione; con il suo Porto, fu uno scalo attivo fino all'apertura della Ferrovia Battipaglia-Reggio Calabria, nell'ultimo decennio del 1900.

Il 10 dicembre 1990 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha insignito il Comune con il Titolo Onorifico di «Città», titolo di cui comunque Maratea già si vantava in base a un decreto del 1531 firmato da Carlo V d'Asburgo.
Il 10 agosto 2015 il Comune di Maratea ha formalizzato la propria candidatura per entrare a far parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO.
 



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TRADIZIONI - EVENTI
(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una comunità)

Maratea ospita numerose Manifestazioni Culturali, che prendono luogo principalmente nella stagione estiva.
A partire dal 2011, l'insieme degli eventi estivi viene riassunto nel Cartellone del «Maratea Scena», il festival di eventi più lungo d'Italia.
Gli Eventi vertono per lo più nell'Ambito Culturale: Rassegne Letterarie, Musicali, Teatrali e Cinematografiche (le “Giornate del Cinema Lucano
vedi sopra e il link all'inizio della pagina); vengono programmati anche Seminari e Convegni di Studi e Manifestazioni organizzate che mirano alla Promozione e Scoperta del Patrimonio Naturalistico della Cittadina.
Tra le varie manifestazioni “Premio Maratea” (vedi link all'inizio della pagina), istituito nel 1983, che si pone l'obiettivo di segnalare le eccellenze del Cinema, del Teatro, della Musica e della Letteratura
Tra le manifestazioni anche la Sagra del Pesce che si svolge ad agosto.


SANTI PATRONO E CO PATRONO

Sarà un caso se, analogamente alla vicina Tortora, territorio di Blanda, Sede Vesovile ai tempi in cui la popolazione emigrò a Maratea, il Santo Patrono è Biagio di Sebaste, noto come San Biagio (Santo Biasio in alcune varietà dialettali) (Sebaste, III secolo - Sebaste, 3 febbraio 316), è stato un Vescovo e Santo Armeno, venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica (Vescovo e Martire) e dalla Chiesa Ortodossa.

Vissuto a Sebaste (ora Sivas, in Turchia), da non confondere con la Sebaste della Samaria, era allora un’importante città dell’Armenia minore, in Armenia (Asia Minore), era Medico e Filosofo prima di venire nominato Vescovo della sua Città.
A causa della sua Fede venne imprigionato dai Romani, durante il Processo rifiutò di rinnegare la Fede Cristiana; per punizione fu straziato con Verghe e Pettini di Ferro (questo è il motivo per cui nella mano regge, assieme al Pastorale, anche un Pettine Uncinato), che si usano per cardare la lana e morì decapitato, ma prima di morire pregò il Signore di concedere la salute a chiunque lo invocasse per un’infermità; da qui la sua fama di Taumaturgo, ed  uno dei 14 “Santi Ausiliatori”.
San Biagio, quindi, muore Martire 3 anni dopo la concessione della Libertà di Culto nell'Impero Romano (313).
Una motivazione plausibile sul suo Martirio può essere trovata nel dissidio tra Costantino I e Licinio, i 2 Imperatori-Cognati (314), che portò a persecuzioni locali, con distruzione di Chiese, condanne ai lavori forzati per i Cristiani e condanne a morte per i Vescovi.
Pochissimo di certo si sa sulla vita del Santo.
Le poche storie sulla biografia dell'Armeno sono state tramandate prima oralmente e poi raccolte in agiografie.



Tra le tradizioni si ricordano:

A San Biagio sono stati attribuiti diversi Miracoli, tra cui il salvataggio di un bambino che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce.

Nella Basilica di San Biagio a Maratea, alla destra della Regia Cappella dedicata al Santo, vi è la palla di ferro sparata dai cannoni francesi durante l'assedio del dicembre 1806; su questa palla di ferro, inesplosa, sono ben visibili delle impronte che, secondo la tradizione, sarebbero le dita della mano destra di San Biagio.

In Albania, a Durazzo nel Monastero di San Biagio (Albanese: Shen Avlash), durante la prima metà del 1900, secondo migliaia di testimoni, vi sarebbe avvenuto il miracolo di una roccia dalla quale sgorgava olio con effetti curativi per i Credenti.
Tale Monastero è tutt'ora meta di Pellegrinaggio da parte di numerosi Fedeli Albanesi sia Musulmani che Cristiani.

