Post in evidenza

Liguria: Portovenere e l'isola Palmaria


Porto Venere (Portovenere in ligure, Portivène nella variante locale), scritto anche Portovenere, è un comune italiano della provincia della Spezia in Liguria. Per la sua estensione territoriale urbana è il comune più piccolo della provincia spezzina.
Nel 1997, insieme con le isole Palmaria, Tino, Tinetto e le Cinque Terre è stato inserito tra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

Per visitare tutti i luoghi interessanti, fare l'escursione "Giro delle isole" e camminare sulla isola di Palmaria sono necessari 2 giorni.


PORTOVENERE
Regione: Liguria
Provincia: La Spezia SP
Altitudine: 8 m slm
Superficie: 7,66 km²
Abitanti: 3.472
Nome abitanti: Portoveneresi
Patroni: Madonna Bianca (17 agosto) - San Pacomio (13 settembre)
.

www.comune.portovenere.sp.it

www.portovenere.com

www.parconaturaleportovenere.it

www.parconaturaleportovenere.it/il-centro-di-educazione-ambientale

www.unesco.it/it/PatrimonioMondiale

www.feeitalia.org

www.portoveneresviluppo.it







GENIUS LOCI
(spirito del luogo)

Portovenere è una muraglia di case addossate alla roccia ed alte come torri, uno scenario di torri accostate l'una all'altra, dalle facciate arlecchino color pastello.
Il centro storico serrato tra le mura, vive nel suo Golfo dei Poeti in simbiosi con il mare: con le onde che si infrangono contro la prua rocciosa su cui sorge la Chiesa di San Pietro come una torre di guardia; e con lo specchio tranquillo che la divide dalla verde collina dell'isola Palmaria dirimpetto, dove galleggiano stancamente le barche alla fonda, e piccoli pescherecci, tra coltivazioni di cozze.
Portovenere seduce con la sua atmosfera speciale, un profumo di mare e di pane fresco, e tante piccole grandi scoperte in regalo a chi si avventura nei suoi carrugi, le piccole vie tortuose e buie, dove, all’improvviso, si aprono botteghe e osterie e anche la più semplice porta è così diversa dalle altre che chiede di essere guardata e ricordata.  

 

ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Citato erroneamente dall'Itinerario Marittimo (Portu Veneris) tra Segesta (Sestri Levante) e Portu Delfini (Portofino), ha conservato integra la forma originaria del toponimo attraverso le diverse citazioni medievali.

Fondo dei Signori di Vezzano, fu da questi ceduto alla Repubblica di Genova nel 1139 e divenne un caposaldo genovese nella Liguria orientale.
L'epiteto («porto di Venere») richiama probabilmente un culto romano esistente in loco.
Il nome latino del borgo (Portus Veneris) deriva dal tempio dedicato alla dea Venere Ericina, che sorgeva sul luogo stesso su cui oggi è la Chiesa di San Pietro. 
La dedica a Venere era probabilmente legato al fatto che, secondo il mito, la dea era nata dalla spuma del mare, abbondante proprio sotto quel promontorio.

 

TERRITORIO


Il centro storico di Porto Venere sorge all'estremità meridionale di una Penisola, la quale, staccandosi dalla frastagliata linea di costa della riviera ligure di levante, va a formare la sponda occidentale del Golfo della Spezia, detto anche "Golfo dei Poeti".
Alla fine di questa Penisola si trovano 3 piccole isole: la Palmaria (vedi più giù la parte dell'articlo dedicata), il Tino e il Tinetto; solo l'isola Palmaria, che sorge proprio di fronte al borgo di Porto Venere al di là di uno stretto braccio di mare, è in piccola parte abitata.
Molto rinomate sono le spiagge del comprensorio, grazie all'acqua cristallina e alla forte corrente del Mar Ligure, che in prossimità della costa raggiunge repentinamente discrete profondità.
Le spiagge del lato Nord-Ovest dell'Isola Palmaria, sono anche citate dalla Guida Blu del Touring Club Italiano e Legambiente.
Il Borgo antico del paese, la falesia e le isole dell'Arcipelago costituiscono il Parco Naturale Regionale di Porto Venere (clicca per andare al sito).

Portovenere ha ottenuto dalla FEE-Italia (Foundation for Environmental Education) il conferimento della Bandiera Blu per la qualità dei servizi del porto turistico ("Porto di Porto Venere").


STORIA
“A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui - nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene - sua patria…“

Con questi versi Petrarca, nel 1338, celebrava Porto Venere, ancor oggi considerato “il miracolo panoramico” del golfo di La Spezia. 



Anche se le origini più antiche del Borgo vengono fatte risalire al VI secolo a.C. e alla presenza dei popoli Liguri, le prime datazioni storiche di Porto Venere risalgono a Claudio Tolomeo (150 d.C.) e all'Itinerario Marittimo (Itinerarium Maritimum Imperatoris Antonini Augusti) dell'imperatore Antonino Pio del 161 d.C. dove viene segnalato il Borgo tra le località di Segesta Tigulliorum (Sestri Levante) e Luni; il che dà la certezza, quindi, che Porto Venere esistesse, come centro marittimo, fin dall’epoca romana, con funzione navale di “portus”, il cui abitato era situato nell’area di San Pietro, attuale Piazza Spallanzani (Castrum vetus).
 
Il Borgo antichissimo (castrum vetus), di epoca romana e bizantina, sorgeva nell'odierno piazzale Spallanzani ed è oggi interamente scomparso.
Da località di pescatori, Porto Venere divenne base navale della flotta bizantina, ma fu assalita e distrutta da Rotari Re dei Longobardi nel 643 d.C..
I pochi reperti romani consistono in alcune murature rinvenute sotto il piazzale Spallanzani e si riferiscono al periodo Cristiano-Monastico dei Monaci di San Colombano, con l'antica Chiesa di San Pietro dell'antica Diocesi di Luni.
I Monaci Colombaniani in epoca longobarda gestivano il territorio ed il porto navale che, come anche per la vicina Moneglia, era la base dei commerci verso l'oriente per conto dell'Abbazia di San Colombano di Bobbio.
Tra gli anni 700 e 800 il Borgo subì dapprima le incursioni Normanne e poi gli attacchi dei pirati Saraceni e Turchi.

