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Sicilia: Noto la capitale del barocco siciliano


Noto (Nuòtu in siciliano) Comune italiano del Libero Consorzio Comunale di Siracusa in Sicilia.
È il primo Comune Siciliano e il quarto italiano per estensione territoriale (555 km²).

Definita la "Capitale del Barocco Siciliano", nel 2002 il suo Centro Storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche della Val di Noto.


Siamo nella parte Sud della Sicilia, in uno dei vertici del triangolo siculo.
Provenendo da Siracusa percorrendo la Statale 115 (E 45), la strada continua in discesa fino al ponte sul Fiume Manghisi (Cassibile, luogo in cui, il 3 settembre 1943, venne firmato segretamente l'armistizio tra il Regno d'Italia e le forze Alleate per la fine della Seconda Guerra Mondiale), attraversandoun territorio aspro ma molto suggestivo per la particolare morfologia del luogo, caratterizzata dalle numerose e profonde cave.
Lasciate a destra un paio di stradine che portano al sito dei ruderi della Noto Antica, si giunge a Noto, in 42 minuti e dopo aver percorso 37,7 km.
Situata sulla collina delle Meti, a terrazzo sulla Valle del Fiume Asinaro e sulla fertile pianura del fiume Tellàro, l'odierna città si apre con un vasto panorama sulla costa jonica.
Lo splendido Barocco delle sue architetture, cui dà particolare risalto la pietra calcarea fine e compatta abilmente lavorata, tutto ne fa una tappa qualificante e significativa nel contesto della storia della ricostruzione della città del Val di Noto.
NOTO

Regione: Sicilia
Provincia: Siracusa SR
Altitudine: 152 m slm
Superficie: 554,99 km²
Abitanti: 24.109
Nome abitanti: Netini - nuticiàni (in siciliano)
Patrono: San Corrado Confalonieri (18 febbraio)
Gemellaggio: Pompei (dal 2011)
Diocesi: Noto









GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

La sua bellezza, così armoniosa da sembrare la scenografia di un film, nasce da un evento tragico: il terremoto.

«... Fuori di Siracusa verso occidente si dispiega ancora una volta l'immensa varietà della Sicilia.
Stiamo per seguire la costa cosiddetta africana, la più povera, e forse la più splendida, lasciando i giardini della costa Ionica.
Ma prima di tuffarci nel nuovo paesaggio, ecco Noto sul margine, tre piazze, tre scenari in fila.
Il terremoto del Seicento, distruggendo tutto, ha però fatto nascere le più squisite città barocche del mondo.
Ed è un barocco Siculo, diverso da tutti, che si sposa al palmizio, assimila la pietra al pennacchio ed al ciuffo, regno di elementi arabi e di elementi bizantini, tutto fantasie e sangue, senza un momento di freddezza.
Noto era una città di palazzi e di conventi, di monaci signori e di monache lavoranti in pasticceria; è lo sfondo ideale delle fiabe del Capuana, come i castelli della Francia delle fiabe del Perrault; con grate al ricamo, balconi sorretti da sirene e mostri, ragazze che guardano nella strada dietro cortine di convolvoli, pari anch'esse a grate monastiche.
Una fervida stravaganza, trasmessa alla pietra, sembra rinunciare a difendersi da un eccesso di favoloso, che è qui la forma presa dalla perdizione; cioè in una terra di signori che si emerso si immersero nella loro favola ed accettarono in essa la propria rovina.
Noto città barocca; poi subito le campagne con i pozzi di pietra accoglienti l'acqua piovana, con i carrubi che sono riparo e casa, con i Monti iblei nudi.
E’ la parte della Sicilia che assomiglia alla Terra Santa ...» 

(Viaggio in Italia di Guido Piovene - 1950 - pagina 623)

Noto impreziosito dalla lavorazione decorativa del calcare, di cui è composto il Barocco nitino, delle sue architetture si dispiega, per scenografiche prospettive e panorami della costa jonica, su un ordinato reticolo di strade nelle terrazze digradanti da un colle, al piede delle pendici meridionali dei Monti iblei.
È il frutto di un secolo di ricostruzione, il nuovo sito, distesa a scacchiera sul declivo di un colle, ricca di Chiese e Conventi, di ampie piazze con architetture tipicamente barocche settecentesche, impreziosite dalla lavorazione della pietra calcarea che la rende luminosa e al sole del merigio si colora di un colore caldo dorato, grazie all'uso della pietra di Siracusa;
si dispiega su terrazzamenti per creare scenografiche prospettive, su un ordinato reticolo di strade nelle terrazze digradanti, riprendendo lo spirito planimetrico dell'Antica Noto, inestato in una nuova concezione barocca di un post barocco romano, tipicamente siciliano, tipicamente ed elegantemente caratterizzante di Noto con le sue figure antropomorfe, zoomorfe, fitomorfe, apotropopaiche, che ne fanno un teatro del mistero.
Onde la vasta circostante Val di Noto circostante, della placida campagna dell'Agro Netino che va dalle pendici dei Monti Iblei al mare, caratterizzato in prevalenza da macchia mediterranea, uliveti e mandorleti in zona collinare, vasti agrumeti e vigneti nella piana. 

“Noto appare un’isola nell’isola … 
La sua urbanistica arieggia ancor più quella delle grandi Ville romane, gli accorgimenti, le paratie, gli squarci improvvisi, le prospettive a perdita d’occhio, le svolte, le terrazze, gli inviti. 
Noto, Giardino di pietra” (Cesare Brandi)



ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Il significato del nome Noto non è certo.
Al fine di comprenderne meglio l'origine può essere utile ricordare che il sito di Noto antica risale all'età del bronzo antico (III millennio a.C.) ed è quindi legato alla Civiltà Castellucciana (cultura di Castelluccio è la principale espressione dell'Antica Età del bronzo Siciliana, situata nel range cronologico 2300 a.C. - 1700 a.C. circa.
Ciò che darebbe il nome è la omonima località posta tra Noto e Siracusa indagata nel 1800 dall'archeologo Paolo Orsi.
La definizione venne coniata dall'archeologo Luigi Bernabò Brea il quale riscontrò una omogeneità culturale di certe aree della Sicilia nell'antica Età del Bronzo.
In questo lungo periodo sono state individuate 4 fasi con articolazioni in base al territorio e all'epoca.
Secondo alcuni, il nome preellenico sarebbe stato Neas.
Quello che è certo è che il suo nome in Greco antico fosse Νέητον (Tolomeo), divenuto poi in Latino "Netum" (Cicerone, Silio Italico),
con l'etnico "Νεαιτνoι" (Diodoro Siculo), Netini (Cicerone e Plinio).

Il nome attuale le fu invece dato dagli Arabi e registrato aggiunto nell’Arabo classico come Nūṭuš e Nāṭus o, più probabilmente, Nōṭus, partendo dal già citato Greco antico, attraverso il Greco Bizantino Νέτος.Il toponimo è documentato in Edrisi nut(u)s 

In latino medievale si hanno nel 1136 "Nota", nel 1130 "Notho", ma nell'anno 1212  "Neti" (genitivo).
Esistono altresì variegate forme romanze registrate nelle diverse fonti notarili e archivistiche come le medievali Noteo, Nothi, Notha, fino ad arrivare alle forme italiana Noto e siciliana Nuòtu.
Per questi motivi i suoi abitanti sono correntemente chiamati netini, mentre in siciliano sono detti nuticiàni



TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Nel 1100, il geografo Hammudita Muhammad al-Idrisi riportava infatti testualmente:
«Ad una giornata da Siracusa è Nûṭus, rocca delle più forti ed elevate, e città delle più belle; vasta d’area, ricca d’entrate, e molto importante, co’ suoi mercati disposti in bell’ordine e coi suoi palazzi torreggianti.
Portan acque copiose i fiumi del suo territorio e muovon di molti molini; la sua giurisdizione abbraccia vasto perimetro; nobile è la sua provincia; i suoi campi da seminare sono ubertosi sopra ogni altro, e produttive sopra ogni altra le sue terre.
Come quella che fu abitata fin dai tempi primitivi, Noto possiede avanzi d’antichità. 

Giace ad otto miglia dal mare»

Noto è situata nella parte Sud-Ovest della provincia di Siracusa, ai piedi dei Monti Iblei; occupa oltre un quarto della provincia ed è il più grande comune della Sicilia ed il quarto d'Italia.
Il territorio è, per la maggior parte, collinare.
Le montagne, a Nord, appartengono all'Altipiano dei Monti Iblei.
 
