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Campania: San Martino Valle Caudina


San Martino Valle Caudina è un comune italiano della provincia di Avellino in Campania, situato ai piedi di 2 monti, facenti parte dei monti del Partenio. Formato da varie frazioni, in pittoresca posizione alle falde del Monte Pizzone, con bella vista panoramica sulla Valle Caudina.
Il suo territorio è caratterizzato da fertili terreni a valle del paese e una rigogliosa vegetazione a nord con fitti castagneti e faggeti
Fa parte del Parco Regionale Partenio assieme ad altri 21 comuni, e della Comunità Montana Partenio - Vallo di Lauro.

SAN MARTINO VALLE CAUDINA

Regione: Campania
Provincia: Avellino AV
Altitudine: 315 m slm
Superficie: 22,92 km²
Abitanti: 4.851
Nome abitanti: Sammartinesi
Patrono: San Martino di Tours (11 novembre)
Gemellaggio: Sorrento (Campania)

www.comune.sanmartinovallecaudina.av.it

www.facebook.com/comunedisanmartinovallecaudina

www.parcopartenio.it/sito

www.cmparteniovallodilauro.it







San Martino Valle Caudina si presenta in questi giorni alla ribalta delle cronache, agli italiani, ignari della sua esistenza, per il solito disastro idrogeologico alluvionale.
Causa maltempoedificazione selvaggia e irrazionale e cattiva cura dell'ambiente circostante, dei boschi a monte (aggiungerei) fiume sotterraneo solleva la piazza del centro storico di San Martino Valle Caudina.


Nella serata di ieri c'è stata l'esondazione del torrente Caudino, a causa di una frana, con l'acqua che si è riversata lungo le strade del centro storico del comune irpino impone l'evacuazione di 300 persone e, nella notte, l'ingrossamento del fiume ha finito per peggiorare la situazione perché la parte tombata che scorre sotto al centro di San Martino ha finito per sollevare la piazza.




Come già fece nel novembre 2014, la storia infinita del dissesto italiano continua


Ma quanti, fino ad oggi sanno dell'esistenza di questo borgo?
L'algoritmo di Google, nella prima pagina, oggi riporta solo la disgrazia e non le bellezze del borgo.


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ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

San Martino Valle Caudina è menzionato nel Cataloghi Baronum (1150-1168) "Et Sanctum Martinum quod et fundum ..." "Clerus San Martini da Vallecaudini", il toponimo riflette il nome di San Martino patrono del luogo, seguito dal nome del territorio Caudino (vedi appresso il paragrafo sulla Valle Caudina) che, a sua volta fa riferimento alle FORCHE CAUDINE, luogo e avvenimento storico avvenuto fra le alture di Maddaloni e quelle di Cancello nel Casertano, dove si trovava la cosiddetta Stretta di Arpaia, varco agevole ma selvaggio, lungo la via Appia, chiusa tra il Monte Tairano e dal conico Nonte Castello; da molti identificata con le famose Forche Caudine che prendono il nome dal latino Caudinae Furculae (da Caudium antica città del Sannio), la località in cui, nel 321 a.C., i Consoli romani Spurio Postumio Albino e Tito Veturio Calvino con 2 legioni in marcia su Benevento, furono sorpresi e circondati dai Sanniti; l'esercito dovette passare sotto il giogo Sannita (la cosiddette Forche Caudine).


GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

Paesaggio, ambiente ed architettura medievale sono lo spirito e l'atmosfera di San Martino, dove il tempo pare essersi fermato ai tempi dei feudi.
La sua posizione elevata che le offre una visione privilegiata sulla Valle Caudina; grazie alla sua posizione pedemontana, San Martino è un paese completamente immerso nel verde, caratterizzato da una perfetta integrazione tra spazi naturali e spazi costruiti.
I boschi di faggi, castagni e pioppi della parte alta, i vigneti, i frutteti e le ampie distese di grano della parte collinare conferiscono al paese, col cambiare delle stagioni, sfumature particolarmente varie e suggestive.
Percorso dal torrente Caudino che attraversando il centro storico costruito ai lati (oggi dalla spina del corso che dall''800 lo ricopre), costituito da cortili che danno accesso a più abitazioni, vicoletti, in cui si conserva ancora oggi quel senso tutto medievale dell’abitare in uno stretto rapporto di vicinato e quel modo di vivere la strada e la piazza come dilatazioni della casa.


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STORIA

Le origini di San Martino sono incerte.
Secondo Padre Arcangelo da Montesarchio (1732) "il paese sarebbe sorto attorno ad una antichissima fortezza fabbricata dai Sanniti; i Romani poi, conquistato il Caudio, a ricordo della disfatta famosa (le Forche Caudine) avrebbero elevato un altare al Dio della guerra, Marte, da cui Ara Martis che poi il Cristianesimo avrebbe mutato in San Martino".
Da molti invece viene sostenuta la tesi di un'origine medioevale del paese, secondo la quale la storia di San Martino inizia nei periodi "duri" (alto-medioevo) quando, parte della popolazione di Caudium, abbandonò la cittadina per motivi di difesa e si spostò sulle colline occidentali di San Martino.
Dal 1200 in poi le vicende del paese si confondono con la storia feudale della famiglia "della Lagonessa" il cui cognome fu man mano trasformato da "de la Lagonière" (la famiglia, di origini francesi, venne in Italia al seguito di Carlo d'Angiò) a "della Lagonessa" e infine in "della Leonessa".
La discendenza della famiglia della Leonessa continuò fino al 1797 con Giuseppe Maria, principe di Sepino e duca di San Martino.
Estinto il ramo maschile all'inizio del 1800, il titolo passò per filiazione femminile ai Ruffo e con Carolina Ruffo, ai Pignatelli di Monteroduni nella persona del figlio secondogenito Alfonso Pignatelli della Leonessa (1825-1929).
Si tratta dello stesso titolo conservato fino ad oggi dal duca Giovanni Pignatelli della Leonessa attuale proprietario dell'imponente castello intorno al quale si formò il borgo medioevale.