In piena “età dei barbari”, nel 643, Porto Venere, che era la base della flotta bizantina contro i Longobardi, fu assalita e semi distrutta da Re Rotari, che aveva esteso il dominio Longobardo alla Liguria Marittima.
Nel Medio Evo il Borgo ebbe una vita fiorente, anche perché fu raggiunto da un grande movimento monastico, testimoniato dai resti di un Monastero nell’isola del Tino e del Tinetto.
Nel 1113 Genova, che mirava a Porto Venere come ad un baluardo fortificato per difendersi dalla minaccia di Pisa, acquistò dal feudatario Grimaldo da Vezzano il territorio alle spalle della spiaggia, costruendo il “Castrum Novum“, stabilendo norme architettoniche precise con “case-fortezza” sul fronte a mare, le quali avevano la duplice funzione di abitazioni e di difesa in caso di assalti.
Come testimoniamo alcuni documenti, già nel 1113 Genova aveva anche edificato un quadrangolare Castello sulla punta meridionale del promontorio dell'Arpaia, accanto alla Chiesa di San Pietro.
Insieme al Borgo nuovo che si snodava lungo il “Carugio” (oggi via Giovanni Capellini, dal nome del grande geologo italiano di orgine portovenerese), tra il 1118 e il 1130, i Genovesi fecero costruire sul colle roccioso la Chiesa ufficiale della Colonia, la Collegiata di San Lorenzo, in stile romanico, ad opera dei Magistri Antelami, maestri lapidici originari della valle d’Antelamo, sul Lago Maggiore.
Nel 1160 i Consoli genovesi fecero innalzare una cinta di mura che racchiudono entrambi i Borghi, vecchio e nuovo, insieme alle 3 torri e alla porta d’ingresso al Borgo, dove è ancora visibile l’iscrizione “Colonia Ianuensis“.
Nel 1161 fu eseguito il rinnovamento del “Castrum Vetus” con il Borgo nuovo (Castrum Novum) nel piazzale di San Pietro e con il rifacimento delle vecchie mura pre-genovesi; ed è infine nel 1162 che fu sancito formalmente il passaggio delle 2 Chiese sotto la giurisdizione del Vescovo di Genova, confermando di fatto il completo dominio genovese sul Borgo.

Intanto, con
2 assalti nel 1165 ed nel 1198, Pisa tentava la distruzione della base rivale, non riuscendo ad occupare il “Castello Superiore“, nemmeno per fame. 
Durante la lunga guerra tra Genova e Pisa (1119-1290), il Castello fu la più imponente fortificazione, che tuttavia le ricerche archeologiche effettuate, non sono riuscite a stabilire se si tratti di struttura costruita ex-novo dai genovesi, o forse riedificata su preesistente fortezza di epoca bizantina.
Nei cartulari d’archivio c’è però testimonianza del fatto che il Castello Superiore sarebbe stato demolito nel 1458 per essere sostituito dall’attuale fortezza, a sua volta eretta in varie riprese, ad iniziare dal 1500 fino al 1751.

Nel 1245 approdò a Porto Venere la flotta genovese che portò in salvo Papa Innocenzo IV dall'imperatore Federico II, e nel 1256 i Genovesi, dopo aver occupato il Castello di Lerici, in riconoscimento del contributo dato dai portoveneresi nella difficile espugnazione, decisero d’innalzare la Chiesa di San Pietro in stile gotico-genovese (
ultimata nel 1277) sulle vestigia di una Chiesa Paleocristiana, sovrapposta al tempio pagano dedicato alla dea Venere Ericina ed unita all’Abbazia di epoca bizantina, di cui si fa riferimento nelle lettere di San Gregorio Magno del 594.
Nel tardo 1300 le discordie interne della Repubblica di Genova finirono con il provocarne il declino e la fine dell'indipendenza: la base di Porto Venere divenne possesso del Regno d'Aragona, secolare nemico di Genova e dei suoi commerci.
La base venne poi addirittura ceduta a Filippo Maria Visconti nel 1435 da Alfonso d'Aragona, che nello stesso anno vi soggiornò per qualche tempo prima di salpare per Gaeta a rivendicare la sua successione al Regno di Napoli.
L’inizio del declino della Colonia Lanuensis arrivò in una fredda notte del gennaio del 1340, quando il vento di libeccio fece divampare un incendio improvviso che distrusse il “Castrum Vetus” nel piazzale di San Pietro e la parte alta del Borgo genovese, ora ridotta ad orti. 

Porto Venere continuò ad essere legata a vicende storiche di Genova, a tal punto da subire l’attacco aragonese del 1494, che durò oltre 7 ore, con l’intervento di 35 galee e 14 navi.
Alla difesa di Porto Venere parteciparono non solo la guarnigione comandata da Giacomo Balbo, ma anche le ardite donne del borgo capitanate dal famoso Corsaro portovenerese “il Bardella“, il quale consigliò di spalmare gli scogli di sego per impedire lo sbarco degli assalitori.
Lo stratagemma del Bardella, l’ardore dei difensori ed il coraggio delle donne portoveneresi riuscirono a far ritirare la flotta aragonese, ma l’uso delle armi da fuoco da parte degli attaccanti danneggiò gravemente le 2 Chiese monumentali di San Lorenzo e San Pietro.
La trasformazione della guerra, prodotta dalle armi da fuoco, segnò il declino della fruizione militare di Porto Venere.
Tuttavia il borgo continuò ad avere importanza come porto commerciale, tanto che al principio del 1700 erano ancora attive agenzie commerciali ed intensi i traffici marittimi.
In questo contesto merita una citazione il commercio dei vini di produzione locale, specie nell’isola Palmaria e del rinomato "marmo portoro", vanto di Porto Venere. 

Nei secoli successivi iniziò l’affermarsi graduale di La Spezia, che contribuì al tramonto militare della Colonia.
Intanto Andrea Doria iniziava la sua azione politica e militare nel Golfo che fu dotato di fortificazioni più adatte all’uso delle armi da fuoco.
Nel 1606, sempre a scopo difensivo, a ponente dell’isola Palmaria, venne costruita la fortezza di Torre Scola, che fu poi bombardata dalla flotta inglese nel 1800 ed oggi è una pittorica vestigia nel meraviglioso panorama del Golfo.

Ormai il Golfo di La Spezia è designato a piazzaforte marittima da parte di Napoleone, che, nel 1812, dà l’avvio alla costruzione della la Strada Provinciale La Spezia - Porto Venere, che ancor oggi si chiama appunto “Strada Napoleonica“.

Nel 1815 Porto Venere entrò nel Regno di Sardegna, secondo le decisioni del Congresso di Vienna del 1814, e successivamente nel Regno d'Italia dal 1861.
Dal 1859 al 1927 il territorio fu compreso nel I° Mandamento di Spezia del Circondario di Levante che faceva parte della Provincia di Genova e, con l'istituzione nel 1923, della Provincia della Spezia.



CULTURA

Il golfo magico di Portovenere, amato dai poeti, tanto da essersi meritato il nome di "Golfo dei Poeti", in passato, è stato meta di artisti a fine 1800 inizio 1900, tra i suoi visitatori più celebri vi fu Lord Byron.



"Italy for movies" sceglie Porto Venere, tra i siti Unesco inseriti nell'elenco dei luoghi che l'Italia consiglia ai registi di tutto il mondo per venire a girare le proprie pellicole.
Il merito della crescita dell'appeal del territorio italiano per i registi lo si deve al progetto "Italy for movies" sfociato in un portale nazionale delle location e degli incentivi alla produzione, realizzato da Istituto Luce-Cinecittà, in collaborazione con l’associazione Italian Film Commissions e sotto il coordinamento delle Direzioni Generali Cinema e Turismo del Mibact.
Il progetto, presentato alla 74a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e nato a seguito di un protocollo di intesa sottoscritto nel dicembre 2016 da DG Cinema e Dg Turismo, mira ad accrescere l’attrattività e la visibilità dei nostri territori in chiave turistica attraverso la produzione cinematografica e audiovisiva, e ad intercettare un flusso crescente di investimenti dall’estero. 


