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Lasciata Agropoli, si procede in direzione Sud-Est, risalendo La Valle del Testene, a Viti e coltivazioni varie, con vista retrospettiva su Agropoli, dominata dalla grandiosa mole del Castello; la strada s'interna per aggirare la dorsale del Monte Tresino; poi, scendendo in una Valle a Vigneti ed Oliveti, torna verso il mare, e rasenta, a km 24, Santa Maria, Sede del Comune di Castellabate, Centro Peschereccio e Balneare situato nella dolce insenatura, compresa, tra la Punta Tresino e la Punta Licosa, con 2 belle Spiagge, un caratteristico Porticciolo, attrezzature ricettive.
A Nord dell'Abitato, si estende la spiaggia più vasta, con sabbia finissima e a declivio dolce, mentre, a Sud, è la Spiaggia Pozzillo, più piccola, con una pineta.
Di notevole interesse storico e l'Antico Borgo Marinaro, che conserva, ancora intatte, le sue caratteristiche architettoniche.
Vi è fiorente la Pesca del Tonno e del Pesce Spada.
Nella zona di mare antistante Santa Maria è stato istituito un Parco Marino Subacqueo.
Presso Villa Matarazzo si trova l'Esposizione Permanente Mare Antico.
Quindi si prosegue in una pineta, ad una certa altezza sul mare e, dopo un breve tratto, si incontra a sinistra, km 25,6, una strada per Castellabate-Perdifumo.
La Via si eleva con una serie di serpentine, giungendo, in 4 km a Castellabate.
La Via si eleva con una serie di serpentine, giungendo, in 4 km a Castellabate.
Regione: Campania
Provincia: Salerno SA
Altitudine: 289 m slm
Superficie: 37,43 km²
Abitanti: 9.110
Nome abitanti: Castellabatesi, Castellani
Patrono: San Costabile (17 febbraio)
Gemellaggi: Gerba (Tunisia) dal 2006 - Blieskastel (Germania) dal 2008
Diocesi: Vallo della Lucania
GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)
Guardare da una ringhiera di ferro le candide luci sul mare e vedere apparire, nel sorgere fresco dell’alba, la sirena Leucosia, che proprio su questa costa scomparve, nei giorni senza tempo del mito.
Il verde smagliante dei pini di Aleppo si stacca dal folto della macchia mediterranea e richiama i Fenici, cui era sacra la pianta.
L’abate che fondò questo Borgo era un mistico, un asceta: faceva penitenza, studiava i misteri divini.
La leggenda dice che molti marinai in balia delle onde si salvarono invocandolo.
Tanti miracoli e visioni dovrebbero indurci ad avere ben cara questa terra, perché sia il Cilento Costiero sia i Borghi dell’interno sono perennemente a rischio.
Il delirio edificatorio che ha investito molti centri marinari, qui ha avuto, per fortuna, mano leggera.
E Castellabate se ne sta ancora lì, balcone di pietra, a ricevere tra le case la brezza del mare, e il luminoso silenzio che scende dalle colline.
ORIGINE del NOME
(Toponomastica)
(Toponomastica)
Il centro, menzionato come «de Castro Abbatis», è chiamato nell'addizione locale “castiello de lo abbate” ed ha preso, dunque, il nome da “San Co(n)stabile”, creato Abate il 10 giugno del 1118, e morto il 17 febbraio 1224 per il tipo di toponimico “castello”.
Il toponimo comunale deriva, quindi, dal Castello di Sant'Angelo, costruito dall'Abate Costabile Gentilcore sull'omonimo Colle; Fortezza che, dopo la morte dell’Abate, la popolazione locale decise di intitolare la al suo ideatore, dando origine al nome del Borgo, secondo questa linea etimologica: Castrum abbatis > "Castello de lo abbate" > "Castello dell'abbate" > "Castellabate".
Situato su un colle a poca distanza dal mare, il paese è sorto intorno ad un Castello, eretto intorno al 1120 da Costabile Gentilcore, Abate di Cava (ora Cava de’ Tirreni), per la difesa contro i pirati «ut vos [Constabilis] successors et parties suprascripta monasterii licentiam et potestatem habeatis castellum construere...» secondo un documento datato 1123.
L'abbazia Cavese, estese il dominio al Porto ed al Litorale; con grosse barche dette “Saette”, comandate e servite da Monaci, esercitava il commercio di cereali, vini ed oli, nei lontani paesi.
Quando si costituì la Baronia del Cilento, l'Abbazia perse molti Casali, però mantenne Castellabate, dove aveva un Vicario; poi, perdette anche questo, riottenendolo ancora, nel 1322.
Dopo varie vicende, il Papa Gregorio XII lo diede nel 1412 al Re Ladislao e, sebbene Papa Eugenio IV dichiarasse nulla la cessione, l'Abbazia non lo riebbe più.
Castellabate fu, in seguito, Feudo dei Sanseverino, dei Caracciolo e di altre famiglie.
Il toponimo comunale deriva, quindi, dal Castello di Sant'Angelo, costruito dall'Abate Costabile Gentilcore sull'omonimo Colle; Fortezza che, dopo la morte dell’Abate, la popolazione locale decise di intitolare la al suo ideatore, dando origine al nome del Borgo, secondo questa linea etimologica: Castrum abbatis > "Castello de lo abbate" > "Castello dell'abbate" > "Castellabate".
Situato su un colle a poca distanza dal mare, il paese è sorto intorno ad un Castello, eretto intorno al 1120 da Costabile Gentilcore, Abate di Cava (ora Cava de’ Tirreni), per la difesa contro i pirati «ut vos [Constabilis] successors et parties suprascripta monasterii licentiam et potestatem habeatis castellum construere...» secondo un documento datato 1123.
L'abbazia Cavese, estese il dominio al Porto ed al Litorale; con grosse barche dette “Saette”, comandate e servite da Monaci, esercitava il commercio di cereali, vini ed oli, nei lontani paesi.
Quando si costituì la Baronia del Cilento, l'Abbazia perse molti Casali, però mantenne Castellabate, dove aveva un Vicario; poi, perdette anche questo, riottenendolo ancora, nel 1322.
Dopo varie vicende, il Papa Gregorio XII lo diede nel 1412 al Re Ladislao e, sebbene Papa Eugenio IV dichiarasse nulla la cessione, l'Abbazia non lo riebbe più.
Castellabate fu, in seguito, Feudo dei Sanseverino, dei Caracciolo e di altre famiglie.
LO STEMMA
Riporta i 2 elementi legati al nome di Castellabate: il Castello e San Costabile Gentilcore, quaRto Abate della Badia di Cava dei Tirreni, con le lettere F.C. (fecit Constabilis) e P.F. (pro Filis) e l'anno 1123
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TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)
(Topografia e Urbanistica)
«Chi navighi il golfo, da Posidonia, vede l'isola di Leucosia, a breve distanza dalla terraferma, il cui nome prende da una delle Sirene qui caduta dopo che esse, come si racconta, precipitarono nell'abisso del mare.»
(Strabone. Geografia [Libro VI,1,1])
Il Comune di Castellabate si estende prevalentemente sulla Costa Tirrenica, nell'estremo meridionale del Golfo di Salerno, fra la punta del Saùco, nei pressi di Tresino a Nord, ed il Fiume Rio Arena (a Ogliastro Marina) a Sud.
Dista circa 65 km da Salerno (Capoluogo di Provincia) e 130 km da Napoli (Capoluogo di Regione).
Il Territorio Comunale è compreso interamente nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
Domina un promontorio (278 m s.l.m.), estrema propaggine del Monte Stella, a ridosso della fascia Costiera, tra Punta Licosa e Punta Pagliarolo e delle Frazioni di Santa Maria e San Marco.
L'unico Fiume è il Rio Arena, gli altri corsi d'acqua sono legati principalmente alle precipitazioni piovose.
Il Mare e la Costa di Castellabate sono, dal 1972, sotto tutela biologica marina per preservarne il patrimonio naturale e ambientale, rappresentando uno dei primi esempi di parco marino in Italia.
Nel 2009 è stata istituita l'Area Marina Protetta Santa Maria di Castellabate, che abbraccia la zona tra la Baia del Saùco (o del Vallone) e la Punta di Ogliastro.
Alcuni dei suoi ambienti naturali, sia marini che collinari, sono inseriti nella Rete Natura 2000, un sistema di aree protette, secondo le Direttive Europee Habitat ed Uccelli, che mirano alla tutela di habitat naturali dove le specie animali e vegetali sono minacciate a livello comunitario.
Le Zone di Protezione Speciale che rientrano nel Comune, sono: il Parco Marino di Santa Maria di Castellabate e la Costa tra Punta Tresino e le Ripe Rosse; mentre i Siti di Importanza Comunitaria sono: l'Isola di Licosa, Monte Licosa e dintorni e Monte Tresino e dintorni.