In Campania è usanza fare l'unzione della gola, e c'è un detto dialettale antico che dice: «San Bias, vierno mo tras» (A San Biagio l'inverno se ne và).

«Il barbato / il frecciato / il mitrato / il freddo è andato», quest'altro noto Proverbio Stagionale allude ai più importanti Santi dell’inverno, intendendo con il Barbato Sant’Antonio Abate (17 gennaio), col Frecciato San Sebastiano (20 gennaio) e col Mitrato il Vescovo San Biagio (3 febbraio).

Nei primi giorni di Febbraio, in effetti, si ha la sensazione che la natura cominci a risvegliarsi e, al tiepido sole quasi primaverile, sbocciano i primi fiori. Il passaggio dall’inverno alla primavera era contrassegnato nei tempi antichi da Cerimonie di Purificazione degli uomini, degli animali e dei campi. Basti pensare che lo stesso termine “Febbraio” deriva dal latino “februare” che significa “purificare” o “espiare”.
La Festa di San Biagio ha ereditato in parte questa funzione, condivisa con quella della Candelora (2 febbraio).
Fino a non molto tempo fa in diversi paesi il 3 febbraio si portavano in Chiesa Chicchi di Cereali che, dopo essere stati Benedetti, venivano mescolati a quelli della Semina per propiziare un abbondante raccolto.



I Fedeli si rivolgono a San Biagio nella sua qualità di Medico, in particolare per la guarigione dalle Malattie della Gola: è tra i 14 Santi Ausiliatori (sono Santi invocati dal Popolo Cristiano in casi di particolari necessità, generalmente per guarire da particolari malattie).
Durante la sua Celebrazione Liturgica, in molte Chiese, i Sacerdoti benedicono le gole dei Fedeli accostando ad esse 2 candele; per questo è anche Patrono degli specialisti Otorinolaringoiatri.
È Protettore di Materassai e Cardatori di lana per via della somiglianza degli strumenti del loro lavoro con quelli della sua Tortura. 

È ricordato pure come Protettore degli Animali perché nell’ultima parte della sua vita, mentre viveva da Eremita in una Grotta, gli uccelli e altri animali erano soliti portargli il cibo e ogni sera si radunavano davanti a lui per essere Benedetti. 
Questa sua permanenza nella Grotta, va intesa non come paura della morte, cui prima o poi sarebbe andato incontro, ma perché doveva guidare da lì i suoi Fedeli durante la Persecuzione Liciniana.
In mancanza di un Santo Patrono a loro dedicato, a cavallo tra il 2013 e il 2014 alcune équipe d'animazione l'hanno eletto a protettore, indicandolo come Patrono degli Animatori.



CoPatrono: Francesco da Paola (Paola, 27 marzo 1416 - Tours, 2 aprile 1507) è stato un religioso italiano, proclamato Santo da Papa Leone X il 1 maggio 1519.
Eremita, ha fondato l'Ordine dei Minimi. 



Francesco nacque a Paola, in Calabria Citeriore (oggi in provincia di Cosenza), il 27 marzo 1416 da Giacomo Martolilla e Vienna da Fuscaldo.
La famiglia di Giacomo proveniva da Cosenza, e ancora prima originaria di Messina.
Il nome venne dato al bambino in onore a San Francesco d'Assisi, per l'intercessione del quale i 2 coniugi chiesero la Grazia di un figlio, pur trovandosi già in età avanzata.
Alcuni anni dopo nacque anche una seconda figlia, Brigida.
Da bambino, Francesco contrasse una forma grave d'infezione ad un occhio, tanto che i genitori si rivolsero nuovamente all'intercessione del Santo d'Assisi. Fecero quindi voto che, in caso di guarigione, il piccolo avrebbe indossato per un anno intero l'abito dell'Ordine Francescano; e la malattia si risolse senza quasi lasciare traccia.
Fin da piccolo, Francesco fu particolarmente attratto dalla pratica religiosa, denotando umiltà e docilità all'obbedienza.
All'età di 13 anni narrò della visione di un Frate Francescano che gli ricordava il voto fatto dai genitori.
Accolto nel Convento Francescano di San Marco Argentano, vi rimase per un anno, adempiendo alla promessa dei genitori.
Il tempo trascorso nella Comunità, evidenziò le attitudini mistiche del giovane, compresi quei fenomeni soprannaturali che accompagneranno tutta la sua vita, aumentandone la fama in vita ed il culto dopo la morte. 