Cinema
(Film girati a Portovenere)

Amanti Senza Peccato (La Sposa Non Vestiva di Bianco) di Mario Baffico (iniziato a girare nel 1949/50 distribuito nelle sale nel 1957)
il film regala una fotografia preziosissima del borgo tra la fine degli anni 1940 e inizio dei 1950 prima dell'avvento del turismo e in particolare della mitica mareggiata del 1954, vista dalla grotta Byron o Arpaia.




Il film regala una fotografia preziosissima del borgo tra la fine degli anni 1940 e inizio dei 1950 prima dell'avvento del turismo e in particolare della mitica mareggiata del 1954, vista dalla grotta Byron o Arpaia.

I cannoni di Navarone (The Guns of Navarone) del 1961 diretto da J. Lee Thompson
Alcune scene finali del film vennero girate sulla scogliera nella parte occidentale dell'isola del Tino.



TRAMA: Siamo negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1943 i britannici hanno inviato dei soldati su un'isola greca, Keros, ma questa guarnigione non ha la possibilità di respingere la controffensiva tedesca, volta soprattutto ad impressionare la Turchia per spingerla ad entrare in guerra al fianco della Germania.
6 navi sono salpate alla volta dell'isola per evacuare i soldati il giorno prima dell'attacco tedesco, ma i nazisti, prevedendo tale mossa, hanno collocato due potenti cannoni anti - nave nella vicina isola di Navarone e utilizzano i 2 pezzi d'artiglieria per affondare qualunque nave (militare, civile, alleata o di paesi neutrali) che osi avventurarsi in quel tratto del Mare Egeo.
I cannoni vengono fatti esplodere e la flotta britannica può attraversare incolume lo stretto di Navarone per recuperare i soldati di Keros.
Maria ed Andrea decidono di ritornare sull'isola per guidare la resistenza locale contro gli invasori, col grave pericolo di essere catturati ed eliminati dai nazisti; inoltre Andrea decide di perdonare il capitano britannico per gli eventi passati.
Nel finale del film si possono per brevi momenti rivedere le facce dei protagonisti morti, catturati o dispersi nel corso della missione: Brown e Pappadimos, poi Franklin, Maria ed in fine Andrea Stavrou. Infine Mallory e Miller, che avevano avuto in quei giorni molti screzi a causa delle differenti vedute personali sulla missione, si riconciliano e sollevati iniziano il viaggio di ritorno in Patria.


Marinai in coperta del 1967 diretto da Bruno Corbucci

 

Cuori nella tormenta del 1984 diretto da Enrico Oldoini


TRAMA: Portovenere, Walter (Carlo Verdone) e Raffaele (Lello Arena) sono amici.
Il primo viene da Roma, è un po' bullo e pieno di sé, facile alle bugie; l'altro è di Napoli, romantico e credulone, un po' all'antica.
Walter è un sottufficiale della Marina Militare, mentre Raffaele è un cuoco di bordo nella Marina Mercantile italiana; sfortunatamente si innamorano, senza saperlo, della stessa ragazza, Sonia (Marina Suma), impiegata alla Sip e aspirante attrice, la quale preferisce il più brillante Walter.


Letteratura


Portovenere è stata grande fonte di ispirazione per i poeti di ogni tempo.
La memoria di questa presenza è oggi tutelata da un Parco dedicato ai Poeti: un itinerario che si snoda in tutto il Golfo di La Spezia e che ripercorre i luoghi che furono cari a questi artisti.
E la storia “letteraria” di questo angolo di costa è davvero antica se nel 1300, Dante, Boccaccio e Petrarca già conoscevano bene questo pezzo di Liguria.
A partire poi dal 1700, la moda del “Grand Tour en l’Italie” conduce nel Golfo di La Spezia, molti intellettuali famosi ed artisti stranieri che spesso, incantati dalla bellezza dei luoghi, decidono di fermarsi per lungo tempo.
Ma è nel 1800 che la luce, i colori e il profumo di questo Golfo italiano, divengono una straordinaria fonte di ispirazione per i poeti inglesi.
Nei romantici versi di Percy Bysshe Shelley si percepiscono e si rivivono le sensazioni "… e gli effluvi che ogni fiore alato disserra, e la freschezza delle ore di rugiada, e il tepore lasciato dal giorno: tutto difondevasi intorno quasi rifolgorasse su la baia splendente".

Anche il mitico Lord Byron nel 1822 soggiorna a lungo a Portovenere e, tra le molte memorie curiose legate alla sua presenza in questi luoghi si narra che, venuto a conoscenza che il collega Shelley si trovava a Lerici, si tuffò per raggiungerlo, colmando la distanza di 8 chilometri a nuoto.

Sugli scogli a destra della Chiesa di San Pietro c’è una grotta a lui dedicata e una targa ricorda sua impresa. 
Grande l’amore di Byron per il mare, tanto da descriverlo con intensità e tratteggiandone tonalità profonde: “Sulle serene onde del mar azzurro cupo”.
La bellezza del mare era davvero irresistibile e Mary Shelley scriveva che "... La bellezza del luogo pareva irreale per il suo stesso eccesso: la distanza da ogni traccia di civiltà, il mare ai nostri piedi, i suoi mormorii o il suo ruggire sempre nelle nostre orecchie - tutte queste cose inducevano la mente a meditare su strani pensieri e, sollevandola dalla vita di ogni giorno, la portavano a familiarizzare con l’irreale.
Una sorta di incantesimo ci circondava ...

Virginia Woolf, rapita dalle infinite tonalità di blu e dalla nitidezza del cielo fa dire a Mrs Ramsay in "Gita al faro": “Ogni onda del mare ha una luce differente, proprio come la bellezza di chi amiamo”.
L’elenco di scrittori stregati dalla bellezza di questi paesaggi e dalla semplicità della vita quotidiana è lunghissimo: D.H. Lawrence, Virginia Woolf, Pier Paolo Pasolini, Eugenio Montale, Quasimodo, Tomlinson, Mario Soldati, tutti si fermano a lungo e scrivono gli amici invitandoli a raggiungerli in questo “luogo ideale”. 

David H. Lawrence in una lettera scrive: "Il Mediterraneo è veramente fantastico, e quando il sole tramonta dietro le isole di Porto Venere, e il mare appare come una enorme massa di bianco latte attraversata da una strada di fuoco con sullo sfondo le isole di ametista, è troppo bello ..."
 