Il paese ebbe origine da un Monastero e da un Borgo, sorti attorno ad un Castello Longobardo.
Appartenne a vari feudatari, tra cui Marino d'Eboli, accecato poiché ribelle a Manfredi; nel 1627 divenne ducato con a capo Giovan Battista della Leonessa Duca di San Martino con il diploma di concessione rilasciato dal Re Filippo IV. 
A questo periodo risalgono i 2 palazzi più importanti nella storia del paese: il Palazzo Ducale e il Palazzo del Balzo (chiamato anche Palazzo Cenci Bolognetti). 
I cittadini presero parte attiva ai moti risorgimentali fondando l'associazione carbonara denominata "Setta di Bruto"; all'epoca del brigantaggio, sulle sue montagne si installò la banda di Cipriano la Gala.

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ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

Di notevole interesse è il Castello Pignatelli della Leonessa* - tutt'ora di proprietà del Duca Giovanni Pignatelli della Leonessa - che fu edificato su di un colle di particolare importanza strategica, in Epoca Longobarda, probabilmente nella prima metà dell'800, vista l’esistenza di un documento risalente all’anno 837, in cui si accenna alla presenza in San Martino di un Fortilizio e di un Monastero. 
Ristrutturato più volte durante il periodo di dominazione Normanno-Sveva, il Castello conserva ancora oggi l’originaria fisionomia di fortezza medievale.


Sono evidenti, gran parte delle opere difensive, quali: le Mura Merlate, le Torrette di Guardia ed i Camminamenti; ed ancora, sulla seconda porta, Ballatoio coperto e protetto sul davanti per il lancio di pietre e dardi, sulla terza vuoto per la Saracinesca. 
Si conservano, a tutt’oggi, la Cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, le Prigioni, le Garitte e l’Oratorio interno. 
Abbandonato nel 1800, ridotto quasi ad un rudere con la demolizione nel 1908 del piano superiore del "Mastio", nonché dell’ala Sud per "pericolo incombente", è stato restaurato e reso di nuovo abitabile dagli attuali proprietari ed in particolare dalla Duchessa Melina della Leonessa. 
Il Castello, situato ad una quota di circa 400 m, è raggiungibile da una ripida stradina che si diparte da Piazza del Gaudio, per raggiungere la prima porta. 
Una strada lastricata in pietre, conduce al secondo ingresso del complesso fortificato, costituito da un Portale, realizzato in blocchi lapidei con sistema archivoltato. 
Attraverso il Portale, si giunge in un suggestivo Cortile d’Armi. 
Sulla destra è, invece, l’entrata della Cappella Gentilizia, riconsacrata il 18 ottobre 1706 dal Cardinale Orsini; la costruzione ha pianta quasi rettangolare, e mostra nelle pareti esterne un lieve basamento scarpato. 
A pochi metri dalla Cappella, un breve Androne porta, attraverso una tipica scala a gradoni in pietra, atti al percorrimento a cavallo, al Cortile centrale della Dimora Pignatelli, a pianta quadrilatera, dominato da un’ampia Scala esterna in pietra, a doppia rampa, da cui si raggiungono le Stanze Residenziali del piano superiore, tutt'ora abitate e provviste di Camini. 
Sul lato Nord-Est del Cortile, si affacciano gli ambienti del cosiddetto "Palazzo", a 2 piani interni: al piano superiore si trova il Salone più grande del Castello, con pavimentazione lignea e soffitto a volte ogivali e a crociera; la grande Sala è ricca di Decorazioni e Affreschi parietali, del 1600-1700, raffiguranti scene relative ad Episodi Storici, rilevanti per la Casata della Leonessa. 
Sulla Porta Orientale, sono rappresentati Carlo III di Durazzo ed il Capitano Carlo della Leonessa; sulla parete Ovest, Re Carlo D’Angiò e Guglielmo della Marra, e sulla parete Nord il maresciallo del Regno, Giovanni della Leonessa. 
Le Volte, invece, sono decorate da Affreschi con Fregi, Armi d’epoca, Stendardi e Motivi Fitoformi. 
Detto Salone comunica con un’interessante Sala cassettonata, attualmente Sala da Pranzo, la cui copertura rivela negli angoli l’antica struttura muraria a crociera. 
Il ribassamento delle antiche volte, effettuato nel 1700, serviva a rendere più abitabili gli ambienti e a raddoppiare gli spazi. 
La Corte Ducale, come si apprende da una Platea dell’epoca, era, infatti, composta, oltre che dalla famiglia, da ben 46 persone tra precettori, religiosi, segretari, paggi, cuochi, lacchè, armigeri, cocchieri, damigelle e lavandaie. 
Attigua al Cortile è, infine, la Torre-Mastio, dell’Antica Fortezza, in parte demolita. 
La Torre, a pianta quadrata, è a 3 piani interni sovrapposti: sotto il livello del primo piano si apre un ambiente, a cui si accede attraverso una Porta Lignea con grata in ferro, privo di finestre ed adibito a Prigione. Interessante è la costruzione del muro esterno che raggiunge i 5 metri di spessore. 
Collegato al Cortile è il Giardino, delimitato dalla poderosa Cinta Fortificata che circonda l’intera sommità dell’altura; tutt'ora coltivato, esso contiene numerose piante ornamentali, fioriere ed alberi da frutta. 
"Una Leggenda vuole che, costruito il Castello, le donne del paese, per rendere devoto omaggio alla loro Castellana, pensarono di donarle un Giardino, trasformando lo spazio antistante il maniero, allora coperto di pietre e calcinacci. 
Per giorni e giorni, si vide una lunga teoria di donne salire l’erta rampa che mena al Castello, ciascuna portando in bilico sulla testa un grosso cesto traboccante di terra: la pietraia fu così trasformata in un prato verdeggiante e fiorito". 