Durante quest'anno di dedizione al Convento, il piccolo Francesco si adoperò nell'osservanza regolare e nello sbrigare le mansioni umili della casa, e praticava già molti digiuni e astinenze.
Concluso l'anno, i Frati avrebbero voluto trattenerlo con loro, ma Francesco conservava il desiderio di conoscere anche altre modalità di Vita Consacrata prima di fare la sua scelta.
Nel 1430 svolse, con la famiglia, un lungo pellegrinaggio che, avendo Assisi come meta principale, coinvolse alcuni dei principali centri della Spiritualità Cattolica Italiana: Loreto, Roma e Montecassino, toccando anche i Romitori del Monte Luco.
Rientrato a Paola, iniziò un periodo di Vita Eremitica, utilizzando un luogo impervio compreso nelle proprietà della famiglia e suscitando lo stupore dei Paolani.
Nel 1435, altri si associarono alla sua esperienza, riconoscendolo come Guida Spirituale.
Con i suoi, costruì una Cappella e 3 dormitori, dando di fatto inizio all'esperienza, tutt'ora in corso, dell'Ordine dei Minimi.
Alle prime adesioni, se ne aggiunsero molte altre, tanto che il 31 agosto 1452 il nuovo Arcivescovo di Cosenza, concesse l'approvazione Diocesana, atto che comportava la facoltà di istituire un Oratorio, un Monastero ed una Chiesa.
E proprio l'edificazione del nuovo Monastero fu l'occasione che i concittadini di Francesco utilizzarono per attestargli la loro profonda stima: persino i Nobili Paolani fecero da operai per affrettarne la costruzione. 

La fama di Santità di Francesco si diffuse rapidamente, tanto che, nel 1467, Papa Paolo II inviò a Paola un suo Emissario per avere notizie sull'Eremita Calabrese che rientrato a Roma, presentò un rapporto positivo sulla vita di preghiera ed austerità che pervadeva il Monastero; talmente ne fu rimasto colpito da aggregarsi anche lui alla Comunità dei Minimi, prendendo il nome di Baldassarre da Spigno.
Il 4 luglio 1467, 4 Cardinali firmarono la lettera che concedeva l'indulgenza a coloro che avrebbero contribuito alla costruzione della Chiesa del Monastero di Paola, nonché a coloro che l'avrebbero visitata.
Nel 1470 ebbe inizio il procedimento Giuridico-Canonico per l'approvazione definitiva del nuovo Ordine di Eremiti.
Il 17 maggio 1474, Papa Sisto IV riconosceva ufficialmente il nuovo Ordine con la denominazione: «Congregazione Eremitica Paolana di San Francesco d'Assisi».
Il riconoscimento della Regola di estrema austerità venne invece con Papa Alessandro VI, in concomitanza col mutamento del nome in quello, ancora attuale, di «Ordine dei Minimi».

Il Regno di Napoli, al tempo. era in quel periodo retto dagli Aragonesi, anche se localmente il potere effettivo veniva retto dalle Famiglie Nobiliari secondo quello che era il Sistema Feudale.
Naturalmente le condizioni di vita non erano facili per la maggioranza della popolazione, che occupava il livello sociale più basso.