La sua costa, fra Avola e Pachino, dà il nome all'omonimo Golfo, è bassa e sabbiosa nella totalità, a parte brevissimi tratti frastagliati, sono situate le pianure. 
Probabilmente di origine alluvionale, la piana di San Paolo, nell'entroterra, è la più vasta pianura del territorio, nonché la più intensamente coltivata.
L'aspetto dell'Agro Netino è caratterizzato in prevalenza dalla macchia mediterranea, e dagli uliveti e mandorleti in zona collinare, dai vasti agrumeti e vigneti nella piana, mentre in montagna, ampi pascoli si alternano a tracce di macchia mediterranea, con secolari lauri, querce, frassini e lecci.
La conformazione del territorio ha permesso un più ampio sviluppo dell'agricoltura a Sud e dell'allevamento a Nord


Nel suo territorio scorrono 4 fiumi tra cui interessanti:

Tellaro (Atiddaru in siciliano) la cui sorgente è stata localizzata nel territorio di Ragusa e vicino al quale è stata rinvenuta una Villa Romana, chiamata appunto Villa del Tellaro.
Dopo aver attraversato chilometri e chilometri nelle aree più incontaminate e selvagge del territorio Netino, sfocia, nei pressi di Eloro nella spiaggia detta del Tellaro.
Asinaro, che nasce pochi chilometri a Nord di Noto Antica, e che scorre nei pressi sia della vecchia sia della nuova città.
Verso la sua foce, lungo la piana costiera, si svolse la famosa battaglia tra Ateniesi e Siracusani, che si concluse con la sconfitta dei primi, segnando la disfatta della spedizione Ateniese in Sicilia e l'inizio del declino di Atene, che di lì a poco, a seguito di questa sconfitta, avrebbe perso anche la guerra all'interno della quale si inseriva la spedizione in Sicilia contro Siracusa, la Guerra del Peloponneso.
Cassibile, che nasce nei pressi di Bauli e che, nel suo tratto mediano, prende il nome di Manghisi, per successivamente incassarsi nel maestoso canyon della Riserva Naturale Orientata Cavagrande del Cassibile.


ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici e Storici)


Centro Storico

«Noto è una delle città d'Europa più splendidamente costruite: questa piccola remota località emerge nella memoria al pari di Würzburg o Nymphenburg, come uno dei risultati più raffinati dell'età che produsse Mozart e Tiepolo» (Douglas Sladen)




Le vie della città sono intervallate da scenografiche piazze e imponenti scalinate che raccordano terrazze e dislivelli.
L'unitaria ricostruzione produsse un tessuto urbano coerente e ricco di episodi architettonici.
Venne utilizzata la tenera pietra locale, di colore tra il dorato e il rosato, riccamente intagliata.
A differenza di quanto accadde di solito nelle costruzioni barocche delle Province del Sud Italia, come soprattutto a Lecce e, in Sicilia, a Catania, gli architetti che lavorarono a Noto non puntarono tutto sui motivi ornamentali, i quali restano sempre ben controllati, senza squilibri rispetto alle architetture nelle quali sono inseriti.
Inoltre, gli architetti attivi a Noto, si impegnarono anche nella realizzazione di architetture elaborate, con l'impiego di facciate concave (come nella Chiesa del Carmine o in quella di San Carlo Borromeo al Corso), convesse (come la Chiesa di San Domenico) o addirittura curvilinee, come nella Torre Campanaria del Seminario.
Il Barocco di Noto pervade l'intera città: gli elementi barocchi non sono isolati all'interno di un contesto urbano caratterizzato da diversi stili, ma sono collegati tra di loro in modo da realizzare quella che è stata definita la «perfetta città barocca».




A tal proposito Ugo Ojetti sostenne: «Noto ai primi del Settecento è una delle nostre città sorte d'un colpo, pel fatto sembra d'una volontà sola, immagine precisa del gusto di un'epoca.
A visitarla, palazzi, chiese, conventi, teatro pare un monumento unico, tutto costruito nello stesso tufo giallo, nello stesso barocco, come dice bene il Fichera, fiammeggiante, con una grandiosità senza pause e una regalità senza avarizia».

Dell'impegno degli architetti netini per la creazione di grandi scenografie, in un'ottica barocca pienamente consapevole e non provinciale, si accorse pure un maestro dell'immagine come Michelangelo Antonioni, il quale in una scena de "L'Avventura", girata a Noto, fa dire al protagonista, interpretato da Gabriele Ferzetti, intento ad ammirare la città dalla terrazza del Campanile della Chiesa di San Carlo al Corso: «Ma guarda che fantasia, che movimento.
Si preoccupavano degli effetti scenografici.
Che libertà straordinaria!»


Definita la "Capitale del Barocco Siciliano", nel 2002 il suo Centro Storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche della Val di Noto.
 

L’ingresso al Centro Storico è annunciato dalla Porta Reale, un impattante Arco di Trionfo del 1838, costruito per la visita del Re Ferdinando II di Borbone, detto il Re delle Due Sicilie.
La visita ha inizio per viale Marconi, ornato da ombrosi ficus benjamina, fino al Piazzale Marconi, caratterizzato dalla Statua in bronzo di San Corrado Confalonieri (1955), eremita francescano (1290-1351), patrono della città.
A sinistra del viale, il Giardino Pubblico (1936), ornato da numerose statue che raffigurano alcune tra le più importanti personalità netine.
A Sud-Est, oltre il giardino è la Chiesa dell'Ecce Homo, con Pronao Neoclassico (inaugurato nel 1932), detta anche il Pantheon della città. 

Adiacente alla chiesa è l'ex Convento dei Cappuccini (1703-1743), dov'è conservata una statua lignea dell'Ecce Homo (1300), proveniente dall'Antica Noto.
Superata la Porta Reale, ha inizio il rettilineo Corso Vittorio Emanuele, asse portante dello schema urbano di Noto Bassa; fiancheggiato da un'eccezionale sequenza di Edifici Monumentali e 3 scenografiche Piazze, ne fanno lo spazio più rappresentativo dell'intera città.
All'inizio del Corso, a destra, si allarga la Piazza XXX ottobre 1920, sulla sinistra della quale, in cima ad una scalinata, è la Chiesa di San Francesco o dell'Immacolata (1704-1745) con l'interno ad unica navata.
Contiguo alla Chiesa, a destra, è l'ex Convento dei Francescani, preceduto da un ampio terrazzo con al centro una Statua marmorea della Vergine (1787).
Definisce, a sinistra, l'invaso della Piazza, il lato Est del Monastero Benedettino del Salvatore (1706): la plastica facciata a 2 ordini di lesene, è caratterizzata da panciute grate e da una Torre a più piani con logge sovrapposte, chiusa in alto da un Terrazzo-Belvedere e da un originale Campanile cuspidato.
Nei locali del piano terra e del piano rialzato, con ingresso al N. 134 del Corso Vittorio Emanuele, è il Museo Civico (10 sale della sezione archeologica, vi è anche una piccola Biblioteca a carattere archeologico), inaugurato nel 1875
.
In alcuni ambienti dell'ex Monastero delle Benedettine di fronte al Museo Civico, con un
a Sezione di Arte Contemporanea, con dipinti e sculture ceramiche e la raccolta medaglistica dello scultore netino Giuseppe Pirrone.
Seguendo la via Zanardelli, lungo il fianco sinistro del Monastero delle Benedettine, raggiunta la Chiesa dello Spirito Santo, del 1700, a sinistra, si prende a destra la via Ducezio: su questa, a sinistra (ad angolo con la via Vicerè Speciale), è la Chiesa di Santa Maria dell'Arco, annessa all'ex Convento dei Cistercensi, caratterizzata da un interessante Portale nella facciata: l'interno custodisce un organo del 1778 e un Crocifisso ligneo del 1300.
Chiude (a Ovest) la via Ducezio la concava facciata barocca della Chiesa del Carmelo (1743), annessa all'ex Convento dei Padri Carmelitani: la Chiesa è a pianta ellittica e ha il soffitto decorato da un affresco raffigurante il trionfo della Vergine del Carmelo sulle eresie ariana e nestoriana.
Si prosegue sul Corso Vittorio Emanuele: a sinistra, annessa all'ex Monastero delle Benedettine (oggi sede di una Sezione Museo Civico), è la Chiesa di Santa Chiara, a pianta ellittica (1748), con l’interno ricco di stucchi ed altari marmorei.
Poco più avanti il Corso si apre nella grandiosa *Piazza del Municipio: sul lato meridionale della piazza, a sinistra, in posizione isolata, è il Palazzo Ducezio, ora sede del Municipio, costruito nel 1746.
Recinto su 3 lati da un porticato classicheggiante, è chiuso in alto da una balconata; una sopraelevazione, costruita nel 1951, ha alterato le equilibrate proporzioni dell'originale edificio.
Nella volta del Salone di rappresentanza al piano terreno, è un grande Affresco Neoclassico.
Di fronte, in posizione simmetrica rispetto all’invaso della Piazza, 2 Esedre alberate, ornate, rispettivamente, dal Palchetto della Musica e dal Monumento ai Caduti, fiancheggiano la scenografica Scalea a 3 rampe che sale alla Chiesa Madre; costruita a partire dai primi anni del 1700 e ultimata verso il 1776, presenta un'ampia e ricca facciata piana, con 2 Torri Campanarie, chiuse in alto da piccole Cupole: recentemente vi è stato inserito un Portale in bronzo con episodi della vita di San Corrado Confalonieri.
L'interno è a 3 navate, divise da pilastri e lesene appaiate, con cupola e cappelle laterali dai ricchi altari marmorei; la volta a botte è decorata da affreschi.
Adiacente alla Chiesa Madre, a destra, è l’ottocentesco Palazzo Vescovile.
Definiscono il lato destro della Piazza, esaltandone gli effetti scenografici, la Chiesa del Salvatore e il contiguo Monastero; la Chiesa, edificata negli ultimi anni del 1700, ha l'interno a pianta ellittica.
Sulla sinistra della Chiesa Madre è il settecentesco Palazzo Landolina di Sant'Alfano, in forme classicheggianti, dopo il quale a chiudere la Piazza verso Ovest, si stacca dal Corso, la Salita Nicolaci; su questa, a sinistra, al N. 18, sorge Palazzo Nicolaci Villadorata, con una suggestiva sequenza di balconi barocchi sorretti da ricchi mensoloni in pietra con figure grottesche: ospita la Biblioteca Comunale, fondata nel 1847.
E’ dotata di circa 80.000 volumi, tra cui incunaboli, manoscritti membranacei ed edizioni rare; custodisce anche preziosi codici miniati, codici membranacei in gotico e una ricca raccolta di ritratti di notabili netini.
Nello stesso Palazzo, visibile a richiesta, sono anche una piccola raccolta di cimeli risorgimentali, e i progetti originali di diversi architetti che operarono nella nuova Noto.
La prospettiva barocca della Salita Nicolaci è chiusa in alto, sulla via Cavour, dalla concava facciata della Chiesa di Montevergine.
Lungo il lato sinistro del Corso Vittorio Emanuele, più avanti, si sviluppa il complesso della Chiesa di San Carlo è l'ex Collegio dei Gesuiti.
La Chiesa, comunemente detta «del Collegio», edificata tra il 1736 e il 1746, ha prospetto concavo, articolato su 3 ordini di colonne; l'interno, a croce latina, sormontato da cupola e ornato da affreschi nella navata mediana.
Poco più avanti si apre la Piazza XVI maggio, terza pausa sul lungo corso, decorata al centro della Villa d'Ercole, giardino ottocentesco con una Fontana proveniente da Noto Antica (1600), e dominata, in fondo a destra, dal complesso della Chiesa di San Domenico è l'ex Convento dei Padri Domenicani,
caratterizzato da un portale bugnato.
La Chiesa di San Domenico, costruita tra il 1703 e 1727 ha la facciata del 1732-1736, a 2 ordini di colonne, convessa nella parte mediana; particolarmente interessante all'interno, a pianta centrica, con 5 cupole, decorata da stucchi; in Sacrestia, lavabo del 1600 e mobilia del 1700.
Di fronte (a sinistra del corso), è il Teatro Comunale (1842). 

