Agròpoli (Aruòpule o Aruòpëlë in dialetto cilentano) è un Comune italiano della provincia di Salerno (SA), in Campania, i cui abitanti son detti Agropolesi.
Importante Centro Costiero situato nel Cilento, alle porte occidentali del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, sul Mar Tirreno all'estremità Meridionale del Golfo di Salerno ed a Sud della Piana del Fiume Sele, offre una vista a 360° su tutto il territorio costiero del Golfo Salernitano e sulle colline circostanti.
Da un Promontorio della Costiera del Cilento, all'estremità Meridionale della Piana di Paestum, domina una Baia di macchia e di ulivi; è Borgo forse di origine Bizantina, mentre il nome in Greco è «città alta» allude alla sua posizione.
Si narra di miracolose impronte lasciate da San Paolo, qui sbarcato navigando tra Reggio Calabria e Pozzuoli.
Prima per un breve tratto della Statale 18, Tirrena Inferiore, fino al bivio dopo il Torrente Solofrone, poi per la Statale 267, del Cilento, fino alla zona di Velia; quindi per la Statale 447 e 447 racc., di Palinuro, fino a Palinuro; poi per la statale 562, del Golfo di Policastro, fino ai pressi di Policastro; infine per un altro breve tratto della Statale 18, Tirrena Inferiore. Il percorso, tutto sinuoso lungo la frastagliata Costiera Cilentana si svolge in un continuo saliscendi, perlopiù in vicinanza del mare ed è di vivo interesse per il susseguirsi di panorami variati e pittoreschi e per la bellezza della vegetazione, caratterizzata da magnifici uliveti. Alla base di piccoli promontori o adagiati in brevi càle, si trovano numerosi centri e località marine. Per il tratto iniziale iniziale da Paestum fino al bivio al di là del Fiume Solofrone; di qui si prende a destra la Statale 267, che segue, tra radi alberi, la riva sinistra del Solofrone e rasenta a destra la Stazione di Ogliastro Cilento, al di là della quale si estende la Pianura di Paestum. Poco dopo la splendida Torre di San Marco, che si erge sul mare, si sovrappassa la ferrovia e si corre lungo il Lido San Marco, è in vista, di fronte, della cittadina di Agropoli, valicato il Fiume Testene, vi si giunge.
GENIUS LOCI (Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)
Antico Borgo Marinaro, in bella posizione, su un promontorio a dominio della pittoresca Baia dal mare color turchese, immerso nella bellezza e nella natura, con vista su tutto il territorio costiero fino a Salerno e sui monti cilentani alle spalle.
La città alta dei Greci arrivati dalla lontana Sibari, posta tra Poseidonia Elea e Velia, occupata ed utilizzata da Romani a Lucani, rifugio per Bizantini e Vescovi in fuga, proprietà di Papi Imperatori e feudatari, luogo di approdo dei grandi Santi Paolo e Francesco, che vi hanno lasciato segni indelebili del loro passaggio, avamposto e porta d'ingresso del Parco del Cilento.
Il grumo del Borgo incantato, di vedetta sul promontorio, tranquillo e silenzioso perché si raggiunge a piedi, percorrendo la caratteristica
salita degli "Scaloni", per secoli unica via d'accesso al Borgo ed oggi
uno dei pochi esempi di salita a gradoni, dal cui parapetto si gode una bella vista sul porticciolo, e salendo la quale pare di allontanarsi dal mondo reale per immergersi, passando per la porta monumentale, in un luogo d'altri tempi, che di vicolo in vicolo, porta al castello da dove si gode una vista mozzafiato a 360° dai Monti al Mare.
ORIGINE del NOME
(Toponomastica)
Il toponimo, in dialetto "arnopele, in latino ecclesiastico «Acropolis» - Acropoli o Acropolis - è ricordato da Stefano Bizantino (592) e risalente al greco αχρòπoλις "città alta".
Secondo lo studioso Rohlfs, il nome è certo formazione di epoca antica, sorta nell'ambito culturale e linguistico che emanava dai centri greci di Paestum e di Velia, tuttavia non si può escludere un'attribuzione al periodo bizantino, intorno al 400-500; lo studioso Battisti, non esclude che il grecismo si sia sovrapposto ad un osco-umbro «ager» "campo".
TERRITORIO (Topografia e Urbanistica)
Il Borgo antico è sito in bella posizione su un promontorio, a dominio della pittoresca baia dal mare color turchese, con vista su tutto il territorio costiero fino a Salerno e montano.
Seguendo, nella parte bassa dell'abitato, il Corso Garibaldi, che attraversa i Rioni Moderni, caratterizzati da numerosi edifici recenti, si giunge a una Rampa, caratteristica salita degli «Scaloni», uno dei pochi esempi di salita a gradoni che, da un certo punto, domina la piccola Baia e consente uno stupendo colpo d'occhio sulle stesso Lungomare e sul bel porticciolo. Al termine della Rampa, si è davanti ad una pittoresca Porta, sormontata da Stemma e coronata da 5 Merli, da cui si entra nell'Antico Borgo, tutto pervaso da un'atmosfera raccolta e suggestiva, con numerosi Vicoli, scalette ed angoli molto interessanti, anche per le vedute sul mare sottostante. Penetrando in esso, subito a sinistra si vede la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, di origine Seicentesca, varie volte rifatta; in alto, verso Est è il Castello Feudale, tradizionalmente chiamato Saraceno, costruito in epoca Bizantina, poi rifatto ed ampliato sotto gli Aragonesi. Si può percorrere il camminamento sulle mura che cingono i 3 Torrioni, godendo di una *vista magnifica: da qui infatti si domina tutto il Golfo di Salerno fino alla Punta Campanella e all'isola di Capri. Giuseppe Ungaretti, che visitò il Cilento all’inizio degli anni 1930, ritrasse magistralmente Agropoli nel volume “Mezzogiorno”.
Guarda il video (qui sopra) con gli Acquarelli dedicati a Agropoli e se ti interessa acquistarne qualcuno (stampe e/o oggettistica), vai alle gallerie online cliccando sui loghi sottostanti
ITINERARI e LUOGHI (Culturali, Turistici e Storici)
L'abitato è sormontato dal Centro Storico, che conserva il Centro Antico, gran parte delle Mura e il Portale seicentesco. Vi si accede attraverso la caratteristica Salita degli «Scaloni», uno dei pochi esempi di salita a gradoni e la porta monumentale, ben conservata.
Gli Scaloni: Il Borgo Antico è raggiungibile a piedi percorrendo la caratteristica salita degli "scaloni", per secoli unica via d'accesso al Borgo ed oggi uno dei pochi esempi di salita a gradoni, caratterizzati da gradinate larghe e basse, sopravvissuti alle esigenze del traffico veicolare, che altrove ne hanno determinato il livellamento. L’attuale pavimentazione degli Scaloni di Agropoli non è tuttavia quella originaria, ma risale ad una sistemazione stradale recente, che ha sostituito una particolare tripartizione nel senso della lunghezza, composta da una striscia centrale liscia in coccio pesto e da 2 laterali in piccolo acciottolato. Per la poca popolazione locale residente sul promotorio storico vi è una strada secondaria retrostante, carrabile, e per un tratto, quello finale, a traffico limitato. Il muro di protezione degli scaloni è ornato da merli con estremità sferica che richiamano i merli della porta ed una Croce di ferro indicante l'anno 1909, ricordo delle Sacre Missioni.
La Porta: ha 2 aperture; sulla destra della porta principale ce n'è una, secondaria, ad arco ribassato, aperta agli inizi del 1900; tra le aperture è visibile una feritoia che permetteva la vigilanza e la difesa. E' sormontata da 5 merli, 2 dei quali sostengono altrettante palle di pietra, alternate con altre di cemento e una croce di ferro indicante l'anno 1909, ricordo delle Sacre Missioni, che decorano anche il parapetto sul ciglio della rupe. Al di sopra della Porta principale c'è lo Stemma marmoreo dei Duchi Delli Monti Sanfelice, ultimi possessori feudali della città (lo stemma originariamente decorava l'ingresso del Castello). L'imponente Stemma marmoreo è sovrastato da una corona rovinata ed è rifinito in basso da un mascherone. Il campo principale ha forma di scudo ed è suddiviso in 2 parti dove 6 oche sono unite in 2 gruppi di 3 (in alto allineate, in basso riunite in triangolo), originario emblema dei Sanfelice, ed una croce, che era il simbolo della famiglia estinta Delli Monti. La Porta è parte integrante della Cinta Muraria, costruita in pietra locale e composta da 2 bracci, uno meridionale ed uno settentrionale, che si imperniano sul Castello e si concludono sullo strapiombo della "Rupe", difesa naturale dagli invasori.
Il Castello: a pianta triangolare e con 3 torri circolari, si erge sul promontorio incastrandosi come un vertice nell'interno dell'area del Borgo Antico, mentre la base si protende fuori del nucleo abitato, come fortificazione avanzata sul versante collinare dal pendio più dolce e più esposto agli assalti. Attorno alle mura del Castello si trova un fossato largo e profondo, ora distinguibile sul lato verso il Borgo, mentre è quasi scomparso il dislivello sul lato orientale a causa dei lavori agricoli e dei cedimenti del terreno avutisi nel corso dei secoli.
Il
Castello presenta l'aspetto assunto dopo le ristrutturazioni d'Età
Aragonese (1400) che devono aver notevolmente ampliato l'originario
impianto, a forma triangolare. L'interno del Castello è occupato dalla Piazza d'Armi e da edifici addossati sui lati settentrionale e orientale. La
piazza, oggi adibita a giardino e a teatro all'aperto, non è frutto di
un riempimento artificiale, ma poggia sulla roccia inglobata a suo tempo
nelle mura del Castello, mentre sul lato settentrionale si trova la
«Sala dei Francesi», così chiamata a ricordo della sosta del drappello
delle truppe francesi nel periodo napoleonico.
Chiesa
Madre dei Santi Pietro e Paolo: è di origini antiche: nel 593 una
lettera di Papa Gregorio Magno, documenta nel Borgo la presenza del
presule pestano (di Paestum) e si connette nella dedica a San Pietro,
pescatore come molti degli abitanti del Borgo Antico, ed alla tradizione
dell'approdo di San Paolo in una località agropolese per cui, secondo la leggenda, alla sua riva approdò nel viaggio da Reggio Calabria a Pozzuoli, e vi si indica l'impronta miracolosa dei suoi piedi: 2 fanciulli, ivi da lui convertiti, vennero lapidati. L'edificio possiede 3 campane e 3 porte inclusa la principale, e ha un'unica navata.
