Paestum, nota anche come Pesto, è un'antica città della Magna Grecia, chiamata dai fondatori Poseidonia in onore di Poseidone, ma devotissima ad Atena ed Era.
Dopo la sua conquista da parte dei Lucani venne chiamata Paistom, per poi assumere, sotto i Romani, il nome di Paestum.
L'estensione urbanistica ed architettonica della città, è ancora oggi ben riconoscibile nell'Area Archeologica, racchiusa dalle sue Mura Greche, così come modificate in Epoca Lucana e poi Romana.
È localizzata nella Regione Campania in provincia di Salerno, come frazione del Comune di Capaccio Paestum, a circa 30 km a Sud di Salerno e a 97 km di Napoli; è situata nella Piana del Sele, vicino al litorale, nel Golfo di Salerno, a Nord del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e degli Alburni.
Paestum è uno importanti Centri Archeologici d'Italia, situato presso la Costa Sud-Orientale del Golfo di Salerno, detto anche, anticamente, «Sinus Paestanus», nella Piana bonificata del Sele, il Silaros dei Greci, 8 km a Sud della sua foce, ai piedi delle estreme propaggini del Monte Alburno.
I suoi Templi Dorici, che per lo stato di conservazione cedono solo a Theseion di Atene e si levano fulvi, entro un’intatta cerchia di Mura, suscitano nel visitatore, una profonda impressione di maestà e grandezza, che varia col variare della luce, ed è particolarmente suggestiva al tramonto e nel crepuscolo.
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)
Fra una colonna e l'altra dei templi, si scorge il grandioso anfiteatro degli Appennini, montagne di un colore cupo e purpureo, d’inverno con la neve per diadema, attraversate da banchi di nuvole spesse plumbee. All'estremità meridionale della Piana del Fiume Sele, una borgata agricola, sorge accanto ai resti di una delle più ricche Colonie Greche dell'Italia Meridionale: i 3 Templi Dorici, con le pietre dorate che si accendono al sole e si smorzano al calare delle ombre, sono, con gli esemplari di Sicilia, tra le più alte espressioni architettoniche della crescita.
ASPETTO DELL'AREA
Le rovine consistono essenzialmente nelle Mura, in 4 Templi conservati (i 3 Dorici ed il Tempio Italico) ed altri minori, nell'Anfiteatro, nella Via Sacra e in altri resti.
La Pianta della Città ha la forma di un Rettangolo con un angolo smussato, così che le Mura descrivono un Pentagono irregolare, per un Perimetro di 4.750 m con 4 Porte, numerose Postierle [piccole aperture che nelle fortificazioni del passato erano praticate in luogo nascosto e distante dalle porte principali per assicurare un passaggio di emergenza] e Torri circolari e quadrate.
L'Area della Città era attraversata da 2 Strade principali, intersecantisi ad angolo retto e corrispondenti alle linee normali di «Cardo» e «Decumanus»: il Cardo congiunge la «Porta Aurea», a Nord, con la «Porta della Giustizia», a Sud; il Decumano la «Porta della Sirena», ad Est, con la «Porta Marina», ad Ovest.
Le strade minori si svolgevano parallelamente alle 2 principali.
Scavi iniziati nel 1907, ripresi nel 1952, hanno riportato alla luce, la Cinta Muraria e al Foro, il Santuario Urbano, Quartieri di Abitazioni, Complessi Termali ed altri avanzi.
Entro il Recinto dell'Antica Città, sono stati piantati Cipressi, Pini Marittimi, Pini ad Ombrello ed Oleandri; davanti al Tempio di Nettuno, Cespi di Rose che fioriscono in Primavera ed Autunno, perpetuando la tradizione dei «biferi rosaria Paesti», celebrati da Virgilio ed altri Poeti Romani.
Visita dell'Area Archeologica
La Visita è fonte di Emozioni indimenticabili, specialmente se viene effettuata in condizioni favorevoli di Tempo e di Luce, e comprende i Monumenti entro il Recinto degli Scavi, il Museo e il giro, almeno parziale, delle Mura.
Gli ingressi agli scavi sono 3: il Principale è lungo la Vecchia Statale, di fronte al Tempio di Nettuno, il Secondo dall'Antica Porta della Giustizia, nel lato Meridionale delle Mura; il Terzo è vicino al Museo.