Una ragnatela di stradine, archi e scalette.
il Centro Storico di Castellabate, compreso nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, è riconosciuto dall'Unesco "Patrimonio dell'Umanità", nell'ambito del programma “Man and Biosphere”; partendo da questo dato - che riconosce il profondo valore di questo "paesaggio culturale" ricco di Memorie e di Beni Artistici e Naturali - per andare alla scoperta del Borgo, il quale conserva ancora la Struttura Urbana Medievale, costituita da stradine, vicoletti, archi, brevi gratinate, palazzi, slarghi e case intercomunicanti, dove domina la pietra grigia, rincorrendosi senza soluzione di continuità, ora volgendo le spalle alla luce intensa, ora spalancandosi sul verde del pendio che digrada verso il mare splendente, macchiato solo dai banchi delle posidonie, in uno degli angoli più suggestivi della Costa del Cilento.
Il Castello, voluto da San Costabile, non fu solo luogo di Culto, ma anche Centro Economico e Sociale, dal momento che, proprio da un'intuizione dell'Abate, partì una Riforma Fondiaria, portata a compimento dal Beato Simeone che affidò ai contadini la terra, chiedendo, in cambio, solo l'impegno alla Bonifica ed alla Coltivazione.
Ben presto, il territorio paludoso e malarico, tornò all'antica vocazione marinara dei commerci e della pesca.
Ben presto, il territorio paludoso e malarico, tornò all'antica vocazione marinara dei commerci e della pesca.
Proprietari terrieri e piccoli pescatori, trovarono, così, i mezzi per arricchire Castellabate di palazzi, chiese, ville e giardini.
Il Comune di Castellabate è un territorio variegato di circa 37 km², composto da Zone Collinari, Pianeggianti, Marine ed Insulari, suddiviso in 8 Frazioni principali.
Ha avuto un'espansione Urbanistica Moderna, di tipo Policentrico, grazie alle diverse peculiarità distintive di ogni frazione, a differenza dell'Insediamento Abitativo Medievale, che ne ebbe uno di tipo Monocentrico, dove il Nucleo Centrale, era rappresentato dal Castello dell'Abate.
Il periodo Post Bellico, fu caratterizzato dal contrasto tra i cittadini di Castellabate paese (il capoluogo storico sul colle) e quelli di Santa Maria (la Frazione Marina, più sviluppata), che contendevano ai primi la Sede Comunale: l'apice della discordia si ebbe il 30 luglio 1946, quando furono trasferiti la maggior parte degli Uffici Municipali, da Castellabate a Santa Maria.
Lo strappo tra le 2 località, fu tale, che negli anni 1960, venne presentata più volte la richiesta (sempre respinta), di costituire il Comune Autonomo di Santa Maria.
Negli anni 1970, il paese fu teatro di una profonda trasformazione urbana, che lo tramutò, da Territorio Agricolo e dedito alla Pesca, a Centro Turistico Balneare, con la costruzione di alberghi, camping, residence e seconde case estive.
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ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)
Alle 2 estremità del Borgo, 2 Ville: Principe di Belmonte, una Struttura Nobiliare, con un Parco di 5 acri, dei Principi Granito Pignatelli di Belmonte, costruito a Santa Maria nel 1733, accorpando edifici preesistenti, nato come Casino di caccia, secondo lo stile degli Architetti Spagnoli, al servizio dei Borbone di Napoli: Matarazzo, nella Frazione Costiera di Santa Maria, l'Ottocentesca tenuta estiva del Conte Francesco Matarazzo (vedi oltre, capitolo Memorie di Donne e Uomini) , emigrato in Brasile, che con il suo Parco, si estende tra corso Matarazzo ed il Lungomare di Santa Maria.
Il Centro Storico del Borgo, conserva ancora la Struttura Urbana Medievale, costituita da stradine, vicoletti, archi, brevi gradinate, palazzi, slarghi e case intercomunicanti dove domina la pietra grigia, che si rincorrono senza soluzione di continuità; ora volgendo le spalle alla luce intensa, ora spalancandosi sul verde del pendio che digrada verso il mare splendente, macchiato solo dai banchi delle posidonie, in uno degli angoli più suggestivi della costa del Cilento.
Tra queste si collocano i vari Palazzi Gentilizi del Settecento, costruiti ex novo o ampliati da dimore preesistenti, che appartengono a famiglie facoltose del luogo o della Nobiltà Salernitana e Napoletana.
Il Borgo Medievale sorge sul Colle Sant'Angelo e conta 5 accessi: Porta "Cavalieri" e Porta "di Mare", dal lato mare; Porta "la Chiazza" e Porta "Sant'Eustachio" dalle campagne; Porta "de li Bovi" dal retroterra (Belvedere).
L'accesso principale è dal "Belvedere di San Costabile" (chiamato anticamente "Vaglio"), una terrazza a picco sul mare con vista panoramica del Golfo di Salerno, dell'isola di Capri e d'Ischia.
Il Paese si sviluppa intorno alle Mura del "Castello dell'Abate", che fu fondato nel 1123 dall'Abate Costabile e completato dal suo successore, l’Abate Simeone, con lo scopo di proteggere la popolazione locale dedita a fiorenti traffici via mare, da eventuali attacchi da parte dei Saraceni.
La Fortezza è dotata di Mura perimetrali con 4 Torri angolari, a pianta rotonda, e cela all'interno abitazioni, forni, cisterne e magazzini per le provviste.
Sono accessibili i sotterranei, che, secondo alcune leggende, raggiungono le Frazioni Marine, per poter permettere la fuga in caso di invasione.
La ragnatela di strette stradine conduce alla vera agorà del Borgo Medievale, la Piazza 10 ottobre 1123 (data di fondazione del Castello), con vista panoramica sulla Valle dell'Annunziata che scende al mare lucente di Licosa.
La Piazza ha un contorno di Antiche Case che rende vago e leggero questo Medioevo di mare, il quale trova compiuta espressione nel Castello, posto in cima ad un percorso in lieve salita, del 1123, la fortezza, che aveva lo scopo di proteggere la popolazione e i traffici marittimi dalle incursioni dei Saraceni, appare ancora solida e imponente: le Mura, con le 4 Torri angolari rotonde, poste a presidio dei punti cardinali, racchiudevano all’interno abitazioni, magazzini, forni e cisterne.
Dalla fortezza, si raggiunge in breve, la Basilica di Santa Maria de Giulia, la cui facciata Cinquecentesca, e l’interno, suddiviso in tre navate; è affiancata da una Torre Campanaria, modulata su 4 piani. Un altro luogo di culto, proprio di fronte alla Basilica, è la piccola Chiesa del Rosario, della seconda metà del 1500; l’interno si presenta a una sola navata, coperta da una volta a cassettoni ottagonali, e conserva un altare Settecentesco in marmo policromo.
Da vedere anche:
Porto Travierso: detto anche "Porto delle Gatte" (trasmutazione da "porticati"), un approdo situato a Santa Maria, che comprende una costruzione ad archi, voluta dall'Abate Simeone, risalente al 1100, struttura che ha avuto un peso determinante nella crescita economica e militare di Castellabate.
All'interno degli archi, vi erano alcuni magazzini, utili per conservare le merci cilentane (cereali, vino e olio d'oliva) che venivano scambiate specialmente con Cava de' Tirreni e Napoli.
Il suo specchio d'acqua accoglie piccole imbarcazioni da diporto nel periodo estivo e i gozzi per la pesca.
Palazzo De Angelis: è un Edificio Nobiliare del 1700, sito a San Marco, che sul portone dell'ingresso, realizzato in pietra viva Cilentana, è posta un'epigrafe di fine 1800, che recita letteralmente: «Inveni portum, Spes et fortuna valete, Sat me lusistis, Ludite nunc alios» (Trovai il porto, addio speranza, addio fortuna, abbastanza mi avete ingannato, ora ingannate altri) che pare fosse, in origine, un epigramma di autore ignoto, un epitaffio Greco di una Tomba; la zona circostante, infatti, ospita una Necropoli.
Palazzo Granito: è un Casino di caccia, costruito da Parise Granito, nella prima metà del 1700, e che, con la Cappella di
Santa Maria del Soccorso, si affaccia sul molo di Punta Licosa.
Rappresentava uno dei soggiorni del Re Carlo di Borbone, appassionato di caccia e di pesca ed amico della famiglia.
Torretta: collocata in località a San Marco, è una Masseria Fortificata Seicentesca di proprietà della famiglia Granito, veniva utilizzata per la produzione di svariati Prodotti Agricoli, come testimoniano gli annessi Depositi, utilizzati per conservare le Derrate Alimentari.
La Torre, inglobata nella struttura, aveva una funzione di avvistamento e di difesa da eventuali assalitori.
Alla "Torretta" sono legate le leggende riguardanti lo “ius primae noctis”, esercitato dal Marchese nei confronti delle spose dei propri sudditi.
Villaggio di San Giovanni: è un Antico Villaggio, fondato a Tresino, intorno all'anno 1000, disabitato dal 1700 a causa dello sviluppo dei centri vicini (Castellabate ed Agropoli) e dell'abbandono progressivo delle campagne, oggi è frequentato solo da gruppi di curiosi, turisti ed allevatori.