Chiesa
Santa Maria di Costantinopoli: secondo la tradizione venne costruita
dopo il rinvenimento in mare della statua della Madonna che, degli
infedeli, al tempo delle scorrerie Turche della metà del 1500, avevano
cercato inutilmente di portar via. L'esistenza della Chiesa è
documentata soprattutto a partire dal 1583, quando si accerta nella
stessa, l'esistenza di una Confraternita; è stata costruita con i
contributi degli uomini di mare. Nella Visita Apostolica del 1612 la
Chiesa risulta edificata di recente, provvista di un confessionale e di
un luogo di sepoltura per marinai, mentre la Sagrestia ed una tela sono
riscontrate nel 1742. Nel 1913 venne interdetta insieme ad altre, perché occupata da soldati per la pioggia torrenziale.
Il
Faro di Punta Fortino: l'altezza della luce, a 2 lampi bianchi con
intermittenza di 6 secondi, è posto a 10 metri su un fabbricato quadrato
ad un piano. La Torre, in stile veneziano, fu costruita nel 1929, è
visibile dal lungomare ed è posto sull'estremità del Centro Storico
delimitando il limite della Rupe.
La Fornace: ita fra l’odierno Parco comunale e via della Libertà, a metà strada fra il fiume Testene e la stazione ferroviaria, in un’ampia zona pianeggiante, un tempo svettava con la mole della sua canna fumaria fra i campi circostanti. Oggi è assalita e quasi nascosta dalle costruzioni civili che hanno colmato lo spazio disponibile. La struttura è tutta in mattoni ed a pianta ovale con al centro il grande camino, parzialmente abbattuto per motivi di sicurezza quando la struttura smise la sua funzione. Fu costruita nel 1880 e fu l’ingegner Vincenzo Del Mercato ad avere l’idea di una fornace per la produzione di mattoni costruita in località Campamento, in quanto qui c’erano giacimenti di argille plastiche. Inaugurata l’anno dopo per la produzione di laterizi, rappresentò un notevole cambiamento, sia nel paesaggio del territorio di Agropoli, sia nell’ambito della sua economia, prima d’allora imperniata esclusivamente sulle risorse agricole e marinare. Il monumento rappresenta, pertanto, una notevole testimonianza storica, che dimostra che la cittadina risentì, alla fine del 1800, di quel processo di industrializzazione che stava provocando ben più eclatanti fenomeni nelle regioni settentrionali. La lavorazione consentiva molti tipi di mattoni, quali rex, tegole, cannocchiali, proveri, 3 e 4 fori. La data d'inaugurazione risale al 1880; e dopo anni di attività la fornace declinò, fino a cessare la sua attività nel 1970. Ad
oggi continuano i lavori di recupero della Fornace, che diverrà un polo
per le attività culturali estremamente moderno e funzionale,
“sfornando” quei “mattoni di cultura” necessari a costruire lo sviluppo
della Comunità. Le
Torri: la presenza di Torri Fortificate sulla costa di Agropoli, come
del resto lungo l'intera Costa Tirrenica meridionale, è collegata alla
minaccia costituita dalle scorribande dei Pirati. A seguito della conquista Spagnola (1503) l’Italia Meridionale fu posta sotto il Governo dei Vicerè di Spagna, che tennero in gran considerazione il problema della Difesa Costiera contro i numerosi assalti Turchi. Sia don Pietro Alvarez de Toledo che il successivo Vicerè don Parafan de Ribers, Duca di Alcalà, emanarono ordini di costruzione di nuove Torri Costiere. Non essendo sufficienti a questa impresa le casse dello Stato, gravarono di tasse le Università (Comuni) Costiere nel cui territorio ricadevano le Torri. Per Ordine Generale di Costruzione di una catena ininterrotta di Torri
Costiere, emanato nel 1564 dal Viceré Spagnolo don Pedro de Toledo,
iniziano a sorgere Torri di Avvistamento nei punti strategici lungo la
costa che da Agropoli giungendo fino a Sapri. A seguito di
quest'ordine venne rafforzata la Torre di San Marco. La torre, situata sulla punta San Marco, all’ingresso settentrionale del territorio comunale di Agropoli, occupa una posizione strategica facendo da collegamento tra il Castello di Agropoli e la Torre di Paestum e controllando, al tempo stesso, sia la foce del Solofrone, corso d’acqua modesto ma importante per la viabilità e la penetrazione nel Cilento, sia il percorso litoraneo lungo la Collina di San Marco, unico mezzo di accesso alla cittadina fortificata di Agropoli. Di forma circolare, è stata quasi totalmente rifatta per adibirla a privata abitazione, sminuendo in tal modo il suo valore dal punto di vista architettonico. Il rifacimento moderno ha notevolmente alterato l’aspetto originale che, tuttavia, è noto da alcune vecchie fotografie: la torre circolare era stata costruita con pietra locale e si conserva buona parte dell’alzato senza giungere alla copertura. In origine (1200) era detta «de criptis» da un limitrofo Monastero di cui non si conosce il titolo; in seguito prese il nome dal vecchio Casale San Marco, oggi scomparso, ubicato poco più a Sud. In tempi più recenti la zona limitrofa era denominata «Parulo della Canonica», cioè Piano della Canonica di Amalfi. Nel 1235, per ordine di Federico II, la Torre di San Marco doveva essere custodita e riparata, se necessario, dall’Arcivescovo di Salerno e/o dall’Abate del Monastero di San Benedetto della città, in ragione delle loro proprietà nelle zone retrostanti. Alla torre San Marco si affiancherà la Torre di San Francesco,
costruita su un'alta sporgenza a picco sul mare, poco più a Sud del
promontorio sovrastato dal Castello. Posto accanto al Convento
Francescano qui sorto fin dal 1230, questa torre, di forma
quadrangolare, risultava in posizione strategica, comunicando a Nord col
Castello e con la Torre di San Marco, mentre a Sud con la torre
costruita a Trentova e con quella di Punta Tresino (rientrante nel
territorio del Comune di Castellabate).
Il Porto di Agropoli (40°21′,30 N 14°59′,00 E) anticamente era un piccolo porticciolo naturale dove c’erano poche barche e poche case e tutto si inseriva nella selvaggia semplicità del paesaggio. Si sentiva l’odore del sale e il rumore delle onde e le reti erano sparse sulla spiaggia. C’era il «Salecaro» dove i pescatori con grosse difficoltà mettevano al sicuro le proprie imbarcazioni, c’era «Il Fortino» come punto di ritrovo dei marinai; col tempo però, verso la fine degli anni 1960, è iniziato il graduale, lento e grande sviluppo del porto. Un progetto ambizioso si è prepotentemente concretizzato facendo del porto una solida struttura turistica e commerciale; quintali di cemento hanno coperto scogliere e insenature naturali, però il risultato è indiscutibile dal punto di vista commerciale, perchè al giorno d’oggi il Porto di Agropoli può competere con altri a livello nazionale ed offrire tutti i servizi di cui le imbarcazioni necessitano. Il Porto ha avuto un rapido sviluppo negli ultimi anni con l’avvento del "Circomare" che ha relizzato una pianificazione più completa e funzionale con l’installazione di pontili galleggianti; ci sono varie Associazioni no profit come i “Cannottieri Agropoli” e la “Lega Navale” che promuovono tutte le attività sportive inerenti alla nautica; e ci sono negozi, bar, ristoranti e tutto ciò che un diportista ha bisogno per le sue vacanze. Oggi, il Porto costituisce un punto di partenza per un grande sviluppo turistico e commerciale di tutto il Cilento, anche se, sicuramente è difficile trovare organizzazione e progresso insieme ai profumi dell’erba selvatica.
I SENTIERI
I Sentieri patrimonio UNESCO Il Parco del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni offre agli amanti della natura, tanti luoghi incantevoli dove trascorrere indimenticabili giornate “immersi” nel verde o nelle limpide acque del suo meraviglioso mare. Nell’area di Trentova -Tresino esistono Itinerari naturalistici che non hanno uguali, grazie alla varietà fisica e biologica della fauna e della flora, legata ad una posizione geografica di transizione tra il centro e il Meridione della Penisola.