Se, com'è consigliabile, vi si aggiungono le gite alla Torre di Paestum e al Santuario di Hera, sul Sele, richiede un'intera giornata. (www.paestumsites.it)
Il Santuario di Hera alla Foce del Sele
Il Santuario posto in prossimità della Foce del Sele, è un antichissimo luogo di Culto extramurario dedicato alla dea Hera, che la tradizione mitica vuole fondato dagli Argonauti, aveva molto probabilmente funzioni emporiche [Il termine emporio - dal greco antico empòrion; plurale empòria - designava nel Mediterraneo antico una località marittima adibita allo scarico, al deposito e alla vendita di merci].
Necropoli
Numerose Necropoli costellano l'area esterna alle Mura; una delle più grandi, a circa un chilometro dal Sito Archeologico, è la Necropoli del Spina-Gaudo, estesa per circa 2000 m², presenta una serie di caratteristiche proprie, tale da essere attribuita ad una facies culturale [l’insieme dei tratti specifici di una cultura in un dato periodo] a sé stante, definita appunto Cultura del Gaudo, una Cultura Eneolitica sviluppatasi nel Sud Italia tra la fine del 400 e la prima metà del 300 a.C., che prende il nome dalla stessa necropoli e i cui aspetti materiali portano a dimostrare la piena omogeneità della Ceramica del Gaudo e a identificare e localizzare i centri di origine e di diffusione di questa Cultura principalmente in Anatolia e nell’isole del Mar Egeo; ritenendo che le origini della Cultura del Gaudo siano dovute ad una Migrazione dall'Anatolia Settentrionale, di una Popolazione Nomade Guerriera.
Le Tombe a "Forno" sono scavate nella Roccia con un Pozzetto d'accesso che conduce ad una o 2 Camere Sepolcrali, a Sepoltura Multipla.
Il Rito Funebre che era svolto da più persone, una volta conclusosi, terminava con la chiusura della Cella Sepolcrale, con un grande masso.
Le Sepolture erano utilizzate per successive deposizioni; in questo caso, i resti del defunto più recente, venivano spostati in fondo alla Cella, insieme a quelli che lo avevano preceduto.
Nelle tombe sono stati ritrovati numerosi askoi, caratteristici vasi a saliera.
Lo studio della disposizione delle Ossa e degli Arredi Funebri, ha fatto ritenere agli studiosi che queste genti si raggruppassero in Clan Familiari di Indole Guerriera.
La Necropoli fu scoperta casualmente, nel corso dello sbarco a Salerno dell'US Army, durante i lavori per la realizzazione di una pista di atterraggio.
Museo
Il Museo Archeologico, una vera miniera, raccoglie un'importante Collezione di Reperti rinvenuti nelle Aree che circoscrivono Paestum: Corredi Funebri provenienti dalle Necropoli Greche e Lucane; innumerevoli Vasi, Armi e Lastre Tombali affrescate.
Le Lastre Tombali più celebri provengono dalla cosiddetta Tomba del Tuffatore (480-470 a.C.), esempio unico di Pittura Greca di Età Classica e della Magna Grecia, con una raffigurazione simbolica interpretata come la transizione dalla vita al Regno dei Morti.
Notevole, per importanza, risulta anche la serie di Tombe Affrescate, risalenti al Periodo Lucano della Città.
Nel Museo sono, inoltre, esposti i Cicli Metopali, provenienti dall'Heraion del Sele.
«Racconti di Viaggiatori»
«Viaggio in Italia»- Johann Wolfgang von Goethe (1787)
23 marzo 1787 «L’indomani, di primo mattino, su strade pessime e sovente paludose, ci dirigemmo verso due montagne di bell’aspetto, procedendo tra rivi e fiumane da cui ci fissavano trucemente gli occhi sanguigni di bufali simili ad ippopotami.
La campagna si faceva sempre più piatta e solitaria, le rare case attestavano una misera agricoltura.
Finalmente, incerti, se stessimo avanzando su rupi o macerie, finimmo col riconoscere in alcune grandi, lunghe masse quadrangolari che avevamo già avvistate di lontano, i templi e i monumenti superstiti di un’antica, fiorente città (Paestum).
Kniep, che strada facendo aveva ritratto le due pittoresche montagne calcaree, s’affrettò a ricercare un punto donde quel paesaggio tutt’altro che pittoresco potesse venir colto e raffigurato nel suo carattere peculiare.