Continuando su Corso Vittorio Emanuele, dopo l'incrocio con Via Galilei, a destra, è la Chiesa di San Michele (1700), a unica navata, al cui interno si conservano un'Acquasantiera del 1400.
Giunti al termine del Corso, in Piazza Nino Bixio, si prende a destra per a Via XX settembre: da qui è consigliabile immettersi nel Vicolo Giunchiglia che penetra all'interno del quartiere «Agliastrella», di raccordo tra città bassa e città alta, il cui impianto di matrice islamica, a vicoli, e l'architettura minore, costituiscono un'interessante alternativa alla bellezza imponente della Città Aulica.
Si raggiunge per questo sinuoso percorso, la Via Cavour, che, in posizione più elevata, si svolge parallela al principale Corso Vittorio Emanuele.
A destra, all'incrocio con Via Galilei, la Chiesetta di Sant'Antonio Abate (1700), a unica navata; a sinistra, il Palazzo Castelluccio, dei Marchesi di Lorenzo di Castelluccio, con ampi Saloni affrescati (1834). 

Continuando, si supera a sinistra l'ex Convento dei Padri Filippini, con annessa Chiesa di San di Santa Caterina (1791).
A destra, l'ex Convento dei Crociferi (con facciata principale sulla via Bovio).
Più avanti, a sinistra della Chiesa di Montevergine, affacciata sulla Salita Nicolaci, con la facciata concava rinserrata da 2 Torri Campanarie.
Segue a sinistra, al N. 54, il Palazzo Astuto, del 1700, sottolineato da bei Balconi Barocchi; mentre a destra, al N. 93, alle spalle del Palazzo Vescovile, è il Palazzo Trigona Canicarao, del 1700, che ha all'interno alcuni Saloni affrescati.
Prendendo a sinistra nella via Cavour, una ripida scalinata che sale lungo il fianco destro del Palazzo Astuto, si raggiunge la Via Sallicano, che in direzione Nord-Sud, costituisce l'asse portante dell'impianto urbano di Noto Alta.
Risalendola, si incrocia la Via Trigona, e si prende a sinistra: subito a sinistra, il Palazzo San Giacomo, del 1700; segue l'ex Monastero delle Benedettine Bianche (oggi sede dell'Ospedale Civile), con l'annessa Chiesa di Sant'Agata, del 1700, con all'interno, navata unica ed arricchito da numerosi altari in marmi policromi.
Dopo una leggera curva a destra, la Via Trigona conduce alla Chiesa di Santa Maria di Gesù, in posizione panoramica al sommo di una monumentale scalinata.
Retrocessi alla Via Sallicano, la si risale verso Nord, costeggiando a destra l’ex Monastero di San Tommaso, del 1700, oggi adibito a Carcere Circondariale, e si giunge in Piazza Mazzini: vi sorge la Chiesa del Crocifisso, la cui facciata, incompleta, si svolge su 2 ordini, con un grande Portale centrale, fiancheggiato da 2 leoni stilofori in pietra calcarea, provenienti da Noto Antica; l'interno basilicale a 3 navate su pilastri, è ricco di opere d'arte.
Lungo il lato Nord del carcere si giunge in via Garibaldi e, seguendola verso destra, si costeggia la Chiesa di San Francesco di Paola con l'annesso Convento, del 1700.
Quindi si ridiscende, per vicoli e scalinate alla Città Bassa.




I Santuari

Lasciato l’abitato periferico a Nord della città, per la Strada Statale 287, la strada si snoda ad anse fino a San Corrado fuori le mura (Km 4 circa), luogo di villeggiatura per molte famiglie netine.
Nella parte alta, scendendo nella Valle dei Miracoli, località alberata e contraddistinta da un religioso silenzio, appena interrotto dal cinguettio degli uccelli, si gode di un ambiente francescano, anacoretico.
Vi si ritirò il Frate Francescano Corrado Confalonieri, nobile piacentino, poi canonizzato e riconosciuto come Patrono di Noto.
Attraverso un vialetto si procede verso l’Eremo e poi il Santuario settecentesco, che include la Grotta che ospitò il Beato Corrado.


Nella Chiesetta il visitatore può ammirare la Grotta della Preghiera, che ospita la statua marmorea del Patrono, opera pregevole dello scultore locale Giuseppe Fortunato Pirrone, e la Pala dell’Altare Maggiore raffigurante “La Vergine con il Bambino e San Corrado”, opera del Conca. 
Alla sinistra della Chiesa, sotto l’altare, si trovano i resti mortali di San Leonzio Martire
Altre curiosità sono costituite dal piccolo Museo degli ex-voto, ricco di prodotti di vario tipo, e dal bellissimo Presepe realizzato con materiali settecenteschi.



Riprendendo il viaggio sulla strada per Palazzolo Acreide fino al Km 10, svoltando a sinistra per la strada provinciale, con alla destra le Edicole della Via Crucis, si arriva al Santuario della Madonna Scala del Paradiso
La Chiesa e il Convento settecenteschi, voluti dal Venerabile Girolamo Terzo, sorgono in posizione eminente, su un poggetto con 2 scalinate.
Dal terrazzo il visitatore può ammirare un paesaggio verde e coronato da rocce.
All’interno, sull’altare maggiore, si può ammirare un’immagine della Madonna con il Bambino e sotto l’altare l’urna contenente i resti mortali di San Franzo.

Sulla sinistra è tumulato il Venerabile Terzo e sulla destra v’è la sua Cella


Siti Archeologici

Uscendo da Noto in direzione Sud-Ovest, e proseguendo sulla Statale 115 verso Ispica, attraversato subito il Fiume Asinaro, l'Antico Asinarius, e lasciata a destra una strada per Palazzolo Acreide, si attraversa un territorio collinare coltivato a ulivi, mandorli e carrubi.
Poco oltre si lascia a destra una strada che conduce a Giarratana, passando nei pressi del Villaggio Preistorico di Castelluccio.

Villaggio Preistorico di Castelluccio
Si procede a breve distanza dalla sponda sinistra del fiume Tellàro, lasciando la strada per Giarratana, che fa una gran curva a sinistra, e si prende, a destra, una strada che sale, alla Borgata di Castelluccio (m 354), sviluppatasi intorno alla Masseria omonima e alla piccola Chiesa Patronale dei proprietari del Feudo. 