Il Sentiero di Trentova Affascinante sentiero che si protrae verso la più selvaggia Costa Agropolese. Si cammina circondati dalla Macchia Mediterranea, mentre la presenza delle numerose Calette rendono facile ed accessibile il vicino tratto di mare, dalle acque limpide e dai colori indescrivibili. Per la fauna, nei mesi di luglio e agosto, si può ammirare anche la presenza del Ragno più bello d’Italia: il Ragno Vespa. Emblema del sentiero è lo Scoglio del Sale, molto usato in tempi remoti per raccogliere il sale, che poi veniva rivenduto alla Marina di Agropoli presso la zona “Salecaro”. Dati Tecnici: Partenza/Arrivo da “Centro Visite” - Km totali: 4,200 A/R - Tempo percorrenza: 2 ore con varie soste - Quota massima: 49 m, Quota minima: 5 m
Il Sentiero dei Trezeni Partendo da Agropoli (Trentova, strada sterrata), dopo appena 580 metri, c'è la prima deviazione che porta ai sentieri più alti, mentre a 850 metri c'è la prima discesa a mare che porta sul sentiero del famoso Scoglio del Sale. Continuando diritti, si incontrano altre deviazioni che portano sulla scogliera di Pastena. Al km 1,350, presso l’ultima discesa che giunge sulla scogliera di Pastena, si trova un Antico Lavatoio sicuramente usato dalle donne che abitavano le Cascine vicine; la Fonte che alimenta il lavatoio viene chiamato in dialetto cilentano «piscicolo». Più avanti, al km 2,570, si passa il Vallone della Lecina, che dà il nome all’intera insenatura. La zona del Vallone fu nell’antichità un Porto Naturale dove le imbarcazioni di una certa stazza sostavano per rifornirsi di viveri e approvvigionarsi dell’ acqua pura di sorgente ancora oggi presente. Tanti sono stati i ritrovamenti effettuati nei dintorni della grande Villa risalente al IV Sec. a.C. Al km 3,060 si trovano i ruderi della Torre Angioina (costruzione risalente attorno al 1200) che domina tutto il mare circostante: chiara la sua funzione d’avvistamento per le incursioni dei Pirati che infestavano tutta la Costa Cilentana. Nei pressi è presente anche una Costruzione risalente alla Seconda Guerra Mondiale, a pochi metri dal mare azzurro; il vento, ogni tanto, porta qualche essenza marina. A sinistra, verso l’alto, si notano grandi massi di arenaria. Al bivio (km 5,200) si apre un grande spettacolo panoramico sulla ormai vicina Santa Maria di Castellabate. Si prosegue in discesa sulla strada sterrata, ancora 2 km e si giunge alla bellissima spiaggia dai colori dorati, con il percorso che idealmente termina davanti alla Chiesa di S. Antonio. Dati tecnici: Partenza/Arrivo: Agropoli - Trentova / Santa Maria di Castellabate, zona Lago - Km totali: 7,2 circa - Tempo percorrenza: 3 ore con soste - Quota massima: 108 metri, Quota minima: 15 metri
Il Sentiero dei Ponti di Pietra Partendo da Agropoli (Trentova, strada sterrata), dopo circa 580 metri si svolta a sinistra. Proseguendo, si oltrepassa un primo valloncello, successivamente s’incontrano 2 antiche cascine. A 180 m slm, dopo circa 1,500 km, si svolta a destra verso la famosa Strada del Principe, dove sono posizionati i numerosi Ponticelli in pietra; anche la strada è lastricata in pietra locale, in alcuni punti. Si prosegue circondati dalla Macchia Mediterranea, e si giunge al Villaggio Abbandonato di San Giovanni. Poco dopo s’incontra la strada sterrata e, svoltando a destra, si giunge a Santa Maria di Castellabate, dopo altri 3,5 km. Dati tecnici: Partenza/Arrivo: Agropoli / Santa Maria di Castellabate - Km totali: circa 8 - Tempo percorrenza: 6 ore con soste - Quota massima: 250 m slm, Quota minima: 15 m slm
Il Sentiero delle Conche Partendo da Agropoli (Trentova, strada sterrata), dopo circa 580 metri si svolta a sinistra e si prosegue verso il Colle Tresino. A 180 m slm, dopo circa 1,5 km dalla partenza, invece di svoltare verso il Sentiero dei Ponti di Pietra si continua in ascesa tra mirto, lentisco e una fitta macchia di cisto. Il percorso è caratterizzato dalla presenza di enormi massi di arenaria in cui sono evidenti delle grande buche (conche, a 275 m slm) da cui il nome. Da qui, notevole è il panorama che si può ammirare su tutta la Baia di Trentova. Continuando, accompagnati dall’inebriante profumo della Macchia Mediterranea, si raggiunge la cima del Colle Tresino, a 356 m slm, da cui lo sguardo si “perde” tra il verde e l’azzurro del mare. Il panorama, a 360°, “vede” dinanzi il Monte Stella e Castellabate, a sinistra Agropoli, Monte Chianiello e Vesole, a destra il mare. Continuando si notano molti alberi di ulivi e ruderi di Antichi Casolari in pietra locale che sembrano parlarci della recente storia della Civiltà Contadina. Nei dintorni si possono notare alcune aie dove avveniva la prima lavorazione del grano. Proseguendo in discesa, si raggiunge la strada sterrata che giunge a Santa Maria di Castellabate, altri 3,5 km tra ginestre, mirto e lentisco. Dati tecnici: Partenza/Arrivo: Agropoli / Santa Maria di Castellabate - Km totali: 8 circa - Tempo percorrenza: 6 ore con soste - Quota massima: 356 metri, Quota minima: 15 metri
Aree Naturali
La Costa: l'area costiera
visitabile si estende per una lunghezza di circa 3 km, rientra tra i
Siti di Interesse Comunitario (S.I.C.) e comprende lo scoglio Trentova,
famoso per la panoramica caratteristica che lo vede legato alla
terraferma da una sottilissima lingua di terra percorribile a piedi, lo
«scoglio di San Francesco» e una serie di piccole insenature che si
susseguono fino alla Spiaggetta del Vallone (Castellabate), prima di
Punta Tresino. La Baia di Trentova prende il nome dallo scoglio
omonimo; il nome deriva dal fatto che, secondo la leggenda furono
trovate nelle Grotte, sotto la roccia, 30 uova di gabbiano o di
tartaruga marina. Accanto alla Baia di Trentova c'è una piccola Baia
detta di San Francesco, dal nome del Monastero sovrastante e dallo
scoglio sito in mezzo al mare, riconoscibile per la Croce posta
sull'estremità superiore. Verso Nord si estende una lunga spiaggia attraversata da diversi torrenti che arriva alla zona archeologica di Paestum.
Lo Scoglio San Franceesco Si racconta che San Francesco d’Assisi, nel suo giro di predicazione compiuto nel 1222, fece una sosta ad Agropoli. Tale episodio non è ricavato dalle tradizioni popolari, bensì da documenti storici; infatti negli annali dei Frati Minori dell’anno 1222 si legge: «Nella
custodia di Principato Citra, Frate Francesco fece costruire un
convento in Agropoli, dopo che alla presenza del popolo incredulo, da un
alto scoglio predicò ai pesci accorsi sul lido». Un altro studioso
francescano, il Gatta, scrive: «In Agropoli il padre Francesco d’Assisi
vi fondò un monastero e operovvi grandi meravigle cui spezialmente
allora quando, mal gradito da quei paesani, alieni di sentire la parola
di Dio, egli pertanto si condusse al mare su di uno scoglio ed ivi
predicando accorse una gran moltitudine di pesci quasi ascoltarlo
volessero; profetizzò quindi che quello scoglio che servito aveva da
pulpito, benchè col tempo sarebbe mancato alla sua grandezza, con tutto
ciò le acque non l’avrebbero mai superato». Pochi anni dopo, nel 1230, dopo che Frate Francesco salì al Signore, gli Agropolesi costruivano il Convento omonimo che oggi è adibito ad abitazioni private. Il
Convento domina come un castello sulla costa, quasi a voler riparare
all’antica indifferenza mostrata verso il "poverello di Assisi"; nelle
adiacenze del Convento gli Agropolesi eressero una Chiesa.
La
vita del “poverello d’Assisi” è ricca di storia e numerose gesta, fra le
quali si ricorda l’evento in cui, secondo la tradizione popolare, il Frate Francesco parlò ai pesci,
pare da uno scoglio, nei pressi della cittadina di Agropoli, scoglio
detto proprio di “San Francesco”, sul quale si erge una Croce che
sovrasta il mare, come segno di riconoscimento.
Monumento di San Francesco Il monumento di San Francesco e l’area adiacente, presenti sulla Collina San Marco,
sono stati affidati ufficialmente al Comune di Agropoli che ne ha
ottenuto il comodato d’uso gratuito da parte della Parrocchia di Santa
Barbara di Copersito Cilento, proprietaria del suolo dove sorge l’opera
iniziata nel 1982 da Padre Sinforiano Basile, per ricordare la leggenda
del passaggio di San Francesco ad Agropoli, affinchè la Comunità avesse
nel Santo di Assisi un punto di riferimento.
Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è uno straordinario territorio che unisce le meraviglie della costa ed un mare cristallino - più volte fregiato della Bandiera Blu - con una natura incontaminata dove cultura, storia, sapori, tradizioni sono i protagonisti antichi ma sempre vivi.
Con l’istituzione delle Aree Marine Protette di Santa Maria di Castellabate e Costa degli Infreschi e della Masseta, da parte del Ministero dell’Ambiente, è l’Area Protetta più grande d’Italia. Tanti i riconoscimenti internazionali: Patrimonio UNESCO quale “Paesaggio Culturale” di valenza mondiale, Riserva di Biosfera MAB-UNESCO, “Green Globe” per il turismo, Geoparco della rete europea e mondiale dei Geoparchi e patria della Dieta Mediterranea, anch'essa patrimonio immateriale e culturale UNESCO. Da un punto di vista naturalistico è un comprensorio di eccezionale valore, basti pensare che sono stati individuati 33 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e 4 Zone di Protezione Speciale (ZPS), oltre a 3 riserve naturali, di cui 2 marine, a livello nazionale. Il Parco vanta la presenza dei Grandi Attrattori storico-archeologico-culturaledella Regione Campania: Paestum, Velia e la Certosa di San Lorenzo a Padula.
L’Area Naturistica Trentova-Tresino
è la vera porta del Parco Nazionale; una delle più suggestive ed
interessanti da un punto di vista ambientale, naturalistico e
paesaggistico.
E’
un luogo affascinate, costituito dal Sito di Importanza Comunitaria
(SIC) “Monte Tresino e dintorni”, al limite meridionale della Costa di
Agropoli, individuato con Direttiva CEE 92/43 “Habitat” e posto in forte
interrelazione ecologica con l’altro SIC contestualmente individuato
nel “Parco Marino di Santa Maria di Castellabate”.
Vallone Zona di pregiato valore naturalistico, Porto Naturale ove sono state ritrovate anfore e ancore d’Epoca Romana,
qui la vegetazione “nasconde” una Tomba bisoma (contenente coppia uomo
donna) e delle grandi Mura che delimitavano una Villa Greco-Romana.
Villaggio di San Giovanni Nel
957 un tale Ligorio di Atrani comprò un terreno su cui ricostruì una
Chiesa intitolata a San Giovanni Battista, per affidarne poi il
beneficio a Padre Bernardo nel 986. Accanto alla Chiesa nacque il
piccolo Villaggio di San Giovanni, e nel 1937 fu istituita addirittura
una Scuola per volere del Principe Belmonte; in quegli anni si restaurò
anche la Cappella, e iniziarono a celebrarsi messe. Ogni anno, il 24
giugno vi si festeggiava la Festa di San Giovanni, l’ultima funzione
religiosa avvenne nel 1962, dopo il villaggio fu abbandonato.
Ponti di Pietra Diversi Ponti (più di 13) di pietra locale sono presenti sulla famosa «Strada del Principe» che ancora oggi si possono ammirare nella loro particolare architettura a chiave di volta; i Ponti e la Strada, si suppone siano stati costruiti in Epoca Borbonica (1800 circa).