Talché i nostri occhi, e per essi tutto il nostro intimo, provano un’attrazione così spiccata e decisa verso strutture più agili, che codeste masse di colonne tozze, coniche, fittamente accostate, ci appaiono opprimenti o addirittura terrificanti.
Ma il mio sconcerto durò poco; ripensai alla storia delle arti, considerai l’epoca il cui spirito si confaceva a tali costruzioni, ricordai lo stile austero della scultura, e in meno d’un’ora mi sentivo già familiare e perfino riconoscente verso il buon genio che consentiva ai miei occhi di vedere quelle rovine tanto ben conservate; ché le riproduzioni non possono darcene un’idea. Nell’alzato architettonico, infatti, esse appaiono più snelle, nella rappresentazione prospettica più goffe di quanto sono in realtà, e solo camminando intorno e in mezzo ad esse si comunica loro la nostra vita; se ne sente emanare il soffio vitale che l’architetto aveva concepito, anzi aveva infuso in esse.
E così trascorsi l’intera giornata, mentre Kniep non cessava dal disegnare profili accuratissimi.
Che gioia mi dava l’essere affatto tranquillo su quel punto e possedere, per il mio ricordo, documenti così sicuri!
Purtroppo non c’era modo di pernottare colà; ritornammo a Salerno.»
«Viaggio in Italia»- Guido Piovene -(1950)
«Paestum nel centro della pianura del Sele, fu città greca come Cuma, in un luogo già abitato da tribù italiche, di cui gli scavi rilevano le tracce.
Fu anch'essa città sacra, dedicata a Nettuno, solo rispetto a Cuma, sorse più tardi, sette secoli avanti Cristo, e la sua civiltà ebbe vita più breve, perché schiacciata dai lucani provenienti dalle montagne.
Rifiorì sotto Roma, e infatti i monumenti romani che gli scavi misero in luce, sono mescolati ai greci.
L'insabbiamento della foce del Sele, l'impaludarsi delle terre, il diffondersi della malaria, costrinsero l'uomo ad abbandonare questa zona.
Il più grande complesso di monumenti greci dell'Italia continentale, smarrito tra paludi e boschi, fu dimenticato: se ne perdette il ricordo, per secoli e secoli, come di alcuni templi indiani nelle foreste.
Paestum fu riscoperta alla metà del Settecento.
Si attribuì allora ai templi un nome convenzionale, che ancora oggi li distingue.
Il più grande e più bello fu detto tempio di Nettuno, sulla scorta del nome greco della città, che era appunto Poseidon.
Leggenda e verità si confondono intorno a Paestum e sul filo della leggenda si arriva alla verità.
Si narrava ad esempio d'un tempio dedicato a Hera Argiva, dea dell'amore fecondo, fondato da Giasone, il leggendario capo degli Argonauti, alla foce del Sele.
Dopo due secoli di vane ricerche, il tempio favoloso fu rinvenuto nel 1934 dalla tenacia di due archeologi, Paola Zancani-Montuoro e Umberto Zanotti-Bianco; fu la più importante scoperta archeologica di questo secolo.
Si rinvennero documenti del culto della dea prolifica, molto profondo nella zona, tanto che si può ritrovarlo ancora oggi trasformato nei riti cristiani dei luoghi vicini; ma soprattutto le rovine insabbiate e preservate dall'oblio ci diedero una vera messa di alte opere d'arte.
Il tempio di Hera è a dodici chilometri circa da Paestum; ma le opere d'arte sono state portate a Paestum stessa, nel museo di fronte all'ingresso della zona archeologica.
Le maggiori perciò, ordinate recentemente, sono una novità del dopoguerra; pochi le conoscevano prima di questo splendido riordinamento, ed è il massimo acquisto fatto dall'arte in Italia dopo i funesti eventi bellici.
Si ammira il gruppo delle metope scolpite con scene tratte dalla mitologia greca o dai poemi omerici, della prima metà del sesto secolo avanti Cristo, testimonianza senza pari della scultura greca arcaica.
Otto vasi di bronzo, ritrovamento più recente, sono i più belli ch'io conosca. Queste meraviglie sono circondate da più minute testimonianze, specie statuine fittili, di quella civiltà piena di grazia, e dei suoi riti religiosi.