Libreria del Viaggiatore
(libri e citazioni dal Grand Tour en l’Italie)

“A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui - nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene - sua patria…“ (Petrarca 1338)

"Portovenere, presso La Spezia, è una muraglia di case addossate alla roccia ed alte come torri, quasi uno scenario di torri accostate l'una all'altra.
Traforano questa muraglia, conducendo ai vicoli interni, passaggi alti come tunnel, al centro dei quali pende una vecchia lanterna; le donne alle finestre degli ultimi pisni drmbrano evocazioni di un negromante.
Da quelle altezze piombano e si sfasciano in terra cartocci contenenti il cibo per i gatti.
Ma basta salire dal porto alla chiesetta di San Pietro, esterno gotico dipinto a linee orizzontali, una scura e una chiara, secondo l'usanza ligure, ad interno siriaco, per ritrovarsi in uno splendido e solitario panorama di rocce; di qui si scorgono, di sbieco, le Cinque Terre." (da "Viaggio in Italia" di Guido Piovene 1950 - pagina 213) 


DIALETTO

A Portovenere si parla il dialetto spezzino (spezzin /speˈziŋ/) la varietà ligure della Spezia, che pur distinguendosi sia dal genovese che dai dialetti della limitrofa Lunigiana, ha comunque importanti punti di contatto con entrambi.
Particolare per la sua cantilena, e per una propria fonologia, che risente dell'influenza toscana ed emiliana.
Un recente studio dell'"Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini" ha evidenziato la matrice quasi esclusivamente lunigianese del dialetto spezzino.
Sono numerose le parole di origine straniera: soprattutto dal francese, dallo spagnolo, dal portoghese. 



SANTA PATRONA E ALTRI SANTI

Il culto della Madonna Bianca, patrona di Porto Venere, è legato ad un evento miracoloso, così come racconta la leggenda popolare, che si verificò nel 1399, durante l'occupazione francese nel borgo marinaro portovenerese colpito dalla peste.
La tradizione afferma che un paesano di nome Lucciardo, invocò davanti ad un'immagine raffigurante la Vergine Maria la liberazione dalla malattia e, improvvisamente, i colori del quadro s'illuminarono splendendo.
Per l'evento miracoloso attribuito alla Madonna della fine della pestilenza, il dipinto fu collocato nella vicina Chiesa di San Lorenzo, dando inizio alla devozione dei fedeli verso l'immagine e verso la Madonna Bianca, patrona della comunità, intitolazione legata al chiarore della pelle raffigurato nel dipinto.




Ogni anno, alla sera del 17 agosto, in occasione della festa patronale di Porto Venere celebrata e dedicata alla Madonna Bianca, per le vie del borgo si svolge una suggestiva fiaccolata processionale.  


Pacomio (Esna, 292 - Pabau, 9 maggio 348?) Monaco Cristiano egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cenobitico.
Elaborò la più antica "regola" per la vita comunitaria nota ad oggi ed è considerato il fondatore della prima Abbazia, nel 320 circa, presso Tabennisi nella regione della Tebaide.
Viene venerato come Santo da diverse Chiese Cristiane tra cui la Cattolica, la Ortodossa e la Copta. 


La Chiesa Abbaziale di San Lorenzo di Porto Venere (consacrata dal Papa Innocenzo II nel 1130), che contiene la venerata pergamena della Madonna Bianca, è anche la depositaria dei resti mortali del grande eremita, San Pacomio, uno dei fondatori, nel 300 dell’era cristiana, del Cenobitismo Orientale.
Com’è noto, il Monachismo Cristiano ebbe origine nell’Alto Egitto, dove i primi asceti vissero dapprima separatamente come Anacoreti riunendosi poi in colonie di Monaci.
Il Fellah Copto Pacomio fu uno di questi.
Era nato a Ebetan, provincia della Nitria, da gente ricca, ma idolatra e, durante la lotta fra Costantino e Massenzio, aveva intrapreso un viaggio verso l’Italia, ma naufragato in terra cristiana, ne aveva assorbito la religione, ritirandosi in eremitaggio nell’alta Tebaide. Qui, secondo la tradizione, Dio gli avrebbe dettato, come a Mosè le regole di una grande istituzione: il Cenobitismo.
Uomo di alta cultura ed intelligenza le tradusse subito in pratica, fondando a Tabennisi sulla riva del Nilo il primo luogo organizzato di Monaci (anno 322 e. C.).
Questo pioniere del Cristianesimo, aveva, oltre a tutto, il dono delle lingue e sarebbe morto il 14 maggio dell’anno IX dell’impero di Onorio ed Arcadia, alla bella età di 110 anni.
Un giorno imprecisato dell’anno 1204 mentre ferveva la guerra fra Pisa e Genova, si arenava sulle rocce, probabilmente nella grotta di Byron, o sulle spiagge, di Porto Venere, portato dalle onde e dal gioco delle correnti, un grosso trave in cedro del Libano di 4 metri, sezione 40x40 cm.
Coloro che ne avevano eseguito il recupero si accingevano a spaccarlo, dopo averlo tenuto per qualche tempo esposto al sole, onde farne legna da ardere od altro uso, non senza averne constatato l’inusitata qualità e durezza; ma dovettero ben presto accorgersi dell’esistenza, abilmente camuffata e ricoperta, di una grande cavità nell’interno; come tutti possono ancor oggi constatare, dato che il prezioso relitto è tutt'ora esposto ai visitatori nella Chiesa anzidetta, si tratta di nicchia scavata nel tronco per 1.50 m di lunghezza per 30 cm di profondità.
Essa conteneva numerose reliquie, oggetti religiosi e gioie che vennero giudicate di eccezionale rarità e valore, e fra le reliquie primeggiavano le ossa di San Pacomio, salvo il capo.
A quanto pare, l’intero sacro deposito, con il tesoro annesso, erano ancora intatti a distanza di 4 secoli e mezzo, quando un famoso Arcivescovo di Genova, il Cardinale Stefano Durazzo in una sua visita alla Parrocchia di Porto Venere, il 2 novembre del 1644, ne fece redigere con pubblico atto il preciso elenco tutt'ora visibile a lato del trave.


Venerio (Palmaria, 560 circa - Isola del Tino, 630) Monaco cristiano ed Eremita italiano, venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica, Patrono del Golfo della Spezia e protettore dei fanalisti.



Nato nell'isola di Palmaria, Venerio fu attratto, ancora giovane, dalla vita dei Monaci che vivevano in povertà, meditazione e penitenza, nel vicino Monastero di Portovenere.
Nel periodo in cui visse nel Monastero di Portovenere fu nominato Abate da Papa Gregorio Magno e dal Vescovo di Luni, Venanzio.
Per un certo periodo, fu anche in Corsica per dare vita a nuove Comunità Monastiche.
Trascorse gli ultimi anni vivendo in assoluto romitaggio sull'isola del Tino, isola dell'arcipelago spezzino di cui fanno parte anche l'isolotto del Tinetto e l'isola Palmaria.
Era solito accendere fuochi sulla sommità dell'isola del Tino per indicare ai naviganti un riferimento nelle notti di tempesta.
Il Santo Eremita morì nel 630 sull'isola del Tino e sulla sua tomba fu costruito dapprima un piccolo santuario (600) dai Monaci di San Colombano e più tardi un Monastero Benedettino (1000), l'Abbazia di San Venerio.
Secondo tradizione popolare, fu Venerio ad introdurre l'uso della vela latina nella zona del Golfo della Spezia.