Casali Contadini Numerosi sono i Casali Contadini presenti sul Tresino, tutti in pietra locale, la loro costruzione viene datata dal 1700 al 1900. Le tante Mura a secco di contenimento e le Aie utilizzate per la separazione del frumento, fanno capire l’importanza che la Collina ha avuto per la vita dei contadini di quegli anni.
Conche Sono giganteschi massi di arenaria che dominano il versante Nord della collina, da dove si gode un meraviglioso panorama su Agropoli. Il nome deriva dalle enormi buche scavate dall’acqua piovana (Conche) che, accumulandosi, formava un ottimo rifornimento idrico per viandanti, contadini e per la fauna presente nella zona.
Monumento di San Francesco Il monumento di San Francesco e l’area adiacente, presenti sulla Collina San Marco, sono stati affidati ufficialmente al Comune di Agropoli che ne ha ottenuto il comodato d’uso gratuito da parte della Parrocchia di Santa Barbara di Copersito Cilento, proprietaria del suolo dove sorge l’opera iniziata nel 1982 da Padre Sinforiano Basile, per ricordare la leggenda del passaggio di San Francesco ad Agropoli, affinchè la Comunità avesse nel Santo di Assisi un punto di riferimento.
ARTI & MESTIERI
LUOGHI DELLA CULTURA
(Musei e Biblioteche)
Palazzo Civico delle Arti e Museo Archeologico Il Palazzo, sito in via Pisacane, è oggi la sede del Palazzo Civico delle Arti della Città di Agropoli. Costruito nel 1892 come residenza estiva della Famiglia Cirota - benestante Famiglia Cilentana - ha cambiato più volte utilizzo nel corso degli anni, fino a divenire - nel 2011 - il “Palazzo Civico delle Arti”, struttura espositiva dedicata all’Archeologia e all’Arte. Ospita al pian terreno il Museo Archeologico, visitabile gratuitamente tutto l’anno, con una ricca sezione archeologica che illustra, già a partire dalla prima sala: la storia della colonizzazione, dell’evoluzione e dei traffici commerciali dei popoli che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. I reperti archeologici ivi conservati, illustrano la storia del territorio agropolese. La Sezione dei Corredi Funerari Lucani del IV secolo a. C., ne è l’esempio; i corredi sono riconducibili alla bottega del famoso Ceramista Pestano Assteas, come attestato dal Cratere e dal «Lebes Gamikos» provenienti dalla famosa tomba a camera dipinta a doppia deposizione (maschile e femminile) proveniente dalla località Contrada Vecchia di Agropoli. L’ultima Sala documenta la fase tardo-antica del territorio, riscontrabile grazie ai materiali rinvenuti nella Necropoli situata nella località San Marco di Agropoli, da cui provengono il Sarcofago in marmo Italico, risalente al 200, ornato da un bassorilievo di pregevole fattura rappresentante scene riferibili al Culto di Dioniso, e l’Epigrafe su Pietra Tombale del 400, primo documento attestante l’inizio del Culto Cristiano in questa zona. Al primo piano del Palazzo Civico delle Arti, un’area espositiva è dedicata all’Arte: mostre di pittura, scultura, fotografia, si alternano con regolarità durante tutto l’anno e viene utilizzato per importanti convegni e manifestazioni socio-culturali.
DIALETTO
Il Cilentano (celendano o cilindanu) è un dialetto italo-meridionale parlato nelle aree geografiche del Cilento e del Vallo di Diano, situate in Campania (nella Provincia di Salerno); tali aree erano anticamente Lucane, ma fin dall'Alto Medioevo entrarono a far parte del Principato di Salerno o Principato Citra. Secondo la maggior parte delle fonti, il cilentano sarebbe da annoverarsi tra i Dialetti Campani.
La maggiore influenza linguistica viene dai Dialetti Campani e Lucani, entrambi tra loro affini ed appartenenti al gruppo dei Dialetti Italiani Meridionali con i secondi che occupano una posizione di substrato rispetto ai primi. Nella zona Centro-Meridionale del Cilento si incontrano tuttavia alcuni centri che presentano delle caratteristiche glottologiche peculiari e piuttosto arcaiche, che possono essere ricondotte pienamente a quelle tipiche della lingua Siciliana, presenti pure nel dialetto del Salento e della Calabria Meridionale. Queste caratteristiche, ravvisabili soprattutto nel vocalismo, in diversi esiti fonetici e nel lessico, sono in generale in forte regresso e rappresentano nella maggioranza dei casi un elemento residuale rispetto all'influsso dei Dialetti di tipo Campano e Lucano, tuttavia in alcuni centri tali caratteristiche conservano ancora la preminenza rispetto agli influssi più moderni, in modo tale che questi centri possano tutt'ora essere considerati isole linguistiche da ascrivere più al gruppo Siciliano che italiano Meridionale. Le comunità che presentano questi arcaismi potrebbero avere un'origine Etnolinguistica diversa da quella del restante Cilento, ancorché non sia da escludere che anticamente l'area con caratteristiche Siciliane fosse più ampia di quanto oggi ravvisabile. Le influenze del Cilentano vero e proprio sono limitate alle zone "confinanti" Settentrionali (come Agropoli) dove principalmente varia l'inflessione mentre la terminologia resta pressoché identica al resto del Cilentano. Tra l'altro vi sono anche alcuni casi di "falsi amici" fra Napoletano e Cilentano. Si può dire che il Dialetto Cilentano iniziò a essere conversato nella zona di Pontecagnano ovvero una delle prime zone che, in cui si inizia a sentire un dialetto Cilentano, ma con sfumature dialettali di Salerno quindi possiamo dire con certezza che il dialetto Cilentano inizi a essere conversato a Pontecagnano e poi scendendo per tutta la provincia Salernitana il dialetto cambia da zona a zona.
ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO
Agropoli, grazie alla sua posizione geografica, beneficia di tutti i prodotti agroalimentari provenienti dai limitrofi Comuni appartenenti al Parco Nazionale del Cilento che ha il maggior numero di produzioni, recentemente riconosciute dal Ministero dell'Agricoltura, e alcuni riconosciuti come Presidi Slow Food. Ai Vini DOC di produzione locale, si aggiunge la produzione di Olio Extravergine di Oliva CilentoDOP - la presenza dell'Olivo nel paesaggio Cilentano ha origini antiche: la tradizione vuole che le prime piante fossero introdotte le colonie a Focesi, una popolazione di origine Greca che qui si stanziò a lungo. Da allora, ha sempre rappresentato la principale, e talvolta l'unica, risorsa delle popolazioni locali. Le olive del Cilento danno vita un Olio di colore giallo paglierino, con buona vivacità ed intensità; spesso limpido, a volte velato. All'esame olfattivo mostra un leggero sentore di fruttato, talvolta con note di mela e di foglie verdi; il gusto è tenue e delicato di oliva fresca, fondamentalmente dolce, con note vivaci di amaro e piccante. Fluido, con evidenti sentori di pinolo, il retrogusto di nocciola e mandorla. L'Olio Cilento DOP è il frutto dell'armonizzazione delle più moderne tecnologie di lavorazione, con la tradizione millenaria. Per essere ammessa la produzione di Olio DOP, le olive devono essere raccolte rigorosamente a mano; è autorizzato l'ausilio di mezzi agevolatori meccanici, come scuotitori e pettini vibranti e le reti sono ammesse esclusivamente per favorirne la raccolta, che deve essere effettuata entro il 31 dicembre. L'elevata concentrazione di note aromatiche, fa prediligere l'uso di quest'olio su piatti di una certa consistenza, tipici dell'area di origine, sia di carne che di pesce e verdure. Si conserva in locali freschi e asciutti.
Il Carciofo di PaestumIGP- Le origini della coltivazione del carciofo in Campania vengono fatte risalire al tempo dei Borboni. I confini del territorio a Indicazione Geografica Protetta (IGP), comprendono parte della provincia di Salerno in cui è presente la varietà locale del Carciofo Tondo di Paestum, ecotipo pregiato del Romanesco. Di colore verde con sfumature violetto rosacea, rispetto ad altre cultivar, il Carciofo di Paestum si caratterizza per la forma sferica, la grossa pezzatura, la compattezza e il sapore eccellente. Altro importante elemento di tipicità è l'assenza di spine nelle brattee. Le caratteristiche commerciali del Carciofo di Paestum, sono anche il frutto di una laboriosa tecnica di coltivazione: la moltiplicazione del Carciofo avviene attraverso i cosiddetti "carducci", germogli ascellari che spuntano alla base della pianta e vengono staccati poco prima dell'impianto, dando a loro volta vita a piantine che radicano bene e sono quindi in grado di fornire produzioni abbondanti. Il trapianto si effettua tra il 15 luglio e il 31 agosto, oppure tra l’1 e il 30 settembre se si utilizzano "carducci" prelevati direttamente dalle piante madri. La carciofaia deve essere mantenuta in continuazione per non più di 3 anni. La raccolta viene effettuata nel periodo compreso tra l’1 e il 20 maggio; tale caratteristica di precocità, consente al Carciofo di Paestum di essere presente sul mercato prima di ogni altro tipo di Carciofo del tipo Romanesco. La tenerezza e delicatezza di questo Carciofo, oltre al suo sapore, lo rendono molto apprezzato in cucina dove viene utilizzato in molte ricette locali come la Pizza con i carciofini ho il Pasticcio di carciofi.