Fra i Fenomeni Soprannaturali attribuiti a Francesco vi è quello della guarigione di un ragazzo affetto da un'incurabile piaga ad un braccio, sanata con delle banali erbe comuni; lo Sgorgare Miracoloso dell'Acqua della "Cucchiarella", che Francesco fece scaturire colpendo con il bastone una roccia presso il Convento di Paola, che ancora è meta di pellegrinaggi; le "pietre del miracolo" che restarono in bilico mentre minacciavano di cadere sul Convento.
A Napoli davanti al Re che voleva tentarlo con un vassoio pieno di monete d'oro, offerte per la costruzione di un Convento, San Francesco rifiuta: prende una moneta, la spezza e ne fa uscire sangue; il sangue che ne uscì rappresentava quello dei sudditi, del popolo che subiva i potenti.
Il Miracolo più famoso è, certamente, quello noto come l'attraversamento dello Stretto di Messina sul suo mantello steso, dopo che il barcaiolo Pietro Coloso si era rifiutato di traghettare gratuitamente lui ed alcuni seguaci, che ha contribuito a determinarne la nomina a Patrono della Gente di Mare d'Italia.
Altro Carisma attribuito al Santo Eremita, fu la Profezia, come quando previde che la Città di Otranto sarebbe caduta in mano ai Turchi nel 1480 e riconquistata dal Re di Napoli.
La notizia delle sue Doti di Santità e Taumaturgia raggiunse anche la Francia, tramite i Mercanti Napoletani, arrivando nel 1482 al Re Luigi XI il quale, ammalatosi gravemente, lo mandò a chiamare chiedendogli di visitarlo.
Francesco era molto restio all'idea di lasciare la sua gente bisognosa, tanto da indurre il sovrano francese a inviare un'ambasceria presso Papa Sisto IV affinché ordinasse a Francesco di recarsi presso di lui.
Ci vollero alcuni mesi però per convincere Francesco, che aveva quasi 67 anni, a lasciare la sua terra per attraversare le Alpi, e ad abbandonare il suo stile di vita austero per passare a vivere in un Palazzo Reale.
Il 2 febbraio 1483, lasciò la Calabria alla volta della Francia.
Al suo arrivo presso la Corte, nel Castello di Plessis-lez-Tours, Luigi XI gli s'inginocchiò, e sebbene l'Eremita, non lo guarì dal male, con la sua azione portò a un miglioramento dei rapporti tra la Francia e il Pontefice. 

Francesco visse in Francia 24 anni e seppe farsi apprezzare dal Popolo Semplice come dai Dotti della Sorbona e molti Religiosi Francescani, Benedettini ed Eremiti, affascinati dal suo stile di vita, si aggregarono a lui anche in Francia, contribuendo all'universalizzazione del suo Ordine.
Questo comportò gradualmente il passaggio da un puro Eremitismo a un vero e proprio Cenobitismo, con la fondazione di un Secondo Ordine per le Suore e un Terzo Ordine per i laici, le cui rispettive Regole furono approvate il 28 luglio 1506, da Papa Giulio II.
Il Re Carlo VIII, successore di Luigi XI, stimò molto Francesco e contribuì alla fondazione di 2 Monasteri dell'Ordine dei Minimi, di cui uno sul Colle del Pincio a Roma, oggi Istituto Scolastico, prospicente la Villa Medici, attualmente Sede Culturale dell'Ambasciata di Francia in Italia.
Nel 1498, alla morte di Carlo VIII, ascese al trono Luigi XII che, benché Francesco chiedesse di tornare in Italia, non lo concesse.
Il Santo Eremita aveva ormai 82 anni, e da 15 viveva in terra straniera: sarebbe rimasto lì per altri 9 in serena solitudine, fino alla morte che lo colse a Plessis-lez-Tours il 2 aprile 1507, un Venerdì Santo, a ben 91 anni, età più che ragguardevole per l'epoca.

Culto

Fu Canonizzato il 1 maggio 1519, a soli 12 anni dalla sua morte, durante il Pontificato di Papa Leone X (al quale predisse l'elezione al Soglio Pontificio, quando questi era ancora bambino), evento molto raro per i suoi tempi.
Il 13 aprile 1562, degli Ugonotti (appellativo dato ai Protestanti Francesi di Confessione Calvinista presenti in Francia tra il 1500 e il 1600; all'inizio, furono comunemente chiamati "Protestanti Francesi": il nome entrò in uso solo negli anni 1560) forzarono la sua Tomba, trovarono il Corpo Incorrotto e gli diedero fuoco.
A causa dell'incendio sono rimaste pochissime Reliquie, conservate in massima parte nei Conventi dei Minimi, fra cui Palermo, Milazzo e soprattutto nel Santuario di San Francesco da Paola.
La sua Festa si dovrebbe celebrare il 2 aprile, giorno della sua nascita al Cielo; tuttavia, non potendosi spesso celebrare come Festa Liturgica perché, quasi sempre, ricorre in Quaresima, la si festeggia ogni anno a Paola nell'anniversario della sua Canonizzazione, il 1 maggio, ma essendo la notizia arrivata da Roma a Paola 3 giorni dopo, i festeggiamenti si tengono dall'1 al 4 maggio.
In seguito, Gregorio XVI, il 10 maggio 1839, accogliendo la supplica del Procuratore Generale dell’Ordine, considerato che spesso il 2 aprile ricade nell’àmbito della Settimana Santa, concesse che la Solennità di Francesco da Paola, con la recita dell’Ufficio, sia in perpetuo trasferita alla Seconda Domenica dopo Pasqua.

