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Calabria: Diamante il paese dei murales e del peperoncino


Diamante (Diamàndë in calabrese, Diamandè in greco bizantino) è un comune italiano della provincia di Cosenza in Calabria.
È sito sulla costa tirrenica nord occidentale della Calabria. 

Posta al centro della Riviera dei Cedri con i suoi circa 8 km di spiaggia dalle variegate combinazioni di sabbia e di colore, nonché il mare cristallino ed i fondali sempre diversi ne fanno una delle mete turistiche della Calabria. Diamante possiede una delle 2 uniche isole della Calabria, l'isola di Cirella, un piccolo isolotto dalla forma suggestiva e dalla flora selvaggia dove i fondali sono splendidi e regna la Posidonia argentata.
Con la SS 18 arrivo nel paese reso famoso oltre i confini calabresi, dal Festival del Peperoncino e dai sui murales.

In Treno, da Roma, cambiando a Napoli Centrale, proseguire per l'interno con la ferrovia a scartamento ridotto delle Calabro Lucane, si arriva alla Stazione di Diamante-Buonvicino.
Mentre in Automobile, seguendo la Statale N. 108 Tirrena Inferiore, che scorre lungo la costa, or avvicinandosi, ora allontanandosi, sempre con bei paesaggi, valicando alcuni corsi d'acqua, si accosta alla ferrovia nel tratto in cui si vede a sinistra, una stretta punta sabbiosa con alcuni scogli  chiamati "Oremus", perché di lì partirono i 7 Francescani calabresi Martiri in Marocco nel 1227.
La strada continua a correre al di sopra della linea ferroviaria lungo la stretta piana costiera, detta Riviera dei Cedri, e rasenta la Stazione di Diamante-Buonvicino, incontra a destra la strada per Buonvicino mentr sulla sinistra, un brevissimo tratto sovrappassa la ferrovia, portando a Diamante, grazioso paese situato su una sporgenza tra piantagioni di Cedri; centro peschereccio.
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DIAMANTE
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Regione: Calabria
Provincia: Cosenza CS
Altitudine: 22 m slm
Superficie: 12,21 km²
Abitanti: 5.295
Nome abitanti: Diamantesi o Adamantini

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GENIUS LOCI
(spirito del luogo)

Diamante è un vecchio borgo marinaro; definita la "Perla del Tirreno" un secolo fa dalla scrittrice e giornalista Matilde Serao; è la "Città dei Murales", con le sue oltre 300 opere d'arte dipinte sui muri del Centro Storico, ma anche la "Città del Peperoncino", con la sede dell'Accademia del Peperoncino che organizza ogni anno il Peperoncino Festival, manifestazione che ha raggiunto da tempo la notorietà internazionale.
Posta su un promontorio roccioso incuneato in un mare cristallino, ha 8 Km di spiaggia che si estendono fino alla frazione dell'antica Cirella, che aggiunge alla più recente origine di Diamante una storia molto più antica. 
Spiaggia dalle variegate combinazioni di sabbia e di colore, nonché il mare cristallino ed i fondali sempre diversi, possiede, appena al largo, come una nave alla fonda, l'isola di Cirella, un piccolo isolotto dalla forma suggestiva e dalla flora selvaggia. 
Ma il territorio di Diamante non è solo mare, anche agricoltura, con le sue vigne che producono vini di alta qualità e, parte integrante della Costa dei Cedri con le sue cedriere, produce i mitici Cedri lisci di Diamante, sacri per il popolo Ebraico.

ORIGINE del NOME
(Toponomastica)
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L'etimologia del nome "Diamante" è sempre stata un vero rompicapo per i glottologi e gli studiosi di toponomastica: secondo alcuni è legato agli "Amantes", greci che per molto tempo si stabilirono in questo territorio, mentre per molti altri è legato al vecchio nome del torrente Corvino, ovvero "Fiume di Diamante", denominazione che gli diedero i Romani scambiando le scaglie di mica presenti nel torrente per schegge di diamanti.
Nella dizione dialettale è Diamàndë; il toponimo pare proprio corrispondere a diamante nel senso di gioiello, ma sfugge la motivazione della designazione che si confronta con Diamant (La Martinique), Diamante (in Argentina) citati da Rohlfs, o a Ermeraldas (in Ecuador) ed altri.  

Il primo insediamento fu la Torre di Guardia costruita nel 1500 dai Sanseverino, attorno alla quale si formò il primo nucleo di abitanti. 
Intorno al 1600 si sviluppò come pertinenza della vicina Belvedere, feudo del Principe di Bisignano, Tiberio Carafa. 


È il tardo pomeriggio, provenendo da Grisolia, entro per Via della Libertà e parcheggiata l’auto sul Corso Vittorio (balconata lungomare), mi siedo al tavolino di una gelateria per una pausa al limone con vista sul mare.
Successivamente mi dirigo verso la parte antica dell’abitato per visitare la galleria d’arte a cielo aperto costituita dai murales tra i vicoli.
Per fortuna non è ancora cominciata la stagione estiva e tutto è godibile nel massimo della tranquillità e silenzio.


TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Il paese ha il suo centro storico arroccato sugli scogli del "Trijùnu" e del "Timpùnu" che vi formano una punta naturale con la forma caratteristica di un foglia trilobata dal nome greco "’Trion", che vuol dire "foglia di fico".
Il borgo antico sorge su un promontorio che si spinge nel mare, all'interno del quale palazzine si stringono le une alle altre per resistere al vento di mare, attraversate da vicoli colorati da peperoncini rossi appesi ai balconi, intercalati da murales è presente la Chiesa dell’Immacolata Concezione, costruita nel 1600 ed intitolata alla Patrona.
L'interno della Chiesa, comprende una navata unica con un pregevole fonte battesimale.


La cittadina, stagliandosi sul mare, ha come prerogativa turistica la valorizzazione della costa.
Ciò che ritrae Diamante come una cartolina è il famoso Lungomare Vecchio, soprastante la scogliera antistante il Porto, imponente e curato nei dettagli.



Murales: Diamante è una vera e propria galleria d'arte all'aperto, grazie ai numerosi affreschi che impreziosiscono i vicoletti e le piazze del borgo. 
L'idea, denominata Operazione Murales, è stata del compianto Maestro Nani Razzetti, pittore milanese ma diamantese di adozione, che con questa iniziativa voleva far rivivere il vecchio borgo marinaro: nel mese di giugno del 1981, Diamante ospitò 83 pittori italiani e stranieri che dipinsero i muri del Centro Storico. 


Da allora, l'iniziativa si ripete ogni anno, il numero dei murales è in costante crescita; oggi se ne contano più di 300 inclusi quelli eseguiti nella vicina Cirella. Suggestivo il murales a mosaico presente sulla parete esterna della Chiesa dell'Immacolata Concezione: racconta l'antica storia della Calabria a partire dal ritrovamento del graffito preistorico nella Grotta del Romito a Papasidero. Il murales più grande, si estende per più di 50 metri, si trova nella piazza antistante il Comune e racconta graficamente la storia di Diamante: le origini con l'antico borgo di Cirella, le cedriere e la candidatura del cedro, la leggenda della Madonna venuta dal mare, i pescatori con le loro reti, il Giro d'Italia del 2005 ed infine il Festival del Peperoncino.


CULTURA

A Diamante si tengono numerose iniziative culturali e seminari di filosofia organizzati dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, grazie alla collaborazione del filosofo Nuccio Ordine, originario di Diamante, docente di Letteratura italiana presso l'Università della Calabria e tra i maggiori studiosi della figura e dell'opera del filosofo Giordano Bruno.

Guarda il video (qui sopra) con gli Acquarelli dedicati a Diamante e se ti interessa acquistarne qualcuno (stampe e/o oggettistica),vai alla gallerie online cliccando sul logo sottostante


CIAK SI È GIRATO A Diamante

Diamante è stata spesso scelta come location per film cinematografici, fiction e programmi televisivi.
Tra i lungometraggi ricordiamo:


Per sempre di Alessandro Di Robilant su soggetto di Maurizio Costanzo (2003) con Giancarlo Giannini e Francesca Neri


TRAMA: Giovanni è un avvocato penalista che ha successo sia in campo lavorativo sia nelle conquiste extraconiugali, nonostante un felice matrimonio.
La sua vita viene però sconvolta dall'improvvisa intrusione di Sara, una bella professionista che conquista gli uomini solamente per combattere la noia. 

Le conseguenze di questa relazione porteranno Giovanni a cadere in un grave stato di prostrazione fisica e psichica, che, nonostante le cure del dottor Doddoli, lo porterà alla morte. 
Il medico, ferito per l'insuccesso professionale, decide di tentare di ricostruire le cause che hanno portato l'avvocato alla morte.

Ma l'amore... sì! di Tonino Zangardi e Marco Costa (2006) con Anna Maria Barbera, Elena Burika e Gianni Pellegrino


TRAMA: A nonno Alcide viene organizzata una festa a sorpresa dai suoi numerosi parenti.
Esso però muore d'infarto. Il caro estinto risulta esser stato un risparmiatore incallito e lascia una cifra sorprendente ai due figli, Alfredo e Nunzio, che all’improvviso si ritrovano a dover gestire una grande somma di denaro.
Su consiglio di Nunzio, il fratello più giovane, Alfredo decide di traslocare a Roma per aprire un ristorante di cucina tipica calabrese, Il Piparedduzzo. 