L’attuale configurazione del Centro Antico di San Martino è definita da una serie di interventi succedutisi nel tempo che hanno portato, in alcuni casi, a radicali trasformazioni del tessuto viario e al degrado architettonico dei singoli edifici; in altri alla conservazione delle tipologie abitative e della struttura urbana. 
Il primitivo Borgo, al di là delle improbabili origini, denunzia una fondazione tipicamente medioevale con impianto sviluppatosi intorno alle emergenze del Castello e della Chiesa
Differentemente a molti centri di origine medievale e degli stessi paesi vicini, dove il Borgo è caratterizzato dalla costruzione di grosse opere difensive, l’antico impianto di San Martino trova gli elementi di difesa nella conformazione stessa del luogo
Il Borgo si è sviluppato, infatti, nella gola formata dai contrafforti collinosi situati ai piedi del monte Pizzone e del Monte Teano che lo racchiudono come quinte di un teatro, mentre un ulteriore elemento di difesa era sicuramente costituito dal Torrente Caudino. 
Lo sviluppo successivo del paese è strettamente legato ad un asse viario principale: via Roma che da piazza del Gaudio scende fino a Piazza Girolamo del Balzo trovando la sua naturale continuazione nel Corso Vittorio Emanuele.  Col tempo lo sviluppo urbanistico subisce una lenta e graduale discesa a valle
Uno sguardo dall’alto della Torre del Castello, rivela una sostanziale uniformità architettonica nelle strutture murarie più antiche, mura di cinta ancora parzialmente visibili, torrione cilindrico ad Est ancora in buono stato di conservazione, ruderi di torri ad Ovest, strutture di molte case antiche che sembrano sorgano direttamente dalle rocce in analogia col castello, sviluppo delle strette stradine interne che si irraggiano dalla Chiesa e dal Castello. 
Possiamo individuare 2 slarghi, uno di fronte alla Chiesa, Piazza del Gaudio, ed uno in prossimità del "mulino vecchio". 
Le costruzioni circostanti presentano caratteristiche "nobili" quali arcate, portali in pietra calcarea con fregi, cortili con vari elementi architettonici, scale esterne con balaustre in pietra calcarea lavorata, colonne di pietra reggenti le arcate delle rampe, pavimentazione a pietre tagliate. 
Elementi tutti in stato di cattiva conservazione, ma ancora recuperabili. 
Si individuano due fasce di costruzioni lungo le mura perimetrali del Castello, probabilmente appartenute a dignitari della Corte Ducale. 
Un complesso particolarmente interessante si apre con ampie terrazze sul Torrente; è il Palazzetto Savoia con bello stemma intagliato nella sommità del suo portale ed il suo caratteristico cortiletto
Complessi di abitazioni strettamente collegate, appoggiantesi l’una all’altra senza soluzione di continuità, che aprono solo piccoli varchi di stradine inerpicantesi verso il Castello
Arroccate intorno al Castello ci sono numerose costruzioni più modeste ma non meno suggestive, di probabili famiglie operanti nell’ambito della Corte
La piazza principale del borgo è dominata dalla Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista sorta, probabilmente, insieme al Castello, è oggi caratterizzata dall’assetto conferitole tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700 dal Cardinale Orsini
Un'altra costruzione di particolare interesse è l’antica Farmacia con una scritta intagliata nella pietra del suo portale con innestato al centro un fregio illustrante l’attività del suo antico proprietario. 

Le località comprese nel primitivo borgo hanno conservato i nomi che si trovano registrati nel Catasto Onciario del 1700: Castello, borgo San Pietro, Morillo, Molino Vecchio, Piazza Nunziata. 
Il primo gruppo di espansione del Borgo comprende le località di San Sommano, San Giacomo, Morillo e del Netto, aree per le quali si può avanzare l’ipotesi di una stratificazione verificatasi tra il 1200 ed il 1500, tenendo conto dell’assetto architettonico urbanistico grosso modo omogeneo dovuto a ragioni difensive. 
L’ultima fase di espansione del centro antico è rappresentata dalla zona edificata ad Ovest di Piazza XX Settembre che costituisce una delle aree urbane più interessanti e suggestive
Nel 1800 l’assetto del centro urbano era sostanzialmente quello attuale, salvo che nella sistemazione della Piazza XX Settembre che risulta, infatti, dalla copertura di un lungo tratto del Torrente Caudino (motivo scatenante del disastro di questi giorni) che dal Mulino raggiunge ponte San Giacomo. La forma a gomito della piazza rende chiaramente l’idea della sua origine. 
Si tratta di una sistemazione voluta da Francesco del Balzo nel 1860, anno in cui fu costruita anche l’attuale sede del Municipio. 
Oggi il Centro Antico di San Martino, nonostante le manomissioni subite nel tempo, conserva ancora molta parte della sua antica suggestione
Si conservano i cortili che danno accesso a più abitazioni, i vicoletti, si conserva ancora oggi quel senso tutto medievale dell’abitare in uno stretto rapporto di vicinato e quel modo di vivere la strada e la piazza come dilatazioni della casa. 
Particolarmente suggestive sono le passeggiate lungo il torrente che porta direttamente all’interno del centro antico e quella che, cominciando da Piazza XX Settembre continua lungo Via San Sommano e culmina nella visita del Borgo vero e proprio, della Chiesa e del Castello. 

