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Campania: Vatolla borgo di Vico e della Cipolla


Vatolla, è una delle frazioni del Comune di Perdifumo, da cui dista circa 6 km, e fa parte del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Questo caratteristico Borgo è noto soprattutto per aver ospitato il Filosofo ed intellettuale Napoletano, Giambattista Vico.

Cilento, tanto c’è da vedere e da godere, ed una visita a Vatolla, il paese dove visse e meditò il filosofo Giambattista Vico è una chicca. Provengo da Laureana Cilento, per una diecina di km di strada di campagna, in lunga discesa con vista entusiasmante sull’orizzonte marino cilentano; poco più di un viottolo ricoperto da un improbabile asfalto, appena visibile, immersa nella luce del sole profumato di primavera. Poi eccolo: Vatolla il piccolo paese per un grande pensatore, tutto raccolto attorno al Palazzo Castello de Vargas Machuca (segue più sotto in “Racconti si Viaggio”).

VATOLLA

Regione: Campania
Provincia: Salerno SA
Comune: Perdifumo
Altitudine: 440 m slm
Abitanti: 500
Nome abitanti: Perdifumesi











GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

La Frazione del Comune di Perdifumo, divenuta famosa in quanto ha ospitato il Filosofo Giambattista Vico, il quale ha dato, in questo luogo,  stesura al suo più grande pensiero: «I Principi della Scienza Nuova»; viene riconosciuta come un'importante meta, da filosofi e studiosi, nonché da conoscitori del pensiero di Vico. 
Il piccolo Borgo, vive nello spirito filosofico che vi aleggia, raccolto attorno alla presenza imponente del Palazzo Vargas-Machuca, in forma di Castello, attorno alla quale si stringe il piccolo Borgo.
Gode di una veduta spettacolare, si affaccia sul Golfo di Salerno e da ogni punto del paese si può ammirare il mare tra la costiera amalfitana fino a Punta Licosa e il gioiello Capri che è situato proprio di fronte alla perla del Cilento.
Un luogo di “perfettissima aria”, come l’aveva definita Giambattista Vico, giunto a Vatolla per risanare la sua condizione fisica, ed il suo spirito filosofico.


ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Il nome Vatolla deriva da Batulla, batus, parola che si significa roco, pruno, per indicare una zona a tratti impervi, quindi "luogo di rovi".


TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Il paese è situato a 450 metri sul livello del mare e la sua popolazione conta circa 500 abitanti. 
Grazie alla sua posizione, tra il Monte Stella ed il mare, Vatolla gode di un clima ottimale che ne fa il luogo ideale per la coltivazione, tra cui quella della speciale Cipolla Vatollese, e la pastorizia dove, castagni, olivi e macchia mediterranea la fanno da padroni.
L'abitato si sviluppa sulla dorsale di una collina in dolce declivio verso Ovest; le abitazioni, addossate le une alle altre, sono dislocate sulla via principale dalla quale, a gran parte di esse, si accede tramite gradinate, che creano un armonioso disegno; conclude il tutto la fabbrica imponente del Convento Francescano.

Gode di una veduta spettacolare, si affaccia sul golfo di Salerno e da ogni punto del paese si può ammirare il mare tra la costiera amalfitana fino a Punta Licosa e il gioiello Capri che è situato proprio di fronte alla perla del Cilento.



Guarda il video (qui sopra) con gli Acquarelli dedicati a Vatolla e se ti interessa acquistarne qualcuno (stampe e/o oggettistica), clicca sul logo sottostante

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«Racconti di Viaggio»

«E' la mattina dell'ultimo dei 4 giorni passati nel Cilento. 
Tanto ancora ci sarebbe da vedere e gustare, ed un ultimo assaggio non poteva mancare con una visita a Vatolla, il paese dove visse e meditò il filosofo Giambattista Vico.
Provengo da Laureana Cilento, per una diecina di km di strada di campagna, in lunga discesa con vista entusiasmante sull’orizzonte marino cilentano; poco più di un viottolo ricoperto da un improbabile asfalto, appena visibile, immersa nella luce del sole profumato di primavera.
Poi eccolo: Vatolla il piccolo paese per un grande pensatore, tutto raccolto attorno al Palazzo Castello de Vargas Machuca, dove il Vico svolse attività di precettore; ogni angolo delle stradette del Borgo riporta brani di poesie e pensieri del filosofo.
Poi vengo risucchiato dall’alta porta ad arco, bocca spalancata nelle possenti mura di tufo scuro del Palazzo-Castello; attirato dal mistico cortile incorniciato nell’arco, l’attraverso e mi addentro nel Palazzo.
Sulla destra, dietro una quinta di alberelli, un edificio dalla parete in tufo e al centro, a tinta grigia, la facciata di ciò che dovette essere una cappellina, in cima a qualche gradino la porticina sormontata dallo stemma della casata, oggi è l'ingresso dà accesso alle stanze che nel passato ospitarono il Filosofo ed oggi, continuano ad ospitarne la cultura e la filosofia, attraverso la biblioteca e l’impegno della Fondazione a lui intitolata.
Una storia ultracentenaria, ove si trova il Museo Vichiano, dove una guida esperta ed appassionata vi condurrà tra le varie stanze, raccontando aneddoti e curiosità di questo Borgo»
(Viaggio e pAssaggio in Cilento di Giuseppe Cocco)


ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

La strada entra in paese passando tra 2 ali di basse costruzioni moderne e finisce contro una delle torri del Castello. 
Il Centro Abitato di Vatolla conserva quasi intatte le caratteristiche tipiche dei Borghi Medievali, con i suoi vicoli tortuosi e le stradine che attraversano il borgo nella sua interezza.
Dalla Piazza centrale, guardando il Castello, si sale brevemente a destra e, a pochi passi, la Chiesa Santa Maria delle Grazie, costruita sui resti di un Tempio pagano, sulla cui facciata sono ancora incastonati 2 pannelli scolpiti, dai soggetti mitologici, provenienti verosimilmente da un Sarcofago.
Oltre l’Abitato ed il Centro Storico, si raggiunge il Convento della Madonna della Pietà, appartenente alla Comunità Francescana, dove lo stesso Vico si recava per compiere i suoi studi, attingendo libri dall’Antica Biblioteca dei Frati.
Di fronte alla facciata del Convento, il leggendario Ulivo, sotto il quale, il Filosofo Napoletano si intratteneva nella meditazione.
Il Palazzo Vargas-Machuca, in forma di Castello turrito, è sito in Via Roma, presenza imponente, attorno alla quale si stringe il piccolo borgo. 
Il suo nome deriva dalla famiglia napoletana, de Vargas Machuca (o Vargas, o Vargas Macchucca o Vargas Macciucca), le cui radici sono in Spagna, nel Regno Asturiano, ove si rifugiarono agli inizi del 700 i discendenti dei Sovrani Goti, avendo gli Arabi invaso la Penisola Iberica.
Ai lati del Muro di Cinta del Castello, 2 Torri cilindriche, sotto una delle quali si apre una nicchia con fontana; a metà del muro, si apre la porta a tutto sesto, con una cornice a bugnato in pietra grigia, oltre il quale si apre un bel cortile luminoso, su cui prospetta, sul lato destro, l'ala del Castello che fu abitazione del Vico, e che oggi è sede della Fondazione Giambattista Vico con un angolo ricco di cultura.
La Fondazione Giambattista Vico si propone come centro attivo di iniziative, punto di incontro di persone e istituzioni accomunate dall’intento di restituire la figura del Filosofo Vico all’universo contemporaneo, all’Europa, all’Italia e alla sua città. 
La Fondazione nasce nel 1999, e, da allora, ha lavorato con dedizione al recupero degli spazi del Castello De Vargas Machucca di Vatolla, che oggi è sede di seminari, convegni, mostre. 


Si tratta proprio del Castello nel quale, alla fine del 1600, il giovane Vico elaborò il proprio pensiero filosofico.
Esso è diventato un modello di turismo culturale ed attualmente è la sede del Museo Vichiano; inoltre, è anche sede della Biblioteca del Parco Nazionale Cilento Vallo di Diano che conta oltre 20.000 volumi specialistici, dedicati alla cultura ambientale, alla filosofia e alla storia sociale.
La Fondazione ha promosso innumerevoli attività (seminari, convegni, master, borse di studio, spettacoli teatrali, concerti di musica classica) coinvolgendo varie Università sia italiane che straniere; ha inoltre istituito il Premio annuale internazionale Giambattista Vico che è destinato a personalità del mondo della cultura o a studiosi Vichiani. 


Sempre in anni recenti la Fondazione ha inaugurato il Museo “Paestum nei percorsi del Grand Tour” a Capaccio-Paestum, uno spazio museale dedicato al turismo del 1700 e 1800, che possiede una collezione unica al mondo tra oli su tela e stampe, incisioni, acqueforti, acquetinte: oltre 150 opere riguardanti il sito archeologico e una collezione di 35 vasi provenienti da Paestum, databili tra il 500 e il 400 a.C.
Oggi tra gli obiettivi della Fondazione, la realizzazione, a Napoli, di una Cattedra Vichiana, cioè un Museo permanente dedicato all’opera del Vico nel contesto sociale, storico e culturale del suo tempo e della sua città.

ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO

Vatolla è sempre stata famosa per la coltivazione e la produzione della Cipolla, di cui il seme viene piantato verso metà gennaio e raccolto tra giugno e luglio.


La cipolla che si coltiva nei terreni Vatollesi, è ricca di proprietà benefiche, ha la caratteristica di non far lacrimare gli occhi al momento del taglio ed è di una delicatezza unica nel gusto: dolce nel sapore, dal retrogusto piacevole.


Durante il periodo estivo, tra luglio ed agosto, si può far visita alla Festa della Cipolla 
Non si tratta di una sagra alla vecchia maniera, ma è di fatto, una celebrazione della cipolla autoctona, genuino bulbo che è regina di questa terra. 

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Conserva un rapporto di integrità con la terra e le coltivazioni, fonti di economia locale, la produzione dell’Olio Extravergine d’Oliva già presente da tanti anni nella DOP Cilento, produzione ed essiccazione dei Fichi, Formaggio di Capra.


TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE

Una particolare attenzione merita la Confraternita del Santissimo Rosario che è, tra le tradizioni del Cilento Antico, la più suggestiva e dai forti richiami alla Passione di Cristo con il Rito che si tiene il Venerdì Santo.


STORIA

Di Vatolla, abbiamo la prima notizia nel 994, in un "Diploma" con il quale, i Principi di Salerno donavano ad Andrea, Abate del Cenobio Italo-Greco di San Magno, case, celle, codici, animali, ecc., costituenti i beni di detto Monastero. 
Nel documento, Vatolla viene definita “Castelluccio”, ossia un piccolo Insediamento Fortificato, con funzione di controllo sulla "Via di Lauriana".
Vatolla rientrava allora, nel Gastaldato di Lucania, e l’abitato fu potenziato dal costituirsi sul territorio di una “Socia”, una delle tante Associazioni Agricole, che i Principi Longobardi di Salerno favorivano, donando terre da coltivare, a gruppi di persone loro fedeli.
Nella Divisione Amministrativa operata nel 1034 nel Gastaldato di Lucania, Vatolla fu compresa nel Distretto di Cilento
Passato in mano ai Sanseverino, in Epoca Normanna, il Territorio di questo Distretto, il Villaggio fu, da costoro, tenuto in diretto dominio.
Nel Territorio di Vatolla, la Badia di Cava aveva diverse proprietà, soprattutto fino al 1200, e delle quali conservò il possesso fino a che tutti i suoi Feudi Cilentani, non furono trasferiti nel 1410 al Re Ladislao I di Napoli e Durazzo, per volere del Papa Gregorio XII.
Al princìpio del 1400, Vatolla costituiva con il limitrofo Villaggio di Pagliara, un Feudo Unitario e, come tale, fu concesso in suffeudo dai Sanseverino a Giovanni di Prignano, Barone di Prignano, che ne fu possessore dal 1404, tenendolo finchè i Sanseverino perdettero tutti i loro possedimenti, per cui anche i Prignano, in qualità di loro suffeudatari, furono privati di Vatolla, che il Re Federico d’Aragona concesse tra il 1496 ed il 1498 a Giovan Battista di Costanzo.
Recuperati però i Feudi nel 1507 da Roberto Sanseverino, questi restituí, a sua volta, Vatolla ai Prignano. 
Ma, non molto tempo dopo, comunque prima del 1519, Vatolla e Pagliara furono venduti da Antonello di Prignano ai Griso, Baroni di Celso e Galdo. 
Quando poi, nel 1552, vi fu una ribellione alla Corona, i Feudatari furono privati di tutti i lori Feudi ed anche i Griso perdettero Vatolla e Pagliara.
Nel 1553, la Regia Corte vendette Vatolla ai Del Pezzo, ma nel 1565, i Griso recuperarono il Villaggio, dando a questi in cambio Camella; poi conservarono il Feudo finchè questo nel 1660 non fu messo all’asta dalla Regia Corte, insieme a Celso, andando entrambi i Feudi, aggiudicati ai Rocca, Baroni di Amato, che, tra la fine del 1686 ed il luglio del 1695, ospitarono nel Palazzo di Vatolla, quale precettore, il Filosofo Gian Battista Vico (1668-1744); successivamente, nel 1767, cedettero il Villaggio alla famiglia dei Duchi Vargas-Machucca, che, nel 1788, ottennero il titolo di Marchesi su Vatolla, conservando poi il Feudo fino all’abolizione della Feudalità (1806).
Fino al 1810 il Paese fu un Comune Autonomo, con un Sindaco e 9 Decurioni. 
Successivamente, una volta approvate le «Leggi Murattiane»*, fu aggregato al Comune di Perdifumo.