L'abbuffata di Mimmo Calopresti (2007) con Gérard Depardieu, Diego Abatantuono e Nino Frassica


TRAMA: 3 ragazzi di Diamante, decidono di girare un cortometraggio che riguarda la propria terra.
Mancano 2 elementi a cui sopperire: il regista e l'attore protagonista.
Per il primo a nulla valgono le pressioni affinché un regista in vacanza in quel paese da 4 anni per trovare l'ispirazione, Neri, riprenda la macchina da presa.
Per il ruolo d'attore non c'è molta scelta, in paese nessuno risponde alle caratteristiche richieste. Decidono allora di andare a Roma per cercare qualcuno, dopo tanti "no" un'attrice propone ai 3 il suo fidanzato francese: è Gérard Depardieu.
La sera in cui bisogna girare c'è tutto: la festa, gli attori, i registi (i 3 ragazzi), solo che un evento inaspettato non gli permetterà di realizzare la pellicola.




Grande Sud di Daniele Cribari (2014)

 

Tango del Mare scritto e diretto da Francesco Presta e Ferdinando Romito


MUSICA



LETTERATURA

Nuccio Ordine (Diamante 1958) è un filosofo, letterato e docente universitario di Letteratura Italiana.
Nel 1982 si laurea con 110 e lode in Lettere Moderne, presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università della Calabria.
La sua tesi di laurea, seguita dal relatore Giulio Ferroni, si intitola "Asinus ad litteras" la letteratura dell'asino nel 1500.
L'anno successivo, dopo aver superato un concorso nazionale, frequenta il dottorato di ricerca in «Scienze letterarie: retorica e tecniche dell'interpretazione» presso la stessa Università.
Specializzatosi in pubblicazioni sul Rinascimento e su Giordano Bruno, negli anni tiene lezioni in Università prestigiose quali Harvard, Yale, New York University, Ecole Normale Supérieure Paris, Sorbona, Warburg Institute ed Eichstätt University.

È Membro d’Onore dell’Istituto di Filosofia dell’Accademia Russa delle Scienze (2010) e ha ricevuto in Brasile 3 lauree honoris causa.
È stato insignito in Francia delle Palme Accademiche (Commandeur, 2014) e della Légion d’Honneur (2012). Il Presidente della Repubblica lo ha nominato Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (2010).
In Francia dirige, con Yves Hersant, 3 collane di classici (“Les Belles Lettres”) e in Italia la collana “Classici della letteratura europea”.
È Presidente del Centro Internazionale di Studi Telesiani, Bruniani e Campanelliani.
Collabora al «Corriere della Sera».


DIALETTO
(Proverbi e Modi di dire)

Il dialetto di Diamante, fa parte dei dialetti dell'area arcaica calabro-lucana o area Lausberg che comprendono le parlate dell'area posta geograficamente a cavallo tra la Basilicata meridionale e la Calabria settentrionale, definita area Lausberg dal nome del linguista tedesco, Heinrich Lausberg, che l'ha esplorata ed analizzata per primo.
Appartengono linguisticamente al gruppo dei dialetti lucani.



«La zona 'mista' tra l'area arcaica calabro-lucana e l'area calabrese cosentina si sta espandendo a scapito della stessa zona arcaica.
Ormai lungo la costa tirrenica la zona mista arriva da Diamante a Scalea e a Praia a Mare.»
(Michele A. Cortelazzo, Alberto M. Mioni, L'Italiano Regionale, a cura della Società di Linguistica Italiana, pag. 25-26)


A scjùmu cittu nun ci jì, ca t’annìchi (le persone silenziose sono pericolose)

  
PRODOTTI DEL BORGO

Il Cedro è il prodotto tradizionale della riviera dei cedri di cui Diamante è il principale centro.
"Riviera dei Cedri" è il toponimo che identifica una fascia di litorale tirrenico della Calabria che comprende anche una parte del territorio montano che si trova immediatamente a ridosso della zona costiera.
Il nome “Riviera dei Cedri” deriva dalla diffusa coltivazione del Cedro nella varietà del Cedro Liscio.
In questa zona si produce il 98% della produzione Nazionale di Cedro ed è il primo e unico sito in cui si coltiva quello che viene definito “l’oro verde di Calabria”.
L’origine della coltura del Cedro è antichissima.
Secondo alcuni studi, la si potrebbe far risalire al tempo degli Egizi, quindi a circa quattromila anni fa.
In Italia il Cedro era noto già al tempo della Magna Graecia e dei Romani.
A quei tempi, però, non veniva utilizzato come alimento ma come repellente contro zanzare e altri insetti.
La teoria più accreditata sulla diffusione di questa coltura, è quella che attribuisce il merito alle comunità ebraiche.
Infatti, importandolo dall’Egitto, ne diffusero la coltivazione prima in Palestina e poi in tutte le altre regioni dove furono costretti a emigrare per sfuggire alle deportazioni.
Il Cedro è un agrume molto legato alla cultura e alle tradizioni ebraiche.
In particolare, il Cedro Calabrese, viene impiegato durante una delle più importanti Feste Ebraiche: la Sukkoth o Festa dei Tabernacoli.
I Rabbini di varie parti del mondo, giungono in Calabria alla ricerca dei Cedri perfetti da poter utilizzare tra settembre e ottobre durante la Festa.