A circa 2 km a Nord sono i ruderi del Castello, costruito nel 1300, da Giovanni Landolina, a guardia del territorio.
Nei pressi della sommità di un poggio isolato, si trova il Villaggio Preistorico (secoli XVII-XV a.C.), che dà il nome alla «facies» culturale, relativa al primo periodo Siculo, detta appunto «Civiltà di Castelluccio».
Adiacenti alle Cave dell'Angelo, Messinella e della Signora, si aprono nel tenero calcare circa 200 tombe a grotticella artificiale («a forno»), con piccola anticella e vestibolo scoperto; le piccole porte d'ingresso erano chiuse con lastre di pietra, alcune delle quali, decorate a spirali, sono al Museo Archeologico di Siracusa.
Non lontano è la Grotta dei Santi, piccolo Oratorio rupestre con pitture Bizantine e Cinquecentesche, attualmente adibito a pagliaio.



Il territorio attorno a Noto è disseminato di aree d'interesse archeologico, benché molte non siano valorizzate né riconosciute come tali.
Appresso, riporto solo quelle più note, attrezzate e facilmente raggiungibili.


Noto Antica: situata 9 km a Nord dell'attuale centro abitato, su una montagna rocciosa cuoriforme, il Monte Alveria, fu rasa al suolo dal terribile terremoto del 1693



Pur essendo definita più volte come la "Pompei Medievale", il sito archeologico, pur riconosciuto tale, non è valorizzato a sufficienza per mancanza di strutture adeguate, cartellonistica sufficiente e un'adeguata fruizione.
L'intero sito necessita di campagne di scavo conoscitive avvenute solo in minima parte. 



Si presenta come un suggestivo percorso nella natura, con le rovine dell'antica città che riaffiorano dall'erba.



La Grotta del Carciofo prende il nome dalla presenza di 2 rappresentazioni della menorah ebraica scambiate dai contadini del luogo per dei carciofi, da cui il nome.
Una Menorah scolpita nella Grotta del Carciofo, a testimonianza della presenza di una comunità ebraica nella città di Noto in epoca medievale.
La presenza di questa tomba testimonia l'esistenza di una comunità ebraica a Noto.



Eloro: (Έλωρος, Heloros, in greco ed Helorus in latino) è stata un'antica polis Siceliota. 
Il centro, oggi sito archeologico, è ubicato su una collina (20 metri slm) prospiciente il mar Ionio, a circa 8 chilometri a sud-est di Noto, nei pressi della foce del Fiume Tellàro.



Un tempo, fiorente città greca, sulla direttrice della più tarda "via Elorina", che metteva in comunicazione le Colonie greche di Siracusa, Kamarina e Gela, fu distrutta con l'arrivo degli Arabi.
Degni di nota, sono il Teatro Greco, pur sfregiato da interventi fascisti, la medievale Torre Stampace, costruita su una più grande e vetusta fortezza citata da Plinio il Vecchio e i resti di Santuari, Mura ed Edifici risalenti all'età classica.



Colonna Pizzuta: situata a pochi chilometri a Nord-Ovest di Eloro, è un monumento funerario, costituito da una colossale colonna in rocchi di pietra calcarea squadrata, all'uso Siculo (diametro di 3,80 m e altezza ricostruibile in circa 10 m, benché in parte diroccata); si trova su una collina vicino al mare, in località Pizzuto.


Sotto la colonna si trova l'Ipogeo scavato nella roccia, databile alla seconda metà del III secolo a.C., già visto negli scavi di Paolo Orsi nel 1899 e successivamente reinterrato.
   
Villa del Tellàro: il sito archeologico consiste nei resti di una ricca Residenza extraurbana della tarda età imperiale romana.
Rinvenuti a partire dal 1971, i resti si trovano in un fertile comprensorio agricolo, su una bassa elevazione presso il fiume Tellàro, sotto una Masseria Sette-Ottocentesca.



Più piccola di quella di Patti, la Villa del Tellàro è stata oggetto negli ultimi anni di un rinnovato interesse, grazie soprattutto a una serie di progetti di ristrutturazione e riqualificazione dell'area interessata; oltre 30 anni dopo gli scavi, la Villa del Tellaro è stata inaugurata e resa fruibile al pubblico.



Monte Finocchito: sebbene non riconosciuta come Parco Archeologico, l'area del Monte Finocchito, a metà strada fra Noto e Testa dell'Acqua, è caratterizzata da una Necropoli a grotticella risalente al 600 a.C. e, nella sommità, dai resti di un Antico Villaggio Siculo, probabilmente contemporaneo a Hybla, di cui restano solo i basamenti di massicce fortificazioni (ritenute da Paolo Orsi come le più antiche della Sicilia) e di antiche Carraie.

Aree Naturali

Riserva naturale orientata Oasi Faunistica di Vendicari: a metà strada fra Noto e Pachino, è stata ufficialmente istituita nel 1984 (DARTA 81 14/03/1984 - DAR), ma è stata resa effettivamente fruibile solo nel 1989. 


Oltre a essere un'area di interesse naturalistico (grande importanza è rivestita dai pantani), nella riserva naturale è possibile ammirare vari resti archeologici, fra i quali una Necropoli bizantina e la settecentesca Tonnara


È gestita dall'Azienda Regionale Foreste Demaniali.
La riserva è ricca di spiagge: a Nord quella di Eloro, con accanto la spiaggia di "Marianelli", "Calamosche", la spiaggia di Vendicari (nei pressi della tonnara) e a Sud la spiaggia di San Lorenzo.

Nella riserva di Vendicari, tra i resti di "Cittadella dei Maccari" si trova la Chiesetta bizantina, denominata: Trigona.



Spiaggia di Calamosche: insignita, nel 2005, di "spiaggia più bella d'Italia", è posta fra 2 costoni rocciosi erosi dal mare, di cui uno (il "Poggio Arena") la separa dall'altrettanto nota spiaggia di "Marianelli".
È una delle poche spiagge in Italia ad aver conservato interamente il suo aspetto naturale.




Spiaggia di Marianelli: leggermente più ampia della vicina spiaggia di Calamosche, si trova alla foce del Fiume Tellaro.
È anch'essa posta fra 2 costoni rocciosi, il "Poggio Arena" e un altro, su cui svettano i resti della Torre Stampace.
Anche questa spiaggia ha conservato interamente la sua primitiva fisionomia.

Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile: compresa tra i territori di Avola, Noto e Siracusa.
È stata istituita nel 1990 (D.A. del 13 luglio), è gestita dall'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana. 



Difeso dalle inaccessibili pareti a strapiombo della cava e la vicinanza dell'acqua, i Siculi, primi abitatori che si conoscono di questo luogo, vi hanno costruito una Necropoli, ancora oggi difficile da raggiungere.
Ciò che rende spettacolari le cave a causa dello scorrimento dei corsi d'acqua, è la morfologia del grande Canyon di Cava Grande del Cassibile, il Kakyparis dei greci. 



Sul versante Nord è possibile osservare un piccolo agglomerato di abitazioni rupestri.
Nella zona Sud si trova un complesso sistema di abitazioni, scavate nella roccia, disposte una accanto all'altra su sei diversi livelli paralleli, collegati tra loro da un sistema di cunicoli e gallerie.




ARTI & MESTIERI



VIAGGIO NELLA CULTURA

Biblioteche

Biblioteca Comunale "Principe di Villadorata": situata al piano terra del Palazzo Nicolaci di Villadorata, fu inaugurata il 30 maggio 1847 con 3.657 volumi, la maggior parte dei quali donati da Corrado Nicolaci Principe di Villadorata.
Attualmente vanta un patrimonio di circa 80.000 volumi.

Biblioteca Diocesana: ha sede nel Seminario Vescovile di Noto.
Vanta un patrimonio di 25.000 volumi di cui 7.000 volumi antichi tra cui manoscritti per 10 cartelle e un incunabolo.
 

Storie, Leggende e Misteri

Ercole di passaggio
La statua che raffigura Ercole, posta in mezzo all'omonima villetta pubblica, ricorda che, secondo la leggenda, il semidio passò da Noto mentre si recava a compiere una delle celebri fatiche: la pulizia delle stalle di Augia.

Due Reliquie
Nella Chiesa del Santissimo Crocifisso, viene conservata una Spina della Corona di Gesù, donata all'antica Chiesa di Santa Maria al Castello dalla nobildonna Eleonora Landolina, vedova di Lopez Ponce de Leon, governatore di Milano.
Nella stessa Chiesa è anche un Crocifisso di legno dorato, recante al centro un medaglione monocromo raffigurante Cristo, e la tradizione attribuisce l'opera all'Apostolo San Luca.