L'insediamento urbano si sviluppò attorno alla Chiesa di San Giovanni Battista, favorito dalla presenza di fonti d'acqua, dal clima, e dalle caratteristiche del territorio, ottimale per praticare l'allevamento e l'agricoltura.
In tale contesto, formato da diverse abitazioni, fienili, stalle e da un edificio scolastico annesso alla Chiesa, vi nacque Costabile Gentilcore, fondatore di Castellabate.
Le Torri Costiere
Il sistema difensivo di Castellabate comprendeva diverse Torri Costiere, innalzate per avvistare le imbarcazioni Saracene che si avvicinavano alla Costa con l'intento di depredarla o conquistarla, ed offrire alle popolazioni locali una prima difesa da possibili invasori.
Quella meglio conservata è la Torre Normanno-Aragonese della "Pagliarola" o "Perrotti", che, accorpata a Palazzo Perrotti, domina la Marina Piccola di Santa Maria; si tratta di una costruzione di origine Medievale, ulteriormente potenziata nel 1570, che aveva il compito di difendere gli scambi commerciali che avvenivano nel Porticciolo "Travierso".
È costituita da una Torre a pianta circolare, circondata da una Torre più bassa di epoca successiva.
Le più antiche, di cui restano visibili i ruderi, sono le Torri Angioine "di Tresino" (1277), collocata nei pressi di Punta Tresino, e quella "di Licosa", contemporanea alla precedente.
Nel periodo 1567-69, fu costruita la Torre "Cannitiello", detta anche "Mezzatorre", presso Licosa; nel 1569 quella "di Ogliastro" o "di Ogliarola" sulla Punta di Ogliastro Marina; nel 1570 l'altra di avvistamento, posta sulla collina di Licosa, detta "Torricella" o Torre "del Semaforo".
Dello stesso periodo, caratterizzato dalla presenza Aragonese, è anche la Torre "dei Zappini", nei pressi di Punta Pagliarolo a Tresino.
Alla fine del 1592, risale la Torre "della Marina di Ogliastro", detta anche "dell'Arena" o "delle Ripe Rosse".
Tali postazioni, situate in importanti punti strategici, per perlustrare tutto il litorale, comunicavano con segnali di fumo o di fuoco tra loro e con l'abitato di Colle Sant'Angelo, dove la popolazione, in caso di assalto, chiudeva le Porte del Paese e si rifugiava nel Castello dell'Abate.
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ESCURSIONI
Giro della Penisoletta di Licosa: km 7, da San Marco a Ogliastro Marina, per mulattiera che costeggia la Penisoletta, offrendo viste stupende sul mare.
Dopo km 3,5, si tocca la Punta Licosa, con l'omonima Torre; di fronte, nel mare, e l'Isola Licosa.
La Punta, detta dagli antichi Enipeum o Posidodium promontorium, fu anche chiamata Promontorio delle Sirene; il nome attuale deriva dalla leggenda della stessa della Sirena Leucosia, che da essa si gettò e li fu sepolta.
Nell'isola, si trovano ruderi di Mura antiche, ritenute di un Edificio Pubblico, e sorge un Faro della portata di 12 miglia.
La mulattiera poi, piega a Sud-Est, rasentando la Torre dimezzata, quindi, passa in vicinanza della semidiruta Torre di Ogliastro e, piegando verso Nord-Est, raggiunge, km 7, Ogliastro Marina.
Da San Marco, una strada asfaltata sale con curve al Monte Licosa.
Siti Archeologici
Cava dei Rocchi: la spiaggia sabbiosa di Lago, ricopre, in parte, una Cava del VI secolo a.C., scoperta nel 2010; da tale sito i Greci Trezeni estraevano i rocchi: blocchi di pietra arenaria di forma cilindrica, utilizzati per comporre il fusto delle colonne; con tali materiali furono costruiti i templi di Paestum.
Porto Greco-Romano: i resti di un approdo a 2 moli, del I secolo a.C., affiorano dalle acque di San Marco, in prossimità della struttura portuale moderna.
La struttura, realizzata in “opus caementicium”, su un fondo roccioso, mediante casseformi lignee, è identificato come il Porto di Erculia o Ercolam, il principale scalo di approvvigionamento per le imbarcazioni dirette al Porto di Miseno, nonché Base Militare, o sito di appoggio per la Flotta Imperiale.
Ad avvalorare questa ipotesi, è il ritrovamento, nelle acque antistanti il porto di San Marco negli anni 1960, di alcune ancore di piombo (risalenti tra il I e il II secolo) contraddistinte dalla scritta “ter”, dicitura che indica la tipologia d’imbarcazione a cui le ancore erano destinate: le Triremi.
Necropoli: situata in zona San Marco, nei pressi della passeggiata che dal Porto moderno conduce al Pozzillo, la Necropoli ha un’area di 7.000 m² e 151 tombe che si trovano, quasi esclusivamente, all'interno di suoli privati.
In tale area, venivano seppelliti i Veterani della “Classis Misenensis”, morti nei naufragi, e la gente del luogo; la tumulazione avveniva in fosse poco profonde, su un Promontorio di arenaria, con tutto il loro Corredo Funebre in parte recuperato.
Durante gli Scavi eseguiti nel 1983, fu ritrovata un'Epigrafe Funeraria, dedicata alla giovane figlia, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano, che ha permesso di risalire al nome di un Triarca, Antonius Priscus, Comandante di una delle centinaia di Triremi ancorate nel Porto di Miseno.
Sul posto sono state rinvenute, inoltre, diverse monete, monili e antichi cocci di vasellame, brocchetti, spilloni, lucerne, amuleti e vari oggetti magici contro il malocchio, come un campanello di bronzo, che aveva lo scopo di scacciare gli spiriti maligni.
Aree Naturali
Costa ed Area Marina: Castellabate si estende per 19 km lungo il mare, con l'Area Marina Protetta Santa Maria di Castellabate; una costa variegata, frastagliata, dove si alternano scogli, alti dirupi, baie, calette naturali e dorate spiagge.
Le spiagge sabbiose comunali principali sono: quella "del Pozzillo", "di Marina Piccola", "di Punta dell'Inferno" o "dello Scario", "della Grotta", "della Baia Arena", "della Punta di Ogliastro", e "del Lago" detta anche "ù Sciome".
Numerose le Calette Naturali presenti soprattutto nella zona di Ogliastro Marina, Licosa e Tresino; le più rinomate sono: "Cala della bella" e il "Saùco".
Lungo la Costa di Castellabate c’è una Grotta Naturale, emersa (dove sono stati ritrovati alcuni Reperti Paleolitici), nei pressi dell'omonima spiaggetta sabbiosa a San Marco; diverse Grotte Marine (come quelle di Punta Pagliarolo) e fondali interessanti, mete di escursioni subacquee.
Il territorio comprende diverse passeggiate lungo il mare (come quelle del Lungomare "delle Tartarughe", "Tommaso Perrotti", "Raffaello De Simone", "Barone Nicola Pepi" e "Bracale".
Parco e Sentieri Naturali: il territorio, cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, presenta diverse aree verdi e sentieri naturali, attrezzati anche come Percorsi Botanici.
Le aree verdi più importanti sono: il Bosco del Castelsandra, il Parco di Villa Matarazzo, le Pinete di Ogliastro Marina, Licosa e Tresino; mentre i principali sentieri sono: "Ogliastro Marina e il Pozzillo" (8,6 km), "San Marco e Licosa" (4,4 km), "Santa Maria e Castellabate centro storico" (0,6 km), e "Lago, Tresino, San Pietro" (9,1 km).
Isola di Licosa (160 m di lunghezza e 40 m di larghezza): da sempre, importante punto di riferimento per la navigazione, rappresenta il sito naturale più caratteristico del Territorio Comunale, con le sue secche e i suoi limpidi fondali, testimoni di numerosi affondamenti, nelle sue acque, sono visibili i resti sommersi dell'omonima città Greco-Romana, specialmente quelli di una Villa Romana e di una Vasca per l'allevamento delle murene (risalente ad un periodo che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C.).
Sull'isola, dove svetta il Faro e il rudere della Casa del Guardiano del Faro, sono stati rinvenuti diversi reperti di Epoca Greco-Romana, come una Lastra con un'Epigrafe dedicata a Cerere, un Mosaico d'Epoca Romana e numerose Ceramiche Greche del V secolo a.C., conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Paestum.
La zona è pervasa dal Mito delle Sirene; si crede che il nome di Licosa, derivi dalla Sirena Leucosia, che, secondo autori come Licofrone, Strabone e Plinio il Vecchio, qui abitò e qui fu sepolta dopo che si gettò in mare.
Anche Omero, nell'Odissea, accenna all'Isola delle Sirene dal canto ammaliatore, beffate da Ulisse e dal suo equipaggio.
Ma siccome l'Isola di Licosa, un tempo, era collegata al Promontorio, prima dell'inabissamento della Costa, avvenuto nel IV secolo a.C., si ritiene che l'Isola delle Sirene, possa essere la poco lontana "Secca di Vatolla" (da dove è possibile osservare Vatolla), profonda circa 6 metri.
