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Emilia Romagna: Cerignale piccolo è bello


Cerignale (Serignâ in Ligure, Sergnâ nella varietà locale, Cerignäl in Piacentino) è un Comune italiano  in provincia di Piacenza in Emilia Romagna, al confine con la Liguria.
È situato nell'alta val Trebbia, sull'Appennino Ligure (di cui fa parte l'Appennino Piacentino), in una conca boscosa sulle pendici del Monte delle Tane, vetta che crea lo spartiacque con la Val d'Aveto.

CERIGNALE

Regione: Emilia Romagna
Provincia: Piacenza PC
Altitudine: 725 m slm
Superficie: 30,82 km²
Abitanti: 119
Nome abitanti: Cerignalesi
Patroni: San Lorenzo (10 agosto)
Diocesi: Piacenza-Bobbio









GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

Esplosione di verde e natura, con folti boschi ed acque alcaline, è situata a in posizione elevata sulla Valle del Trebbia con tante frazioni sparpagliate ed accoglienti, popolate da una popolazione dall'identità e dalle tradizioni composite: Emiliana Lombarda Piemontese Ligure, dovute alla posizione ai 4 confini regionali.
Tradizione di Agricoltura di montagna e di Allevamento.
Dove l'uomo trova la sua dimensione, povera e semplice, solitaria ma con voglia di fare Comunità.


L'elemento fondante del Borgo è l'acqua, dal fiume che par caraibico, alle fontane, a quella che muove i mulini che già producevano farina, ora trasformati per produrre energia a costo zero.


ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Serignâ in Ligure, Sergnâ nella varietà locale, Cerignäl in Piacentino, il Toponimo non pare separabile dal Fitonimo (nome di pianta) latino Cerrus "cerro" con suffissazione (-ineus + -alis) di tipo aggettivale; ma la mancanza di forme storiche rende l'ipotesi quantomeno incerta.


TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Un grumo di case in pietra grigia dai tettucci rossi, situato nell'Alta Val Trebbia, sull'Appennino Ligure (di cui fa parte l'Appennino Piacentino), in una conca boscosa sulle pendici del Monte delle Tane, vetta che crea lo spartiacque con la Val d'Aveto.
Il Territorio Comunale, oltre il paese, consta di 14 Frazioni sparse: Bastardina, Cà d'Abrà, Carisasca, Cariseto, Casale, Castello, La Serra, Lisore, Madonna, Oneto, Ponte Organasco, Rovereto, Selva, Zermogliana.
Sia il Comune principale che le Frazioni, sono rimaste sguarnite di residenti, anche solo 8, e si ripopolano, fino ad un centinaio ognuna, nei fine settimana e nel periodo estivo.
La Frazione di Ponte Organasco, 8 residenti che arrivano a 100 nei mesi estivi, è un Borgo Medievale rimasto più originale, con Castello da dove passava la Via del Sale e transitavano le merci dalla costa alle aree interne.
Il Paesaggio della Val Trebbia e del Territorio Comunale è ordinatamente coltivato fino alle altitudini in cui i boschi ricoprono fittamente le pendici dei monti.


L'Unione Montana Valli Trebbia e Luretta che è subentrata alla ex Comunità Montana Appennino Piacentino, si trova in provincia di Piacenza (Emilia-Romagna), con sede a Bobbio.
È stato il primo caso in Regione, insieme a quello del Bolognese, di conclusione dell’iter di trasformazione delle vecchie Comunità Montane nate nel 1971. 
L'Unione è costituita da 8 comuni, di cui 6 in val Trebbia:: Bobbio, Coli, Cerignale, Ottone, Zerba, Piozzano, Travo, Corte Brugnatella. 
L’1 gennaio del 2014, a seguito dei processi di fusione tra i Comuni della Regione (richiesta di fusione dei Comuni è stata presentata a Piacenza sono in 6 comuni dell’Alta Val Trebbia), sono nati 4 nuovi mega-Comuni al posto di 12 esistenti e sono stati associati 348 Comuni in 46 ambiti ottimali. 
Le Unioni diventeranno, quindi, fondamentali nell’assorbimento delle funzioni delle Province, che diventeranno “Agenzie” al servizio dei Municipi.