Il Palazzo Ducale Pignatelli della Leonessa sorge probabilmente intorno al 1600 con un impianto molto diverso da quello attuale come dimostrano alcune carte del 1711, relative all’inventario "delle misure della Ducale Corte della Terra di San Martino…", secondo cui, il Palazzo è, infatti, descritto come un lungo corpo in linea con la via pubblica provvisto di alta torre a base pressoché quadrata di cui rimangono alcuni resti. 
Tale era ancora la conformazione del palazzo alla fine del 1700 come si evince dalla descrizione contenuta in documenti del 1783: "La camera Ducale possiede in detta contrada un palazzotto di undici stanze superiori, tre delle quali sono destinate per abitazione del Governatore e le altre si avvalgono secondo le circostanze o per riporre frutti o altro, ci sono ancora due commaroni, in dove è solito di ponersi cerri, carboni, legni e altro. 
Nel piano del cortile ci sono due stalle con pagliere, rimessa e con altri… due delle quali sono state destinate all’esercizio della maccaronaria. 
Si rattrova ancora il magazzino in dove il Camerlengo ripone il grano, che effigge, e l’orzo che si compra per rimetterlo in Napoli per uso dell’eccellentissimo signor Duca. 
Dalla parte di sotto di detto palazzotto verso il territorio di Malepersona rattrovagli esistente la cantina, in dove si ripone il vino proveniente dalla vigna, la di cui custodia rattrovagli presso il camerlengo pro tempora"
Probabilmente i lavori di demolizione e di ricostruzione che poi hanno portato all’attuale configurazione del Palazzo furono fatti nell’800, quando la costruzione divenne abitazione della famiglia, secondo il costume dell’epoca di spostarsi più a valle. 
Attualmente il Palazzo è caratterizzato da una configurazione che, al semplice e rigoroso prospetto su Corso Vittorio Emanuele, fa corrispondere un’accentuata varietà planimetrica: ingresso principale, sormontato dallo stemma di famiglia, conduce, tramite un lungo androne, al suggestivo cortile-giardino con peschiera centrale, arricchito con rare piante ornamentali. 
Sulla sinistra un’ampia scala, preceduta da un portico a due campate, conduce al piano nobile dell’abitazione. 
Merita di essere menzionata la lapide posta nel portico sulla quale sono segnati i dazi percepiti dalla famiglia per il mantenimento e la sorveglianza della Via Appia, nei secoli facile preda di scorribande brigantesche. 


La Chiesa e Convento di Santa Caterina. La prima notizia certa riguardante il pregevole complesso Benedettino* è costituita da un atto notarile contenuto nell’archivio di Stato di Napoli, del 6 dicembre 1408, nel quale si parla appunto della fondazione della Chiesa di Santa Caterina avvenuta grazie alla donazione di un certo Marino Calzarone. 
Successivamente vicino alla Cappella di Santa Caterina fu costruito un Monastero dei Monaci della Congregazione Benedettina di Montevergine, il cui inventario dei beni fu fatto il 10 luglio 1579, su richiesta del Priore Don Girolamo Tauro d’Avella. 
In un successivo inventario del 22 ottobre 1696 si legge che "il Convento e la Chiesa sono in località S. Caterina, 100 passi circa distanti da San Martino, dalla parte nord. 
La Chiesa è lunga palmi 48 e larga 28. 
Ha pareti bianche e cinque finestre… 
Attaccato alla Chiesa è il Convento, con sei celle sovrane e sei sottane, con giardino murato e altre stanze"
Il Convento fu poi soppresso sotto il pontificato di Innocenzo X e lasciato in abbandono finché nel 1722 fu donato ai Francescani da Benedetto XIII che nel 1729 vi alloggiò tornando a Roma da Benevento
Diventato ospizio, nel Convento vi si costituì una Comunità in seguito al decreto concesso dalla Santa Congregazione, il 10 dicembre 1724
Le spese per la costruzione del Convento furono sostenute anche dal Duca Fabio Maria Pignatelli della Leonessa che vi fu sepolto insieme alla moglie Cristina di Sangro. 
Fu decorato al titolo di "Real Convento", con decreto di Ferdinando II, che lo mise sotto la sua protezione il 13 luglio 1854 e in omaggio alla visita del Re, si decise di costruire "quel tratto di via che dalla strada Ferdinandea Irpina mena al Convento"
Il vecchio ponte di accesso al Convento fu così sostituito con un’opera in muratura. 
Per l’elevato numero di Chierici, vi fu costituito il Chiericato di Filosofia nell’agosto 1939 e fu designato a sede di Noviziato fino al terremoto del 1962
I terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981 hanno minacciato gravemente la stabilità del Convento e della Chiesa costringendo i frati a trovare alloggio in case private messe a disposizione da alcune famiglie del paese. 
Nell’attesa che si completi il consolidamento e la ristrutturazione del Convento e della Chiesa, voluti e portati avanti con impegno e dedizione dall’unico frate rimasto, Padre Antonio D’Urso, è possibile visitare il magnifico Chiostro realizzato in pietra tagliata con pozzo centrale.