Aristotele narra della presenza sull'Isoletta, di un Tempio dedicato a Leucotea, identificata con Leucosia; altri autori, come Dionigi di Alicarnasso e Sesto Pompeo Festo, sostengono che, il nome Licosa sia dovuto ad una cugina o nipote di Enea, sepolta sull'isoletta («Leucosia insula dicta est a consobrina Aeneae ibi sepulta»).
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LUOGHI DELLA CULTURA
(Musei - Biblioteche - Musica)
(Musei - Biblioteche - Musica)
Antiquarium Mare Antico
Ha sede nel Castello dell'Abate e contiene una piccola raccolta di Materiale Archeologico, restituito dal mare antistante; costituita da anfore ed ancore di Epoca Etrusca, Greca, Romana e Bizantina.
I più importanti sono le anfore del I secolo a.C., provenienti dal relitto di una Nave Romana, affondata a largo di Licosa e riportata alla luce nel 1990.
Inoltre, l'esposizione è arricchita di materiale proveniente da altre zone del Cilento.
Informazioni Apertura: lunedì-venerdì 9-12; i giorni e gli orari di apertura possono subire variazioni. Apertura/Chiusura annuale: gennaio chiuso, febbraio chiuso Condizioni di visita: ingresso gratuito
Telefono: 0974 96 10 98
Informazioni Apertura: lunedì-venerdì 9-12; i giorni e gli orari di apertura possono subire variazioni. Apertura/Chiusura annuale: gennaio chiuso, febbraio chiuso Condizioni di visita: ingresso gratuito
Telefono: 0974 96 10 98
Museo d'Arte Sacra di Castellabate
ARTI & MESTIERI
Associazione Concerto Bandistico "Santa Cecilia", è il complesso bandistico di Castellabate che trae le proprie origini dalla Filarmonica costituita a Castellabate nel 1848, dal Maestro Petruzzelli, esiliato a Castellabate per motivi politici, con lo scopo di suonare inni e canti patriottici.
Si è trasformato nel corso dei decenni fino a diventare l'attuale Associazione Concerto Bandistico "Santa Cecilia" che oggi organizza: Campus e Master strumentali e di musica di insieme, Festival Musicali e Concorsi di Strumentazione ed Arrangiamento per Orchestra di fiati; organizza e gestisce, inoltre, corsi di orientamento musicale per avvicinare i bambini e i ragazzi alla musica.
Il Complesso Bandistico si esibisce in tutta Italia ed ha anche preso parte a vari programmi televisivi e alle registrazioni del film “Benvenuti al Sud” e “Benvenuti a Nord”.
Nel 2011 alla banda cilentana è stato assegnato il riconoscimento di "Gruppo musicale di interesse nazionale" dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il suo interesse storico-culturale.
Nel 2015 vince la prima edizione dell'Oscar del Cilento nella categoria "Associazionismo".
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CIAK SI È GIRATO A Castellabate
Il 20 novembre 2010 il Comune di Castellabate ha vinto il Trofeo "Ciak Festival" del 64º Festival del Cinema di Salerno (sezione film turistici), con il film Castellabate: una risorsa di tesori, un documentario sulla storia di Castellabate.
Il 15 e il 16 aprile 2011 si è svolto a Castellabate, nella location di Villa Matarazzo e del Castello dell'Abate, il Festival Cinematografico Unitaly per premiare il migliore spot a livello nazionale con tema l'unità d'Italia.
Dal 10 al 16 settembre 2012 si è svolto a Castellabate il Festival Internazionale del Cinema a Tema Gastronomico Cinecibo nella location di Marina piccola e del Castello dell'Abate.
Sono state girate a Castellabate le riprese di 6 film:
Cavalli si nasce (1989), di Sergio Staino, girato presso Porto delle Gatte, la "Torretta", la Pineta di Licosa e Palazzo Perrotti.
Noi credevamo (2009), di Mario Martone, che ha avuto tra le sue location il Porto delle Gatte e il mare di Santa Maria.
Benvenuti al Sud (2010), di Luca Miniero, girato tra la Piazza 10 ottobre 1123, il Belvedere di San Costabile, Palazzo Perrotti, il Borgo Medievale, la "Torretta", il Porto di San Marco, il Porto delle Gatte e Marina Piccola.
Benvenuti al Nord (2011), di Luca Miniero, sequel di Benvenuti al Sud, le cui principali location sono state Piazza 10 ottobre 1123, il Belvedere di San Costabile, il Borgo Medievale, il Lungomare Tommaso Perrotti e il Porto delle Gatte.
11 metri (2011), di Francesco Del Grosso, film documentario sulla vita di Agostino Di Bartolomei, girato a San Marco.
Il pesce pettine (2013), di Maria Pia Cerulo.
Inoltre Castellabate è stata citata dall'attore Claudio Bisio nel film Femmine contro maschi.
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DIALETTO
Il dialetto che parlano i Castellabatesi è il Cilentano, ma con alcune varianti e peculiarità che lo differenziano da quello dei paesi limitrofi: uso della "e" al posto della "i" per una serie di vocaboli e per l'articolo determinativo "u" invece di "lu".
È molto simile al Dialetto Cilentano Meridionale, specie per quanto riguarda la pronuncia chiara e distinta delle vocali finali (a differenza degli altri dialetti campani che le indeboliscono), la doppia "l" che diventa doppia "d" e l'uso del doppio congiuntivo ("si u sapia, tu dicia", in italiano "se lo sapessi, te lo direi")
PRODOTTI DEL BORGO
Le principali Attività Agricole riguardano prevalentemente prodotti di qualità, come l'Olio Cilento DOP, il Fico Bianco del Cilento DOP, i limoni, i pomodori (per le conserve) e il Vino (come il Tresinus, il Paestum IGT e il Cilento DOC).
L'Allevamento è finalizzato all'ottenimento di prodotti come la Mozzarella di Bufala Campana, il Cacioricotta del Cilento, la pancetta, la soppressata e il miele.
Le Attività di Pesca riguardano principalmente la pesca alle Alici, Merluzzi e Tonni.
Castellabate, come gran parte del Cilento, ha una Tradizione Artigianale antica, tramandata nel tempo fra le varie generazioni.
La maggior parte della produzione di manufatti dell'artigianato locale, riguarda soprattutto la Ceramica, Vetreria Artistica, Oggettistica, Arte Presepiale, Ricamo, Cucito, Uncinetto, Pittura su Stoffa, Decoupage, Pittura a Mano, Arte Antica, Accessori di Moda e Scultura in Legno.
Sul territorio sono spesso organizzati Mercatini, Esposizioni, Fiere, Manifestazioni, per incentivare e promuovere l'Artigianato Locale.
ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO
Castellabate e il Cilento sono la patria della Dieta Mediterranea (riconosciuta patrimonio immateriale dell'umanità dall'UNESCO nel 2010): un modello nutrizionale formalizzato da Ancel Keys, quando, con i suoi studi, scoprì che le popolazioni della zona presentano un tasso di mortalità dovuto a malattie cardiovascolari molto basso, grazie alle loro abitudini alimentari.
I Piatti Tipici Castellabatesi sono:
Acquasale: nota anche come "Acquasala", è un piatto tipico del sud Italia, diffuso particolarmente in Campania, Basilicata e Puglia.
È un piatto povero, facile e veloce da preparare.
Veniva preparato specialmente dai Pescatori ed i Contadini da consumare mentre erano al lavoro.
Viene realizzato, solitamente, immergendo in acqua il pane biscottato di grano e condendolo poi, con sale, olio extravergine di oliva, pomodoro (succo e/o pezzi) ed origano.
Può essere servito, come antipasto o secondo, od anche come piatto unico, specialmente se arricchito di altri ingredienti.
Alici in Tortiera (ricoperte col pane grattugiato)
Alici Marinate: sono un piatto tipico della Campania, molto diffuso nel Cilento, e più in generale di tutte le zone che costeggiano il mare.
Rappresentava una ricetta povera, facile da preparare, tipica dei Pescatori, grazie alla facilità nel reperire gli ingredienti.
Oggi viene servito come antipasto freddo o, in alternativa, anche come secondo piatto, che può essere conservato in frigo, anche per diversi giorni.
Per la realizzazione della ricetta occorre pulire le alici, provvedendo a eliminare la testa e le interiora per ottenerne dei filetti.
Questi filetti, dopo essere stati lavati con cura, devono essere messi in congelatore per almeno 36 ore, per evitare spiacevoli infezioni allo stomaco; infatti, purtroppo, la cottura avviene solo per marinatura, quindi con il congelamento abbiamo più sicurezza nell'aver eliminato i parassiti.
I filetti vengono poi immersi, per alcune ore, in una marinatura formata da aceto e limone (o uno solo di questi ultimi), e conditi con prezzemolo, aglio, limone, sale e pepe.
La marinatura, che è una specie di cottura, richiede tempi diversi in funzione della sua composizione: circa dodici ore se avviene in aceto, tre o quattro ore per quella in limone, e circa cinque ore nel caso di un mix di entrambi come vuole la ricetta classica.