Il teschio del Santo, per una disposizione del 1959 di Papa Giovanni XXIII, riposto in un reliquiario a parte, nello stesso anno venne restituito alla nuova Diocesi di La Spezia di cui è Patrono, festeggiato il 13 settembre: con una processione in mare che prevede il trasferimento della statua del Santo dalla città all'isola del Tino; nell'occasione viene impartita anche la benedizione alle imbarcazioni.




Inoltre, su proposta del Vescovo della Spezia, nel 2005 l'antropologo forense Matteo Borrini ha realizzato una ricostruzione facciale del Santo partendo dalle reliquie del suo cranio.
La ricostruzione è stata eseguita facendo ricorso alle tecniche della Forenisc Art. 

MONUMENTI e LUOGHI



Edifici Storici

Porta del borgo
Rappresenta l’entrata nel centro storico di Portovenere, alla sua via principale Cappellini sulla quale si trovano tantissimi negozi e ristoranti, fu costruita nel 1113, mentre la vicina Torre fu costruita nel 1161.
Queste edificazioni antiche insieme alle vecchie case e alle strette vie della città portano indietro di quasi 1000 anni.

Chiesa di San Lorenzo - Santuario della Madonna Bianca
La Chiesa fu eretta nel 1118 e consacrata nel 1130 da Papa Innocenzo II.
In posizione dominante, nella parte alta del Borgo, si è conservata bene perché restaurata diverse volte. 

Si trova nel cuore della città, vicino al Castello Doria.
Nell'interno, la piccola pergamena della Madonna Bianca, patrona di Portovenere, che secondo la tradizione, fu dipinta dagli Angeli stessi, durante una grave epidemia, il 17 agosto 1399.
Per ricordare il miracolo, ogni anno, nella stessa data, si celebra la festa con una solenne processione e fiaccolata notturna. 

Castello Doria di Portovenere
Il bellissimo castello che si trova su un'altura rocciosa, fu costruito tra il 1100 e il 1300 (la data esatta non è certa).
Sull’acrôcoro roccioso che gli fa da base, s’innalza con la sua poderosa struttura fatta di muraglie cieche a scarpata e di possenti volte in pietra locale.
Il Castello di Porto Venere rappresenta un vero modello di architettura militare genovese, anche se la sua fisionomia ha subito, sia nell’apparenza esteriore che nella disposizione interna, alcune mutazioni legate al progresso delle fortificazioni e delle armi da fuoco.
Il Castello appartenne alla famiglia Doria che ebbe un ruolo importantissimo nella vita della Repubblica di Genova e per un periodo ai Fieschi.




A prima vista si presenta come massiccio monoblocco ma, in realtà, consiste in 2 grandi corpi distinti racchiusi fra muri ciclopici: un ‘corpo basso’ con prospetto e portone d’ingresso principale sul borgo sottostante ed un ‘corpo alto’ che incorpora la rimanente struttura cinquecentesca con grande ‘sala ipôstila’ (il nome deriva dai templi antichi coperti da tetto piano sostenuto da colonne) ed un secondo portone d’accesso al sommo di una scalinata. 
Sopra la suddetta ‘sala ipôstila’ è situata la ‘Casa del Castellano’, poiché nel 1500 nel Castello risiedeva un Castellano o Capitano del popolo, indipendente dal Podestà di Porto Venere.
Siccome alla fortezza era assegnata una guarnigione di balestrieri e di archibugieri, doveva esistere un certo numero di locali per abitazione, ora non più identificabili.
La spianata del ‘corpo alto’ a livello della copertura della “sala ipôstila” dovette essere aggiunta nel 1500, proprio in conseguenza dell’introduzione di armi da fuoco.
La parte nord del Castello, comprendente i resti accennati della rocca cinquecentesca, con l’inaccessibile cortina che la cinge ai 2 lati, gli ampi camminamenti e garitte a feritoia che vi sono disposti, appare soprattutto attrezzata per la difesa convenzionale con gli archibugi ed armi idonee a respingere gli assedianti.
Invece nel grande ‘corpo basso’ del fortilizio, con i suoi bastioni angolati, la difesa avveniva per mezzo di armamento con bocche da fuoco.
Il Castello ‘in excelso rupis’ descritto da Ursone da Vernazza, legato alla storia di tutta la Colonia Januensis, non sfuggì alle vicende napoleoniche iniziate con la consegna di Genova e della sua secolare Repubblica a Napoleone nel 1797.
In questo periodo, Napoleone destinò il Castello di Porto Venere a prigione politica, con la conseguente deturpazione della grande ‘sala ipôstila’, nella quale sono ancora visibili i segni delle inferriate
Vi si gode una vista stupenda sulla città, la chiesa di San Pietro e l'intero territorio.
Il castello può essere visitato al prezzo di € 5 dalle 10.30 alle 18.30.

I Mulini
Tra la Chiesa di San Pietro ed il Castello Doria si sono conservati i resti di 2 costruzioni cilindriche.
Sono i resti delle torri di avvisamento, un tempo usate anche come mulini a vento.
Furono costruite lungo la riva per poter vedere in anticipo l’attacco del nemico.

Palazzata a mare
Una catena di vecchie case è costruita sul lungomare. 

A prima vista sembra che non ci sia niente di particolare, ma queste case dalle tipiche facciate colorate usate per il riconoscimento a mare da parte dei pescatori, sono davvero speciali.
Dietro le case c’è una roccia e sembra che esse siano fissate sulla roccia ed appese sopra il mare.
Le lunghe gallerie di scale uniscono il lungomare con la via principale di Portovenere, la quale si estende su un rialzo parallelamente alla linea costiera, proprio dietro le case.




Chiesa di San Pietro
Costruita sullo sperone roccioso all’estremità del paese che dà sul mare aperto, la chiesa fu fondata sugli antichi resti del tempio pagano dedicato alla dea Venere Ericina.
L'esterno si presenta in forme gotiche con strisce orizzontali alternate, bianche e nere,
tipiche dell'architettura genovese dell'epoca.
La parte più antica, alla destra dell’ingresso, è ancor oggi identificabile grazie alla presenza della pavimentazione circolare realizzata con sottili lastre di pietre a marmi di vario genere; lavori di modifica, ad opera dei genovesi, durarono dal 1256 al 1277.
Entrando nella piccola chiesa si ha la sensazione di trovarsi in un unico ambiente, ma ad uno sguardo più attento si può riconoscere la divisione in 3 navate, le laterali più strette e la centrale più ampia che conduce lo sguardo all’altare in marmo bianco di semplice fattura.
L’interno è decorato, come parte della facciata, a strisce orizzontali bianche e nere; al presbiterio sono affiancate 2 piccole cappelle laterali a pianta quadrata con copertura a volte ogivali, quella a sinistra è sormontata dalla torre campanaria che sale a sezione quadrata sino a chiudersi a piramide e decorata, su ogni lato, da 2 file verticali di bifore che, oltre ad avere una funzione decorativa, hanno il compito di alleggerire la struttura della torre.
Nel 1494 un grave incendio colpì il paese e coinvolse anche la Chiesa di San Pietro, in seguito danneggiata anche dagli attacchi della flotta di Carlo VII, venne saccheggiata più volte dei suoi materiali che vennero usati per gli impieghi più svariati ed in periodo napoleonico le sue rovine vennero destinate a batteria militare per la difesa del Golfo Spezzino.