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«Racconti di Viaggiatori»

«Girovagando nelle terre di San Colombano»
Un viaggio tra le Comunità Cristiane nelle 4 Valli Piacentine
Il libro, presentato alcuni mesi fa al Centro Polivalente del Comune di Bobbio, è dedicato alla Comunità Cristiana delle Valli Trebbia, Aveto, Nure, Perino, Tidone, Luretta, Arda, Boreca, Staffora, Curone e alle Parrocchie di collina e pianura compreso San Colombano al Lambro.
Ne è autore Angelo Alpegiani, detto "Angelino", artista, poeta dialettale e fotografo; attento ricercatore storico che con pazienza e fatica ha girato Bobbio e le Valli Piacentine in cerca di tutte le possibili testimonianze del lavoro agricolo, artigiano, ma anche di uso comune nelle vecchie case e fattorie sperdute sui monti dell'Appennino ed ancora oggi abitate e vissute.
Sono onorato ed orgoglioso di questo mio piccolo libro per far conoscere la grande volontà e fede popolare Cristiana dei nostri "montanari" - si legge nella sua introduzione al libro - che hanno fattivamente contribuito col proprio sudore ad edificare le Chiese che ancora oggi ammiriamo e frequentiamo, aiutando i Preti lavoratori e mettendo a disposizione oltre alle braccia anche i propri animali, con grandi sacrifici in nome di Dio.
In quei tempi le Parrocchie antiche poste sui monti erano raggiungibili solo per strette mulattiere o sentieri e, in certi inverni dopo abbondanti nevicate, i paesi restavano isolati anche per settimane.
I Paesani, notoriamente previdenti, annota Alpegiani, durante l’estate facevano scorta sufficiente di farina che conservavano nei «Pancali» e di frutta, stesa sulle «Arelle» (Graticci, sia quello usato in vallicoltura e più comunemente detto "Grasiola", sia quello su cui si distende l'uva ad appassire per ottenere alcuni tipi di vino) nei solai.
Tra le curiosità del libro l’immagine della Colonna del Pellegrino a Soprarivo (Calendasco), antico porto della via Francigena e unico ancora oggi utilizzato, la tabella del percorso in 7 tappe del viaggio di San Colombano e la Carta itineraria dei Comuni della Provincia di Bobbio che comprendeva i mandamenti di Ottone, Varzi, Zavattarello e Bobbio capoluogo, con una popolazione complessiva di 38.000 abitanti. La Provincia di Bobbio apparteneva al Regno di Sardegna, istituito nel 1743 col trattato di Worms, è finita con l’Unità d’Italia nel 1861. (da ilPiacenza.it) Autore: Angelo Alpegiani Pagine: 282 Casa editrice: L.i.r. Anno di edizione 2015 Prezzo di copertina: € 28

ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

La Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo di Cerignale, eretta nel 1560 ed intitolata al Santo protettore del Borgo, ma anche alla Madonna di Caravaggio; a Croce Greca posta molto fuori dal paese, in bella posizione con alto campanile esile e slanciato che la rend visibile anche di lontano.

Antico Oratorio di Sant'Agostino, Chiesa del 1000, di cui rimangono i resti lungo l'antico tragitto «Caminus Genuae», la cui strada passava con un tragitto più basso ed appena sopra il fiume Trebbia, rispetto alla Statale attuale.

Madonnina della Val Trebbia, posta sulla Strada Statale 45, dopo la Frazione di Ponte Organasco, verso Genova, poco prima dell'abitato di Losso di Ottone; è situata in un Tempietto Votivo che sovrasta una Roccia adiacente uno slargo ai lati della strada fra i confini Comunali di Cerignale, di Ottone e davanti ai Monti di Zerba e la vicina Val Boreca. È la protettrice della Val Trebbia e della strada irta di pericoli proprio nel tratto più impegnativo della vallata. 
In basso i resti dell'Antico Oratorio di Sant'Agostino da cui provenne la Statua Votiva e dove, un tempo, passava l'antico tratto della strada.