La Grotta di «Calafarina»
Il nome della grotta, situata vicino al borgo di Marzamemi, deriva dall'arabo e significa «porto del guano», e infatti grandi quantità di questo materiale si rinvenivano nei suoi recessi, depositatovi dai numerosissimi i pipistrelli che l'abitavano.
Nel 1090, dopo 30 anni di lotte condotte da Ruggero il Normanno per liberare la Sicilia dalla dominazione Araba, l'unica città che ancora resiste ai Francesi è Noto.
La sua inespugnabile posizione le ha permesso di far fronte all'assedio, finché muore in battaglia il suo capo, il Principe Arabo Ali ben Avert. Poiché il di lui figlio era ancora in tenera età, e la moglie troppo inesperta, i netini decisero di scendere a patti con gli assalitori; tra i patti per la resa, inserirlo anche la promessa da parte dei vincitori di lasciare libera la moglie e il figlio del defunto Emiro, che infatti, di notte, seguiti da 100 muletti carichi dei loro averi, si diressero verso il mare per imbarcarsi verso il Cairo.
Giunti nelle vicinanze della grotta di Calafarina, gli Arabi decisero di nascondere i loro tesori in uno degli anfratti della grotta.
Gli schiavi che nascosero i tesori vennero poi uccisi e loro anime furono, per via di incantesimi, costretti a vegliare su di essi.
Nelle tempestose notti di febbraio, gli spiriti dei poveri schiavi vagano gemendo intorno a Calafarina, invocando a gran voce colui che scioglierà l'incantesimo e, impadronendosi del tesoro, libererà le loro anime in pena.


DIALETTO

Oltre alla lingua ufficiale italiana, a Noto si parla la lingua siciliana nella sua variante metafonetica sud-orientale.
La ricchezza di influenze del siciliano, appartenente alla famiglia delle lingue romanze e classificato nel gruppo meridionale estremo, deriva dalla posizione geografica dell'isola, la cui centralità nel Mar Mediterraneo ne ha fatto terra di conquista di numerosi popoli gravitanti nell'Area Mediterranea.
Il dialetto netino e di alcuni comuni limitrofi a Noto presenta delle peculiarità proprie.
È differente dal Siracusano e dal Catanese, essendo più simile alla parlata "Iblea", ma presenta differenze anche con quest'ultima, non presentando, ad esempio, la "c" dura davanti alle vocali.


CINEMA
(Film girati a Noto)

La particolare propensione di Noto a costituire la scenografia di rappresentazioni artistiche come i film e non solo, è stata rilevata anche da Leonardo Sciascia, il quale riteneva che Noto fosse «lo scenario ideale alla commedia».
Sosteneva infatti Sciascia:

«La barocca Noto risorta dalle rovine è scenario ideale alla commedia.
E in questa suggestione, vagando per le strade di Noto nel mattino che dilaga d'araldico azzurro e d'oro, pensiamo sia stata proprio una grande occasione mancata che una città come questa, e nel 1700, non abbia avuto il suo Goldoni magari più corposo e sanguigno, più traboccante di comicità e di erotismo; e con grevi rovesci di malinconia.
Goldoni non poteva nascere che a Venezia ...
Ma Brancati è nato a pochi chilometri da Noto, aveva nel sangue la commedia di cui la nostra fantasia si accende camminando per queste strade; la sua commedia, il suo Settecento.
Dalle rovine del terremoto è sorta questa bellissima città da commedia.
Sarà nostro difetto o stortura: ma di una città, al primo incontro, l'essenza ci si configura sotto la specie del genere letterario.
Le città che fanno romanzo. le città che assumono tragedia.
Le città da commedia - come Noto.
E questa città da commedia, così splendida e musicale, la dobbiamo a un terremoto

Noto è stata il set di diversi film, alcuni realizzati dai più grandi maestri del cinema mondiale: Roberto Rossellini, che vi ha girato alcune parti di «Viva l'Italia»; Vittorio De Sica, che ha girato a Noto il suo ultimo film «Il Viaggio», con Richard Burton e Sophia Loren; Michelangelo Antonioni, che oltre ad avervi ambientato parte de «L'avventura», ha dedicato a Noto le prime 2 parti del documentario «Noto, Mandorli, Vulcano, Stromboli, Carnevale», realizzato per il padiglione italiano dell'Expò di Siviglia svoltosi nel 1992.
Oltre a questi maestri hanno lavorato a Noto altri grandi registi come Luigi Zampa, Luigi Comencini, Franco Zeffirelli, Lina Wertmüller e Giuseppe Tornatore.
Di seguito è riportato un elenco di film girati a Noto:

Anni facili di Luigi Zampa (1953)
Cavalleria rusticana di Carmine Gallone (1953)







Viva l'Italia! di Roberto Rossellini (1960)



L'avventura di Michelangelo Antonioni (1960)



Assicurasi vergine di Giorgio Bianchi (1967)
Meglio vedova di Duccio Tessari (1968) (vai alla scheda e al trailer)
Tony Arzenta di Duccio Tessari (1973)




Il viaggio di Vittorio De Sica (1974) - ultimo film diretto da De Sica, tratto da una novella di Pirandello



Mio Dio come sono caduta in basso di Luigi Comencini (1974)



Garofano rosso di Luigi Faccini (1976)



Donna d'onore di Stuart Margolin (1990)



Il ladro di bambini di Gianni Amelio (1992)



Arriva la bufera di Daniele Luchetti (1993)



Storia di una capinera di Franco Zeffirelli (1993) - romanzo epistolare di Giovanni Verga, scritto nel 1869 e riadattato da Zeffirelli



L'uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore (1995)



Malèna di Giuseppe Tornatore (2000)



Gli astronomi di Diego Ronsisvalle (2003)


PRODOTTI DEL BORGO

Monti Iblei DOP
I Monti iblei sono la catena collinare calcarea-carsica localizzata nella parte Sud-Orientale della Sicilia, compresa tra le Province di Ragusa, Siracusa e Catania.
L'esposizione a particolari escursioni termiche tra le ore diurne e notturne, esalta le caratteristiche delle produzioni Agricole ed Olivicole.
Al visitatore, le campagne dei Monti Iblei si presentano come uno scenario multiforme di nature e colori dove la coltura dell'Ulivo costituisce uno dei paesaggi agrari più diffuso, con Olivi spesso secolari, sparsi nei terreni collinari posti ai margini degli Agrumeti, oppure abbinati alle altre colture tipiche degli Iblei: i Carrubeti, i Mandorleti ed i Vigneti.
Qui sono coltivate le più pregiate varietà di Olive della Sicilia: la più famosa è
la «Tonda Iblea», ma si trovano anche la «Nocellara Etnea» e la «Moresca», dalle quali si ricava un Olio Extravergine e di elevata qualità dal colore verde, con il caratteristico profumo fruttato e l'inconfondibile sapore.

Noto, il Vino, le Mandorle, le Serre
Capitale mondiale del Barocco, è stata definita, la vista e la visita propone coerenti squisitezze anche al palato. 

Il più importante fra i prodotti tipici è senza dubbio il Vino.
Tracce di viticoltura risalgono al Neolitico (circa XV-XIII secolo a.C.), ma ben più recentemente Noto nel 1800 era la principale zona di produzione di tutta la Sicilia e nel suo territorio, tanto che vi fu istituita la Regia Cantina Sperimentale.
Dopo un periodo di crisi, negli ultimi anni diverse imprese, anche non siciliane, hanno cominciato a investire nrl settore piantando nuovi vigneti e vinificando in loco.
I Vini sono quelli della DOC Moscato di Noto, della versione fragrante leggermente aromatica del naturale, leggermente dolce dello spumante o dolce è calda del liquoroso; ovvero della DOC Eloro, che sfrutta le vigne a bacche rosse del frappato,
anche in tipologia a Pachino per un rosso corposo e tannico, adatto all'invecchiamento; del Nero D'Avola, del Pignatello: dall'aperitivo al pasto alla meditazione, dunque. 
Raffinata anche la pasticceria, a partire dalle rinomate «Conchiglie di Noto», pasta reale foggiata a conchiglia e farcita con marmellata di cedro; e poi granite e gelati dai sapori caratteristici; eccellenti Cotognate e Vino Cotto di Carrubo, Mieli alle erbe aromatiche e Conserve di Cedro e Pistacchio
Nelle rosticcerie si possono assaggiare rustiche focacce.

La Mandorla «Pizzuta D'Avola», tradizionale nel siracusano è famosa per qualità e contributo alla pasticceria (tra i dolci autoctoni i «Faccioni di Santa Chiara» a base di mandorla, appunto, conserva di cedri e cioccolata).
Questa è anche la zona del limone di Siracusa IGP e dei Vini iGT Avola

Non lontane Marzamemi e Porto Palo di Capo Passero, uno dei vertici del triangolo siciliano, in cui si trovano porticcioli di pescatori e da cui arriva pesce appena pescato.