Il Cece di Cicerale- Presidio Slow Food, è un piccolo legume originario dell’Asia Occidentale, arrivato in occidente migliaia di anni fa che ha trovato un territorio di elezione sulle colline che circondano il piccolo paese di Cicerale, abbarbicato sui primi contrafforti del Cilento. E’ una pianta piccola, dal portamento semi prostrato, che non necessita di acqua durante la coltivazione e che cresce nelle condizioni pedoclimatiche più difficili, per questo la sua coltivazione è molto diffusa ancora oggi nei paesi di origine: Iran, Pakistan e India. In Italia la sua coltivazione è molto ridotta e rimane legata alle tradizioni agricole e alimentari del Sud Italia, ma in un passato non molto lontano i Ceci si alternavano comunemente al Grano e agli altri Cereali, apportando alla dieta dei Contadini una alta percentuale di Proteine. Il nome Cicerale e il blasone comunale di questo paese, testimoniano una produzione importante sin dal Medioevo: «terra quae cicera alit» (terra che nutre i ceci), recita lo stemma del paese che raffigura anche una pianta di ceci intrecciata con una graminacea. E ancora oggi nei terreni di Cicerale si produce una varietà locale di piccoli ceci rotondi, dal colore leggermente più dorato rispetto a quelli comuni, con sfumature nocciola chiaro, e dal sapore intenso. Per il suo basso contenuto di umidità alla raccolta si conserva per molto tempo e tende ad ingrossarsi notevolmente in fase di cottura. Per coltivarlo si seguono i criteri dell’agricoltura biologica, per i quali non si usano prodotti chimici e non si fa irrigazione. La raccolta, alla fine di luglio, è molto faticosa; quando il seme è maturo le piante ormai secche vengono estirpate in campo e lasciate in loco ad asciugare, fino a che non sono abbastanza secche per la trebbiatura. Poi si appoggiano le piante su sacchi di iuta, si coprono e si battono con grossi bastoni di legno oppure si trebbiano con una piccola trebbiatrice posta a ridosso del campo e alimentata a mano. Il terreno accidentato e la presenza sulla pianta di baccelli molto vicini al terreno impediscono l’utilizzo di una trebbiatrice semovente.
il Fagiolo di Controne - Controne è terra di olio e fagioli: un paese incastonato in una splendida cornice di campi e uliveti che si spingono fino alle pendici del massiccio degli Alburni che sovrasta il piccolo centro abitato. Ed è la roccia, una stratificazione ricca di carbonati non molto profonda che si distende sotto i terreni di Controne, che ha generato terreni freschi e fertili e donato a questo fagiolo una delle sue più rinomate qualità: buccia sottile e facilità di cottura. L’altra grande risorsa è l’acqua proveniente dalle tante sorgenti alimentate dalla falda acquifera degli Alburni, che dal paese si spinge verso Sud Ovest rendendo i terreni di Controne ideali per la coltivazione dei fagioli. La tradizione di coltivare Fagioli a Controne si tramanda da centinaia di anni e le tipologie messe a dimora dai Contadini del luogo sono ancora oggi variegate: c’è il fauciariello (di colore terreo e con piccole striature, la cui forma ricorda la falce), il lardariello, il suscella e il minichella tutti di colore terreo-bruno e leggermente picchiettati. Ma la tipologia che ha reso Controne famosa e che si è ottimamente adattata nei secoli a questo areale è l’Ecotipo Bianco: un fagiolo piccolo dai semi bianchissimi, di forma tondeggiante e leggermente ovoidale, senza macchie né occhi. I baccelli che li contengono sono anch’essi di colore bianco-crema. È un fagiolo tardivo, si semina tra la prima e la seconda decade di luglio e si deve aspettare novembre per la raccolta, quando tutto il paese si riunisce per la tradizionale Sagra, dove si possono assaggiare anche i piatti tipici della zona preparati con il Bianco di Controne e conditi con Olio Extra Vergine di Oliva ottenuto da cultivar autoctone come la Rotondella e la Carpellese. L’eccellenza gastronomica di questo fagiolo è nota anche nel resto della regione, così come sono molto apprezzate la scarsa tendenza a spaccarsi durante la cottura e i tempi di cottura nettamente inferiori a quelli di un fagiolo comune. Lo si può gustare al tozzetto (una Fresella condita con Olio Extravergine e Fagioli Lessi) oppure con la Scarola, nella pasta e fagioli, o ancora a condimento delle Làgane (una pasta fresca fatta in casa).
il Fico Bianco del Cilento - La coltivazione del Fico nel Cilento sembra risalire ai coloni Greci che anche nel Cilento fondarono diverse città. Molti autori di Epoca Romana, hanno decantato le qualità dei prodotti agricoli del Cilento, tra cui anche i Fichi Essiccati: Catone e Varrone raccontavano che i Fichi erano già allora la base alimentare della manodopera impiegata nel lavoro dei campi. Il Fico Bianco del Cilento DOP, dalle caratteristiche uniche, e molto apprezzato anche all'estero, deve la sua denominazione al colore giallo chiaro uniforme che la buccia assume nei frutti essiccati; colore che diventa Marrone quando i frutti subiscono un processo di cottura al forno. La polpa è di consistenza tipicamente pastosa, dal gusto molto dolce, di colore giallo ambrato. Le pregevoli caratteristiche del prodotto sono dovute alla qualità della varietà Dottato, ma anche all'ambiente di coltivazione e di lavorazione dei frutti, che beneficia dell'azione mitigatrice del mare e della barriera posta dagli Appennini alle fredde correnti invernali provenienti da Nord-Est. I fichi vengono confezionati al naturale in diverse forme (cilindriche, a corona, sferiche, a sacchetto), ma anche posti alla rinfusa in cesti fatti di materiale di origine vegetale. Si possono trovare farciti con mandorle, noci, nocciole, bucce di agrumi, oppure ricoperti di cioccolato, o ancora, immersi nel rum. Una preparazione tradizionale ancora in uso è quella che vede i fichi seccati, infilati "steccati”, infilati cioè in 2 stecche di legno parallele che per formare le "spatole" o "mustaccioli".
Tra i Salumi meritano menzione la Pancetta Cilentana "longa olongarella" un concentrato di profumo e sapore e viene preparata in 2 formati: tesa (chiamata anche longa o longarella) o arrotolata. La pancetta tesa può essere consumata da sola o per insaporire soffritti o carni meno saporite come il pollo. Le pancette sono confezionate con la pancia del maiale. L'abitudine di consumare la Pancetta risale all'epoca romana, poiché in epoca imperiale i legionari ricevevano ogni 3 giorni una razione di Pancetta o Lardo. Fino alla metà del 1900, la Pancetta, insieme ad altri grassi come Lardo e Strutto, è stata considerata dai contadini una delle principali "riserve energetiche".
E la "Soppressata e Salsiccia del Vallo di Diano" - la Pancetta Cilentana è un concentrato di profumo e sapore e viene preparata in 2 formati: tesa (in questo caso viene chiamata anche longa o longarella) o arrotolata. La pancetta tesa può essere consumata da sola o per insaporire soffritti o carni meno saporite come il pollo. Le Pancette sono confezionate con la pancia del maiale. L'abitudine di consumare la Pancetta risale all'Epoca Romana, poiché in epoca imperiale i legionari ricevevano ogni 3 giorni una razione di Pancetta o Lardo. Fino alla metà del 1900, la Pancetta, insieme ad altri grassi come Lardo e Strutto, è stata considerata dai contadini una delle principali "riserve energetiche"..
Tra le Specie Ittiche le «Alici di Menaica» un’antichissima
tecnica di pesca a rete, un tempo diffusa su tutte le coste del
Mediterraneo, che sopravvive in pochi luoghi, in Italia, uno di questi è
il Cilento. Sopravvive grazie a un gruppo di pescatori - non più di
7, 8 barche - che escono in mare la notte con barca e rete (entrambe si
chiamano menaica o menaide, anticamente minaica). Le «Alici di
Menaica» si pescano nelle giornate di mare calmo, tra aprile e luglio:
si esce all’imbrunire e si stende la rete sbarrando il loro percorso al
largo. La rete le seleziona in base alla dimensione, catturando le più grandi e lasciando passare le piccoline. Nervose e guizzanti, le alici, una volta intrappolate, perdono velocemente gran parte del loro sangue. Con
la forza delle braccia si tira in barca la rete e, delicatamente, si
estraggono dalle maglie, una ad una, staccando la testa ed eliminando le
interiora. Poi si sistemano in cassette di legno e - fatto molto
importante - non si utilizzano né il ghiaccio né altri tipi di
refrigerante per il trasporto. Le Alici vanno lavorate
immediatamente, al porto: prima si lavano in salamoia e poi si
dispongono in vasetti di terracotta, alternate a strati di sale. Quindi
inizia la stagionatura, che avviene nei cosiddetti Magazzeni, locali
freschi e umidi dove un tempo, prima che nascesse il porto, si
ricoveravano anche le barche. Qui le Alici devono maturare, ma senza
asciugare troppo, almeno 3 mesi. Le Alici di Menaica sotto sale, si
distinguono per la carne chiara che tende al rosa e per il profumo
intenso e delicato, che le rende assolutamente uniche. Si mangiano fresche o sotto sale, crude o cotte.
Tecnica di Pesca e sistema di conservazione sono tutelati da un Presidio Slow Food.