Il liquore al cedro viene prodotto localmente in modo artigianale e ottenuto per l'infusione della corteccia.
Vi si produce inoltre il cedro candito, ottenuto da un complesso procedimento di salamoia.


Il cedro non è un frutto commestibile allo stato fresco, ma necessita di opportune trasformazioni.
Per questi motivi la quasi totalità della produzione di cedro è destinata all'industria alimentare, farmaceutica e cosmetica.
Nel territorio calabrese sono presenti pochissime imprese artigianali che trasformano questo prodotto, dove vengono canditi e poi usati per la preparazione di dolci, ricoperti di cioccolato o consumati tal quali durante le feste natalizie.


Le alici conservate sotto sale e peperoncino in recipienti di creta detti cugnitti.
 
Altro prodotto tipicamente legato alla gastronomia calabrese è il peperoncino, al quale a Diamante dal 1992 è dedicata una manifestazione annuale denominata Peperoncino Festival.


Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi, infatti, dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5.500 a.C. era conosciuto e coltivato dagli indiani del Cile e del Messico.
Portato in Europa dalle Americhe da Cristoforo Colombo col suo secondo viaggio, nel 1493 e diffuso in Europa dagli Spagnoli, che non per niente ebbero una forte presenza nell'area meridionale d'Italia con il Regno delle due Sicilie.
E' caratteristico e abituale veder pendere sui terrazzi trecce rosse di peperoncini ad essiccare.

Il peperoncino è una pianta (e frutto) appartenente al genere Capsicum (lo stesso dei peperoni dolci) della famiglia delle Solanacee.
Secondo alcuni, il nome latino "Capsicum" deriva da "capsa", che significa scatola, e deve il nome alla particolare forma del frutto che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. 

Altri invece lo fanno derivare dal greco kapto che significa mordere, con evidente riferimento al piccante che "morde" la lingua quando si mangia. 


Tra i vini calabresi dotati di una loro individualità c'è il Chiarello di Cirella, un vino ampiamente citato da numerosi fonti, tra le quali occorre ricordare le più importanti.

Nel 1492 il Re Ferdinando di Aragona scriveva al poeta napoletano Pontano di aver inviato in dono, al Pontefice appena eletto, 24 botti di vino, tra cui 9 del Chiarello di Cirella.
Lancerio Sante, degustatore della corte Pontificia, nel 1500 scriveva un libro sui migliori vini italiani, in cui una scheda era dedicata al Chiarello di Cirella.
Lo stesso parlava di imitazioni del medesimo Chiarello a Grisolia e Orsomarso, ribadendo, però, che il Chiarello originale era solo quello del territorio di Cirella, soprattutto per il suo inconfondibile profumo. Il tentativo, seppure non riuscito, di imitare il vino, di falsificarlo, ne confermava, comunque, la grande bontà.
Torquato Tasso, alla fine del 1500, definiva il Chiarello superiore ai vini francesi.
Bacci, enologo di fama nazionale, nel 1600 definiva Cirella Vinipoli, la città del vino.
Infatti Marilena de Bonis, in "Terra d’uve" (2003), riporta una frase del Bacci e così la commenta: «Che cosa intende il Bacci con il termine Vinipoli?
Certamente Cirella, cioè la città del vino».
La de Bonis, sempre in "Terra d’Uve", dedica al Chiarello il maggior numero di citazioni e di pagine

Non c’è confronto tra lo spazio dedicato al vino di Cirella e lo spazio riservato agli altri vini di una regione che, tra l’altro, fu per lungo tempo la regione produttrice dei migliori vini italiani.
Tra l’altro la studiosa cosentina, citando proprio il caso di Cirella, nota come ci sia una corrispondenza tra le stazioni di posta (cioè di cambio dei cavalli) segnalate sulla Tabula Peutingeriana e le località note per la produzione di vini pregiati.
Il Chiarello di Cirella veniva inoltre citato da Giuseppe Maria Galanti, nel 1700, e da Vincenzo Padula, nel 1800.