*Divenuto Re di Napoli nel 1808, per concessione di Napoleone, Gioacchino Murat operò nel Regno un complesso organico di Riforme, che apportò vaste e radicate trasformazioni.
L’opera del Murat iniziò con una delle più imponenti riforme che vide l’Abolizione assoluta della Feudalità.
La Legge di Abolizione era stata promulgata da Giuseppe Bonaparte il 2 agosto 1806, ma fu merito del Governo Murattiano, averle dato una pratica applicazione. 
Il primo passo per dare esecutività alla legislazione eversiva fu l’istituzione della “Commissione Feudale”, che aveva il compito di risolvere tutte le questioni, tra Comuni ed ex-Baroni, introdotte presso le Ordinarie Magistrature prima della pubblicazione della legge, e di esaurire tutte le liti pendenti non oltre l’anno 1808
Il secondo passo fu costituito dall’Abolizione di tutti i Diritti Giurisdizionali, Proibitivi e Personali.
Il terzo ed ultimo passo riguardò la divisione dei Demani (possesso indistinto degli ex-Baroni, delle Chiese, dello Stato e dei Comuni che vi godevano Usi Civici ed altre servitù), secondo la quale, questi, di qualsiasi natura fossero - Feudali, di Chiesa, Comunali, promiscui - dovessero essere ripartiti in modo da divenire «Libere Proprietà» di coloro ai quali sarebbero poi toccati.
Le Riforme Finanziarie. La gravissima situazione finanziaria del Regno di Napoli, venne affrontata dal Murat attraverso 2 Leggi: la «Confisca della Manomorta Ecclesiastica» e la «Liquidazione del Debito Pubblico» che, attraverso espedienti, quale l’Istituzione di un "Consiglio di Liquidazione del Debito Pubblico", la Vendita di tutti i Beni dello Stato, la Creazione del "Gran Libro del Debito Pubblico" (nel quale vennero iscritti i crediti di coloro che non volevano utilizzare le cedole, emesse dalla Commissione, per la liquidazione dei crediti nati in precedenza, per Acquistare Beni dello Stato); un prestito nei confronti dell’Olanda ed altri, riuscì a portare il Debito Pubblico da 35.000.000 di Ducati a 840.000, una somma tollerabile per il Regno di Napoli.


MEMORIA DI DONNE e UOMINI

Giambattista Vico nacque il 23 giugno del 1668 a Napoli, dove morì nel 1744. 
Visse i suoi primi anni in un mezzanino di via San Biagio dei Librai, soprastante alla Bottega segnata, oggi, col numero 31. 
Figlio di un Contadino di Maddaloni, divenuto poi misero Libraio, e di donna analfabeta, Candida Masullo, di tempra assai malinconica.


Ebbe indole vivace, ma, circa all’età di 7 anni, in una tremenda caduta, si fratturò il cranio, riducendosi per 3 anni infermo, dichiarato senza più speranze per la sua intelligenza. 
Invece guarì, pur rimanendogli un'indomabile malinconia (probabilmente ereditata dalla madre) ed una debolezza che lo portò, poi, alla tisi. 
Studiò profondamente ed a balzi, in parte a scuola, nel Collegio dei Gesuiti, in parte, e soprattutto, per conto proprio. 
Per compiacere la sua famiglia si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza, senza però frequentarne le lezioni.
Le difficili condizioni finanziarie, lo indussero ad accettare l’invito del Vescovo d’Ischia, Geronimo Rocca, che cercava un precettore per i suoi nipoti, trasferendosi nel Castello dei Rocca a Vatolla nel Cilento. 
“Paesaggio aspro e selvaggio”, Vatolla, silenzioso e protettivo, qui Vico studiò e meditò. 


All’età di 27 anni tornò a Napoli, convinto del valore degli Studi Umanistici, che ingentiliscono l’animo, e della vanità delle astrazioni geometriche che inaridiscono le menti.
A Napoli visse modestamente, dando ripetizioni private ed afflitto dai genitori vecchi, e dai 7 fratelli inabili a tutto. 
Nel 1699, vinse all’Università la Cattedra di Retorica, che era la meno retribuita (100 Ducati annui, 35 lire al mese), Cattedra che tenne fino alla morte. 
Ebbe 8 figli, 3 morirono in tenere età, ed uno, Ignazio, lo rese infelice con una vita disonesta. 
L’altro figlio Gennaro, nel 1741, ottenne la conferma della successione della sua Cattedra all'Università.
Trascorse sempre più amareggiati ed inaspriti gli ultimi anni della vita, mentre un cancro gli divorava la gola. 
Morì alcuni mesi prima dell’ultima stampa del suo capolavoro «Principi di una Scienza Nuova d’intorno alla comune natura delle Nazioni»: era il 22 gennaio del 1744.

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