Tra gli altri prodotti tipici della zona, ci sono i latticini:
Mozzarella di Bufala Campana DOP Presente già nel 1200, si produce su vasta scala dal 1600. Formaggio fresco a pasta filata, leggermente elastico nelle prime ore, poi sempre più fondente, si ottiene addizionando al latte intero di bufala, il sieroinnesto del giorno prima e il caglio di vitello. Coagulato il latte in 20-30 minuti, si rompe la cagliata in grumi della grandezza di una noce e la si lascia poi maturare sotto siero caldo per 4 o 5 ore. L'operazione di filatura è fatta con acqua bollente, tirando la pasta con un bastone. Infine si passa alla formatura, tagliando la pasta in pezzi di peso diverso secondo le esigenze di produzione. Il formaggio si presenta di colore bianco perlaceo, con gusto acidulo e odore di muschiato o di selvatico. Tipologia: Bufalino Consistenza: Filata, Tenera, Elastica
Mozzarella nella mortella Nel basso Cilento, per trasportare a Valle la mozzarella, nacque l'uso di avvolgerla nella mortella: il mirto, abbondante in questo territorio, funge da copertura naturale e trasferisce aromi e profumi al formaggio. Così questa mozzarella, con il tempo, è diventata un prodotto a sé. La tecnica di caseificazione è quella classica, ma la maturazione della cagliata viene in assenza, o quasi, di siero. Il risultato è un formaggio più asciutto e compatto, di forma piatta e irregolare. Rispetto alle comuni mozzarelle, inoltre, l'acidità in bocca è leggermente più pronunciata e si avvertono sentori di erba, talvolta di cedro e di limone. Queste caratteristiche aromatiche si devono ai pascoli del basso Cilento, costituiti da macchia mediterranea e da essenze erbacee del sottobosco. Tipologia: Vaccino Consistenza: Filata, Compatta, Asciutta
Bocconcini di Bufala alla panna Si tratta di una preparazione casearia consistente in Mozzarelle di Bufala Campana DOP di piccola pezzatura (ciliegine) ricoperte di panna. Questa si ricava per centrifugazione da Latte Bufalino o Vaccino. Una volta pastorizzata è mescolata assieme alle Mozzarelle. Il tutto può essere confezionato nei classici recipienti di terracotta smaltata per alimenti a forma di anforetta, oppure in vaschette di plastica trasparente. I bocconcini si gustano la temperatura ideale di 15-18°C. L'utilizzo di recipienti di terracotta smaltata non ha solo un valore estetico: tale materiale, infatti, è fondamentale per il mantenimento delle caratteristiche organolettiche tipiche di questo prodotto tradizionale. Tipologia: Bufalino e Vaccino Consistenza: Filata, Tenera, Elastica
Burrino di Bufala Si tratta di una sfoglia di formaggio con preparazione simile a quella della scamorza al cui interno viene posta una pallina di burro. Al latte bufalino locale, crudo o trattato termicamente, si aggiunge il siero innesto della lavorazione precedente, e si fa coagulare a 38-39°C. Rotta la cagliata con spini di legno, si fa spurgare il siero. Tagliata in strisce con coltelli di acciaio, la pasta matura per 24 ore, quindi filata con mestoli di legno 94°C. Il burro si ricava per centrifugazione o zangolatura (sbattimento della crema all'interno della zangola - macchina per la fabbricazione del burro, costituita da un recipiente a forma a botticella, in legno o acciaio, a chiusura ermetica, dentro il quale la panna è sottoposta a sbattimento mediante opportuni dispositivi ad alette). Rivestito il burro con uno stato di pasta filata, si immerge il tutto in salamoia per circa 12 ore punto. E’ prevista un'eventuale affumicatura attraverso la bruciatura di sola paglia di grano. Il burrino si conserva per non più di 8 giorni dalla data di produzione. Tipologia: Bufalino Consistenza: Filata, Farcita
Caciocavallo di Bufala Si produce soprattutto in inverno, quando si riduce il consumo di mozzarelle e si hanno piccole eccedenze di latte. Il latte bufalino locale, crudo oppure trattato termicamente, addizionato di sieroinnesto e caglio, coagula a 38-39°C. La cagliata è rotta con spini di legno e, dopo lo spurgo, è tagliata a strisce con coltelli di acciaio. Matura per 24 ore prima di essere filata a mano, con mestoli di legno, a 90°C. Una volta modellato, il caciocavallo è salato in salamoia e legato. L'eventuale affumicatura, che consente di valorizzare meglio le caratteristiche organolettiche del latte, avviene attraverso la bruciatura di sola paglia di grano. Il formaggio stagiona, alla temperatura di 4°C, anche fino oltre i 60 giorni; in questo caso, il sapore diventa più deciso e tende al piccante. Tipologia: Bufalino Consistenza: Filata, Compatta, Pastosa
Cacioricotta del Cilento Il Cilento è terra di capre; zona di macchia mediterranea, arbusti, erbe cespitose, alberi bassi che rappresentano il nutrimento ideale per quest’animale rustico e vivace. L’adattamento alle condizioni ambientali dell’area ha anche determinato, nei secoli, la differenziazione di una popolazione autoctona con caratteristiche specifiche. Questa popolazione, conosciuta come capra del Cilento (o Cilentana), comprende 3 sottogruppi, differenziati per il colore del mantello: grigio, fulvo o più spesso nero. Le ottime qualità del pascolo e del tipo di allevamento delle capre, si rispecchiano nei formaggi prodotti, che si distinguono per la complessità aromatica. Tra questi un posto particolare è occupato dal Cacioricotta. Il nome deriva dalla particolare tecnica di coagulazione del latte, in parte presamica (caratteristica tipica del formaggio o cacio, in cui il calcio rimane legato alle caseine - temperatura: sotto i 10°C e sopra i 65°C le caseine non precipitano; in genere la loro tendenza a cagliare è massima tra i 20 ed i 40°C) ed in parte termica (tipica della ricotta). Il latte, proveniente da una o più mungiture, è filtrato è riscaldato in caldaie di rame stagnato (caccavi) o di acciaio. La coagulazione avviene a 36-38°C aggiungendo caglio di capretto o di agnello. La cagliata è rotta fino alla dimensione di un chicco di mais con un bastone di legno. Quando si è depositata sul fondo, si estrae completamente compattandola con le mani e si mette in forma all'interno delle fiscelle (cestini di vimini o di giunchi, di forma troncoconica, usato dai pastori per far scolare la ricotta appena fatta). La salatura a secco avviene il giorno dopo. Trascorse 24-36 ore, le forme sono estratte dalle fiscelle, lavate e disposte sopra graticciate di legno o di acciaio. Si può mangiare fresco o lasciare stagionare fino a 30-40 giorni. Tipologia: Caprino Consistenza: Compatta, Gessosa, Tendente a Scagliarsi Presidio Slow Food:Promuovere il Cacioricotta significa offrire una valida alternativa economica alle vendite delle greggi. La pastorizia del Cilento, oltre ad essere un'importante risorsa economica, rappresenta un elemento caratteristico del paesaggio in quanto è l'unico strumento naturale di difesa contro gli incendi boschivi. L'azione del Pascolo Caprino, infatti, contribuisce a mantenere pulito e concimato il sottobosco, con effetti benefici sullo sviluppo delle piante ad alto fusto e sul controllo dei focolai. Il Presidio del Cacioricotta del Cilento riunisce 5 allevatori e casari che credono in questa attività. Tra gli obiettivi del presidio ci sono la promozione del Cacioricotta semistagionato da tavola, l'affinamento delle tecniche di maturazione e il recupero degli ultimi greggi di razza cilentana, per incrementare la produzione fatta con il loro latte.
Provola affumicata di Bufala Formaggio fresco a pasta filata, è prodotto in autunno ed in inverno. Al latte crudo, proveniente da bufale locali, si aggiunge sieroinnesto della lavorazione precedente. Quindi si riscalda a 35°C e si fa coagulare con caglio liquido di vitello. Rotta la cagliata con lo spino, si fa spurgare parzialmente e si lascia maturare nel siero restante. La pasta è poi tagliata e riscaldata in un tino con acqua 83-85°C per essere filata. Modellate le provole in forma sferoidale, si passa all’affumicatura: legati con fili di rafia, i pezzi sono posti a contatto con i fumi prodotti dalla combustione della paglia per un tempo di circa 10 minuti. La buccia, a seguito dell'affumicatura, varia dal giallo ocra al bruno, con numerose striature. Il sapore è aromatico, il profumo delicato. Tipologia: Bufalino Consistenza: Filata, Morbida, Compatta
Ricotta di Bufala Campana DOP La zona di provenienza del latte, l'area di trasformazione e di produzione della Ricotta di Bufala Campana DOP, coincidono con quella di origine della Mozzarella di Bufala Campana DOP. Il “primo siero“, o “siero dolce”, ottenuto dalla rottura della cagliata destinata alla produzione della Mozzarella, è scaldato a 82°C. È ammessa l'aggiunta di latte di Bufala e/o panna fresca, sieroinnesto naturale, acido lattico o acido citrico. Si completa la fase di riscaldamento fino a raggiungere una temperatura non superiore ai 92°C, quindi si lascia riposare la massa. Quando la ricotta è completamente affiorata, la si pone in contenitori in plastica o tele per uso alimentare dove resta 12-24 ore prima del confezionamento. Si consuma entro 7 giorni, che diventano 21 se viene sottoposta a omogeneizzazione. Tipologia: Bufalino Consistenza: Morbida, Granulosa
Scamorza di Bufala Il latte bufalino locale, crudo oppure trattato termicamente, è riscaldato a 38-39°C e addizionato con caglio e sieroinnesto proveniente dalla lavorazione precedente. Rotta la cagliata con spini di legno, si spurga dal siero e si taglia a strisce con coltelli di acciaio. Dopo una maturazione di 24 ore, le strisce sono filate a mano, con mestoli di legno, alla temperatura di 90°C. Una volta modellate, le scamorze sono immerse in salamoia per la salatura. Legate con fibre vegetali, possono subire un eventuale affumicatura attraverso la bruciatura di sola paglia di grano. Segue una breve stagionatura. Il prodotto finito si presenta in pezzature di 300-350 g e forma sferoidale, spesso con testina. La crosta è liscia, di colore bruno più o meno intenso. Tipologia: Bufalino Consistenza: Filata, Morbida, Compatta
ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO
L'Enogastronomia è uno dei motivi per cui Agropoli non si dimentica facilmente. La sua cucina è legata in particolar modo all’Antica Tradizione Peschereccia e alla «Dieta Mediterranea»,
riconosciuta quale patrimonio immateriale UNESCO, descritta per la prima volta negli anni 1960 dall’illustre fisiologo nutrizionista
americano Ancel Keysche formulò il modello alimentare dal americano insieme ai suoi collaboratori trasferendosi a Pioppi, nel parco naturale del Cilento, proprio per studiare la relazione tra salute e alimentazione.
Tipico piatto di Agropoli sono le Alici che vengono preparate secondo molte ricette tradizionali con le «Alici di Menaica», sono semplicissime: l’insalata di Alici Crude, appena sbiancate dal limone e condite con olio, aglio e prezzemolo, o il Sugo di Alici, ottimo sugli spaghetti e velocissimo: basta friggere le alici con un po’ di olio, pomodorini, aglio e peperoncino. Più complesse, ma sempre basate su pochi ingredienti: «'nchiappate» o «Impaccate» le alici aperte a libretto, vengono farcite con formaggio caprino, uova, aglio e prezzemolo, infarinate e fritte in olio di oliva, poi ripassate in padella con salsa di pomodoro, si consumano subito o conservano sott'olio - «Ammollicate» alici spaccate e cotte al forno, disposte a strati in una pirofila e condite con pangrattato, aglio, olio e prezzemolo, vino bianco o succo di limone; in finale di cottura è possibile aggiungere qualche filetto di pomodoro, spellato e privato dei semi - «'mbuttunate» imbottite - «Arreganate» preparazione in cui, il pesce azzurro, pulito e sfilettato, è cotto al forno e condito con olio, aglio, origano, pepe e aceto - «Marinate» immerse in una soluzione che di solito prevede un elemento acido parentesi vino, aceto, succo di limone, olio, aromi e spezie, con lo scopo di insaporirle, ammorbidirle, stemperarne il sapore, conservarle. A questo scopo si procede per insaporirle e ammorbidirle prima di cuocerle al forno- il «cauraro» a base di patate, fave, alici e finocchietto selvatico - «Salate».