Faro di San Venerio presso l'isola del Tino, edificato nel 1839 ed entrato in funzione nel 1840.

L'Abbazia di San Venerio edificio religioso Cattolico situato sull'isola del Tino nel Comune di Porto Venere, in provincia della Spezia.
Il complesso, così come l'isola, non è visitabile in quanto zona militare salvo su richiesta di associazioni, da inoltrare alla Marina Militare, e per la festività di San Venerio il 13 settembre.

Una prima Cappella votiva fu edificata nel 600 dai Monaci di San Colombano sul luogo della sepoltura di San Venerio, Santo Eremita nativo della Palmaria, isola maggiore dell'arcipelago Spezzino.
L'Abbazia successiva fu invece edificata, quale trasformazione della prima Cappella, dai Monaci Benedettini nell'anno 1000, salvo poi essere abbandonata dai successivi Monaci Olivetani nel 1400 (che si trasferirono in un nuovo insediamento monastico nella zona del Varignano) e quindi cadere in una lenta decadenza strutturale.
Dell'antico edificio medievale rimangono visibili la facciata, i muri perimetrali della chiesa e del chiostro in stile romanico.
Studi archeologici sulle strutture degli edifici da parte della Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria, hanno accertato, soprattutto nella zona absidale, la datazione del sito all'Alto Medioevo e ad un periodo riferibile tra il V e il VI secolo.
Nel Convento degli Olivetani ha sede il Museo Archeologico dell'Isola del Tino dove, tra gli oggetti esposti, si conservano anfore, monete romane ed altri manufatti dei Monaci come boccali in ceramica graffita policroma e un catino in maiolica.
Il complesso è quindi formato da un abside del 1600, da una Chiesa Abbaziale del 1000, da una del 1400 e da un chiostro benedettino, annesso ad una zona delle tombe, nella quale le personalità facoltose erano solitamente sepolte accanto alle reliquie del Santi.
 

Locanda San Pietro, storico albergo di architettura liberty (architetti Bibbiani e Guidugli, 1927


Siti Archeologici

La Villa Romana del Varignano, di tipo rustico residenziale, è situata nell’insenatura del Varignano Vecchio a Le Grazie, in territorio del comune di Porto Venere, alle pendici del colle Muzzerone e aperta sul mare, in un paesaggio di emozionante bellezza.
In base ai reperti e alle strutture murarie e pavimentali, la Villa è databile fra la fine del II secolo a.C. ed il 400-500 d.C., con varie fasi costruttive e numerose trasformazioni.
Il primo proprietario della Villa fu, probabilmente, il Dominus Romano Varenius (dal quale il nome Varignano) che dovette ritenere questo podere straordinario per bellezza e posizione, immerso tra il verde degli ulivi ed ottimo scalo riparato dai venti.



La Villa era costituita da numerosi ambienti, con pavimenti in prevalenza di “Signino” rosso decorato (signino è aggettivo che deriva dall’antica città di Signia, colonia romana, corrispondente all’odierna Segni in provincia di Roma.
Opera signino (latino opus signinum), espressione con cui i Romani indicavano la tecnica costruttiva del cocciopesto). 

Gli scavi hanno rivelato strutture murarie di un atrio e di altri locali accessori (praefurnium, tepidarium, frigidarium).
Interessante è il bagno privato, costruito in una zona ben assolata, in base al più perfezionato sistema di riscaldamento che aveva anche un forno di combustione situato in un locale davanti al calidario, e non più sotto il pavimento di questo, in cui era una cavità ed un’intercapedine nelle pareti del calidario e del tepidario, affinché il calore potesse bene irradiarsi con diversa intensità: maggiore, ovviamente, nel calidario e minore nel tepidario.

Nel settore Nord-ovest, in posizione superiore a quella della Villa, si estendeva la “pars rustica” (zona di lavoro), con le attrezzature per la torchiatura delle olive e per la conservazione dei cereali.
 

I reperti più significativi provenienti dagli scavi effettuati dalla “Soprintendenza Archeologica della Liguria” sono esposti nell’Antiquarium (un dolio granario, lucerne fittili, ami ed aghi bronzei da rete e monete di epoca repubblicana, ecc.)


Aree Naturali

Parco Naturale Regionale di Porto Venere

Ufficialmente istituito nel 2001 (l.r.n.30 del 03/09/2001), ed inserito in un territorio già riconosciuto dall’Unesco nel 1997 come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, interessa una delle aree più pregiate della Riviera di Levante, comprende una parte terrestre, caratterizzata da coste alte e scoscese, ricche di vegetazione mediterranea, interrotte, a livello del mare, da spettacolari grotte dal forte impatto scenografico e le 3 isole dell’Arcipelago di Porto Venere: Palmaria, Tino e Tinetto.



A coronarlo, un’Area di Tutela Marina, che si estende dal canale di Porto Venere fino alle Isole del Tino e del Tinetto.
Le rilevanze naturalistiche interessano diverse discipline: geologia, speleologia, paleontologia, botanica, ornitologia, erpetologia e biologia marina.




Il Parco Naturale Regionale di Porto Venere si estende, come propaggine occidentale del Golfo della Spezia per circa 400 ettari, racchiudendo il promontorio omonimo, le isole Palmaria, Tino e Tinetto e l’Area di Tutela Marina.
La separazione, nel tardo Quaternario, delle isole dal promontorio non ha permesso una differenziazione della biodiversità a livello floristico e questo giustifica la presenza della medesima flora su isole e parte terrestre e di pochi, per questo importanti, endemismi.




Il territorio mantiene a tutt’oggi un forte carattere di naturalità e biodiversità ed è rivestito da una rigogliosa macchia mediterranea che manifesta il suo continuo dinamismo a seconda dei microclimi ivi presenti: si passa da una situazione di “gariga” (col termine di gariga, di origine provenzale, si intendono 2 differenti associazioni fitoclimatiche, rispettivamente denominate gariga montana e gariga costiera o gariga propriamente detta.
Le garighe costiere sono tipiche formazioni cespugliose discontinue che si estendono su suolo involuto, a matrice generalmente calcarea - ma non sono esclusi insediamenti, con caratteristiche peculiari, su substrati silicei -, ricco di roccia affiorante o sabbioso, in un ambiente caratterizzato da elevate luminosità, temperatura e aridità.
È costituita da arbusti bassi e frutici, che al massimo raggiungono 1-1,5 metri, ma in genere inferiori ai 50 cm.
È nota con i termini di tomillar in Spagna - in genere usato al plurale, tomillares -, garrigue in Francia, mato in Portogallo, phrygana in Grecia e nei Balcani, batha in Palestina.
La piovosità è per lo più concentrata nei mesi invernali) ad una macchia dai molteplici aspetti, sino ad arrivare a lembi di lecceta e pinete a Pino d’Aleppo frammisto a Pino marittimo ed altre Querce (Cerro e Roverella). 