Carrubo
Le sagome secolari dei Carrubi, sono uno degli elementi distintivi del paesaggio dei Monti Iblei.
Qui, ultima oasi naturalistica in tutta Europa, sopravvive questo grande e maestoso albero che, sin da tempi antichissimi, ha rappresentato un'importante risorsa economica per il territorio.
Il frutto del Carrubo si raccoglie in settembre e si presenta sotto forma di baccello allungato, di colore marrone scuro.
I semi, di consistenza durissima, forniscono estratti utilizzati dall'industria cosmetica e farmaceutica, e, l'albume dei semi, una sostanza gelatinosa, viene impiegata nell'industria dolciaria come addensante nella preparazione di biscotti, gelati, sciroppi e conserve

La farina di Carrube entra nella composizione di sciroppi decongestionanti dell'apparato respiratorio. e nel contempo sta prendendo sempre più piede l'impiego per la preparazione di integratori dietetici.
 

Una curiosità: i semi di carrube, detti localmente "karate", erano usati dagli arabi come unità di misura nel peso delle pietre preziose.
Da questo termine nascerà attuale "carato", che corrisponde a circa 1,18 g.

Mandorla di Noto
Tra luglio e agosto le «Ciurme» (raccoglitrici) battono i rami con canne lunghissime e raccolgono le Mandorle in grandi teloni distesi a terra, per poi insaccarle e smallarle (la "smallatrice" è una macchina molto semplice, ha un grande imbuto è un rullo che gira: rompe il mallo e lo separa dalle mandorle), per poi stenderle nell'aia ad asciugare.
Tutte le fasi successive (sgusciatura, tostatura e lavorazione) non sono più affare dei contadini, che vendono soltanto la materia prima.
I pochi soldi guadagnati non ripagano neppure il lavoro di raccolta. 

Senza contare che la coltivazione del mandorlo è sempre incerta.
La minaccia più grave sono le gelate: a Noto i mandorleti imbiancano di fioriture in pieno inverno, e basta un breve ritorno del gelo per distruggere l'intero raccolto. 


Sono tra le varietà coltivate in queste campagne: «Romana» (è quella che dà i frutti migliori dal punto di vista organolettico (il sapore è intenso e aromatico il colore bianco rosato), «Pizzuta D'Avola» e «Fascionello».
Queste antiche cultivar hanno un guscio spesso e legnoso: un involucro che trattiene grassi, conservando a lungo il sapore e il profumo delle mandorle; per contro, la resa è molto bassa.
Sono stati gli Arabi a scoprire il segreto di lavorare i frutti tritati con l'albume dell'uovo e il miele; e sono stati loro a inaugurare la grande tradizione siciliana dei dolci di mandorle, una tradizione che poi è stata ripresa dai Normanni, dagli Spagnoli, dai Francesi, dai nobili, dai Conventi, dai Pellegrini, ecc. (diversificandosi di valle in valle, di città in città, di luogo in luogo, di borgo in borgo.


CUCINA DEL BORGO

La cucina del Val di Noto è piena di prelibatezze che vengono direttamente dalla terra e dal mare.
La dieta mediterranea è la colonna portante delle preparazioni culinarie netine, la semplicità e la genuinità dei prodotti usati è il nostro vero segreto, come l’utilizzo di un buon Olio prodotto negli uliveti biologici, il Pomodorino di Pachino IGP fatto maturare al calore del sole, il Pesce appena pescato.
Ovviamente ogni buon piatto non può che essere accompagnato dal Pane casareccio locale definito «Scaniatu», ovvero pane a pasta dura.
Questa tipologia di pane è tipica della zona, ed è un particolare tipo di pane casereccio siciliano realizzato con semola di grano duro e caratterizzato da un’alveolatura fitta e minuta; la preparazione richiede una lavorazione specifica, caratterizzata da un impasto a bassa percentuale di acqua rispetto alle preparazioni standard.
È definito "scaniatu" perchè lavorato energicamente con attrezzi e metodiche tradizionali, come la "sbriga", una superficie piana in legno sulla quale si sistema l’impasto sotto allo "sbriuni", un bastone imperniato sulla "briula" (la tavola), che viene manovrato a guisa di leva per schiacciare l’impasto.
Il pane scaniato è caratterizzato da un’elevata conservabilità, determinata dal basso tenore di acqua presente, che lo rende meno attaccabile dalle muffe. 

Ed infine come non menzionare la regina della pasticceria locale, la mandorla, con la quale vengono creiate squisitezze come le Conchigliette, la Martorana, il Bianco mangiare, il Latte di mandorla, la Cassata ed anche la semplice, ma non meno buona, Granita di mandorla, che rappresenta la colazione per eccellenza nel periodo estivo.
Tutti prodotti e bontà si trovano nei migliori ristoranti, bar e pasticcerie della Capitale Barocca.


STORIA

Il sito originario della città, Noto Antica, si trova 8 km più a Nord, sul monte Alveria.
Qui si ritrovano i primi insediamenti umani, che risalgono all'età del Bronzo Antico o Castellucciana (2200-1450 a.C.), come testimoniato dai reperti archeologici rinvenuti.
Secondo un'antica leggenda, Neas, che sarebbe stato il nome della Noto più antica, avrebbe dato i natali al condottiero siculo Ducezio, che nel V secolo a.C. avrebbe difeso la città dalle incursioni Greche.
Questi la trasferì dall'altura della Mendola al vicino monte Alveria, circondato da profonde valli, in una delle quali scorre la fiumara di Noto.
Ben presto, Neas o Neaton, ormai ellenizzata nei costumi, entrò a far parte della sfera d'influenza Siracusana; come asserito anche da Polibio e Tito Livio, fu una colonia siracusana durante il Regno di Gerone II, riconosciuta nel 263 a.C. dai Romani con un trattato di pace.
Il Ginnasio, le mura megalitiche e gli Heroa ellenistici convalidano le ipotesi degli storici.

Nel 214 a.C. circa, Neaton aprì le sue porte all'esercito del Console romano Marco Claudio Marcello, e venne così riconosciuta come città alleata dai Romani (che la chiamavano Netum) come Taormina e Messina.
In quanto tale i Romani concessero ai Netini un proprio Senato, tanto che ancora oggi, nei palazzi e nei portali risulta presenta la scritta S.P.Q.N. (Senatus PopulusQue Netinus).
Subì, come le altre città isolane, le vessazioni di Verre, descritte da Marco Tullio Cicerone.
Durante il periodo tardo-romano nella sua zona fu costruita la Villa Romana del Tellàro (300).
Dopo l'occupazione della Sicilia (535-555 circa) da parte delle legioni bizantine dell'Imperatore Giustiniano, il territorio di Noto fu arricchito di monumenti, come la Basilica di Eloro e la Trigona di Cittadella dei Maccari, l'Oratorio della Falconara e la Cripta di San Lorenzo Vecchio, il Cenobio di San Marco, il Villaggio di Contrada Arco.
Nell'864 Noto fu occupata dagli Arabi del ras Khafaja ben Sufyan, che la fortificarono.
Data l'importanza attribuita alla città dagli Arabi, Noto divenne, nel 903, Capovalle e il suo territorio registrò la razionalizzazione dell'agricoltura e la promozione dei commerci.
Fu insediata anche l'industria della seta, sfruttando la presenza di gelsi nel territorio.

Si registra a Noto, come in molte altre città siciliane delle stesso periodo, la presenza di una notevole Comunità Ebraica, attestata anche da alcune grotte quali la Grotta del Carciofo a Noto Antica.

Nel 1091 Noto fu occupata dal Gran Conte Ruggero d'Altavilla, e infeudata al figlio Giordano, che iniziò la costruzione del Castello e delle Chiese Cristiane.
Durante il Regno dell'Imperatore Federico II di Svevia, a Noto, fu eretto il Monastero Cistercense di Santa Maria dell'Arco.
Durante il periodo Angioino (1282), Noto partecipò all'insurrezione dei Vespri Siciliani.
Sotto il Regno di Alfonso V d'Aragona fu Viceré di Sicilia Niccolò Speciale, netino, che diede un importante contributo allo sviluppo della città, governata al tempo dal Duca Pietro d'Aragona, fratello del Re, che fece edificare nel 1431 la Torre Maestra del Castello di Noto Antica.
Nel 1503, per intervento del Vescovo Rinaldo Montuoro Landolina, il Re Ferdinando II d'Aragona conferì a Noto il titolo di
«Urbs Ingegnosa» (Città ingegnosa) per i tanti personaggi che nel 1400 si distinsero nei campi dell'Arte, delle Lettere e della Scienza, come Giovanni Aurispa, Antonio Cassarino, Antonio Corsetto, Andrea Barbazio e Matteo Carnalivari.
Nel 1542 il Viceré Ferrante Gonzaga fortificò le mura della città.