Il Cacioricotta, un formaggio (presidio Slow Food) che si può consumare fresco, in insalata o con il miele, ma anche come cacio da grattugia. Dopo una prolungata stagionatura infatti, diventa duro, compatto, scaglioso e leggermente piccante: un accompagnamento ideale per i fusilli al ragù di castrato, piatto tipico della zona.
CIAK SI È GIRATO ad Agropoli
Gli anni 1960-1976 saranno ricordati dagli Agropolesi anche per i Film internazionali girati e per i numerosi ed importanti attori che soggiornarono negli alberghi di Agropoli. In quegli si era creato un triangolo d’oro per le Major internazionali comprendente: Agropoli, Paestum e Palinuro, 3 location ideali per girare film storici e di azione. Agropoli, anche per la sua centralità, era l’unica delle 3 a disporre di alberghi di buona qualità, per cui le troupe cinematografiche alloggiavano per settimane in quegli alberghi, per la gioia degli agropolesi e dell’economia locale.
Il primo Film ad essere girato fu nel 1960 "Il Segreto di Montecristo" (The Treasure of Monte Cristo - The secret of Monte Cristo) per la regia di Robert S. Baker e Monty Berman; numerosi i giovani Agropolesi che per settimane lavorarono come comparse (clicca per vedere il film completo)
Nel 1963 (uscirà nelle sale cinematografiche nel 1963) si girò il kolossal mitologico "Gli Argonauti" (Jason and the Argonauts) per la regia di Don Chaffey; anche per questo film la troupe partiva da Agropoli, con numerose comparse locali, alla volta dei set di Paestum e Palinuro.
Nel 1967 furono girate tra Agropoli e Paestum alcune scene del film "Il Marinaio del “Gibilterra”" (The sailor from “Gibraltar”) di Tony Richardson con un cast di attori eccezionali (tra cui Orson Welles) che fece la gioia dei giovani Agropolesi di quel tempo. (clicca per vedere il film completo)
Nel 1971 fu la volta del film: "Scipione detto anche l’Africano" di Luigi Magni con alcune scene del film storico girate tra Punta Licosa, Torre San Marco e Paestum.
Nel 1976 sbarcò ad Agropoli Roger Moore con il film "Gli Esecutori" per la regia di Maurizio Lucidi con scene siciliane girate in effetti tra Agropoli e Paestum. Appassionata la partecipazione degli agropolesi ad alcune scene che si svolsero in corso Garibaldi.
"Passpartù - Operazione Doppiozero" Diretto da Lucio Bastolla è stato girato il film nel 2019 quasi interamente a Ceraso con molte scene a Marina di Camerota e Agropoli
E' Agropoli la cornice del nuovo film "Lui è mio padre" di Roberto Gasparro, regista agropolese. Le riprese svoltesi tra 18 gennaio e 29 febbraio 2020, nel centro storico, sulle spiagge di Agropoli, al porto: queste le location individuate dal Regista. Film drammatico, che parla di valori, di immondizia e di speranza con Agropoli protagonista assieme a diversi attori del territorio: il Regista ha chiesto la partecipazione della Guardia Costiera e della Cooperativa Pescatori di Agropoli. Il film è prodotto dalla 35mm produzioni con il Patrocinio del Comune di Agropoli e con l’apporto di sponsor.
STORIA
Il territorio di Agropoli è stato frequentato a partire dal Neolitico da popolazioni dedite alla caccia e alla pesca. Alla foce del Fiume Testene in passato c'era una Baia, utilizzata dai Greci per scambi commerciali, sia prima che dopo la fondazione della vicina Poseidonia (Paestum). Sul vicino promontorio, che prese il nome di "Petra", a metà del VII secolo a.C. venne edificato un Tempio dedicato ad Artemide. In Epoca Romana, a partire dal I secolo a.C. è attestata la presenza di un piccolo Borgo Marittimo, Ercula, in prossimità dell'attuale Lungomare San Marco, destinato a servire da approdo anche per la vicina Paestum, il cui Porto andava insabbiandosi. In seguito alle Incursioni dei Vandali nel 400 il Borgo, difficilmente difendibile, venne abbandonato dagli abitanti, che si trasferirono sul vicino promontorio. Tra il 535 e il 553, con la Guerra Greco-Gotica i Bizantini Greci vi collocarono una Roccaforte, che prese il nome di Acropolis ("città alta" in greco). Alla fine del 500 vi si rifugiò il Vescovo di Paestum per sfuggire ai Longobardi. Con l'arrivo di profughi Bizantini dalla Lucania, Agropoli si ingrandì e divenne sede di un Vescovato. Nell'882 i Bizantini furono cacciati dai Saraceni, i quali costruirono un Ribàt (nuova fortificazione): da qui partivano gli attacchi ai paesi vicini fino a Salerno. Nel 915 i Saraceni furono cacciati ed Agropoli tornò in mano ai Vescovi, che intanto si erano stabiliti a Capaccio. I Vescovi dominarono la città per tutta l'Epoca Medioevale, insieme ai centri di Ogliastro ed Eredita, e ai Villaggi di Lucolo, Mandrolle, Pastina, San Marco di Agropoli e San Pietro di Eredita, che componevano il Feudo di Agropoli. Nel 1412 i Feudi di Agropoli e Castellabate furono ceduti da Papa Gregorio XII al Re Ladislao di Durazzo (1386-1414) come parziale pagamento di debiti accumulati nell'arco di alcune Guerre. Il 20 luglio 1436, Alfonso V d'Aragona concesse i Feudi di Agropoli e Castellabate a Giovanni Sanseverino, già Conte di Marsico e Barone del Cilento, che come compenso doveva versare ai Vescovi di Capaccio 12 Once d'Oro l'anno. Solo nel 1443 il Re riprese possesso del territorio. Successivamente Agropoli passò sotto il dominio di diverse Casate: tra il 1505 e il 1507, i D'Avalos Marchesi del Vasto e, fino al 1552, i Sanseverino. In seguito alla perdita dei suoi possedimenti da parte del Principe Ferrante, ultimo rappresentante dei Sanseverino, accusato di tradimento nel 1553, Agropoli passò ai D'Ayerbo d'Aragona, nel 1564 ai Grimaldi, nel 1597 agli Arcella Caracciolo, nel 1607 ai Mendoza, nel 1626 ai Filomarino, già Principi di Roccadaspide, nel 1650 ai Mastrillo, che si alternarono per un breve periodo con gli Zazzero d'Aragona. I Sanfelice, Duchi di Laureana, conservarono il potere sulla cittadina fino all'abolizione del sistema Feudale. Nel 1800 Agropoli iniziò l'espansione oltre l'Antico Borgo. Dal 1811 al 1860 fece parte del circondario di Torchiara, appartenente al distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie. Dal 1860 al 1927, durante il Regno d'Italia fece parte del mandamento di Torchiara, appartenente al circondario di Vallo della Lucania.
CURIOSITÀ - LEGGENDE - TRADIZIONI
(Le Leggende riflettono la Storia di un popolo ma soprattutto gli aspetti della Vita della Comunità)
Diverse sono le Tradizioni Religiose di Agropoli alle quali si accompagnano le Leggende tramandate dagli Abitanti del Borgo.
Il 24 Luglio si celebra la Festa in onore della Madonna di Costantinopoli, considerata da sempre la Protettrice dei Pescatori, durante la quale si svolge una suggestiva Processione in mare. La leggenda narra che un quadro della Madonna fu ritrovato in mare da alcuni Marinai dopo una tempesta. Portata sulla terraferma, la scelsero quale loro protettrice, edificando in suo onore una Cappella nell’Antico Nucleo Fortificato. In occasione di uno dei tanti attacchi al Borgo da parte dei feroci Predoni Saraceni, la Chiesa fu depredata con l’asporto sacrilego di arredi e oggetti sacri, fra i quali appunto la Sacra Effige di Maria. All’atto di salpare, la leggenda narra che le veloci galere non riuscissero in alcun modo a prendere il largo a causa di una forza sovrannaturale che, con venti e maree sfavorevoli, impediva alle navi di partire. I Pirati riuscirono a salpare solo quando decisero di lasciare in prossimità della spiaggia la Sacra Immagine.
San Francesco. La leggenda narra che, nel 1222, il Poverello d’Assisi, sbarcato nel porticciolo di Agropoli per portare la parola di Dio, fu deriso e maltrattato dagli abitanti tanto da decidere di rivolgersi, da uno scoglio agli abitanti del mare che, invece, lo ascoltarono. Tale fatto viene tramandato dalla credenza popolare, ma trova dei riscontri nei documenti storici contenuti negli Annali dei Frati Minori.
2 leggende narrano dell’origine del Fiume che bagna Agropoli. Secondo la prima, c’era una volta, sulle montagne del Cilento, un pastorello di nome Testene, che viveva con sua madre e il patrigno Tagliabosco. Quando la madre morì, rimase solo al mondo a subire i soprusi del patrigno e dopo qualche tempo pensò bene di scappare nel bosco; giunto ad una fonte si fermò a bere e diede sfogo alle sue disgrazie. Da dietro un albero uscì improvvisamente Tagliabosco che iniziò a picchiarlo selvaggiamente; la fonte, per sottrarre il ragazzo all’ira del patrigno, lo accolse suo nel grembo insieme alle sue tante lacrime. Da allora, la fonte prese il suo nome, Testene, a perenne suo ricordo. L’altra tramanda la storia della bellissima Testene, figlia del Castellano di Agropoli, trucidata dai Turchi nello storico sbarco del 29 giugno 1630, per la cui morte le sue Ancelle versarono copiose lacrime dalle quali ebbe origine il fiume.
La Spada del feroce Saladino. Durante l’occupazione Saracena un Vecchio Saggio decise di presentarsi alle porte del Castello per parlare col Feroce Saladino e chiedergli di porre fine alle sue stragi. Saladino inferocito alzò la sua Spada e l’abbassò sul capo inerme del Vecchio Saggio. Grazie ad un incantesimo del Saggio, l’arma divenne un candido giglio e Saladino si trasformò in un grosso lombrico che strisciava ai lati della strada per non essere calpestato dai suoi stessi soldati
Trentova. Il nome della località turistica di Trentova, deriva da un grosso Scoglio di Roccia Calcarea bianca nei pressi del quale si narra che furono rinvenute, in epoca passata, 30 uova di gabbiani.La leggenda di Ermigarda, figlia del Capo dei Saraceni, che si innamorò di Octavio, un giovane Pescatore. La loro storia d’amore si trasformò in tragedia quando il Pescatore morì in mare ed Ermigarda si suicidò. Nettuno per pietà la trasformò in uno scoglio. Col tempo, poco lontano, si formò un altro scoglio che prese la forma di Octavio il Pescatore.