Alici "mbuttunate" alla Cilentana (farcite, ripassate nell'uovo e fritte): le alici imbottite o ‘mbuttunat, come si dice nel Cilento sono una delizia che, seppur sono fatte in altre località italiane, quelle cilentane hanno un gusto tutto particolare.
Uova, pane raffermo, prezzemolo e aglio, ma soprattutto formaggio e necessariamente di pecora mischiato con grana, per addolcirlo un poco; questi gli ingredienti che servono per questo piatto dal sapore tutto mediterraneo.
Alici sotto sale: sono acciughe conservate con il sale, fino a 2 o 3 anni, in contenitori di vetro detti "arbanelle".
Cannoli Cilentani (con crema e cioccolata)
Ciambotta Cilentana: o cianfotta (variante della Ciambotta) è un piatto tipico del Cilento tutt'ora ben radicato nel territorio.
Nasce come piatto povero ed è solitamente preparato con aglio, pomodori, melanzane, zucchine, patate, fiori di zucca e peperoni.
Solitamente si accompagna con pane a tozzetti; tuttavia gli ingredienti possono variare da zona a zona o dai semplici gusti di chi la prepara.
Fichi impaccati: sono un dolcea base di fichi secchi, tipico del Cilento e più in generale di tutto il Sud della Campania e della Lucania.
La produzione di fichi secchi è molto diffusa nel territorio del Cilento, che è la patria del fico bianco del Cilento DOP (denominazione di origine protetta dal 2006).
In quasi tutti i Comuni del Territorio, viene utilizzato un particolare metodo di essiccazione: il fico viene messo ad essiccare al sole per circa 8-10 giorni su dei graticci di ginestra, che permettono la ventilazione e l'insaporimento del frutto; una volta essiccato viene "impaccato", cioè spaccato e riempito con mandorle, noci, finocchio e buccia di agrumi (limoni o arance). Secondo la tradizione, i fichi, così conditi, vengono infilzati con delle stecche di legno, o canna di bambù, creando così, una doppia fila, e componendo delle forme particolari a rombo.
In altre versioni i fichi possono essere ricoperti anche con la cioccolata, e consumati soprattutto nel periodo Natalizio, a fine serata quando si gioca a tombola o a carte; come un dolce.
Fusilli alla Cilentana (con carne e formaggio di capra): rappresentano il primo piatto tipico dei giorni di festa a Castellabate e nel Cilento, soprattutto della domenica.
Il “fusiddo” (in dialetto Cilentano) è una tradizionale tipologia di pasta Cilentana, realizzata con il ferro (strumento utilizzato per arrotolarci le striscioline di impasto e cavarle), e condita con il ragù di castrato. Fellito e Gioi Cilento sono la patria di una particolare tipologia di fusillo: il fusillo di Felitto (lungo anche oltre i 20 cm e realizzato con un ferro molto sottile) e il fusillo di Gioi Cilento (lungo circa 12 cm ma più spesso e ricavato con un ferro meno affusolato).
Limoncello: è un liquore dolce, ottenuto dalla macerazione in alcol etilico delle scorze del limone ed eventualmente di altri agrumi, miscelata in seguito con uno sciroppo di acqua e zucchero.
La buccia di colore giallo citrino, ottenuta dai migliori limoni di forma ellittica, simmetrica e di dimensioni medio-grandi, è l'ingrediente principale del limoncello, contenente oli essenziali che conferiscono al liquore un aroma molto deciso, nonché un gusto molto forte.
Il termine "limoncello", che sarebbe derivato da un vezzeggiativo della parola "limone", si riferiva inizialmente ad una varietà di limoni di dimensioni più contenute (probabilmente il lime o limetta).
Analogo al termine "limoncello" sarebbe anche il termine "limoncino".
Era già in uso nel 1590, come testimoniato nell'opera «Vocabulario De Las Dos Lenguas Toscana y Castellana» (1590) di Cristobal Las Casas.
Secondo il «Dizionario Sabatini Colletti» risalerebbe, invece, al 1300.
La terza edizione (1691) del «Vocabolario degli Accademici della Crusca», riporta il termine “limoncello” col significato (o accostamento) di "acqua cedrata", infatti, il termine limoncello aveva assunto, ad un certo punto, anche il significato di limonata, la quale, era utilizzata come medicinale.
Il medico Francesco Redi (1687), tra gli altri, inserì la parola "limoncello" in una delle sue rime:
«L'acqua cedrata di limoncello sia sbandeggiata dal nostro ostello»
(Francesco Redi, Bacco in Toscana. Ditirambo di Francesco Redi accademico della Crusca, con...)
L'uso della parola "limoncello" per riferirsi ad un liquore al gusto di limone è, probabilmente, un accostamento relativamente recente affermatosi nel 1900.
La storia dello stesso liquore, non è nota con precisione, considerando anche che vi sono degli interessi commerciali sulla bevanda, e spesso, i commercianti tendono faziosamente ad appropriarsene la paternità per fini di promozione.
La prima comparsa nelle fonti che citano il "limoncello" come liquore risalirebbe al 1900.
Secondo tradizione, la sua paternità viene contesa tra Sorrentini, Amalfitani e Capresi: molto rinomato, infatti, è quello prodotto in Campania, utilizzando il limone di Sorrento (il "femminello") o lo sfusato amalfitano IGP.
Generalmente, si realizza con l'infusione in alcol etilico a gradazione di almeno 90%, in cui vengono macerate le scorze (solo la parte gialla) di 10 grossi limoni per ogni litro di alcol.
Il periodo di macerazione, varia da ricetta a ricetta, ma, studi scientifici hanno dimostrato che bastano solo 3 giorni, per estrarre tutte le caratteristiche aromatiche e i vari oli essenziali;dopodiché viene aggiunto lo sciroppo, nel quale le proporzioni sono sommariamente di 600-700 grammi di zucchero per litro d'acqua.
Il liquore viene quindi filtrato e imbottigliato.
Mediamente, dopo un paio di settimane (ma per certe ricette la durata è molto minore) di maturazione in bottiglia, il preparato diviene il classico liquore di colore giallo, particolarmente adatto da gustare come digestivo dopo i pasti.
"nocche" o Pasticelle Cilentane: sono il dolce tipico delle Festività Natalizie, per eccellenza di Castellabate e del Cilento.
Esistono diverse versioni di questa ricetta che differiscono principalmente per il ripieno (crema, cioccolata, marmellata, crema di castagna) e la forma del dolce (a mezzaluna o tonde).
Le nocche, che nel dialetto di Castellabate significa fiocchi (la forma dei dolcetti), negli altri Paesi Cilentani vengono chiamate anche "lucernelle" o "imbottitelle".
Pizza Cilentana: è un'antica pietanza popolare, le cui origini si fanno risalire ai tempi dell'Impero Romano, che si prepara nel Cilento e nella zona Sud della Provincia di Salerno.
La realizzazione della Pizza Cilentana richiede l'uso dell'impasto per ottenere il pane, quindi si utilizza la semola di grano duro, mescolata con la farina di grano tenero.
la salsa di pomodoro, dovrebbe essere precedentemente cotta in pentola con un soffritto di cipolla in olio evo (extravergine di oliva). Altra particolarità che distingue la versione cilentana da quella più nota della Pizza Margherita Napoletana, è l'uso del Formaggio Caprino grattugiato o Cacioricotta, al posto del Fiordilatte e Mozzarella di Bufala, pur essendo la zona famosa per la produzione di quest'ultima.
L'uso come ingrediente, del Formaggio di Capra, è dovuto al fatto, che questo è di gran lunga più facilmente conservabile rispetto alla Mozzarella; nel Vallo di Diano si utilizza il Caciocavallo, al posto della Mozzarella o del Caprino, e si utilizza l'impasto del Pane di Padula.
Inoltre come ingredienti si utilizzano quelli tipici del Cilento, come ad esempio la “Noglia”, salsiccia tipica del Vallo di Diano.
Cambia, invece, la modalità di cottura, per realizzare la versione fritta della Pizza Cilentana, che si distingue, a sua volta, dalla versione napoletana di pizza fritta, per non contenere nessun ripieno al suo interno.
Sanguinaccio Dolce: è una crema dolce a base di cioccolato fondente amaro.
È un dolce particolare, che viene preparato in tanti paesi del Cilento come Castellabate, ed anche della Campania, generalmente durante il periodo Natalizio, quando le famiglie Cilentane ammazzavano il maiale cresciuto durante l’anno, e a Carnevale.
A Castellabate è divenuto celebre grazie al film “Benvenuti al Sud“, dove il protagonista fa colazione con il Sanguinaccio, credendolo semplice cioccolata.
Zeppole Scaudatelle "Scauratielli" (zeppole zuccherate): restano nel Cilento, il dolce tipico da preparare per Natale.
Molte famiglie, iniziano la preparazione dei Dolci Natalizi tra il 21 e il 22 dicembre, e sono davvero poche, le case Cilentane, in cui possa entrare un ospite senza trovare Struffoli, Cannoli, Calzoncelli, Zeppole e i famosi “Scauratielli”.