E' un perfetto museo, con un difetto solo: costituito da poco, è già diventato piccolo, e si dovrà allargarlo.
Gli stessi ideatori forse non credevano che i ritrovamenti continuassero tanto copiosi.
Ritornati all'aria aperta, guardiamo Paestum.
Le sue più grandi rovine sono delimitate in un rettangolo di terra, che si abbraccia con uno sguardo.
Davanti ad esse, a poca distanza, è il mare, con piccole spiagge romite quando non è ancora stagione di bagni, dietro, in fondo al piano, i monti, intorno, la pianura, non più paludosa e boscosa come quando Paestum scomparve dal ricordo degli uomini, ma tutta fertile e salubre.
Intorno al recinto archeologico, le spalliere di rose, su cui si esercitarono tanto le belle penne letterarie.
Anche Paestum si è trasformata: campo di ricerca di archeologi, i due menzionati e Pellegrino Claudio Sestieri, restituisce d'anno in anno i suoi lineamenti alla luce.
Rivedo nel ricordo d'anni ancora recenti i tre maggiori templi, chiamati la Basilica, il tempio di Nettuno e il tempio di Cerere, sperduti in campi erbosi fioriti di papaveri, sullo sfondo selvaggio; ora, tra un tempio e l'altro, il terreno è gremito di nuove rovine scoperte.
La necessità di conoscere ha contato di più, com'era giusto, della suggestione romantica.
Ma gli scavi si estendono anche alle due parti, verso il monte e il mare.
Di ieri è la scoperta della necropoli preistorica degli antichi italici, due chilometri a nord di Paestum; la ritrovarono le truppe americane di sbarco lavorando ad un aeroporto e gli scienziati cominciarono a operare dieci anni fa.
A noi che non siamo archeologi, Paestum parla soprattutto per i tre templi solitari, specie quello di Nettuno, ch'è il più grande, bello e intero.
Più antico del Partenone, più pesante di esso, di una pesantezza arcaica che fa per me parte del suo splendore, questo perfetto tempio dorico rivela accorgimenti architettonici sapienti, quali la cosiddetta curvatura delle orizzontali: tutte le linee orizzontali, anziché essere dritte, sono lievemente convesse.
La bellezza del tempio è quella delle opere d'arte e insieme delle opere naturali.
Le sue colonne, tra le quali si scorgono inquadrati ora i monti, ora il mare, sono corrose, tutte a buchi come la pietra degli scogli; ricordano i cactus giganti dei paesi esotici tra le cui fibre si scavano il nido gli uccelli, o gli alberi pietrificati in cui a poco a poco la pietra sostituisce il legno lasciandone intatta la forma.
Vi fanno nido i corvi, dalle cornici pendono le bocche di leone.
Il colore delle colonne è un meraviglioso giallo ocra, che diventa rosso al tramonto; perciò è tradizionale vedere Paestum a quell'ora.
Per me non è meno bella il mattino, quando la pietra è tutta viva di riflessi dorati.
Ma i templi di Paestum non possono essere oggetto di una visita frettolosa. Bisogna andarci e ritornarvi, vederli in tutte le ore e in tutte le luci.
Paestum, come ho detto, giace in una campagna divenuta fertile.
Uno degli spettacoli consueti in Campania erano le grandi mandrie delle bufale brade, nere e dagli occhi spiritati.
Il diffondersi dell'agricoltura intensiva, oltre a dividere le mandrie, le ha trasformate in semi brade in gran parte, e ha moltiplicato le stalle.
Dal latte delle bufale viene la mozzarella, ingrediente fondamentale delle prelibatezze gastronomiche della zona, come a Ponte Cagnano, dove si offrono venti varietà di pizza.
La bufala si incontra in tutta la Campania; nella zona di Paestum gli allevamenti sono fitti, ed il caso ha voluto ch'io la conoscessi qui.
Vi è certo una specie di affinità poetica tra quel grande animale nero e le antiche rovine.»
Viaggio nel Cilento - Giuseppe Cocco (2014)
Ed io, vado a Paestum con gli amici Michele e Giuseppe, miei mentori cilentani.
E' mattina quando arriviamo, scendendo dalle colline di Laureantana Cilento.
Un'apparizione che si svela gradatamente.
Dall'esterno, lungo la strada che costeggia il recinto dell'area archeologica, si vedono sorgere i colonnati dei templi più elevati; tronchi di pietra che si mescolano a quelli degli alberi.