La Collegiata di San Giovanni Battista. Come tutte le antiche Chiese della Valle Caudina, anche questa Chiesa Sammartinese vanta origini molto remote sebbene non determinabili con certezza. 
Il dato di fatto innegabile è la collocazione del complesso religioso in prossimità del Castello, nella parte centrale del borgo medievale. 
La tradizione storica di San Martino Valle Caudina, per quanto riguarda il Medioevo è legata al culto dei Santi Palerio ed Equizio
San Palerio, secondo la tradizione, era Vescovo di Telese, città dalla quale fu costretto all’esodo in seguito ad un'incursione Saracena, verso la fine dell'800 d. C., seguito dal Diacono Equizio.
Ai Santi Palerio ed Equizio fu dedicata, quindi, una Chiesa costruita nei tempi Normanni, poi andata distrutta  e le reliquie dei 2 Santi furono trasferite nel 1700 proprio nella Collegiata di San Giovanni Battista. 
Le prime notizie databili concernenti la Chiesa risalgono al periodo del Viceregno Spagnolo; infatti, una delle 4 campane che erano nel campanile della Chiesa, recava la data del 1521, un’altra fu tenuta a battesimo da Vittorio Loffredo, Duca di San Martino, nel 1565. 
Ora purtroppo, esistono soltanto 2 campane nelle quali fu fusa quella del 1921. 
L’assetto attuale della Chiesa nelle sue linee essenziali risale al periodo del Cardinale Orsini, Arcivescovo di Benevento, dalla fine del 1600 alla prima metà del 1700, poi Papa Benedetto XIII, che fu definito il "Papa archivista"; a lui si devono, infatti, i preziosi archivi delle parrocchie Sammartinesi.
Oggi la Chiesa è costituita da un’antica navata centrale con piccole cappelle laterali. 
Sulla sinistra si trova l’accesso al Campanile a pianta quadrata e il pregevole Fonte Battesimale*
Molto bello e ben conservato il Confessionale del 1700
La Lapide della Consacrazione della Chiesa di San Giovanni Battista, murata nella destra dell’abside, del 12 agosto 1694, reca un’iscrizione latina in cui veniva concessa a tutti i fedeli un’indulgenza di 100 giorni
Dietro l’altare è collocata un’altra Lapide che chiude il Loculo contenente le Reliquie dei Santi Palerio ed Equizio. 
Nell’Archivio della Chiesa si trovano i preziosissimi registri dei Battesimi dal 1576 al 1686 e poi per tutto il periodo Orsiniano fino alla fine del 1700.

La storia del Palazzo Cenci-Bolognetti, sorto nel 1600, è legata in origine a quella della Famiglia Del Balzo, che ha dato alla storia di San Martino, uomini illustri, tra cui Carlo e Girolamo, deputati liberali e i cui componenti erano Baroni della Mensa e Vassalli della famiglia della Leonessa
Il Palazzo, oggi molto degradato, ma ancora particolarmente suggestivo, si compone di un nucleo Seicentesco (ravvisabile nella parte basamentale, nelle scuderie e nelle decorazioni parietali) trasformato poi nel 1800 in stile neogotico, chiaramente espresso dai possenti Portali a sesto acuto abilmente lavorati in pietra locale. 
L’edificio si sviluppa secondo un impianto ad "L" spartito da una scala che, preceduta da una bella rampa d’ingresso, serve piani non sempre allo stesso livello. 
Particolarmente interessanti i bagni a "tonfo" che si legano alla suggestiva terrazza merlata (originariamente a coda di rondine, sono in cattivo stato di conservazione) dalla quale è possibile godere una stupenda vista del castello col borgo sottostante cui fanno da quinte i monti del Partenio. 
Si conservano parte delle decorazioni della facciata costituite da cornici in rilievo, "mascheroni" in stucco e finestre tripartite.

Casa Giulia dove Matteo Renato Imbriani visse e morì; porta il nome della sorella dell’illustre patriota e parlamentare, e la connotazione del suo credo politico: il riscatto della terra Giulia dalla dominazione austriaca. 
La cura messa nella costruzione della casa, gli ambienti, le stanze, il giardino (recentemente inserito tra i giardini storici d’Italia) testimoniano il suo amore per le terre giuliane, ancora sotto il dominio asburgico. 
Casa Giulia ha rappresentato e rappresenta, dunque, un edificio storicamente rilevante.

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La VALLE CAUDINA 

La Valle Caudina è naturale cesura fra le terre d’Irpinia e quelle del Sannio, la valle è anche, per conformazione, un corridoio di congiunzione fra i territori della Campania Felix, sulla costa tirrenica, e quelli pugliesi ad Est, verso l’Adriatico, per cui sin dall’antichità è stata consideratala chiave per il possesso delle vie di transito da una costa all’altra della Penisola, con lo snodo di Benevento verso il quale convergevano.
Lunga 10 km e larga 5, area di un antico lago prosciugato, è delimitata a Nord dal Massiccio del Taburno, nel Sannio beneventano, e a Sud dal Monte Partenio, territorio irpino in provincia di Avellino. 

Teatro di scontri fra Sanniti e Romani, fra Longobardi e Bizantini, poi tra Longobardi e Normanni, fra Angioini e Aragonesi e, infine, tra Spagnoli e Francesi, qui hanno avuto luogo episodi storici cruciali rimasti vivi nella memoria collettiva, come l’onta subita dai Romani ad opera dei Sanniti presso le Forche Caudine, la sconfitta inflitta dai Normanni ai Longobardi, la resa definitiva degli Angioini ad Alfonso d’Aragona, le riunioni carbonare e la prigionia dei rivoluzionari risorgimentali.
Grazie alla sua posizione strategica, vi sorsero fiorenti centri abitati come Saticula (S. Agata dei Goti), Calatia (Maddaloni) e Caudium (Montesarchio), poi fu prescelta dai Romani per il tracciato della Via Appia e i Longobardi, per contrapporsi a Bizantini e Normanni oltre che agli altri ducati longobardi con cui erano in lotta, la dotarono di diversi castelli costruiti in posizione dominante sulla vallata.


AREE NATURALI

Mafariello, è una località montana situata a 770 m slm, nel Parco del Partenio, sulle pendici del Monte Pizzone, nel comune di San Martino Valle Caudina.
Meta di escursionisti per la sua area picnic e per la sorgente di acqua oligo minerale offre la possibilità di seguire itinerari lungo antiche mulattiere, alcune anche in bicicletta.
È stata sede di alcune bande brigantesche nel 1800, si segnala infatti la presenza della banda di Cipriano Giona La Gala.
L'acqua è oligominerale bicarbonatica alcalina, sostanzialmente leggera.