Le origini del vino calabrese, infatti, si perdono nella notte dei tempi.
Furono i Greci a introdurre la coltivazione della vite nella Magna Grecia, quindi in Italia.
Uno studioso tedesco, il Vandermesch, ha delineato un vero e proprio triangolo geografico magno-greco che va da Elea-Velia, in Lucania, fino a Tropea; un triangolo che include, quindi, anche Cirella, dove è attestata, secondo quanto ci riferisce Plinio il Vecchio, la presenza del “Portus Parthenius Phocensium”, vale a dire il Parthenio Porto dei Focesi.
Per i greci si trattava, infatti, di vera e propria coltivazione della vite, comprensiva di regolare potatura, mentre dall’Odissea sappiamo che la vite selvatica, non propriamente coltivata, era già conosciuta dagli Italici.
Probabilmente proprio per queste sue origini magno-greche il vino calabrese era conosciuto genericamente nel Medioevo come greco.
Di certo si tratta di quel greco, in genere bianco, così pregiato da essere il solo vino che voleva bere Cecco Angiolieri, distinguendolo dai vini latini, rossi, che venivano coltivati ad alberi, quindi potati solo ogni 2 - 3 anni.
A partire dal periodo tardo-medievale, sembrerebbe che a Cirella fossero 2 le tipologie di vini presenti sul territorio: oltre al Chiarello era presente, infatti, il Cerasuolo, vino rosso meno pregiato del primo, ma che tuttavia godeva di un certo prestigio, che gli derivava proprio dal luogo in cui veniva prodotto, ovvero da Cirella-Vinipoli, la città del vino, tenendo conto che le proprietà terriere dei cirellesi erano molto estese ed arrivavano fino al confine col fiume Abatemarco.
Il Chiarello di Cirella era molto conosciuto ed apprezzato nelle Corti italiane rinascimentali, soprattutto presso la Corte Pontificia di Papa Paolo III (1534-1549), dove il Chiarello era annoverato tra i 53 vini più buoni d’Italia, secondo quanto raccontato da Sante Lancerio, storico “bottigliere” del Papa, il quale scriveva: «Ne vengono assai, i quali si vendono per Chiarello, ma volendo conoscere se siano de Chiarella, et la loro perfetta bontà, bisogna che sia di colore acceso più che l’oro, et odorifero assai, perché non odorando sarebbe di Grisoglia od Orsomazzo luoghi vicini a Cirella»
Grazie ad un’accurata ricerca storica, il Sommelier Giuseppe Palmieri, referente tecnico di "Calici Sotto le Stelle", è riuscito a rintracciare un bando del 1589 della Camera Apostolica a firma del Cardinale Enrico Caetano, Camerlengo di Santa Romana Chiesa.
Del bando, che ammoniva e sanzionava coloro che spacciavano per Chiarello vino non proveniente da Cirella, si riportano alcuni passi, a testimonianza della fama di cui il Chiarello godeva in quell’importante fase della nostra storia:

«Poiché noi volendo in ossequio al nostro compito, porre debito rimedio a questi danni e a questi inconvenienti, su mandato della Santità di nostro Signore e per l’autorità del nostro ufficio, non venendo meno al nostro primo bando, di nuovo ordiniamo ed espressamente raccomandiamo a qualunque persona di qualsivoglia stato, grado, titolo e dignità, così secolare come ecclesiastica, e - fra gli altri - ai mercanti, ai possessori di imbarcazione, ai marinai agli osti e ad altre simili persone, che sotto pena di cento scudi d’oro in oro, la perdita dei vini e delle barche, e altri vascelli che portassero (questo vino) […] che non ardiscano e non presumano di vendere per Chiarelli altre sorte di vini se non quelli che realmente siano stati raccolti nella terra di Cirella e nel suo territorio e distretto che dall’età antica si sono chiamati Chiarelli; anzi devono imbarcare, condurre e vendere fedelmente e realmente, schietti, puri e sinceri senza frode, inganno o scambio e nel modo in cui saranno raccolti». 



PIATTI DEL BORGO

Essendo un vecchio borgo marinaro, molta della cucina tipica è a base di pesce, come le "alici chiini" (alici ripiene), la frittura di "paranza" (misto di pesce di piccole dimensioni), la Cernia alla diamantese (cotta al forno con aromi naturali: pomodoro, olive e capperi), le pitticelle di rosamarina, le frittelle a base di bianchetto, la rosamarina con il pepe, il cosiddetto caviale dei poveri.
Si possono assaggiare i "panicilli", acini di uvetta aromatizzata avvolti nelle foglie del cedro, legati con un giunco e infornati, che anche Gabriele D'annunzio definiva un'autentica delizia.
La gastronomia, in un certo modo, ha delle attinenze con le feste paesane, avendo anche i riferimenti principali col Natale e con la Pasqua, come ad esempio le "Chinole", dolce Natalizio a base di castagne, nocciole e cioccolata fondente.

 

Il Peperoncino in cucina viene mangiato cotto o crudo per la sua capacità di bruciare il palato, concentrata nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che producono la capsaicina, la quale poi scivola lungo la capsula.
Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto.
In Calabria il peperoncino è ampiamente usato che ne ha fatto la base dei propri piatti regionali.
Possono essere mangiati crudi, sott'olio, essiccati o lavorati per creme e salumi piccanti ('nduja, salsiccia calabrese, soppressata calabrese o spianata calabra.) Può essere mangiato anche con verdure come la lattuga.
 
SANTA PATRONA

L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da Papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla "Ineffabilis Deus", che sancisce come la Vergine Maria sia stata concepita preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento; tale dogma non va confuso con il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria.
Il dogma dell'Immacolata Concezione riguarda il peccato originale: per la Chiesa Cattolica, infatti, ogni essere umano nasce con il peccato originale e solo la Madre di Cristo ne fu esente: in vista della venuta e della missione sulla Terra del Messia, a Dio dunque piacque che la Vergine dovesse essere la dimora senza peccato per custodire in grembo in modo degno e perfetto il Figlio divino fattosi uomo.