il devastante terremoto del 11 gennaio 1693, provocò per la vecchia Noto, situata sulla collina dell’Alveria, non soltanto la distruzione dell'abitato, ma soprattutto un grave colpo alla fiorente economia della città, che si basava sulla ricca produzione agricola (vigneti, oliveti, cereali, riso, cotone, canna da zucchero) e sulla presenza di numerose attività artigianali (industrie della lana, concerie, mulini, ecc.).
Dopo il disastro, allo spopolamento dovuto all'alto numero delle vittime del sisma e delle epidemie successivamente sviluppatesi, si aggiunse l'esodo di numerosi nuclei familiari, trasferiti nei vicini centri urbani.
La città nuova si caratterizza come depositaria delle antiche e nobili tradizioni, ma rimane piuttosto cristallizzata per una economia che ha perso gran parte della sua ricchezza e della sua vivacità.
Subito dopo la distruzione dell'antica Noto, nello stesso anno 1693, Giuseppe Lanza duca di Camastra, nominato Vicario Generale per la ricostruzione del Val di Noto, stabilisce di ricostruire la città in altro sito, più acclive (in salita, erto); questa risoluzione, probabilmente suggerita dal Governo Spagnolo, al fine di evitare le urgenti spese di costruzione di una Piazzaforte che risultava ormai periferica rispetto alle nuove potenzialità economico-produttive della fascia costiera; viene appoggiata ad alcuni nobili, ma energicamente contrastata, oltre che dalla maggior parte della nobiltà e del clero, soprattutto dal popolo.
Per i primi 9 anni, la ricostruzione procede con estrema lentezza sulla collina delle Meti, tra le aspre polemiche e le incertezze che dividono la cittadinanza; solo nel 1702 il vecchio sito viene definitivamente abbandonato.
Nel piano di costruzione della città intervengono diverse personalità, indicate dai documenti e della tradizione: ingegneri militari, matematici, sacerdoti, architetti militari; ma, al di là del Piano Urbanistico, è da tenere presente che la città attuale è il risultato dell'opera di numerosi architetti, mastri e scarpellini, che, durante tutto il 1700, realizzano questo eccezionale ambiente urbanistico.
La seconda metà del secolo, vede una ripresa economica e culturale della città, sostenuta da un certo incremento demografico, ma con la riforma amministrativa del 1817, Noto per il ruolo di Capoluogo (o Capovalle) a favore di Siracusa (lo riavrà per un breve periodo dal 1837 al 1865 a causa del moto carbonaro di Siracusa), e inizia così un lento processo di involuzione politico-economica che perdura fino ai nostri giorni.
Sede Vescovile dal 1844, la città, caratterizzata dalla massima presenza di Conventi e Monasteri, riceve grande danno dalla soppressione delle Corporazioni Religiose (1866), intimamente legate alla sua struttura economico-sociale.
Nel secondo dopoguerra, mentre si sviluppa un nuovo interesse per il cospicuo patrimonio artistico-architettonico, il centro storico si va in parte spopolando, con il trasferimento degli abitanti nei nuovi quartieri costruiti a Sud della città.
Nel 1861 Noto, dopo la Spedizione dei Mille, entrò a far parte del Regno d'Italia, conservando inizialmente il titolo di capoluogo di provincia, poi trasferito a Siracusa nel 1865.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale iniziò il processo migratorio verso le regioni settentrionali d'Italia, la Germania, la Francia, il Belgio, l'Argentina, gli USA e il Canada e la città di Noto conobbe qualche decennio di decadenza.

Antico simbolo della città era probabilmente il Toro: ad avvalorare questa tesi, peraltro sostenuta da diversi studiosi siciliani, sarebbe un'antica medaglia raffigurante un toro ritto su 2 zampe con l'incisione S.P.Q.N., di cui si sono perse le tracce.
Insignita del titolo di «urbs ingegnosa», la città ebbe il proprio Stemma ufficiale, che consisteva in uno scudo crociato bianco e rosso/amaranto, nei cui lati si trovava (su sfondo bianco) l'incisione «Netum · urbs · ingegnosa · et · vallis · caput», altre volte semplicemente S.P.Q.N.
Lo Stemma rimase in vigore fino a pochi anni dopo l'Unità d'Italia (tant'è che tutt'oggi possibile vederlo sui prospetti di diversi monumenti cittadini, come il Municipio e la Cattedrale; quando, sulla scia di altri Comuni Siciliani e, in particolare, Siracusani, fu adottato lo Scudo Sabaudo con l'Aquila Coronata, con l'antico Scudo Crociato (seppur modificato) posto sull'addome del rapace.
Solo alla fine del 1800, per volere del Marchese del Castelluccio, fu aggiunta la dicitura S.P.Q.N. in ricordo degli antichi fasti.


Gemellaggio con Pompei
(Motivazione del gemellaggio, 8 ottobre 2011)
«In considerazione della posizione egualmente importante ricoperta per la storia della Civiltà mediterranea dalle due Città, del fatto che entrambe sono Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco, della constatazione che entrambe sono state ferite da due diversi eventi naturali che ne sconvolsero la loro storia ma che, nel contempo, le hanno rese uniche nel panorama mondiale: Pompei distrutta dalla furia del Vesuvio e Noto Antica (la Pompei medioevale) distrutta da un devastante terremoto; sicuri che le due Città sono accomunate da un grande passato, con un grande presente ed un ambizioso futuro si firma il gemellaggio tra le città.»


SANTO PATRONO

Corrado Confalonieri (Calendasco, 1290 - Noto, 19 febbraio 1351) fu un Penitente, Terziario Francescano e Pellegrino, condusse una vita anacoretica, da eremita; è venerato come Santo dalla pietà popolare, benchè solo Beato.


Corrado nacque a Calendasco in Provincia di Piacenza nella famiglia appartenente alla nobile Casata dei Confalonieri che aveva vasti feudi assegnati loro quale privilegio, per essere una famiglia Guelfa fedele alla Chiesa.
Trovandosi a caccia in compagnia di amici e familiari in un giorno in cui la caccia non dava buon esito, Corrado ordinò di appiccare il fuoco alle sterpaglie per stanare la cacciagione ma, complice il forte vento, il fuoco in un attimo bruciò tutto ciò che incontrava, tra cui boschi, case e capanne.
Spaventati e impotenti di fronte a questo evento, Corrado e i suoi scapparono verso casa, decisi a non far trapelare la verità.
Ma non appena la notizia si propagò in città, si credette che l'incendio fosse stato appiccato dai Guelfi per colpire l'allora governo ghibellino e subito si scatenò la caccia al responsabile, che venne individuato in un povero contadino.
La notizia della condanna colpì l'animo di Corrado, che non riusciva a darsi pace per quello che era successo a causa sua.
Non esitò quindi ad interrompere il corteo punitivo e a chiedere udienza al Signore di Piacenza, al quale dichiarò la propria colpevolezza, subendo la pesantissima pena della confisca di tutti i terreni per risarcire il danno fatto (in quanto nobile, evitò le punizioni corporali).
L'evento segnò profondamente la vita di Corrado, che negli anni successivi si avvicinò sempre più alla Fede: vestì infatti l'Abito Penitenziale Francescano, ritirandosi nell'eremo nei pressi di Calendasco (detto del "gorgolare" da uno storico siculo) guidato da Frate Aristide.
Essendo infatti l'Hospitale di questi fraticelli sulle terre presso il suo Feudo Calendaschese, egli ben conosceva il loro esemplare modo di vivere, affidato tutto alle sole parole del Vangelo.
Fu così che Corrado, in accordo con la moglie Giovannina, decisero entrambi di votarsi alla Religione: lui Francescano Terziario, lei Clarissa.
Nel progredire nel suo stato religioso ebbe modo di riflettere sulla sua scelta fino a prendere la decisione di lasciare Piacenza e tutte le cose materiali per dedicarsi alla propria anima e alle cose eterne, così che, intorno al 1315, lasciò la città.
Nel suo lungo peregrinare, eremita itinerante secondo la tradizione Francescana, Corrado attraversò l'Italia verso Sud, pregando sulle tombe degli Apostoli a Roma, finché non giunse nella sua meta definitiva, Noto, intorno al 1340.
Qui legò una stretta amicizia con Guglielmo Buccheri, già scudiero di Federico II d'Aragona, che le vicende della vita portarono a fare una scelta d'eremitaggio simile a Corrado.
Buccheri ospitò Corrado nelle cosiddette Celle, un Quartiere isolato nei pressi della Chiesa del Crocifisso, dove rimase per circa 2 anni, per poi ricominciare le sue peregrinazioni.
Quando il suo eremitaggio fu compromesso dalle sempre più numerose genti che chiedevano a lui preghiere e consigli, Corrado si trasferì in zone remote e desertiche, con l'unico pensiero di avvicinarsi a Dio.
La sua era una vita ascetica al pari dei grandi Padri del deserto.

Vengono attribuiti a San Corrado alcuni miracoli:
Durante una delle sue visite a Noto, Corrado incontrò un suo vecchio conoscente, il nobile Antonio Sessa di Daverio, il quale soffriva da tempo di ernia.
Alla vista dell'amico dolorante, Corrado ne ebbe compassione e, dopo aver pregato per lui, questi immediatamente guarì dai suoi dolori.
Un altro avvenimento miracoloso è considerata la guarigione del figlioletto di un amico sarto, che soffriva anch'egli di un'ernia assai sviluppata.
Il più famoso rimane il cosiddetto Miracolo dei Pani, che Corrado avrebbe compiuto durante la terribile carestia che colpì la Sicilia negli anni 1348-1349, causata dalla peste nera che imperversava.
Secondo la vulgata, in quel periodo, chiunque si rivolgesse a Corrado, non tornava a casa senza un pane caldo, impastato direttamente dalle mani degli Angeli.