La località presenta una fitta vegetazione, prevalentemente boschiva
Tra i vari tipi di alberi è possibile trovare faggi, roverelle, lecci, castagni e vari tipi di alberi da frutto.
Le castagne che vi si producono vengono utilizzate per la produzione delle castagne del prete


Inoltre sono presenti erbe medicinali, che vengono utilizzate dai Monaci dell'Abbazia di Montevergine per produrre liquori o prodotti medicinali.

Sentiero Italia (clicca qui per andare alla Tappa 91)


CULTURA

Arte

Nel Palazzo Municipale è sistemata una Galleria Civica di Arte Contemporanea in cui sono esposte opere di Carlo Levi, Renato Guttuso, Ugo Attardi, Quattrucci, Aldo Turchiaro, Enotrio, Franco Mulas.

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CIAK SI È GIRATO A San Martino Valle Caudina

In Piazza XX Settembre sono state girate nel 2001 alcune scene del film "L'uomo in più" di Paolo Sorrentino (clicca qui per andare alla scheda del film)
Nel backstage del DVD in commercio si vede la scena del ritorno ad un concerto di piazza, quasi deserto, da parte del protagonista (Toni Servillo), e ci sono inquadrature di persone di San Martino.



Nel 1974 nel cinema Cavaccini sono state fatte alcune riprese del film "Permettete signora che ami vostra figlia?" di Gian Luigi Polidoro con Ugo Tognazzi (clicca qui per andare alla scheda del film)


Musica

San Martino è menzionata nel testo di Attento Joe di Edoardo Bennato



Lucio Dalla vi ha cantato in anteprima mondiale Caruso, durante la rassegna San Martino Arte 1986
 


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Le Famiglie Note di San Martino Valle Caudina

Famiglia Del Balzo (de Baux)

Caterina de Bauciis (del Balzo) acquisì la Terra di San Martino dopo la morte del marito Guglielmo Scotto che la portò come dote nel (1341).
Erano Baroni del suffeudo La Mensa per concessione di Fabio Maria della Leonessa, Duca di San Martino e Principe di Sepino, padrone di Ceppaloni, Roccabascerana e Terranova Fossaceca.

Nel 1860 Francesco Del Balzo fu nominato sindaco di San Martino da Francesco De Sanctis. 

Il figlio, Carlo del Balzo (1853-1908), fu scrittore, giornalista e deputato; scrisse vari romanzi tra cui: "Napoli e i Napoletani", "Parigi e i parigini" (che ottenne un'accoglienza favorevole anche da Benedetto Croce); fu amico di Giovanni Verga e Matilde Serao. 
Pubblicò 10 romanzi documento e ben 15 volumi sul tema "Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri". 
Girolamo Beltramo Del Balzo fu sindaco di San Martino, eletto deputato di Avellino e Baiano nel 1873 (XV Legislatura) sconfiggendo De Sanctis. 
Fu Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia e dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Famiglia Imbriani

 
Matteo Renato Imbriani figlio di Paolo Emilio (1808 - 1877)
letterato, nacque a Napoli il 28 novembre 1843. 
Venne eletto deputato nelle elezioni del 1897
Ritornò alla Camera nel 1900 come deputato del collegio di Jesi e ne uscì definitivamente nel 1904 dopo la caduta del suo collegio. 
La sua presenza fu incisiva nelle scelte dell'estrema sinistra. 
illustre patriota si batté per il riscatto della terra Giulia dalla dominazione austriaca e fu colui che coniò il termine "irredentismo".
Morì a San Martino nella sua amatissima "Casa Giulia" il 12 settembre 1901

ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO

Si producono castagne e ciliege ed anche il vino a San Martino ha le sue tipicità, con vitigni di nicchia quali il Mangiaguerra, un antico Aglianico caudino che si è guadagnato il titolo di vitigno storico, dalla forte acidità e tannino smussato,  oltre alle varietà del Sannio Sciascinoso e Coda di Volpe.


ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO

Tarallo di San Palerio (Tarallo di San Martino o Martinari): tarallo dolce che si tramanda da secoli nella frazione dove furono ritrovate le reliquie dei santi.


Cicatiello: lo gnocco di San Martino, dalla ricetta segreta; è usanza che nel giorno del Santo Patrono si mangi questa pietanza e venga offerta dopo la processione


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SANTO PATRONO

Martino di Tours (in latino: Martinus; Sabaria, 316 circa - Candes, 8 novembre 397) è stato un Vescovo Cristiano del 300
Originario della Pannonia, nell'odierna Ungheria, esercitò il suo ministero nella Gallia del tardo Impero Romano. 
Tra i primi Santi non Martiri, proclamati dalla Chiesa Cattolica, è venerato anche da quella Ortodossa e da quella Copta; in Italia vi sono oltre 900 Chiese a lui dedicate.
Si celebra l'11 novembre, giorno dei suoi funerali avvenuti nell'odierna Tours.

È considerato uno dei grandi Santi della Gallia insieme a Dionigi, Liborio, Privato, Saturnino, Marziale, Ferreolo e Giuliano. 
È uno dei fondatori del Monachesimo in Occidente.


Martino nacque a Sabaria Sicca (odierna Szombathely, in Ungheria), in un avamposto dell'Impero Romano, alle frontiere con la Pannonia. 
Il padre, Tribuno Militare della Legione, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della Guerra. 
Ancora bambino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere, in quanto veterano, e in quella città trascorse l'infanzia. 
A 10 anni fuggì di casa per 2 giorni, che trascorse in una Chiesa (probabilmente a Pavia).
Nel 331, un Editto Imperiale obbligò, tutti i figli di Veterani, ad arruolarsi nell'Esercito Romano. 
Fu reclutato nelle Scholae Imperiali, corpo scelto di 5.000 unità, perfettamente equipaggiate: disponeva quindi di un cavallo e di uno schiavo. 
Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, nei pressi del confine, e lì passò la maggior parte della sua vita da soldato. 
Faceva parte, all'interno della Guardia Imperiale, di truppe non combattenti, che garantivano l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti.