STORIA

Fu per caso, durante una tempesta, che i Focesi, abitanti della Lìdia, una regione sulle coste dell’Asia Minore, eseguendo i loro primi scambi commerciali via mare con gli Osci, Lucani ed Etruschi, scoprirono questa insenatura come una rada sicura per attraccare le loro navi.
Terminate le Guerre Puniche, il dominio di Roma si consolidò ulteriormente e questa si ritrovò con un’immensità di provincie da governare.
Furono proprio i Romani portati dai loro viaggi a sostare sempre più di frequente nei pressi della foce del Torrente che, scambiando scaglie di mica per schegge e pietre di diamanti, diedero ad esso il nome di "Fiume del Diamante" come riportavano le carte topografiche fino al 1600 circa.
Quindi, alcuni marinai si stabilirono sulla collina di "Malfitano", chiamata così a loro ricordo e, proprio nei pressi della foce del Torrente, costruirono un mulino che presto denominarono "u Mulìnu du Cùrvu".
Dall’epoca dei Romani il "Fiume del Diamante" estese in breve tempo il nome al territorio circostante dando origine alla "Terra del Diamante", toponimo che passò più tardi all’agglomerato urbano come riportavano le carte topografiche dal 1692 in poi (sull'argomento però non mancano altre ipotesi).

Verso gli inizi del 1500 sopra gli scogli del Trione sulla "Punta di Diamante"
Don Girolamo Sanseverino Principe di Bisignano, padrone del territorio di Diamante dal 1465, fece costruire un Torrione di guardia, prima difesa contro le incursioni Saracene e piratesche.
Ma più che a Diamante, che ancora non esisteva come paese (pur essendo già famoso per i capperi e le ginestre che crescevano selvaggiamente sul roccione del Timpone), la Torre era utile come avamposto ai territori di Belvedere e Buonvicino, per evitare di essere sorpresi da eventuali attacchi da nord o dal mare.
Intorno al Torrione dei Sanseverino sorse, più tardi, una fortificazione del territorio ad opera del Principe di Bisignano Tiberio Carafa, padrone dei territori di Belvedere Marittimo e di Diamante già dal 1622.
Passato il pericolo delle incursioni Saracene, la gente che si era rifugiata nei paesi interni man mano comincia a spostarsi verso la costa dove avevano lasciato le varie attività agricole e dove il mare poteva essere non solo occasione di pesca, e quindi di sostentamento per vivere, ma anche un mezzo per iniziare un’intensa attività di traffici commerciali più immediati.
Il primo nucleo di abitanti venne incrementato nel 1647 da 2 famiglie ribelli di Amalfi, ricercate dal Viceré spagnolo di Napoli Don Rodrigo Ponce de Leòn, Duca D’Arcos, per aver fiancheggiato Masaniello nella sua rivolta.
Successivamente benestanti e commercianti napoletani, amalfitani e salernitani, e nobili famiglie, anche di origine spagnola, vi si stabilirono per la posizione e l'amenità del luogo dando vita al centro abitato.
L’ultimo incremento della popolazione si ha nel 1649 con l’arrivo di altre 2 famiglie provenienti da Maierà, le quali, vessate dalle tasse e dalla prepotenza della Principessa Donna Caterina Manriquez di Marano, patrona di Maierà e Cirella, di nascosto domandarono al Carafa di metterli sotto la sua protezione, avendo le loro abitazioni proprio sul confine, con Diamante, segnato dal Corvino.

Nell’attuale zona del Calvario, dove sorge il Palazzo Siniscalchi, di fronte al Torrione, fu edificata dal Sanseverino una Chiesetta, dotata di cimitero, dedicata a San Nicola di Bari.
Nel 1500 sotto i Sanseverino, fino a circa la fine del 1700, Diamante esportava in quasi tutta Italia ed in alcuni paesi europei lo zucchero prodotto nelle piantagioni del Principe Tiberio prima, e di Francesco M. Carafa dopo.
Nella contrada "Pirrùpu" esisteva una fabbrica di tessuti chiamata "a Filànna".
Ma il Carafa non aveva la sua residenza effettiva a Diamante e, ad un certo punto, il piccolo paese si trovò sprovvisto di un suo diretto rappresentante per poterlo governare, come si voleva in quei tempi di feudalesimo.
Così la scelta cadde sul giovane Duca Don Diamante Perrone, vassallo del Carafa.
Essendo stata sconsacrata la Chiesa di San Nicola, Diamante rimase anche senza un luogo di culto dove poter svolgere le funzioni sacre e il Principe Tiberio Carafa, religioso e molto devoto alla Madonna, decise di far costruire, a proprie spese, donando 37 ducati, una nuova Chiesa da dedicare all’Immacolata Concezione, donandole anche la monumentale statua dell’Immacolata Concezione da collocare sull’altare maggiore, commissionandola ad uno scultore toscano.
Verso l’inizio del 1800, il centro abitato di Diamante s’ingrandì estendendosi fino all’attuale contrada dell’"Aquàra", sul cui lato a mare esisteva una vasta area incolta, usata come piazza, dove fu edificata una Cappella dedicata ai 40 Martiri di Sebaste che poi divenne una graziosa Chiesetta.