Necessaria la menzione del Fiordaliso di Porto Venere (Centaurea Veneris) e del Tarantolino: il primo è una piccola pianta perenne, un endemismo esclusivo del promontorio omonimo e delle isole, appartenente alla famiglia delle Composite, con una vivace infiorescenza violetta e che forma un cespuglio abbarbicato sulle falesie tipiche della costa occidentale dell’Area Parco; il secondo è il più piccolo geco europeo (8 cm coda compresa), un Rettile strettamente notturno caratterizzato da un areale frammentato e relittuale.
In tutta la Liguria è presente a Torre Quezzi (GE) e, a livello insulare, esclusivamente sulle isole del Tino e del Tinetto.

Un altro fenomeno che merita una citazione è il carsismo: ampiamente presente in tutta l’Area Parco, trova le maggiori espressioni sull’isola Palmaria, caratterizzata da un substrato calcareo ricco di grotte, pozzi stretti e profondi, camini con andamento ascendente e da forme carsiche superficiali quali inghiottitoi, doline e campi solcati.

Inoltre la Villa Romana del Varignano, i resti di insediamenti monastici sulle isole (400 e 1000), le fortificazioni militari e il Faro dell’isola del Tino, il Borgo di Porto Venere con gli edifici sacri e il Castello Doria (1100 e successivi) arricchiscono l’alto valore del territorio con testimonianze storico-archeologiche di indubbio interesse culturale e turistico.
Un territorio ricco anche di tradizioni, legate agli antichi mestieri che ne hanno segnato la storia: maestri d’ascia, palombari, cavatori, mitilicoltori.

Innegabile infine l’alto valore paesaggistico: falesie a picco su un mare cristallino percorse da una rete di sentieri che, nelle giornate più limpide, scoprono scorci e panorami di inusitata bellezza, spaziando dalle vette delle Alpi Apuane alle isole dell’Arcipelago toscano, dalla confinante costa delle Cinque Terre fino all’arco delle Alpi Marittime.


Grotta Arpaia (Byron)
 
Tra i luoghi naturali del territorio di Portovenere più celebri, le belle grotte marine.
Sull’isola Palmaria c'è ne sono 36.
Delle grotte si racconta durante l’escursione “Giro delle isole”, anzi il traghetto si inoltra nelle alcune grotte per far vedere ai turisti tutta la loro bellezza.
La grotta dell’Arpaia, invece, si trova sulla terra ferma, vicino alla Chiesa di San Pietro.
Dalla piazza della Chiesa c’è anche una discesa verso il piazzale di osservazione presso la grotta. 


Isola del Tino
 
È una piccola isola situata più al sud dell’isola Palmaria.

Vi si trovano il Faro di San Venerio, edificato nel 1839 ed entrato in funzione nel 1840 e L'Abbazia di San Venerio edificata, quale trasformazione della prima Cappella, dai Monaci Benedettini nell'anno 1000, di cui rimangono visibili la facciata, i muri perimetrali della chiesa e del chiostro in stile romanico.



La superficie dell’isola del Tino è interamente riservata a zona militare.
Per tale ragione l’accesso all’isola è chiuso, ma è possibile visitarla su richiesta alla Marina Militare, da parte di associazioni, e in occasione della Festa di San Venerio il 13 settembre.


L’isola Palmària (A Parmæa in ligure), si trova nel mar Ligure, all'estremità occidentale del Golfo della Spezia; con la sua area di 1,89 km² è di fatto la più grande isola dell'Arcipelago Spezzino e di tutte le 5 isole liguri.
Posta di fronte al Borgo di Porto Venere, da cui è separata da uno stretto braccio di mare detto "Le bocche", è parte di un arcipelago costituito anche dalle isole del Tino e del Tinetto.
Il suo territorio fa parte del Comune di Porto Venere.
Dal 1997 l'isola Palmaria, insieme alle altre isole del Tino e del Tinetto, a Porto Venere e alle Cinque Terre, è stata inserita tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Con la sua superficie di 1,89 km², è la più grande delle 3 isole del Golfo della Spezia e dell'intero territorio ligure; le altre 2 isole, Tino e Tinetto, si incontrano scendendo di pochissime centinaia di metri in linea retta verso Sud.




L'isola ha una forma a cuore: i lati che si affacciano verso Porto Venere e il Golfo della Spezia sono quelli più antropizzati e degradano dolcemente sino al livello del mare, ricoperti dalla tipica vegetazione mediterranea; il lato che guarda verso Ovest, ossia verso il mare aperto, è caratterizzato invece da alte falesie a picco sull'acqua, nelle quali si aprono molteplici grotte.
I lati più antropizzati vedono la presenza di alcune abitazioni private, di una trattoria (in località Pozzale) e soprattutto di stabilimenti balneari solo pubblici e da qualche giorno.

Nel lato occidentale, ovvero quello più difficilmente accessibile, si trovano le grotte: la Grotta Azzurra, visitabile in barca, e la Grotta dei Colombi, che si può raggiungere solo calandosi con delle corde, rivelatasi molto importante nello studio delle vicende storiche del Golfo, in quanto al suo interno sono state ritrovate ossa fossili di animali pleistocenici, quali il camoscio e il gufo delle nevi, ma soprattutto resti di sepolture umane, che attestano la presenza dell'uomo ad almeno 5.000 anni fa.




Sull'isola sono presenti inoltre molte costruzioni di carattere militare e di grande interesse storico: sulla sommità, inaccessibile in quanto ex territorio militare: il Forte Conte di Cavour (o Forte Palmaria), la batteria sperimentale oggi adibita a Centro di Educazione Ambientale (clicca per informazioni) e la Batteria Semaforo; presso Punta Scuola, la Torre Corazzata Umberto I - che aveva in dotazione 2 cannoni Krupp da 400 mm, ossia con il maggior calibro per l'epoca -, adibita nel secondo dopoguerra a Carcere Militare e da pochi anni ristrutturato e i resti della Batteria Albini; sparsi nell'intero territorio dell'isola, svariati bunker risalenti alla Seconda Guerra Mondiale e resti di postazioni d'artiglieria costiera e contraerea per lo più inaccessibili in quanto abbandonati e sommersi dalla vegetazione.