La tradizione del taglio del mantello

In qualità di "circitor", il suo compito era la ronda di notte e l'ispezione dei posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. 
Durante una di queste ronde, avvenne l'episodio che gli cambiò la vita (e che ancora oggi è quello più ricordato e più usato dall'iconografia). 
Nel rigido inverno del 335, Martino incontrò un mendicante seminudo e vedendolo sofferente, tagliò in 2 il suo mantello militare (la clamide bianca della Guardia Imperiale) e lo condivise con il mendicante.
La notte seguente, vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare e udì Gesù dire ai suoi Angeli: «Ecco qui Martino, il Soldato Romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». 
Quando Martino si risvegliò, il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come Reliquia ed entrò a far parte della collezione di Reliquie dei Re Merovingi dei Franchi. 
Il termine latino Medievale per "mantello corto", Cappella, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di San Martino, i Cappellani, e da questi venne applicato all'Oratorio Reale, che non era una Chiesa, chiamato Cappella.


Conversione al Cristianesimo

Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che egli, già Catecumeno, venne Battezzato la Pasqua seguente, divenendo Cristiano. 
Martino rimase Ufficiale dell'Esercito per una ventina d'anni, raggiungendo il grado di Ufficiale nelle "Alae Scholares" (un corpo scelto). 
Giunto all'età di circa 40 anni, decise di lasciare l'Esercito, secondo Sulpicio Severo, dopo un acceso confronto con Giuliano, il Cesare delle Gallie, in seguito noto come Apostata.
Di lì Iniziò la seconda parte della sua vita, nella quale Martino si impegnò nella lotta contro l'Eresia Ariana, condannata dal I Concilio di Nicea (325), e venne, per questo, anche frustato (nella nativa Pannonia) e cacciato, prima dalla Francia, poi da Milano, dove erano stati eletti Vescovi Ariani.
Nel 357, si recò, quindi, nell'Isola Gallinara ad Albenga, in provincia di Savona, dove condusse 4 anni di vita, in Eremitaggio parziale, poiché non del tutto solo, visto che le cronache segnalano che sarebbe stato in compagnia di un Prete, uomo di grandi virtù, e per un periodo con Ilario di Poitiers; su quest’isola, dove vivevano le galline selvatiche, si cibava di elleboro, una pianta che ignorava fosse velenosa; alché, una leggenda narra che, trovandosi in punto di morte per aver mangiato quest’erba, pregò e venne miracolato. Tornato quindi a Poitiers, al rientro del Vescovo Cattolico, divenne Monaco, e venne presto seguito da nuovi compagni, fondando uno dei primi Monasteri d'Occidente, a Ligugé, sotto la protezione del Vescovo Ilario.


Vescovo di Tours

Nel 371, i cittadini di Tours lo vollero loro Vescovo, anche se, alcuni Chierici avanzarono resistenze per il suo aspetto trasandato e le origini plebee. 
Come Vescovo, Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di Monaco, e proseguì la sua missione di propagatore della Fede, creando nel territorio nuove piccole Comunità di Monaci. 
Avviò un'energica lotta contro l'Eresia Ariana e il Paganesimo Rurale, interrompendo anche Cortei Funebri, per il sospetto di paganesimo. 
Inoltre, predicò, battezzò villaggi, abbatté templi, alberi sacri e idoli pagani, dimostrando comunque compassione e misericordia, verso chiunque.
La sua fama ebbe ampia diffusione nella Comunità Cristiana dove, oltre ad avere fama di Taumaturgo, veniva visto come un uomo dotato di Carità, Giustizia e Sobrietà.
Martino aveva della sua missione di “pastore”, un concetto assai diverso da molti Vescovi del tempo, uomini spesso di abitudini cittadine e quindi poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti. 
Uomo di preghiera e di azione, Martino percorreva personalmente i distretti abitati dai servi agricoltori, dedicando particolare attenzione all'Evangelizzazione delle campagne. 
Nel 375, fondò a Tours un Monastero, a poca distanza dalle mura, che divenne, per qualche tempo, la sua residenza. 
Il Monastero, chiamato in latino "Maius Monasterium" (Monastero grande), divenne in seguito, noto come "Marmoutier". 
Nelle Comunità Monastiche fondate da Martino, non c'era, comunque ancora, l'attenzione Liturgica che si riscontrerà successivamente nell'esperienza Benedettina, grazie all'Apostolato di San Mauro: la vita era, piuttosto, incentrata nella condivisione, nella preghiera e, soprattutto, nell'impegno di evangelizzazione.

Martino morì l'8 novembre 397, a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace tra il Clero locale.
La sua morte, avvenuta in fama di Santità, anche grazie ai miracoli attribuitigli, segnò l'inizio di un Culto nel quale la generosità del Cavaliere, la rinunzia ascetica e l'attività missionaria, erano associate.
Tra i miracoli che gli sono stati attribuiti, ci sono anche 3 casi di risurrezione, per cui veniva designato «Trium mortorum suscitator», cioè «Colui che resuscitò 3 morti».
San Perpetuo, Vescovo di Tours dal 461 al 491, commissionò al poeta e retore Paolino di Périgueux, una biografia di San Martino di Tours, che fu redatta in versi, distribuiti in 6 libri.