Nella piccola comunità di Diamante, verso la metà del 1800, la vita trascorreva all’insegna del lavoro e della ritrovata tranquillità; ma una notte d’inverno fu turbata da un fatto raccapricciante, a seguito del quale fu costruito un Arco per installarvi al suo interno un portone di ferro "a Porta da Terra".

Intanto, nel 1811
Cirella, borgata del comune di Maierà, con referendum viene aggregata a quello di Diamante.

Diamante divenne un discreto centro per la pesca e l'agricoltura, grazie alla nutrita flotta e alla produzione del cedro.
Le caratteristiche particolari di questo agrume nella sua varietà autoctona denominata "cedro liscio" di Diamante (di grosso taglio e profumata, destinata in gran parte alla canditura), lo resero unico e conosciutissimo sul mercato mondiale; grazie alla sua massiccia esportazione verso Israele e gli USA, dove era usato dalle comunità ebraiche che in occasione della festa di Sukkot inviano ancor oggi i propri Rabbini a selezionarlo, il cedro divenne una voce economica consistente del bilancio della comunità.

Alla fine del 1800, un avvenimento contribuì allo sviluppo di Diamante: la costruzione del tronco ferroviario Napoli-Reggio Calabria.

Con l’arrivo dei primi turisti a Diamante, i bar che si trovavano sul Corso Vittorio Emanuele, si organizzarono alla meglio, mettendo i primi tavoli sui marciapiedi antistanti i locali stessi, per la degustazione di gelati e della granita di cedro, di produzione propria ammirando la scogliera, sulla quale, nacque la prima balera denominata "a Pista".
 

ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici e Storici)


Chiesa dell'Immacolata Concezione: è nel punto più alto del Centro Storico, costruita nel 1600 per volere del Principe di Bisignano, Tiberio Carafa, inglobando la Cappella delle Anime del Purgatorio sulla quale fu innalzato il campanile, che ancora oggi domina l'intero centro abitato. 
L'interno è a navata unica, si presenta in stile neo classico con leggero influsso del barocco, al centro troneggia la monumentale statua lignea dell'Immacolata Concezione scolpita su un tronco di ulivo e alta circa 2 metri, dono del Principe. Nel corso degli anni la chiesa è stata ampliata e restaurata più volte grazie al contributo di tutti i diamantesi, in particolare delle famiglie nobili devote della Madonna; l'ultimo restauro risale al 1985. 

Monastero di San Francesco di Paola: ubicato nella parte più alta del promontorio di Cirella, a qualche centinaio di metri dalle antica mura, fu costruito nel 1545 dai Frati dell'Ordine dei Minimi; annessa vi è la chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie. 
Abbandonato dai francescani nel 1810 in seguito alla legge napoleonica sulla confisca dei beni del clero e la soppressione degli ordini religiosi oggi è in fase di ristrutturazione. 

Palazzo Ducale: costruito nel 1700 dai Catalano-Gonzaga, Duchi di Cirella, oggi è un'elegante struttura alberghiera di Cirella, in Via Vittorio Veneto. 
Nel cortile d'ingresso, cui si accede dal caratteristico portale, si può ammirare una colonna romana e l'antica scalinata in pietra viva. 

Chiesa di Santa Maria dei Fiori: si affaccia lungo il corso principale di Cirella, Via Vittorio Veneto. 
edificata, probabilmente su una preesistente cappella bizantina, nel 1637: sul portale d'ingresso in tufo vi è un'iscrizione che ne riporta l'anno. 
Presenta una struttura a 3 navate; all'interno sono conservati affreschi del 1400 e del 1500 provenienti dalla Chiesa di San Nicola Magno di Cirella Vecchia, monumenti funerari di esponenti della famiglia nobiliare dei Catalano-Gonzaga e diverse statue lignee, particolare quella della Madonna che sostiene il Bambino con il braccio sinistro e non con quello destro come è di norma nelle rappresentazioni lignee. 


Siti Archeologici

Mausoleo Romano: ben visibile dalla SS 18, si trova in località Tredoliche. 
E' un sepolcro monumentale di epoca imperiale, databile tra la fine del I ed il III secolo d.C., costituito da un poderoso muro circolare in laterizi con un diametro di circa 10 metri con ingresso sul lato ovest (verso il mare); all'interno, un vano unico scandito da tre nicchie parietali. 
L'antico sepolcro faceva parte di una grande necropoli scoperta nel 1960 durante i lavori di costruzione della SS 18, quando vennero alla luce ben 39 tombe di epoca romana.