Corrado morì nella sua grotta il 19 febbraio 1351 con al suo fianco il Confessore.
Il racconto narra di un trapasso avvenuto in ginocchio e in preghiera con gli occhi al cielo, posizione mantenuta anche dopo il trapasso, mentre una luce avvolgeva la Grotta dei Pizzoni.
Venne seppellito nella Chiesa di San Nicolò a Noto, secondo le sue volontà e in seguito il corpo venne traslato nella Cattedrale di Noto dove è venerato da parecchi secoli.

L'iter relativo alla beatificazione di Corrado Confalonieri di Piacenza è assai ricco di sviluppi.
Già subito dopo la morte si avviarono le procedure, per le quali il Vescovo locale poteva procedere all'elevazione agli altari di una persona vissuta in virtù eroiche testimoniate oltre che dalla vita stessa anche da persone viventi che lo avevano conosciuto.
Lo stesso Vescovo di Siracusa (sotto la cui cura ricadeva all'epoca anche la città di Noto), aveva assistito personalmente al Miracolo dei Pani compiuto da Corrado: il Vescovo accertò di persona che viveva in una grotta nelle montagne netine senza nulla di ciò che serve alla vita comune, e nonostante ciò ricevette da Corrado del pane caldo e fragrante, meravigliandolo a tal punto che ne riportò fedele memoria e testimonianza.
La causa di beatificazione durò 250 anni per cause legate ad eventi politici e civili, e fu beatificato da Papa Leone X nel 1515.



A Noto il patrono viene ricordato con processioni svolte 2 volte l'anno (4 considerando le ottave), il 19 di febbraio e nell'ultima domenica di agosto.
Dal 1485 il corpo del Beato "Santo" eremita a Noto viene conservato
nella Cattedrale di Noto in una magnifica urna argentea 
La Chiesa Cattolica ne celebra la memoria liturgica il 19 febbraio, ma a Noto in agosto vengono celebrati l'arrivo del Beato "Santo" e la prima processione, avvenuta proprio in quell'occasione.


Nella Valle circostante Noto vi è l'Eremo di San Corrado, che ingloba ancora oggi la Grotta dell'eremita, una nuda grotta rocciosa ove visse in preghiera e contemplazione.
Nell'Eremo del Beato "Santo" vi è anche un bel Museo con esposti gli ex voto per le grazie ricevute, quali ad esempio arti artificiali: una testimonianza concreta della continua grazia che i devoti ricevono per intercessione di San Corrado. 



TRADIZIONI - EVENTI

Settimana Santa: tipica e sentita festività in tutta la Sicilia, la Settimana Santa di Noto si apre con la visita ai Santi Sepolcri, nel Giovedì Santo.
Particolarmente suggestiva è la Processione della "Santa Spina", nella serata del Venerdì Santo, durante la quale la Reliquia proveniente dall'antica città e custodita in un'artistica teca d'oro, è portata in processione per le vie del Centro Storico insieme alle statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, con le Confraternite, la banda musicale e i fedeli al seguito.
Particolarmente sentita è la "Pace", che si svolge nella Domenica di Pasqua, durante la quale vi è l'incontro in piazza Municipio tra le statue della Vergine e del Cristo risorto, che successivamente impartiscono la loro benedizione muovendo le braccia, per mezzo di un particolare meccanismo interno.

Infiorata: si svolge ogni terza domenica di maggio, a partire dal 1980.
Fu importata chiamando a operare i maestri di Genzano.
Si tiene in via Nicolaci, che viene ricoperta da un tappeto di fiori diviso in riquadri raffiguranti disegni (che cambiano di tematica ogni anno) per opera di artisti locali o provenienti dall'interno Val di Noto.




Nel 2013, hanno realizzato i loro disegni anche artisti giapponesi, essendo il paese nipponico al centro della tematica, e nel 2014 gli artisti russi.

Fiera di Pentecoste: il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, solitamente subito dopo l'Infiorata, la parte alta della città è sede della storica Fiera di Pentecoste, di cui la prima edizione si svolse a Noto Antica nel 1427. Particolare attenzione è riservata ai prodotti tipici, all'antiquariato e all'artigianato.

Processione della Madonna del Carmine: si svolge ogni anno il 16 luglio, quando la statua della Beata Vergine del Monte Carmelo esce dall'omonima Chiesa per fare il giro delle strade della parte bassa della città.

Festa di san/beato Corrado Confalonieri: il 19 febbraio, giorno della sua morte, si tiene la Festa Patronale durante la quale si svolge una processione, con l'urna argentea contenente il corpo del santo/beato, che viene portata per le vie del paese.
Ogni 10 anni, la processione con l'urna giunge fino alla grotta, con un percorso che si svolge durante la notte e percorre i circa 10 km che separano la città dall'eremo. 

Caratteristici sono i portatori di ceri artistici (più di 100), dipinti con simbologie legate alla figura del Patrono.
Inoltre è tradizione preparare davanti alla propria abitazione altari con fiori, che al passaggio dell'urna verranno donati al santo/beato e posti sull'urna. (vedi i video più sopra)

Processione dell'Immacolata: nel giorno dell'Immacolata, la statua della Vergine Immacolata, custodito nella Chiesa di San Francesco all'Immacolata, fa il giro della città, alternandosi di anno in anno fra la parte bassa e la parte alta.

Processione del Sacro Cuore di Gesù: ogni anno, la prima domenica dopo la solennità del Sacro Cuore, si svolge una solenne Processione con la statua lignea del Cristo.
I festeggiamenti iniziano già 3 giorni prima, giorni in cui la Parrocchia frequentata da moltissimi giovani organizza eventi religiosi e ricreativi.
La statua del Sacro Cuore è accompagnato dalla banda musicale della città di Noto e da molti fedeli oltre che dalle autorità cittadine.


COME RAGGIUNGERE Noto

Con i Trasporti Pubblici

In Treno 

La Ferrovia Siracusa-Gela-Canicattì attraversa l'intero territorio di Noto, la cui Stazione è situata al km 344,418, nella parte bassa della città.
L'offerta di treni viaggiatori prevede 7 coppie treni da e per Siracusa.
Un tempo erano inoltre attive le tratte ferroviarie Noto-Pachino, e Noto-Marina di Noto.





In Autobus


Azienda Siciliana Trasporti gestisce l'autolinea Catania - Noto, con transito dall'Aeroporto di Catania e da Avola

Il percorso dura 1 ora e 40 minuti e sono previste 5 coppie di corse al giorno.



Autoservizi Salemi in collaborazione con SAIS Autolinee offre il collegamento con Catania, Messina, Cosenza, Napoli e Roma (2 coppie di corse al giorno).



In Automobile

Il territorio cittadino è servito da 3 Strade Statali e un'Autostrada

L'Autostrada A 18 Siracusa-Gela, in esercizio fino alla vicina Rosolini, si estende per 40 km e collega la città a Siracusa, e alle altre città della provincia di Siracusa, nonché, attraverso l'Autostrada Catania-Siracusa, al capoluogo etneo.





Strade Statali

La Strada Statale 115 Sud Occidentale Sicula, attraversa le 5 Province della costa mediterranea della Sicilia: Parte da Trapani poi prosegue per Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, fino a giungere a Siracusa.
È la Strada Statale più lunga di Sicilia, con i suoi 383 km.
Collega Noto con i Comuni limitrofi di Avola, Rosolini, Modica e Ragusa.

La Strada Statale 287, collega Noto al bivio con la Strada Statale 124 Siracusana, in contrada Pianette.

La Strada Statale 124 Siracusana, collega i comuni di Siracusa, Floridia, Solarino, Palazzolo Acreide, Buscemi e Buccheri e giunge a San Michele di Ganzaria (Catania).
Attraversa quindi in direzione Ovest-Est la porzione Sud-Orientale della Sicilia.

Principali Strade Provinciali

Strada Provinciale 19 Noto-Pachino, collega Noto alla limitrofa Pachino, ma anche alle località turistiche di Marzamemi e San Lorenzo, e alla Riserva Naturale Orientata Oasi Faunistica di Vendicari e alla Villa Romana del Tellaro.

Strada Provinciale 24 Noto-Palazzolo, collega Noto a Palazzolo Acreide passando per le contrade di Testa dell'Acqua, Rigolizia e Santa Lucia del Mendola.

Strada Provinciale 18 Giarratana-Noto, collega il comune di Giarratana a Noto passando per le frazioni di San Giacomo Torresano, Frigintini, Gianforma (un tempo appartenenti al territorio di Noto), e Castelluccio.




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