Poi, entrati dal cancello, si apre lo sguardo e ci immergiamo in un mondo che entra nell'anima e nello spirito in un ritorno al passato, presente e concreto.
Entriamo dal lato Nord e da lì, iniziamo la visita, ma sempre con lo sguardo che abbraccia tutta l'area con l'infilata dei Templi, circondata dai monti.
I visitatori non sono molti, anche il cane di Michele, entusiasta corre a destra e a manca, scodinzolante.
Scendiamo dal falsopiano rialzato che ospita il tempio più elevato, seguendo la strada romana che costeggia i resti dell'antica città.
Mi fermo, mi giro e intravedo, dietro il tempio, nella foschia, montagne dalle cime rotonde e innevate, che fanno da contraltare con l'inizio di primavera che circonda i templi.
La scenografia creata dallo scorrere del tempo e dal sovrapporsi degli anni, hanno fruito della creatività botanica che ha posto pini, lecci, cipressi ed altri alberi che, non sempreverdi, in quest'epoca di mezza stagione inverno primaverile, alcuni si stagliano come sculture con i loro tronchi neri e spogli, altri gemmati ed altri ancora esplosi di colorati vermigli fior; interpunzioni poetiche che dialogano e abbelliscono, se ce ne fosse bisogno, il quadro delle pietre.
Di Tempio in in tempio, nella pace dell'antica storia testimoniata dall'archeologia, mi imbatto in un vecchio pittore accovacciato alla base di un tempio, che sembra esser lì da sempre.
Nel tempio una bella ragazza dai lunghi capelli sembra danzare come danzatrice greca antica, aggirandosi tra le colonne e fotografandole col suo smartphone.
Finiamo il giro con l'impressione e la certezza di aver visto ogni cosa; ma con lo scorrere delle ore, la luce, offre continue variazioni sul tema che fanno pensare che dovrei star qui dall'alba al tramonto per poter cogliere, non solo le volumetrie e la fisicità, ma anche i colori e le anime nascoste dietro la pietra di questi templi.
E non solo.
CENNI STORICI
I Caratteri dell'Insediamento nella Vicenda Storica
La zona di Paestum era abitata da popolazioni indigene in epoca remota, come attestano la scoperta in località Gaudo di una vasta Necropoli di Età Eneolitica e i ritrovamenti di Manufatti di Età Neolitica e Paleolitica, nell'interno stesso dell'Abitato.
Verso la fine del 700 a.C., fu fondata da Coloni Greci, in Sibari, una Città che prese il nome di Poseidonia (Città di Nettuno), forse contemporaneamente al Santuario di Hera Argiva, alla foce del Sele (sul posto di un Santuario indigeno più antico, dedicato alla dea Madre).
Centro Agricolo e Commerciale
Divenne, ben presto, una florida Città, grande Emporio Agricolo e Marittimo di tutta la piana del Sele e della Lucania, e sopravvisse alla distruzione di Sibari (510), stringendo relazioni con gli Etruschi, e mantenendo le sue posizioni, anche dopo la Battaglia di Cuma (474), e il conseguente arretramento di quelli.
Ma verso il 400 a.C., anche Poseidonia, cadde sotto il potere dei Lucani, che ne Italinizzarono il nome in quello di Paistom o Paistos. La vittoria riportata ad Alessandro il Molosso, Re dell'Epiro, contro Sanniti e Lucani (332 a.C.) proprio a Posidonia, dette nuovamente la Città ai Greci, ma per breve tempo; ché, vinto e ucciso Alessandro presso Pandosia, nel Bruzio (326 a.C.), essa tornò sotto l’incontrastato dominio dei Lucani.
Nel 273 Roma, debellati Sanniti e Greci, vi fondò una Colonia Latina, a cui viene dato il nome di Paestum.
La città diventò floridissima e la fedeltà serbata durante più gravi momenti delle Guerre Puniche, le valse la riconoscenza di Roma; tra l'altro, la Città conservò il privilegio di battere monete proprie, fino ai primi tempi Imperiali.