La frazione Cirella, attualmente attrezzato centro balneare, è ricca di storia e di reperti che testimoniano l'importanza di questa fiorente città della Magna Grecia di nome Cerillae.
Insediamenti del Paleolitico superiore sono presenti nel territorio della frazione presso la grotta dello scoglio di San Giovanni.
Fu una delle prime città della zona fondata dagli Ausoni e di essa hanno scritto Strabone, Diodoro Siculo e Silio Italico, che afferma essere stata distrutta da Annibale per mezzo del suo generale Annone nel 203 a.C., per la fedeltà dimostrata a Roma.
Divenne un centro importante grazie alle esportazioni commerciali tra Roma e la Magna Grecia: vi sorsero templi e ville romane, di epoca imperiale, le cui vestigia sono ancora visibili.
La città fu distrutta e ricostruita numerose volte nel corso dei secoli.
La Chiesa parrocchiale di Santa Maria de Flores contiene un capitello medievale di stile corinzio, adibito a portacero pasquale, un busto ligneo della Madonna con Bambino del 1200 e opere varie provenienti da una Chiesa di Cirella Vecchia.
Verso la costa è visibile l'isolotto di Cirella con alla sommità rovine di antiche fortificazioni costruite per prevenire lo sbarco dei Mori.
Guardando in alto, alle spalle di Diamante verso l'interno, su una altura, si scorgono le rovine di Cirella vecchia distrutta dalla flotta francese nel 1806; sono interessanti in questo sito le rovine di un Castello ed i resti di una Chiesa con campanile romanico e residui di affreschi.
Alle pendici del colle sono state rinvenute varie necropoli oltre al più noto Mausoleo di Cirella, una tomba monumentale di età romana poi adibita a edificio di culto cristiano per divenire successivamente deposito di prodotti agricoli.

TRADIZIONI - EVENTI

Festival del Peperoncino

Il "Festival del peperoncino" o "Peperoncino Festival" è una rassegna culturale e gastronomica che ha luogo a Diamante sin dal 1992, si svolge nei primi giorni di settembre (vai al sito)
Il festival è stato ideato dal giornalista Enzo Monaco in occasione del cinquecentenario della scoperta delle Americhe, evento che ha dato inizio all'importazione in Europa del peperoncino, comunemente utilizzato nella cucina calabrese.



La manifestazione dura circa una settimana, nella quale si svolgono le degustazioni della mostra "Mangiare Mediterraneo", i "Laboratori piccanti", le mostre, il cabaret, la "Rassegna del cinema piccante", la presentazione di libri, la premiazione della migliore tesi di laurea sul peperoncino e anche convegni medici. 
A Diamante ha inoltre sede l'"Accademia italiana del Peperoncino" che conta migliaia di associati in tutto il mondo (vai al sito).

Calici Sotto le Stelle

Programmata nella terza settimana di luglio e di agosto, la manifestazione pone al centro dell'attenzione la promozione e la valorizzazione dell'enologia calabrese, il tutto nel magnifico scenario dei ruderi di Cirella, importante frazione del comune tirrenico. (vai al sito)



Il popolo diamantese è molto religioso e questa religiosità è vissuta con tradizionalità, pur essendo stata adattata alle nuove norme della liturgia post conciliare.

Così a Diamante, oltre alle 2 feste patronali dell’Immacolata (
8 dicembre e 12 agosto, si celebrano altre feste nel corso dell’anno:
Festa Terza Domenica di Maggio - processione in mare con la statua dell'Addolorata protettrice dei pescatori di Diamante.
 


Una processione che prevede l'imbarco della statua dell'Addolorata ed il viaggio della stessa, con un seguito di altre barche, lungo il braccio di mare antistante Diamante.

Correva l'anno 1993, il giorno 16, del mese di maggio.
Era una Domenica.



Nelle sere di Quaresima fino al Sabato Santo riecheggiano i canti della "Passione di Gesù" ed il "Pianto di Maria" eseguite dalle "chiùrme" di pescatori e di giovani. 


A Diamante, la caratteristica della Settimana Santa è la tradizionale “Cordata” del Venerdì Santo.
Dopo la celebrazione liturgica della Passione del Signore, con l’ascolto della Parola, l’adorazione ed il bacio della croce, si snoda per le vie del paese la processione dei misteri detta “Cordata”.
La corda e le corone spinose di cedro o di tralci di “sparacogna” sono il segno di 2 culture (quella dei pescatori e degli agricoltori) che, all’inizio, hanno messo insieme le loro esperienze e le loro devozioni nella processione prima della Pasqua.
Si uniscono legati e camminano insieme alla stessa corda che è l’unica rappresentazione di unione di chi viveva la storia di Diamante.
Questa loro unione ha costruito una storia di condivisone e di solidarietà.
Ogni Venerdì Santo si continua questa tradizione di fede e di cultura religiosa.



COME RAGGIUNGERE Diamante

In Treno

Si arriva a Napoli Centrale e si cambia; è possibile proseguire per l'interno con la ferrovia a scartamento ridotto Calabro Lucano o con Bus programmati in coincidenza.


In Auto

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