Non è tutto, l’ospite non può andarsene, senza portare con sé, il classico “fagotto”, dove nonne e zie mettono i deliziosi dolcetti di Natale da portare a casa e far assaggiare alla famiglia.
Particolare attenzione a chi, per motivi di lavoro o studio, se n’è andato dal paese, e torna solo per le feste, oppure ai “forestieri”, che vengono nel Cilento in vacanza.
Tutti devono assaggiare gli Scauratielli, se no, non è Festa!
La Storia: la ricetta degli Scauratielli, viene tramandata di generazione in generazione, e la tradizione Cilentana, prevede la preparazione di questi dolcetti, nella notte della Vigilia di Natale.
La scelta del 24 dicembre per farli, non sembra essere casuale, e si pensa sia da collegare addirittura all’antica usanza Greca di celebrare il Solstizio d’inverno; nella notte più lunga dell’anno, infatti, i Coloni Greci omaggiavano gli Dei, offrendo loro dei dolcetti a base di miele, molto simili agli Scauratielli, per forma e contenuto.
I dolci, preparati per celebrare la riapertura di un nuovo ciclo temporale, avevano la forma di un’Alfa (α) e di un’Omega (ω) 2 lettere Greche, la prima e l’ultima che aprono e chiudono l’Alfabeto Greco.
Gli Scauratielli Cilentani deriverebbero, dunque, da una tradizione risalente al 600-700 a.C., ovvero, al tempo della fondazione di Paestum ad opera dei Sibariti, discendenti degli Achei, e la loro ricetta si sarebbe diffusa fino a noi, attraversando tutto il Bacino del Mediterraneo.
L’antica ricetta: in tempi più antichi, e come ancora molti Cilentani fanno, gli Scauratielli venivano decorati con foglie di alloro o rosmarino, a cui si è pensato poi di aggiungere i confettini colorati, maggiormente usati per Struffoli o “Nocche”.
Esistono numerosi modi di preparare gli scauratielli, piccole differenze dipendono da tradizioni familiari e paesane che si sono unite alla creatività delle persone che hanno continuato a prepararli. Ovviamente anche i nomi variano da una parte all’altra della Campania e termini come: “Scauratielli” - “Scauratieddi” - “Zippoli di Natale”, identificano la stessa cosa.
Un passaggio fondamentale dell’antica ricetta, è sicuramente quello che prevede la bollitura degli Scauratielli, ma non va dato per scontato perché molti Cilentani, preparano questi dolcetti “a freddo” e poi li friggono.
Soppressata Cilentana: è un salume insaccato previa affumicatura che viene prodotta nel Cilento e nel Vallo di Diano (Provincia di Salerno).
Storia: si ritiene che la Soppressata (dialetto Lucano: subbursata o soperzata a seconda delle zone) abbia avuto origini in Basilicata e venga prodotta nella Regione, da almeno 3 secoli, secondo la testimonianza scritta più antica datata 1719.
Il nome deriva dall'azione di pressione compiuta mentre il prodotto è in fase di essiccazione, dandogli una forma appiattita.
Il prodotto si presenta con una stagionatura di almeno 40 giorni.
La carne suina viene triturata o tagliuzzata e miscelata con sale ed aromi naturali.
L'impasto viene asciugato all'aria, dopo essere stato posto in pani (sorta di panieri in fibra naturale) e insaccato in budello naturale suino.
Segue poi una fase di affumicatura con legna di bosco (faggio e quercia).
Ha la forma di una pagnottella divisa in 2, ed il colore della buccia e dell'impasto rosso bruno, reso ancora più intenso, dal contrasto col bianco marmoreo del lardo intero.
I profumi sono molto intensi ed aromatici: le note minerali ed affumicate, non devono prevalere sui sentori speziati e muschiati.
In bocca il gusto è lungo, ricco, con una sfumatura finale di castagna.
Ottima per aprire un pasto, o come spuntino, la soppressata si accompagna benissimo con un rosso Cilentano o meglio ancora con un rosato di buon corpo.
zeppole cu' i sciuriddi (con fiori di zucca)
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TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE
(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)
(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)
Manifestazioni Religiose
Il giorno dell'Epifania, tutti i bambini nati nell'anno precedente, accompagnati dai genitori, sfilano in processione nella Basilica Pontificia Santa Maria de Gulia, preceduti dal Sacerdote, dai chierichetti e da un prescelto, che copre il capo dell'officiante, con un ombrello damascato, in ossequio alla nascita di Gesù.
È il segno della vita che si ripete ogni anno.
Festa di San Costabile (17 febbraio), Patrono del Comune di Castellabate.
Festa di San Marco Evangelista (25 aprile), che si caratterizza per la Processione del Santo Patrono di San Marco con le barche via mare.
Festa di Santa Maria a Mare (15 agosto), Patrona di Santa Maria, che si caratterizza per lo spettacolo dei fuochi artificiali di mezzanotte in mare.
Il giorno della Commemorazione dei Defunti, è consuetudine, nelle case delle famiglie di Castellabate, far cuocere i “cicci”, un misto di grano, granone, ceci e fagioli.
È l'unico pasto della giornata in segno di lutto.
Manifestazioni Culturali
Settimana della Cultura (10 - 17 febbraio): una rassegna culturale che precede la Festa di San Costabile.
La Manifestazione prevede la consegna del Premio "Giglio d'Oro", alle persone illustri che hanno mantenuto un legame culturale ed affettivo con la Comunità di Castellabate.
Vetrina dell'Editoria del Sud (periodo estivo): una Manifestazione Culturale che si svolge dal 1990, tra Villa Matarazzo ed il Castello dell'Abate.
Si tratta di una carrellata di Incontri Culturali, presentazioni di libri, dibattiti, associati anche a Serate Enogastronomiche, mostre di pittura, rappresentazioni teatrali e opere musicali.
Alla rassegna, nata inizialmente per promuovere l'Editoria Cilentana, partecipano le più importanti Case Editrici del Mezzogiorno.
Castellabate è, quindi, un punto di riferimento della Cultura Libraria, tanto da guadagnarsi l'appellativo di «Cittadella del Libro».
Concerto Sull'Acqua (mese di luglio): un Concerto di Musica Classica, dedicato alla Sirena Leucosia, tenuto su una piattaforma galleggiante nelle acque antistanti l'Isola di Licosa.
Premio Leucosia (prima settimana di settembre): un riconoscimento per coloro che, con la loro opera, hanno fatto conoscere il Cilento oltre i suoi confini naturali.
Si svolge dal 1986 nel Parco di Villa Matarazzo.
Manifestazioni Popolari
Stuzza (14 agosto): una prova di abilità che si tiene nelle acque di Marina Piccola a Santa Maria.
Il gioco consiste nel recuperare 3 bandierine poste all'estremità di un palo di 17 metri, sospeso orizzontalmente, e cosparso di grasso, al fine di renderlo estremamente scivoloso.
Il vincitore è colui che, camminando sul palo senza scivolare in acqua, riesce a raccogliere la bandierina più lontana.
Alla gara, possono partecipare i ragazzi di sesso maschile, residenti od originari della frazione.
Giochi della Contea (mese di settembre): una Manifestazione Ludica, dove le varie Contrade (Centro Storico, Isca della Chitarra, Sant'Andrea, Punta dell'Inferno) di Santa Maria, si sfidano sul “terreno” di Marina Piccola, in giochi come la corsa coi sacchi, la corsa con le carriole, la spaghettata, l'albero della cuccagna, le pignatte e il tiro alla fune per decretare la vincitrice del palio.
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STORIA
Castellabate è una zona abitata fin dall'Epoca Preistorica, paleolitico superiore, come testimoniano i reperti in pietra, rinvenuti ad Alano, San Marco e in località Sant'Antonio (nei pressi di Licosa). Tracce di vita del periodo neolitico, nell'area di Tresino, sono attestabili dalle selci ed un'ansa attribuibile alla Cultura di Diana rinvenute.
Nel corso dei secoli, sul territorio si insediarono, poi, diverse popolazioni come gli Enotri, che occuparono la fascia costiera Cilentana, nell'VIII secolo a.C., prima della Colonizzazione Greca.
I Greci Trezeni, scacciati da Sibari, nel V secolo a.C., fondarono sul Monte Tresino la Città Trezene d'Italia.
Altre testimonianze di una Civiltà Greca, come dimostrano i ritrovamenti sul promontorio di Licosa e dintorni, sede della Città di Leucosia o Leukothèa, da cui, potrebbe derivare il nome della popolazione Italica che, nel IV secolo a.C., abitò la Costa tra Poseidonia ed Elea: i Leucanoi poi Lucani.
I Patrizi Romani, dopo la conquista della zona, denominata da loro Lucania, costruirono numerose Ville (di cui rimangono i ruderi) nella fascia costiera che va da Licosa a Tresino, che comprendeva il Porto Greco-Romano della Città di Erculia (San Marco).
Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, iniziò il lungo periodo delle dominazioni Barbariche, caratterizzato da una certa instabilità, fino all'avvento dei Goti di Teodorico e, più tardi, dei Bizantini.
Nell'846 Licosa fu considerata una Roccaforte di Pirati Saraceni, che furono poi sconfitti, proprio nella decisiva battaglia di Licosa, da una coalizione che comprendeva tutti i poteri locali danneggiati dalle incursioni Musulmane: Ducato di Napoli, Ducato di Amalfi, Ducato di Gaeta e Ducato di Sorrento.
Le prime notizie ufficiali sul territorio risalgono al 977, quando il Vescovo di Paestum, Pandone, vendette a marinai di Atrani, alcuni possedimenti terrieri, che facevano capo alle Chiese di Santa Maria de Gulia, Santa Maria Litus Maris e San Giovanni di Tresino.
In queste terre, ci fu anche la presenza dei Monaci Basiliani, profughi dall'Oriente: la Cappella di Santa Sofia, ne è una testimonianza.
I Longobardi e i Normanni sono tra le popolazioni che hanno lasciato nella zona un forte segno tangibile della propria presenza.
I Longobardi inizialmente depredarono queste terre, ma, dopo la loro conversione al Cristianesimo, operata dai Benedettini, ne divennero i benefattori, attraverso l'imposizione Feudale e, data la loro profonda devozione per San Michele Arcangelo, denominarono Colle Sant'Angelo, l'altura su cui sarebbe sorta Castellabate.
Nel 1028, il Principe Guaimario III di Salerno, scacciò i Saraceni definitivamente.
Nel 1072, fu il Principe Longobardo Gisulfo II di Salerno, a donare le terre di Castellabate, all'Abate della Badia di Cava, Leone I.
Il lavoro svolto dai Benedettini, fu talmente meritorio, durante la dominazione Normanna, soprattutto per le bonifiche operate, che Guglielmo II di Puglia, nel settembre del 1123, gli concesse il privilegio di costruire una Fortezza, per difendere le popolazioni locali dagli attacchi dei Pirati Saraceni, i quali, compivano frequenti scorrerie nella zona.
La storia del territorio è legata indissolubilmente alla figura di San Costabile Gentilcore, IV Abate della Badia di Cava. Nel medesimo anno in cui fu elevato alla dignità di Abate, avviò i lavori di costruzione del Castello di Sant'Angelo, il 10 ottobre 1123. L'abbaziato di Costabile fu breve, difatti si spense il 17 febbraio 1124.
Il suo successore, il Beato Abate Simeone, completò la costruzione del maniero e si prodigò in favore della popolazione locale: nel 1124 egli comprò, dal Conte di Acerno, il Porto "Travierso" e lo fece ampliare, sviluppando così il commercio.
Nel 1138, concesse ai sudditi del Potere Feudale dell'Abbazia, un diploma con diversi privilegi: ridusse a metà gli aggravi, donò ad essi le case che abitavano e le terre, chiedendo loro in cambio, la bonifica e coltivazione delle terre.
Dal 1194 al 1266, il Feudo fu sotto il dominio Svevo, per passare poi, sotto quello Angioino.
Il Castello si rivelò un valido presidio e, Castellabate, grazie anche ai benefici derivati dalla sua posizione naturale, divenne col tempo la più importante Baronia del Cilento.
Nel 1276, il Feudo Ecclesiastico comprendeva i Casali di: Perdifumo, San Mango, San Mauro, Acquavella, Casalicchio, Serramezzana, San Giorgio, Tresino, San Matteo Ad Duo Flumina, Torricelle, Ortodonico (oggi frazione di Montecorice), San Zaccaria e Santa Barbara di Ceraso; e i principali Approdi Cilentani: Stajno, Travierso, Santa Maria de Gulia, Pozzillo, Oliarola, San Primo di Cannicchio e San Matteo.
Durante la Guerra Angioina-Aragonese, il Castello subì gravi danni, e venne conquistato nel 1286 dagli Almugaveri agli ordini di Giacomo I di Sicilia, che lo tennero fino al 1299 quando fu ripreso dagli Angioini di Re Carlo II d'Angiò che, nel 1302, lo laicizzò, nominando Giacomo di Sant'Amando, Capitano del Castello, concedendo agli Abati Cavensi, ritenuti responsabili di scarsa vigilanza, esclusivamente di dimorare.
Castellabate, quindi, ospitò un Presidio della Corona, in cui si succedettero i Capitani Riccardo di Eboli, Goffredo di Castro, Tommaso III Sanseverino e Ruggiero II Sanseverino, fino al 1349, quando fu restituito alla Badia di Cava, dalla Regina Giovanna I di Napoli.
Nel 1357, il Castello fu conquistato con la violenza, sequestrando anche l'Abate Maynerio, da Nicola Vulture di Rocca Cilento, ai cui discendenti, venne poi sequestrato il Feudo, perché Partigiani di Luigi I d'Angiò.
Altre notizie sul Feudo Ecclesiastico, si hanno nel 1412, anno in cui Papa Gregorio XII, per saldare alcuni debiti bellici, lo vendette a Re Ladislao I di Napoli.
Sotto la Regina Giovanna II di Napoli, il Castello venne occupato dal Conte di Campagna, Francesco Mormile, che lo dovette cedere poi, nel 1427, al Principe di Salerno e Barone del Cilento, Antonio Colonna.
Re Alfonso V d'Aragona, nel 1436, lo concesse a Giovanni, Conte di Marsico e Barone del Cilento, appartenente alla famiglia dei Sanseverino, che lo amministrarono fino alla ribellione di Ferrante Sanseverino (1552), ultimo Principe di Salerno.
Da allora, alla guida di Castellabate, si avvicendarono diversi Feudatari: Marino Freccia (1553), acquistandolo all'asta dalla Regia Camera della Sommaria; Vincenzo Loffredo (1556); famiglia Filomarino, Conti di Rocca d'Aspide (1557); famiglia Acquaviva, Conti di Conversano (1622); famiglia Caracciolo di Torrecuso (1645), che dovette fronteggiare un evento catastrofico, come la peste del 1656; Consigliere Regio Francesco Nicodemo (1704); Reggente Giacinto Falletti (1713); Marchese Paride Granito (1733).
Il paese, durante la Repubblica Napoletana del 1799, con Luisa Granito, vi ebbe un ruolo politico attivo; la famiglia Granito, dopo diverse successioni, possedette il Feudo fino alla fine della Feudalità avvenuta nel 1806.
L'8 agosto 1806, Castellabate, dopo l'abolizione della feudalità, con le contrade di Santa Maria, San Marco, Ogliastro Marina e Lago, fu elevato a Capoluogo di Comune e del Circondario "Castel dell'Abate", rientrante nel distretto di Bonati (provincia del Principato Citra) del Regno di Napoli.
Il 13 agosto 1806, Licosa fu assalita dalla Flotta Inglese dell'Ammiraglio William Sidney Smith, che cercava di fomentare le popolazioni costiere, ad un'insurrezione contro Napoleone, ma il Fortino Licosano fu difeso dai Còrsi, guidati da Matteo Buttafuoco e dalla popolazione locale, che cercarono di respingere gli Inglesi con una cruenta Battaglia.
Dal 1811 al 1860, fu Capoluogo dell'omonimo circondario appartenente al Distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie, nel quale rientravano anche Perdifumo (con i Casali di Camella e Vatolla), Serramezzana (con i Casali di Capograssi e San Teodoro) ed Ortodonico (con i Casali di Cosentini, Fornelli, Montecorice e Zoppi).
Il territorio fu interessato dai Moti Cilentani del 1828, un tentativo di insurrezione per ottenere da Francesco I, il ripristino della Costituzione del 1820, nel Regno delle Due Sicilie.
Nel 1836, la popolazione Castellabatese, fu messa a dura prova dall'Epidemia di Colera, che imperversò in tutta la zona Cilentana.
Il 17 gennaio 1848, Castellabate insorse contro le autorità Borboniche, cui parteciparono gli esponenti delle famiglie gentilizie.
Dal 1860 al 1927, durante il Regno d'Italia, fu Capoluogo dell'omonimo mandamento (che comprendeva anche Ortodonico, Perdifumo e Serramezzana) appartenente al circondario di Vallo della Lucania.
A fine 1800, fu coinvolta dall'esteso fenomeno dell'emigrazione, di cui Francesco Matarazzo ne divenne l'esempio più significativo. Matarazzo, partito dal paese natio inizialmente anch'egli in cerca di fortuna, con le proprie fabbriche contribuì in maniera significativa allo sviluppo industriale del Brasile, meta privilegiata degli emigranti di Castellabate.
Il paese passa praticamente incolume la fase della Prima Guerra Mondiale.
Nel settembre del 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, il territorio, come gran parte della Costa Salernitana, fu teatro dello sbarco di Salerno: le truppe degli Alleati, occuparono la Marina di Castellabate per diversi giorni prima di avanzare verso Roma, mentre, la Torre del Semaforo di Licosa, venne utilizzata come postazione militare dai Tedeschi.