Urbano VIII, il 23 marzo 1630, lo dichiarò «Patrono del Regno di Sicilia».
Clemente XII, il 6 settembre 1738, confermò questo Patronato, poi il 12 settembre lo nominò e il 18 marzo 1739 lo confermò «Patrono principale del Regno di Napoli», confermando questi Patronati come privilegi perpetui, il 15 luglio 1739.
Pio XII, col Breve «Quod Sanctorum Patronatus», lo proclama «Celeste Patrono dei Marittimi d'Italia».
Giovanni XXIII, il 22 giugno 1962, lo proclama «Celeste Patrono presso Dio della Calabria».
Nel 1990, L'UNICEF lo proclama «Ambasciatore dei bambini e dei giovani di tutta la Calabria».



Nelle raffigurazioni religiose San Francesco viene rappresentato:

Vestito di un saio, con un bastone in mano e una barba bianca fluente.
Mentre attraversa lo Stretto di Messina sul suo mantello, che funge da scafo e da vela, sostenuta dal suo bastone, in compagnia di un Fraticello.
Vestito di un saio, mentre regge un teschio con una mano e un flagello con l'altra.
Mentre levita sopra una folla di fedeli con accanto il motto «Charitas».


DOVE MANGIARE (clicca qui per vedere)
DOVE DORMIRE: Alberghi (clicca qui per vedere)
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COME RAGGIUNGERE Maratea

Maratea è raggiungibile facilmente con qualsiasi mezzo grazie alla sua particolare collocazione Geografica: sul mare, lungo la Linea Ferroviaria per la Sicilia e poco distante dall'Autostrada Salerno - Reggio Calabria.
Ma nello stesso tempo lontana dal traffico.


In TRENO


Linea Roma-Reggio Calabria-Sicilia, con Treni per Maratea oppure per Sapri o Praja-Aieta-Tortora con Coincidenze Dirette con Treni Regionali per le 3 Stazioni di Maratea, Acquafredda e Marina.

Pre Prenotare ed Acquistare i Bilgietti clicca qui sotto


https://www.trenitalia.com/

Verifica gli Orari dei principali Treni da e per Maratea e per spostarsi in Treno all'interno del Territorio Comunale o lungo la Costa


In AUTOBUS

Ci si può spostare tra Acquafredda, Fiumicello, Porto e Marina senza mai prendere l'auto e facendo delle sane e  brevi passeggiate a piedi, integrandola con l'Autobus

Visita la pagina dedicata ai Trasporti locali di Maratea (Clicca qui)

In AUTOMOBILE



Da Nord

Autostrada A2 del Mediterraneo (Salerno-Reggio Calabria), uscita Lagonegro Nord-Maratea, innesto diretto su Strada Statale 585 "Fondovalle del Noce" con 3 possibilità di uscita:

Maratea Nord, con notevoli scenari panoramici, ideale per  raggiungere in Auto le località di Acquafredda e Cersuta  

Maratea Centro, via Trecchina, attraverso bellissimi boschi di castagni, per arrivare in Auto direttamente al Centro storico 

Maratea Sud, percorrendo tutti i 28 km della Strada Statale 585, permette di raggiungere facilmente con l'Auto le località di Castrocucco e Marina

Da Sud

Strada Statale 18 Tirrena Inferiore, lasciando la A2 del Mediterraneo (Salerno-Reggio Calabria) a Falerna oppure uscendo a Lauria Sud e proseguendo lungo la Fondovalle del Noce



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