Mulino di Pian dei Mulini, antico Mulino con ruota ancora funzionante e avente 2 macine per la frantumazione dei cereali e delle castagne. 

Castello di Cariseto, del 900, documentato nel 972 e nel 1143, come pertinenza del Monastero di San Colombano di Bobbio, documenti riconsiderati come non veritieri o smentiti per contrasti politici dell'Epoca, fra il Monastero e le Diocesi vicine. 
Nel 1052, l'Imperatore Enrico III di Franconia, concede il Feudo ed il Castello, al Monastero di San Paolo di Mezzano, poi degli Scotti. 
Nel 1164, Federico Barbarossa lo infeudò a Obizzo Malaspina, che salvò l'Imperatore dalle Truppe nemiche, scortandolo da Pontremoli fino a Pavia. 
Nel 1540, passò ai Fieschi e nel 1547 ai Doria fino al 1797.
Resti del Forte di Castello, nell'omonima località, appartenuto ai Malaspina.

Resti del Castello di Oneto, documentato il 27 luglio 972, nel Diploma Imperiale di Ottone I, come Feudo appartenente al Monastero di Bobbio, concesso anch'esso, nel 1164, da Federico Barbarossa al Marchese Obizzo Malaspina.

Borgo Medievale di Ponte Organasco, con il Castello del 1000, che era a difesa dell'Antico Ponte Romano sul Trebbia, oggi non più esistente. 
Appartenne ai Malaspina, poi ai Doria, nel 1600, ai Castelli, nel 1700, ai Palazzi e agli Ansaldi.

L'Elefante del Trebbia è una curiosa formazione montuosa, appena sotto Cerignale, che fa capo al complesso del Monte Cerello che degrada nel Fiume Trebbia, fino nei Meandri di Confiente, nel Comune di Corte Brugnatella. 
La sagoma del Monte, ha l'aspetto curvilineo del dorso dell'elefante, disegnato dai meandri nelle estremità basse (piedi e proboscide). Figura colta per la prima volta nel 2009, in un famoso scatto fotografico di Paolo Guglielmetti, che ne diede il nome e fama internazionale

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LUOGHI DELLA CULTURA

Questo paese, fa parte del Territorio culturalmente omogeneo delle 4 Province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza), caratterizzato da usi e costumi comuni e da un importante repertorio di musiche e balli molto antichi. 
Strumento principe di questa zona è il Piffero Appenninico che, accompagnato dalla Fisarmonica, ed un tempo dalla Müsa (cornamusa) Appenninica, guida le danze ed anima le feste. 


Questi strumenti animano le 2 Feste Tradizionali, la Festa delle Aie del 13 agosto, che vede musicisti, ballerini e turisti girare per le viuzze, e fermarsi per un bicchiere di vino, un ballo o un coro nelle piazzette, e la Castagnata dell'ultima domenica di ottobre.

ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI E CUCINA DEL BORGO
(In questa sezione sono riportate le notizie riguardanti prodotti agroalimentari e prodotti tipici)

L'Unione Montana Valli Trebbia e Luretta promuove il marchio "Terre di San Colombano" per alcune produzioni locali di pregio: prodotti del sottobosco, farine per la pastificazione e panificazione, formaggi tipici, carne suina e bovina, marmellate, prodotti orticoli, miele, vino; il marchio appare come un doppio medaglione riportante la scritta "Terre di San Colombano" nella parte superiore e "Prodotti di Montagna" in quella inferiore, con in mezzo la figura di San Colombano su uno sfondo con montagne.