Secondo Livio, nel 216 a.C. offri delle Patere [utensile usato dagli antichi Romani nei sacrifici, a foggia di bassissima scodella, senza orlo né anse] d'Oro ai Romani, che generosamente le rifiutarono; Navi di Paestum, insieme con altre di Velia e di Reggio, soccorsero di Grano i Romani, assediati entro le Mura di Taranto da Annibale, ed aiuti in Uomini e in Denaro, furono inviati a Roma dopo la sconfitta di Canne.
I Romani vi costruirono Grandiosi Edifici: le Terme, il Foro, il Tempio Italico, e l'Anfiteatro; fino al tardo Periodo Imperiale, la Città godette di una floridezza molto relativa, dovuta al Commercio di Cereali e dell'Olio, che vi affluivano dalle campagne circostanti.
Conquistata, abbastanza per tempo, al Cristianesimo, ebbe Martiri al tempo di Diocleziano.
Nel 370, un tale Gavigno, cittadino Pestano, vi portò il corpo dell'Apostolo San Matteo, in seguito trasferito a Capaccio Vecchio e, più tardi, a Salerno.
Fu Sede Vescovile almeno fin dal 400.
La Decadenza
La Malaria, prodotta, per il Bradisismo negativo della Costa, dall'insabbiamento della Foce del Fiume Salso, che scorre a Sud dell'Abitato, e dall’impaludamento delle acque dilaganti dai Monti disboscati, respinse gradatamente la Popolazione sui Monti, segnando la rapida decadenza della Città.
Al principio del Medioevo,appare semideserta, con una piccola Comunità Cristiana raccolta intorno al tempio di Cerere, trasformato in Chiesa; nell’800, forse in seguito a incursioni Saracene, gli Abitanti superstiti si rifugiarono sulle pendici dei Monti ad Est, ultime propaggini dell’Alburno, nella località che prese nome, dall'Acquedotto Antico, «Caput Aquae» (o Capaccio Vecchio).
Nell’anno 1000, Ruggero il Normanno ne spogliò i Templi, e Roberto il Guiscardo, per la costruzione del Duomo di Salerno, tolse dagli Edifici, abbondanti marmi e sculture.
Le Rovine, note fin dal 1500, giacquero dimenticate tra boscaglie e paludi fino alla metà del 1700, quando, sotto Carlo di Borbone, l'apertura della strada rotabile (che corrisponde all'attuale Statale) portò alla loro riscoperta.
Seguirono i primi Scavi, Studi e Rilievi dei Monumenti, ai quali furono imposti i nomi convenzionali di «Basilica», «Tempio di Nettuno» e «Tempio di Cerere», che conservano tutt’ora, anche se, scavi più recenti, hanno rivelato che i primi 2 costituivano il complesso di un Santuario dedicato ad Hera, mentre il 3° ad Atena.
COME ARRIVARE a Paestum
In TRENO
Salerno e Battipaglia sono le fermate principali sulla linea Napoli-Reggio Calabria dove fanno scalo numerosi treni locali che proseguono per le Stazioni Ferroviarie di Capaccio e Paestum (distanza da Salerno km 40).
Per raggiungere l'Area Archeologica bisogna scendere alla Stazione di Paestum e percorrere la strada che attraversa Porta Sirena, meno di 15 minuti a piedi (700mt).
da Nord uscire a Battipaglia e imboccare la SS 18;
da Sud uscire a Eboli e imboccare la SS 18
Dalla Statale 18 uscire all'altezza di Capaccio Scalo e raggiungere la Via Laura di Paestum (Km 23 dal Casello Autostradale di Battipaglia e Km 20 dal Casello Autostradale di Eboli).
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Il
Carnet de Voyage, racconta con parole e narra con acquarelli, una
giornata al Parco archeologico di Paestum nel Cilento in Campania.
Paestum (romana) - Paistom (lucana) - Posidonia (Magna Grecia), scavi
immersi nel verde, con i tre templi greci imponenti e suggestivi;
informazioni utili al viaggio ed alla visita
Pubblicato: 28 novembre 2018
Pagine: 70
Rilegatura: Copertina morbida con rilegatura termica
Taccuino Fotografico in bianco e nero d'Architettura dedicato all'area archeologica di Paestum nel Cilento in Campania. Paestum (romana) - Paistom (lucana) - Posidonia (Magna Grecia), scavi immersi nel verde, anfiteatro e i tre templi greci imponenti e suggestivi.
Pubblicato: 27 Giugno 2017
Pagine: 54
Rilegatura: Copertina morbida con rilegatura termica
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