Degna di nota, infine, è la presenza (nella parte meridionale dell'isola, denominata Pozzale) di una cava abbandonata, utilizzata un tempo per l'estrazione del pregiato marmo nero con striature dorate detto "portoro".
Sono ancora presenti i resti delle gru e dei paranchi utilizzati per la movimentazione dei blocchi di marmo, nonché i muri delle abitazioni dei minatori.

Il 22 maggio 2009 è stato abbattuto con 672 candelotti di esplosivo gelatinato (per un totale di circa 50 kg), l'ecomostro che da anni rendeva brutta la vista della costa dell'isola da Porto Venere, il cosiddetto "Scheletrone" costruito nel 1968 con regolare concessione edilizia.

A luglio 2009 venne presentata una variante al Piano Regolatore e un progetto di riqualificazione e valorizzazione turistica dell'isola (in parte attuata) che prevedeva la dismissione delle aree militari della Palmaria, e la costruzione di una passeggiata a mare davanti a Porto Venere, attrezzata con palme e panchine, un significativo aumento delle volumetrie per l'ampliamento dello stabilimento balneare e, al centro dell'isola, la creazione di agriturismi con coltivazioni di ulivo e vite.


Sull'isola sorge un Ostello all'interno di un ex forte militare, in località Semaforo di fronte a Porto Venere. 

La struttura si affaccia su un ampio cortile, ideale per la didattica a cielo aperto e l'attività di educazione ambientale sul campo.
Dalla terrazza, la vista spazia dalle Cinque Terre sino alla costa della Versilia e alle isole dell'Arcipelago Toscano.
I sentieri, le spiagge, le cave e l'ambiente incontaminato dell'Isola Palmaria fanno si che l'Ostello possa essere una meta privilegiata per tutti coloro che desiderano vivere una vacanza a stretto contatto con la natura.

OSPITALITÀ

• 42 Posti letto
• 5 Camere con servizi indipendenti (1 per disabili)
• Locale uso cucina e refettorio

PER INFORMAZIONI:
Tel. 0187 794.822
Email: info@portoveneresviluppo.it

Collegamenti marittimi
E' possibile raggiungere l'isola con imbarcazioni private oppure, nei mesi estivi, con traghetti che la collegano a Porto Venere, Lerici e La Spezia.



PRODOTTI DEL BORGO

A Portovenere, l’allevamento dei Muscoli (mitili) è un’attività storica che ha portato un incremento del reddito nella città; l’attività viene svolta con molto successo grazie alle condizioni favorevoli delle acque antistanti tra il Borgo e l'isola Palmaria.

Cosa sono i Muscoli?
Si tratta di molluschi che assomigliano molto alle cozze. 



PIATTI DEL BORGO

Come ogni città sul mare che si rispetti, le proposte culinarie sono a base di pesce; in particolare il cibo tipico per eccellenza sono i Mitili o Muscoli che possono essere ripieni, fritti o cucinati in altri svariati modi.

Alle specialità di Portovenere non possono mancare le fritture di pesce appena pescato e il polpo a cui viene dedicata una fiera nel mese di settembre.

Le trofie al pesto, must della cucina ligure, vengono proposte condite con pesto, fagiolini e patate.

Un altro piatto tipico da ricordare è la Messciua: una zuppa di legumi e cereali che vengono messi in ammollo per un giorno intero, bolliti e conditi con olio sale e pepe.
L’origine del piatto, secondo le leggende locali, sembra fatto risalire ad un insieme di scarti che le mogli dei pescatori trovavano sul molo dopo gli scarichi dei sacchi di legumi per poi diventarne così un piatto povero locale.

Per il dolce, il pezzo forte è il Bunettu de laete, un budino al latte molto semplice da realizzare che prevede pochissimi ingredienti.
Questo dolce è definito come un dessert al cucchiaio e può essere accompagnato da panna montata e frutta fresca.





TRADIZIONI - EVENTI

www.eventiportovenere.com











.


DOVE ALLOGGIARE

L'Ostello di Portovenere, sito in un pregevole edificio di inizio 1900, si trova in una posizione dominante rispetto al Borgo.
Dalle sue stanze si gode di un'incantevole vista che spazia dal Castello Doria, alle antiche case-torri del Borgo sino all'Isola Palmaria.
Posto a due passi dal centro storico, dai sentieri e dall'imbarco per i battelli è ideale per una vacanza dedicata al turismo attivo ed alla scoperta dell'Area Protetta.
Le 9 camere, 52 posti letto totali, tutte dotate di servizi indipendenti, presentano un livello elevato di standard rispetto alle medie dei servizi alberghieri; l'aula multimediale con 75 posti a sedere è ideale per corsi, convegni, giornate di formazione.

OSPITALITÀ

• 52 Posti letto
• 9 Camere con servizi indipendenti
• Sala multimediale da 75 posti

PER INFORMAZIONI

Tel. 0187 792606
Email: info@ostelloportovenere.it



COME RAGGIUNGERE PORTOVENERE

Con i Trasporti Pubblici

In Treno

Non è possibile raggiungere Portovenere direttamente col treno, per cui si dovrà raggiungere la Stazione La Spezia Centrale (vai al sito di Trenitalia per orari e prezzzi e acquisto online biglietti) e prendere l’autobus.


In Autobus

Tra tutti i mezzi di trasporto l'autobus è più economico. 

Un biglietto di sola andata costa solo 3 € (codice del biglietto 03) e deve essere comprato in anticipo nelle tabaccherie o nei speciali chioschi, in quanto dal conducente costerà il doppio.
Durata del viaggio: non più di 30 minuti.
Linea 11/P
Giorni feriali: dalle 5.00 alle 23.30 ogni 10-30 minuti.
Sabato, domenica e festivi: dalle 7.00 alle 23.30 ogni 10-30 minuti (dopo le 20.00 una volta all’ora).
25, 26 dicembre, 1 gennaio: dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 20.00 ogni 15-30 minuti.
Fermata: la stazione ferroviaria e la fermata sono collegate con un percorso da fare a piedi

Se si soffre il mal d’auto è meglio, probabilmente, prendere il traghetto in quanto la strada è molto tortuosa.


In Traghetto
 
A Portovenere con il battello: il servizio di traghetto in tutte le città della riviera ligure viene offerto dal Consorzio "Best Of Cinque Terre" (per vedere gli orari e informazioni più dettagliate cliccate qui)


In Automobile


Da Roma: Autostrada A12 Roma - La Spezia
Uscita: Casello di Santo Stefano di Magra
Da Via Carducci a Porto Venere km 15 circa
La strada per Portovenere è molto stretta e serpeggiante




Cosa ti è sembrato di questo articolo? Ti è piaciuto?
Perché non la condividi con i tuoi amici o sul tuo social network preferito?
Aiuterai il blog a crescere e potrai suggerire qualcosa di interessante ad altri!
-
Se la mia filosofia ti piace, perché non mi offri anche solo 1 € per sostenere il mio impegno non profit a favore dell’Italia minore con la M maiuscola
Contattatemi per maggiori informazioni

Cell: +39 320.2590773 - +39 348.2249595 (anche Whatsapp)

Commenti