La leggenda dei Gabbiani. Narra un’antica leggenda Agropolese che i Gabbiani sono le Anime dei Pescatori defunti e con i loro voli indicano l’arrivo di una Bonaccia o di una Tempesta. Ad Agropoli, nel 1700 ci fu una Carestia seguita da una grave Pestilenza. Mancava il Cibo e quello che c’era era infetto; gli abitanti potevano cibarsi solo del pescato. Il mare in tempesta per diversi giorni impedì ai pescatori di salpare e dedicarsi alla pesca, e il perdurare delle avverse condizioni meteorologiche portò alcuni giovani ad intraprendere lo stesso la battuta di pesca per evitare la morte ai propri familiari, ma un’onda tremenda travolse le barche, scaraventandole negli abissi marini. San Pietro e San Paolo assistettero alla drammatica vicenda, e provando pietà per gli sventurati marinai, li trasformarono in gabbiani segnalatori di tempeste ai pescatori che si spingono al largo.
SANTI PATRONI
Santi Pietro e Paolo Apostoli, «Tutto il Popolo di Dio è debitore verso di loro per il dono della fede. Pietro è stato il primo a confessare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Paolo ha diffuso questo annuncio nel mondo greco-romano. E la Provvidenza ha voluto che tutti e due giungessero qui a Roma e qui versassero il sangue per la fede. Per questo la Chiesa di Roma è diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo. Non per il potere dell'Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo!» (Papa Francesco)
MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma il Natale dei Santi Apostoli Piétro e Pàolo, i quali patirono nello stesso anno e nello stesso giorno (29 giugno), sotto Nerone Imperatore. Il primo di questi, nella medesima Città, Crocifisso col capo rivolto verso la terra, e sepolto nel Vaticàno presso la via Trionfale, è celebrato con venerazione di tutto il mondo; l'altro Decapitato e sepolto sulla via Ostiènse, è venerato con pari onore.
San Pietro Apostolo (I secolo a. C., Betsaida, Galilea - 64 circa, Roma) Pietro nacque a Betsaida in Galilea da poveri genitori. Quello che doveva divenire il primo Papa, la prima colonna della Chiesa, era un semplice pescatore. Però era uno di quegli israeliti semplici e retti che aspettavano con cuore mondo il Redentore d'Israele. La natura lo aveva dotato di gran cuore, di mente aperta e di generosità ammirabili. «... lo condusse da Gesù, e Gesù fissatolo disse: Tu sei Simone figlio di Giona, tu sarai chiamato Cefa che vuol dire Pietro; poi disse ai 2 fratelli: venite dietro a me, e vi farò pescatori di uomini. Ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono». Da quel momento Pietro non abbàndona più il Divin Maestro; la sua generosità, la sua fede ed il suo amore al Salvatore non hanno più limiti e Gesù lo ricambia con divina generosità. Gesù domanda agli Apostoli: «chi dicono che io sia?» Udite le varie opinioni degli uomini, riprende: «Ma voi chi dite che io sia?» E Pietro risponde: «Tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivente» e Gesù gli risponde: «Ed io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell'inferno non prevarranno mai contro di lei». Quando Gesù profetizza la sua passione, Pietro ne è turbato ed esclama: «O Signore, non sia mai!» Ma ripreso dal Salvatore, protesta: «Sono pronto a venire con te anche alla morte» È vero che anche Pietro ha un momento di debolezza, ma subito piange amaramente, ed alla richiesta di Gesù: «Pietro mi ami tu?» risponde: «Signore, tu sai tutto, tu lo sai che io ti amo». E Gesù gli risponde: «Pasci le mie pecorelle». Ricevuto lo Spirito Santo, San Pietro predica agli Ebrei con uno zelo ed un coraggio eroico; a quelli del Sinedrio che l'avevano arrestato e flagellato risponde: «Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini» e continua a predicare, contento di aver sofferto qualcosa per il nome di Gesù. Lo vediamo ancora a Genisalemme presiedere il Concilio; a Ioppe dal centurione Cornelio; in carcere liberato da un Angelo; ad Antiochia ove fonda la prima Chiesa; a Roma ove stabilisce la sua Cattedra di verità e dove, sotto Nerone, dà la sua vita per l'amato Maestro. La tradizione dice che San Pietro ricordandosi anche in quell'estremo momento del suo peccato, e ritenendosi indegno di morire come Gesù, pregasse i carnefici ed ottenesse di essere Crocifisso col capo all'ingiù.
San Paolo Apostolo (Tarso, Turchia - 64 circa, Roma) Saulo, in seguito Paolo, nacque a Tarso, capitale della Cilicia, nei primissimi anni dell'era volgare. Fu circonciso l'ottavo giorno, ricevendo il nome di Saulo a ricordo del primo Re d'Israele, il più grande personaggio della tribù di Beniamino, cui la famiglia apparteneva. La sua educazione fu austera quale si conveniva ad un figlio di Farisei Zelanti della legge. Ben presto gli misero in mano la Sacra Bibbia che egli approfondì talmente che, convertito, trasfonderà abbondantemente nei suoi scritti. Frequentò a Gerusalemme la Scuola Ebraica ed ebbe a precettore il celebre Gamaliele, l'uomo più saggio di Gerusalemme, da cui rafforzò l'amore nelle tradizioni ebraiche ed imparò una scrupolosa osservanza delle prescrizioni della legge. Ma a sconvolgere tutta questa educazione, sorse allora la dottrina del Nazareno che riempiva già Gerusalemme di seguaci e dilagava anche nelle vicine province. Saulo, intransigente Fariseo e strenuo difensore della tradizione, li odiò subito a morte. Dopo aver assistito impavido alla lapidazione di Santo Stefano, intraprese la lotta contro di essi, battaglia che doveva portarlo a quel Gesù che egli inconsciamente perseguitava. Ed eccolo cavalcare alla volta di Damasco per perseguitare anche lì i Cristiani. Ad un tratto una luce fulgidissima lo abbaglia e lo precipita da cavallo, mentre una voce misteriosa lo apostrofa: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?», al che il futuro Apostolo, tremebondo, risponde: «Chi sei, o Signore?... che vuoi che io faccia?». Il miracolo è compiuto, Saulo da terribile lupo è trasformato in agnello mansueto, nell'Apostolo di Cristo. Da questo momento, il suo cuore, la sua mente, tutta la sua anima inebriata dalla Luce Divina a null'altro aspirano che alla verità e al Cristo. Egli non conosce pericoli ed ostacoli, si fa Giudeo coi Giudei, Greco coi Greci, Romano coi Romani e nella sua profonda umiltà, si stima debitore a tutti, mentre a tutti porta la luce, la salvezza e la vita. Nelle sue missioni è preso, flagellato, imprigionato, contraddetto, ma il suo cuore è saldo e nulla potrà separarlo dalla carità di Cristo. La sua parola risuonerà ovunque apportatrice di pace, di luce e di salvezza. Dove non può arrivare colla persona, arriva colle sue lettere. Tanto esacerbò l'animo protervo dei Giudei che, dopo averlo combattuto, riuscirono ad arrestarlo; ma Paolo si appellò a Cesare quale Cittadino Romano e venne condotto a Roma dove l'attendeva nuovamente la prigionia. Ma anche dal tenebroso e tetro Carcere Mamertino, egli lancia al mondo la sua parola scritta. A Roma s'incontrò pure con San Pietro, Principe degli Apostoli, col quale doveva rendere testimonianza alla verità subendo il martirio. Paolo tratto davanti a Nerone viene condannato alla decapitazione; il 29 giugno, un colpo di spada lo getta tra le braccia del suo amato Signore.
Ecco cos'è il Cilento, ecco chi sono i Cilentani
Videointervista allo storico Pantaleo Cella, il Cilento come luogo geografico ma anche come storia, carattere e pensiero.
Per chi vuole capire cosa sia il Cilento e chi siano i cilentani.
COME RAGGIUNGERE Agropoli
In Treno
La Stazione Ferroviaria di Agropoli-Castellabate, sulla Ferrovia Salerno - Reggio Calabria, è servita da un discreto numero di Treni, tra cui Intercity e Intercity Notte che percorrono la direttrice Torino/Milano - Reggio Calabria.
I Treni Regionali fanno parte della Linea Ferroviaria Napoli/Salerno - Sapri/Paola/Cosenza
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In Automobile
Il principale asse stradale di accesso al territorio comunale è la Strada Provinciale 430/a con uscite agli svincoli di Agropoli Nord e Agropoli Sud.
La Strada Statale 18 Tirrena Inferiore lambisce il territorio.
Una raccolta di più di 50 foto acquerelli dedicati ad Agropoli, uno dei borghi marini del Parco del Cilento, posto su un balcone dal quale la vista spazia sul golfo di di Salerno
Questo libro appartiene al progetto dei "FotoViaggi nell'Italia delle Architetture" col quale documento e mostro la stratificazione di architetture passate e presenti, paesaggi urbani ed antropizzati, su territori vissuti e trasformati. Territori e luoghi italiani, sconosciuti e spesso dimenticati.
Il percorso si compone di 62 fotografie in bianco e nero dedicate a alla parte moderna e al centro storico di Agropoli.
Tra vicoli e piazzette fino al castello, dal quale si gode una vista a 360° su Agropoli, l'intero territorio costiero del Golfo di Salerno, le colline circostanti fino ai monti innevati del Cilento.
Pubblicato: 30 luglio 2019
Pagine: 72
Rilegatura: Copertina morbida con rilegatura termica
Taccuino fotografico d'Artista dedicato ad un viaggio in treno sulla linea ferroviaria Salerno - Reggio Calabria, con fermata alla stazione Agropoli-Castellabate, 142 pagine contenenti un racconto di Agropoli in 118 immagini speculari tra bianchi e neri e foto-acquerelli, accompagnate da un diario di visita e completata con informazioni utili.
Pubblicato: 13 Ottobre 2016
Pagine: 142
Rilegatura: Copertina morbida con rilegatura termica
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