Data la prossimità Ligure e Piemontese, la Cucina ne risente con i suoi Canestrelli, i Pin e la Fagiolana, da secoli presente in specifiche Valli Liguri e Piemontesi, la coltivazione della Fagiolana è, da poco, stata nuovamente incentivata.
Nel vasto e variegato mondo dei legumi, ce ne sono di comuni e rarissimi, di antichi e appena scoperti, di nostrani o di esotici: nella categoria dei “dimenticati” invece, entra di diritto la «Fagiolana», fagiolo rampicante diffuso da secoli in alcune limitate aree della Liguria e del Piemonte; un legume molto antico e dal grande valore identitario - culturale e gastronomico - per questi territori.

La Fagiolana Bianca della Val Borbera. In Val Borbera e dintorni, al confine tra le province di Genova e Alessandria, viene coltivato un fagiolo a semi bianchi simile al «Bianco di Spagna» che da sempre gli abitanti chiamano «Fagiolana». 
Ce ne sono in realtà di 2 tipi: la poco nota ma finissima «Quarantina», più precoce e piccola, a buccia molto sottile bianco candida; e la “tardiva” o «Bianca di Figino», più grossa, la cui buccia color avorio è più spessa e può presentare venature scure.
La coltivazione avviene tra maggio e ottobre ed è effettuata rigorosamente a mano in tutte le fasi. 
Dopo la semina (che va da metà aprile a metà maggio), occorre posizionare dei supporti per dare sostegno alle piante, man mano che crescono: in genere si utilizzano pali di frassino o castagno (trape), oppure una rete con maglie di circa 10 centimetri. 
Molto sensibili a bruschi cali di temperatura, le piante di Fagiolana necessitano di una costante e abbondante irrigazione; la raccolta avviene quando i baccelli sono secchi.
In cucina la fagiolana offre le sue migliori performances in insalate e contorni in umido, e questo grazie alla sua consistenza uniforme; la buccia è tenera e, se la si cuoce a fiamma bassa, non si stacca dal corpo: è dunque consigliata una cottura in ammollo per almeno 12 ore.

La Fagiolana di Torza. A Torza (comune di Maissana, La Spezia), si coltiva, invece, un’altra varietà di Fagiolana: un fagiolo bianco, dalla forma allungata tra i 2-2,5 cm per 1-1,5 cm di grandezza, la cui buccia presenta striature marroni quando è fresca. 
Esistono testimonianze che attestano la presenza della Fagiolana, già nel 1700, quando veniva impiegata come oggetto di baratto con gli Abitanti della Riviera, per avere in cambio l’Olio di Oliva.
Tradizione vuole, che la semina venga fatta dopo il 26 maggio, ricorrenza della Madonna di Caravaggio (onorta anche nella Chiesa Parrocchiale di Cerignale): in ogni buca, detta “postarella”, si interrano un massimo di 3-4 semi attorno al palo che poi sosterrà il fusto della pianta. 
La cura giornaliera però da dedicarci è costante: la pianta necessita di molta acqua - in questa area garantita dai corsi d’acqua che alimentano la Val di Vara - e nelle ore più calde della giornata dev’essere protetta dal sole.
Proprio a causa della difficile coltivazione, la Fagiolana, per un certo periodo, è stata abbandonata, e solo ultimamente è stato incentivato il ritorno a questa produzione tradizionale. 
Questo antico legume mostra tutta la sua versatilità e viene servita sia fresca che secca e in diversi abbinamenti, ma dà il meglio di sé con lo stoccafisso bollito.

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STORIA

Nel Territorio fin dall'Epoca Longobarda vi operavano i Monaci dell'Abbazia di San Colombano di Bobbio che possedevano le terre di Cerignale (Cerinialis o Cerignalis), Carisasca (Carisaschae), Cariseto (Carexeto), Ponte Organasco (Santa Maria Magdalena pontis Organaschae), Selva e Selvarezza, Oneto (Castrum de Oneto), Rovereto e Monte Veri verso il Cifalco, il Territorio con vari possedimenti era inserito nel grande Feudo Reale ed Imperiale Monastico.