Il periodo Post Bellico, fu caratterizzato dal contrasto tra i cittadini di Castellabate paese (il capoluogo storico sul colle) e quelli di Santa Maria (la Frazione Marina, più sviluppata), che contendevano ai primi la Sede Comunale: l'apice della discordia si ebbe il 30 luglio 1946, quando furono trasferiti la maggior parte degli Uffici Municipali, da Castellabate a Santa Maria.
Lo strappo tra le 2 località, fu tale, che negli anni 1960, venne presentata più volte la richiesta (sempre respinta), di costituire il Comune Autonomo di Santa Maria.
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CURIOSITÀ & LEGGENDE
(Le Leggende riflettono la Storia di un popolo ma soprattutto gli aspetti della Vita della Comunità)
A Castellabate, trascorse l'infanzia il Musicista Ruggero Leoncavallo (1857-1919), come ricorda la lapide posta nella scenografica Piazzetta rettangolare.
L'autore de “I Pagliacci” nacque a Napoli, ma la famiglia si trasferì, poi, a Castellabate, in una casa di Porta Cavaliere, per il clima salubre che giovava alla salute della madre.
Proprio nella Piazzetta in cui è la lapide che ricorda Leoncavallo, è stato girato il film “Benvenuti al Sud” nel 2010, remake del film francese del 2008 "Giù al Nord", dedicato alla memoria di Angelo Vassallo, Sindaco del Comune di Pollica, assassinato nel 2010.
La scelta dell'ambientazione nel Cilento, a Castellabate in particolar modo, è stata per la necessità di avere zone con paesaggi, sia marini che collinari, con viste spettacolari in una zona periferica, lontana dalle grandi città.
MEMORIA DI DONNE e UOMINI
Memorie della presenza Greco-Romana, sono i resti dell'Antico Porto a San Marco, le Tombe ed il Materiale Archeologico, custodito nell’Antiquarium di Santa Maria di Castellabate (vedi ad Itinerari e Luoghi).
In queste acque, è stata recuperata una Nave Mercantile Romana, naufragata al largo del Promontorio, intorno alla fine del II secolo a. C..
Rimanda alla Civiltà Greco-Romana, anche il mito delle Sirena Leucosia, che insieme alle sorelle Partenope e Ligea, ammaliavano i naviganti, intorno allo Stretto di Messina.
Scomparve però qui, davanti all'Isola di Licosa, che da lei ha preso nome.
Un canto inabissato nel mare: la voce perduta delle nostre origini.
Era nativo di Castellabate, Francesco Matarazzo (1854-1937), emigrato, nel 1881, in Brasile, dove riuscì a creare dal nulla e con grandi sacrifici, un impero industriale che, nel 1936, fu il primo dell'intero Sud America.
Morì a Sao Paulo, sua patria adottiva.
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SANTO PATRONO
Costabile Gentilcore (Tresino, 1069 circa - Cava de' Tirreni, 17 febbraio 1124) è ricordato come IV Abate della Badia di Cava ed è venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica.
Secondo la tradizione era Lucano, e nacque da umile famiglia a Tresino, frazione di Castellabate, nel Cilento probabilmente tra il 1069 ed il 1070.
Ancora adolescente, entrò nel Monastero Benedettino della Santissima Trinità di Cava e la sua educazione e formazione spirituale fu affidata a San Leone.
Dal gennaio del 1119 con il titolo di «Abbas constitutus» affiancò, nella guida dell'Abbazia di Cava, San Pietro Pappacarbone che, nell'ottobre del 1122, gli consegnò il pastorale nominandolo suo successore.
Il Governo Abbaziale fu breve per Costabile che non poté fare molte cose.
Ma con l'autorizzazione del Duca Guglielmo, il 10 ottobre 1123, diede inizio nel Cilento alla costruzione del Castello dell'Angelo, detto «Castrum Abatis», poi Castellabate, per la difesa delle popolazioni locali dalle incursioni dei Saraceni Africani che, nel 1113, avevano devastato e depredato il territorio Cilentano.
Dopo la sua morte, i lavori di fortificazione furono continuati dal suo successore, il Beato Benedettino Simeone.
Costabile durante il suo breve periodo Abbaziale, di carattere mite ed umile, preferì guidare i suoi Monaci, con l'esempio e la dolcezza, tanto che gli fu attribuito l'affettuoso titolo di «operimentum fratruum» e quando morì, era già oggetto di culto popolare sulla base dei miracoli che gli furono attribuiti.
Nonostante ciò il suo successore, l'Abate Simeone, non fece seppellire in Chiesa il corpo di Costabile, dando credito ad alcune dicerie sul Santo Abate, secondo cui, egli prima di morire non aveva comunicato ai confratelli il luogo dove aveva nascosto una somma considerevole accumulata con la carità.
Successivamente, la Salma di Costabile fu traslata dinanzi alla Grotta di Sant'Alferio, quando all'Abate Simeone fu riferita l'avventura del Monaco Giovanni, nocchiere della nave del Monastero, in pericolo di affondare nel canale di Sicilia; spossato dalla stanchezza, il Monaco Giovanni si era addormentato, quando gli comparve in sogno Costabile che, avvisandolo dell'imminente pericolo, gli disse: «Ego navem eripio et monasterium meum custodire non cesso».
Nel 1648 il Sepolcro di San Costabile fu arretrato dall'originaria posizione, per collocarlo al di sotto dell'Altare del Santissimo Sacramento, dove riposa tutt’ora.
La popolazione di Castellabate ha una particolare devozione per San Costabile, al quale sono stati attribuiti diversi miracoli e leggende, legate ai periodi di difficoltà storici del Borgo: le Epidemie di Peste e Colera, gli Assalti Saraceni e il Secondo Conflitto Mondiale.
La leggenda più tramandata è quella delle capre, che narra di 5 Navi Pirate che, nel 1623, erano pronte ad assalire Castellabate.
I suoi abitanti, impauriti, lasciarono di fretta le proprie abitazioni, per rifugiarsi nel Castello in cima al colle.
La sera, quando la speranza di salvezza per gli assediati, stava venendo meno, si videro circa 700 capre con delle fiaccole legate alle corna, guidate da San Costabile, che si dirigevano verso il litorale dove i Turchi si apprestavano a dare l'assalto.
Questi, pensando che si trattasse di un considerevole numero di castellabatesi, pronti a difendere l'abitato, abbandonarono l'intento di assalire il Borgo e tolsero le ancore.
COME RAGGIUNGERE Castellabate
Con i Trasporti Pubblici
In Treno
Il Comune è servito dalla Stazione di Agropoli-Castellabate, situata nel Comune di Agropoli (distante circa 12 km da Castellabate) sulla linea della Ferrovia Tirrenica Meridionale.
In Autobus - Mobilità Urbana ed Extraurbana
I Trasporti Urbani tra le varie Frazioni Comunali, vengono svolti con Autoservizi di Linea gestiti dalla Società Cooperativa SMEC Autotrasporti.
Il Servizio Interurbano è garantito dalle Linee del CSTP (Consorzio Salernitano Trasporti Pubblici) da parte di Busitalia-Campania (clicca sul logo sottostante)
Porto
La Struttura Portuale (con Capitaneria dipendente dal Circondario Marittimo di Agropoli) è stata realizzata nel 1954 a San Marco ed ospita la Flotta da Pesca locale e Barche da Diporto.
Contiene circa 413 Posti Barca per imbarcazioni di lunghezza entro i 16 metri.
Il Porto, completamente banchinato sul lato interno, è riparato, ad Ovest, da un molo di sopraflutto a 3 bracci e, ad Est, da un moletto di sottoflutto a scogliera.
È uno Scalo Estivo del "Metrò del Mare", che collega con partenze giornaliere Castellabate con Napoli, Capri, Positano, Amalfi, Salerno, Agropoli, Acciaroli, Casal Velino, Palinuro e Sapri.
In Automobile
Il principale collegamento stradale è la ex Strada Statale 267, declassata in Strada Regionale Campana.
I tratti che collegano il territorio ai Comuni limitrofi sono:
Strada Regionale 267/b Agropoli (ospedale)-innesto SP 430 (svincolo Agropoli sud)-innesto SP 15 (San Pietro)-innesto SP 237 (Sant'Andrea), principale collegamento con Agropoli e la Strada Provinciale 430;
Strada Regionale 267/c Innesto SP 237 (Sant'Andrea)-bivio Montecorice-bivio Agnone-Innesto SP 15 (Acciaroli), principale collegamento con Pollica, Casal Velino e la Strada Regionale 447.
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Location:
Castellabate SA, Italia
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Fotografo documentarista geografico dal 1977; 40 anni da viaggiatore resiliente in Italia, oggi Divulgatore Geografico - Storyteller - Travel Blogger - Podcaster; Meridionalista innamorato dell'Italia, narro e faccio conoscere il Bel Paese, il più grande giardino emozionale diffuso.
Nel 2005 apro il blog Penisolabella seguito da Agricoltour e Va dove (ti) Porta il Treno e mi ritrovo ad essere l'unico blogger a raccontare l'Italia minore con la M maiuscola
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