Culto

San Martino di Tours viene ricordato l'11 novembre, sebbene, questa non sia la data della sua morte, ma quella della sua sepoltura. 
Questa data è diventata una festa straordinaria in tutto l'Occidente, grazie alla sua popolare fama di Santità e al numero notevole di Cristiani che portavano il nome di Martino. 
Nel Concilio di Mâcon, era stato deciso che sarebbe stata una festa non lavorativa.
In Europa sono state dedicate al Santo, moltissime Chiese, fin dal pieno Medioevo. 
La Basilica a lui dedicata in Tours, l'Edificio Religioso Francese più grande di quei tempi, fu tradizionale meta di Pellegrinaggi Medievali. 
Nel 1562, a seguito delle Lotte di Religione che insanguinarono la Francia, fu messa a sacco dai Protestanti, e le sue Spoglie date alle fiamme, tanto era il suo richiamo simbolico. 
Durante il periodo della Rivoluzione Francese, la Basilica fu demolita, quasi completamente; rimasero 2 Torri, ancora oggi visibili. 
Nel 1884, fu progettata una nuova Basilica, che fu consacrata nel 1925.
Molte, in Italia, le Chiese dedicate a San Martino.

L'11 novembre i bambini delle Fiandre e delle aree cattoliche della Germania e dell'Austria, nonché dell'Alto Adige, partecipano a una Processione di lanterne, ricordando la fiaccolata in barca che accompagnò il corpo del Santo a Tours; spesso, un uomo vestito come Martino, cavalca in testa alla processione. 
Il cibo tradizionale di questo giorno è l'oca, in quanto, secondo la leggenda, Martino, riluttante a diventare Vescovo, si nascose in una stalla piena di oche; il rumore fatto da queste, rivelò però il suo nascondiglio alla gente che lo stava cercando. 
L'episodio delle oche è rimasto nella tradizione della Scandinavia, dove la sera del 10 novembre si festeggia la tradizione, con un menu a base di "svartsoppa", zuppa a base di brodo, sangue (preferibilmente d'oca) e spezie, oca e torta di mele.

In Italia il culto del Santo è legato alla cosiddetta "Estate di San Martino", la quale, si manifesta, in senso meteorologico, all'inizio di novembre e dà luogo ad alcune tradizionali Feste Popolari. 
Nel Comune Abruzzese di Scanno, ad esempio, in onore di San Martino, si accendono grandi fuochi, detti "Glorie di San Martino", e le Contrade si sfidano a chi fa il fuoco più alto e durevole.
A Venezia e Provincia, l'11 novembre, è usanza, preparare il Dolce di San Martino, un biscotto dolce, di pasta frolla, con la forma del Santo con la spada a cavallo, decorato con glassa di albume e zucchero, ricoperta di confetti e caramelle (tradizione che si è ormai diffusa in gran parte del Veneto); è usanza, inoltre, che i bambini della Città Lagunare, intonino un canto d'augurio, casa per casa e negozio per negozio, suonando padelle e strumenti di fortuna, in cambio di qualche monetina o qualche dolcetto.
A Palermo si preparano i biscotti di San Martino "abbagnati nn'o muscatu" (inzuppati nel vino moscato di Pantelleria), a forma di pagnottella rotonda, grande come un'arancia, con l'aggiunta, nell'impasto, di semi d'anice (o finocchio selvatico), che conferisce loro un sapore e un profumo particolare.
Nel Salento, in particolare a Lecce e Provincia, il Culto del Santo è molto sentito, sia a livello religioso, che folcloristico, organizzando imponenti pranzi e cene, con famiglia e amici, festeggiando con carne, castagne, "pittule salentine" e soprattutto vino. 
Spesso il giorno successivo viene perfino concesso un ingresso posticipato a scuola o al lavoro.

In molte regioni d'Italia, l'11 novembre è simbolicamente associato alla maturazione del vino nuovo (da qui il proverbio "A San Martino ogni mosto diventa vino") ed è un'occasione di ritrovo e festeggiamenti, nei quali si brinda, appunto, stappando il vino appena maturato ed accompagnato da castagne o caldarroste. 
Sebbene non sia praticata una celebrazione religiosa a tutti gli effetti (salvo nei paesi dove San Martino è Protettore), la festa di San Martino risulta comunque particolarmente sentita dalla popolazione locale.

Nel Nord Italia, specialmente nelle aree agricole, fino a non molti anni fa tutti i contratti (di lavoro ma anche di affitto, mezzadria, ecc) avevano inizio (e fine) l'11 novembre, data scelta in quanto i lavori nei campi erano già terminati senza però che fosse già arrivato l'inverno. 
Per questo, scaduti i contratti, chi aveva una casa in uso, la doveva lasciare libera proprio l'11 novembre e non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni masserizia che si spostavano da un podere all'altro, facendo "San Martino", nome popolare, proprio per questo motivo, del trasloco. 
Ancora oggi, in molti dialetti e modi di dire del Nord "fare San Martino" mantiene il significato di traslocare.

Il Santo è, inoltre, ricordato ad Arezzo dal Quartiere di Porta Crucifera, di cui è protettore, uno dei 4 Quartieri che disputano la Giostra del Saracino
Il Pittore Trecentesco Simone Martini, dipinse un ciclo di affreschi sulla vita del Santo in una Cappella nella Chiesa inferiore della Basilica di San Francesco ad Assisi.

COME ARRIVARE A San Martino Valle Caudina

TRENO e AUTOBUS

La Valle Caudina è attraversata dalla Linea Ferroviaria Benevento Napoli e da un servizio di Autolinee che effettua lo stesso percorso.
Per saperne di più sul servizio, sui costi e gli orari di treni e autobus, puoi consultare la pagina di vallecaudina.net dedicata agli orari dei treni e degli autobus.



La Valle Caudina è facilmente raggiungibile in treno e in autobus.
Il servizio di trasporto su treno collega Napoli e Benevento attraversando il territorio della Valle Caudina ed è gestito dalla società "EAV Campania" che è subentrata a Metrocampania Nord-Est e alla vecchia Ferrovia Benevento Napoli (FBN).


In AUTOMOBILE

Per chi viene da Nord, basta uscire dalla A1 Roma-Napoli a Caserta Sud e proseguire in direzione Benevento, sulla Statale 7 Appia.



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Whatsapp: +39 348.2249595


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