La Storia del Borgo è legata al Feudo della Fortezza di Cariseto, documentata già nel 1000.
Nel 1052, l'Imperatore Enrico III concesse il Feudo al Monastero di San Paolo di Mezzano Scotti (Bobbio), mentre, nel 1164, l'Imperatore Federico Barbarossa, lo concesse in Feudo perpetuo ai Malaspina, possesso che durò fino al 1500. 
La tradizione narra che, pochi anni dopo, Federico Barbarossa in persona, in fuga da Roma, passò per l'antica Via Medievale del Cifalco. Era il 1167 e, poiché la strada di Monte Bardone era stata sbarrata dai Pontremolesi, l’Imperatore pernottò nel Castello di Cariseto, aiutato poi dai fedeli Malaspina a riprendere la strada tra queste montagne. 
In quegli anni i Feudi della Nobile Famiglia, si estendevano dalla Lunigiana alla Liguria, dalla Val d'Aveto all'Alta Val Trebbia, fino alla Val Staffora.
Nel 1540 il Feudo venne venduto a Gianluigi Fieschi, per circa 10.000 scudi d'oro. 
Nel 1547 il Fieschi morì nella rivolta antiSpagnola che organizzò insieme ai Francesi, per il predominio su Genova, contro Andrea Doria, episodio storico conosciuto come la Congiura di Gianluigi Fieschi. Così, nella rivolta, il Castello di Cariseto fu distrutto dai Genovesi ed il Feudo concesso ai Doria dall'imperatore Carlo V, dopo la confisca di tutti i beni dei Fieschi. 
Il Feudo, inserito nel Contado di Ottone (Utùn in ligure, Uton in dialetto Piacentino, comune della provincia di Piacenza), dipese dal Marchesato e poi dal Principato di Torriglia, fino all'abolizione nel 1797 dei Feudi Imperiali.
Nel 1801, il Territorio è annesso, assieme alla Liguria, alla Francia Napoleonica fino al 1814. 
Nel 1814 gli ex territori del Contado di Ottone, sono inseriti nella Provincia di Bobbio. 
Nel 1848, come parte della Provincia di Bobbio, passa dalla Liguria al Piemonte, e nel 1859 entrò a far parte nel Circondario di Bobbio della nuova Provincia di Pavia e quindi della Lombardia
Nel 1923, smembrato il circondario di Bobbio, passa alla Provincia di Piacenza e quindi all'Emilia-Romagna.

SANTO PATRONO

Lorenzo (in latino: Laurentius; Huesca, 225 - Roma, 10 agosto 258) venerato Santo per la Chiesa Cattolica, è stato uno dei 7 Diaconi di Roma, dove venne martirizzato nel 258 durante la Persecuzione voluta dall'Imperatore Romano Valeriano.


Le notizie sulla vita di San Lorenzo, che pure in passato ha goduto di una devozione popolare notevole, sono scarse.
Si sa che era originario della Spagna e più precisamente di Osca, in Aragona, alle falde dei Pirenei.
Ancora Giovane, fu inviato a Saragozza per completare gli Studi Umanistici e Teologici; fu qui che conobbe il futuro Papa Sisto II che lì insegnava, in quello che era, all'epoca, uno dei più noti Centri di Studi della Città e, tra quei maestri, il futuro Papa era uno dei più conosciuti ed apprezzati.
Tra Maestro e Allievo iniziarono quindi un'amicizia e una stima reciproche.
In seguito, entrambi, seguendo un flusso migratorio allora molto vivace, lasciarono la Spagna per trasferirsi a Roma.
Quando il 30 agosto 257, Sisto fu eletto Vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di Arcidiacono, cioè di Responsabile delle Attività Caritative nella Diocesi di Roma, di cui beneficiavano 1.500 persone fra Poveri e Vedove.
Ma, al principio dell'Agosto 258, l'Imperatore Valeriano emanò un Editto, secondo il quale tutti i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi dovevano essere messi a morte:

«Episcopi et presbyteri et diacones incontinenti animadvertantur»
(Tascio Cecilio Cipriano)

L'Editto fu eseguito immediatamente a Roma, al tempo in cui Daciano era Prefetto dell'Urbe: sorpreso mentre celebrava l'Eucaristia nelle Catacombe di Pretestato, Papa Sisto II fu ucciso il 6 agosto insieme a 4 dei suoi Diaconi e 4 giorni dopo, il 10 agosto, fu la volta di Lorenzo, che aveva 33 anni.
Non si è certi se egli fu bruciato con Graticola messa sul fuoco.

A partire dal 300, Lorenzo è stato uno dei Martiri più venerati nella Chiesa di Roma.
Costantino I fu il primo ad edificare un piccolo oratorio nel luogo del suo martirio che poi fu ampliato ed abbellito da Pelagio II (579-590).
Poi Sisto III (432-440) costruì una grande Basilica con 3 navate e l'Abside appoggiata all'Antica Chiesa, sulla sommità della collina dove Lorenzo fu seppellito; successivamente, nel 1200, Onorio III unificò i 2 edifici, che costituiscono la Basilica che esiste tutt'oggi.

Le vicende più note del Martirio di Lorenzo sono descritte, con ricchezza di particolari, nella «Passio Polychromì», di cui abbiamo 3 redazioni (400-600); che in questo racconto siano contenuti elementi leggendari è un dato di fatto, anche se talune notizie qui presentate sono note anche da testimonianze precedenti, come quella di Ambrogio nel «De Officiis Ministrorum»
La prima menzione del 10 agosto come data del martirio risale alla «Depositio Martyrum», uno scritto dell'anno 354.

Per il Martirio di Lorenzo abbiamo la testimonianza particolarmente eloquente di Ambrogio nel «De Officiis Ministrorum», ripresa, in seguito, da Prudenzio e da Agostino d'Ippona, poi ancora da Massimo di Torino, Pier Crisologo, Papa Leone I, ed infine da alcune Formule Liturgiche contenute nei «Sacramentali Romani», nel «Missale Gothicum» e nell'«Ormionale Visigotico».
Ambrogio si dilunga, dapprima, sull'incontro e sul dialogo fra Lorenzo e il Papa, poi allude alla distribuzione dei Beni della Chiesa ai Poveri; infine menziona la Graticola, strumento del supplizio, rimarcando la frase con cui l'Arcidiacono della Chiesa di Roma, rivolgendosi ai suoi aguzzini dice: «Assum est... versa et manduca», "È cotto... girami e mangia".
Forse fu per via di questo passo che si diffuse, nel Medioevo, la credenza secondo cui il corpo del Martire fu fatto a pezzi e dato in pasto alla Plebe Pagana vittima di una Carestia.
Il Testo Ambrosiano del «De Officiis» così si esprime:

«205. San Lorenzo,... vedendo il suo Vescovo Sisto condotto al martirio, cominciò a piangere non perché quello era condotto a morire, ma perché egli doveva sopravvivergli.
Comincia dunque a dirgli a gran voce: "Dove vai, padre, senza il tuo figlio?
Dove ti affretti, o Santo Vescovo, senza il tuo Diacono? Non offrivi mai il sacrificio senza Ministro.
Che ti è spiaciuto dunque in me, o padre?
Forse mi hai trovato indegno?
Verifica almeno se hai scelto un Ministro idoneo.
Non vuoi che versi il sangue insieme con te colui al quale hai affidato il sangue del Signore, colui che hai fatto partecipe della celebrazione dei Sacri Misteri?
Stà attento che, mentre viene lodata la tua fortezza, il tuo discernimento non vacilli.
Il disprezzo per il Discepolo è danno per il Maestro.
È necessario ricordare che gli uomini grandi e famosi vincono con le prove vittoriose dei loro Discepoli più che con le proprie?
Infine Abramo offrì suo figlio, Pietro mandò innanzi Stefano.
Anche tu, o padre, mostra in tuo figlio la tua virtù; offri chi hai educato, per giungere al premio eterno in gloriosa compagnia, sicuro del tuo giudizio".»

«206. Allora Sisto gli rispose: "Non ti lascio, non ti abbandono, o figlio; ma ti sono riservate prove più difficili.
A noi, perché vecchi, è stato assegnato il percorso d'una gara più facile; a te, perché giovane, è destinato un più glorioso trionfo sul tiranno.
Presto verrai, cessa di piangere: fra tre giorni mi seguirai.
Tra un Vescovo e un levita è conveniente ci sia questo intervallo.
Non sarebbe stato degno di te vincere sotto la guida del maestro, come se cercassi un aiuto.
Perché chiedi di condividere il mio martirio?
Te ne lascio l'intera eredità.
Perché esigi la mia presenza?
I Discepoli ancor deboli precedano il Maestro, quelli già forti, che non hanno più bisogno d'insegnamenti, lo seguano per vincere senza di lui.
Così anche Elia lasciò Eliseo.
Ti affido la successione della mia virtù".»

«207. C'era fra loro una gara, veramente degna d'essere combattuta da un Vescovo e da un Diacono: chi per primo dovesse soffrire per Cristo.
Nel nostro caso nessun desiderio spingeva San Lorenzo se non quello d'immolarsi per il Signore.
E anch'egli, tre giorni dopo, mentre, beffato il tiranno, veniva bruciato su una graticola: "Questa parte è cotta, disse, volta e mangia".
Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco»
(Sant'Ambrogio, «De Officiis Ministrorum», Libri Tres, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Roma, 1977, pp. 148-151.)

La tradizione dice anche in maniera più precisa che a Lorenzo fu promessa salva la vita se avesse consegnato i Tesori della Chiesa entro tre giorni.
Il 10 agosto, quindi, Lorenzo si presentò alla testa di un corteo di suoi assistiti dicendo:

«Ecco questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono.»

Racconti più particolareggiati del Martirio di Lorenzo furono composti anche all'inizio del 500.
In essi furono collegati tra loro in maniera Romantica e totalmente leggendaria vari Martiri della via Tiburtina e delle 2 Catacombe di Santa Ciriaca e di Sant'Ippolito.
I dettagli dati in questi atti del Martirio di San Lorenzo e della sua attività prima della morte non possono essere considerati credibili.
Si racconta, secondo la tradizione, che un Soldato Romano che assistette al Supplizio - mediante Graticola posta su carboni ardenti - raccolse con uno straccio gocce di sangue e grasso mentre il Martire spirava, portandole al paese di Amaseno (FR) dove la Reliquia è tutt'ora custodita e ogni 10 di Agosto avviene il miracolo della liquefazione del Sangue di San Lorenzo (molto simile al sangue di San Gennaro).

Ma il racconto di Ambrogio non è compatibile con le informazioni che si hanno sulla Persecuzione di Valeriano; soprattutto il particolare della Graticola dà adito a seri dubbi: le narrazioni di Ambrogio e Prudenzio si baserebbero più su tradizioni orali che su documenti scritti.
È possibile che dopo il 258 siano sorte leggende su questo Diacono Romano molto venerato, e che i 2 autori si siano basati su di esse.
Ciononostante, non vi sono dubbi sull'esistenza del Santo, sul fatto e sul luogo del suo Martirio e sulla data della sua sepoltura.
Una Reliquia si trova nel paese di Amaseno, l'Ampolla del Sangue di San Lorenzo Martire che ogni 10 agosto si liquefà

Attributi: Graticola, Palma, Dalmatica
Patrono di: Diaconi, Cuochi, Librai, Bibliotecari, Pasticcieri, Vermicellai, Pompieri, Rosticceri e Lavoratori del Vetro.
Patrono: dello Sri Lanka, di Grosseto, Norimberga, Rotterdam, Tivoli, Rapino e molti altri luoghi; compatrono di Roma e Perugia.

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