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Abruzzo: L’Aquila dall'ala spezzata vuol tornare a volare


L'Aquila sorge sul declivo di un colle alla sinistra del Fiume Aterno, in vista delle Montagne del gruppo del Gran Sasso d'Italia; è la principale città dell'Abruzzo per importanza storica e per il complesso dei suoi monumenti e delle istituzioni culturali; è capoluogo di Provincia e di regione.
Si raggiunge con i Servizi Bus Regionali "TUA" (già Arpa), che in un'ora portano da Roma a L'Aquila, o in alternativa, con l'uso dell'Automobile, con l'Autostrada A 24 che provenendo da Roma, la collega anche con l'Adriatico.

La città "piombata" dal terremoto e nel silenzio

L'Aquila era di una bellezza sconvolgente, unica, oggi è un'Aquila dall'ala spezzata che non vola più.
L'Aquila "piombata" dal terremoto e nel silenzio è vuota di rumori e di odori, i campanili tacciono. 
Non c'è anima viva.


La ricordavo piena di vita e gente che con lentezza andava e veniva lungo il corso principale, come formiche riempiva in ogni piazza, ma anche fatta di alcuni luoghi deserti e silenziosi oggi sono rimasti solo questi ultimi.
Per 40 anni sono sceso dalle montagne dell'Altopiano delle Rocche, per 30 km di curve, da giovane perfino in bicicletta, accompagnato dalla vista dell'incombente catena del Gran Sasso e il suo Corno Grande, d'inverno ricoperta di candida glassa nevosa.


«Racconti di Viaggio»

«[...] Una luce già di montagna splende nelle vie de L'Aquila, e penetrando anche nei vicoli più stretti dei quartieri vecchi, porta uno scintillio nell'ombra.
Dovunque si sente lo spazio.
Perciò L'Aquila e gaia.
Posta ad oltre 700 metri, il più alto, se non erro, tra i capoluoghi di provincia italiani dopo Enna e Potenza, è una città che respira.
Lo sguardo, appena trova un varco, subito va lontano, con l’immediatezza di un corpo sommerso che viene a galla, fino al Gran Sasso ed al Sirente, dominanti la vasta conca.
I portici e i molti caffè sono pieni di folla; dal centro si raggiungono senza fatica grandi giardini panoramici.
E' una specialità della vita italiana avere raramente l'aspetto infelice.
La prima impressione de L'Aquila è questa facilità di respiro.
Poi, una fastosa edilizia recente, banche, cinematografi, compagnie di assicurazione, di un numero è di una mole che sembrano sproporzionati.
Lo stile rivela che furono concepiti in anni fascisti.
Una piccola Roma ministeriale e funzionaria si è sovrapposta alla vecchia città.
Basta però girare dietro questa facciata perché riemerga intorno cordiale e sincera L'Aquila d’una volta.
Non si può chiamarla antica, se si eccettuano alcune oasi monumentali. 

La maggior parte dei palazzi va dal Rinascimento tardo al Barocco, pochi sono gli avanzi gotici, per lo più incamerati dentro muri di un altro stile.
Negli edifici sono scritte le vicende agitate non soltanto dell'arte, ma della storia dell'Abruzzo.
È questa la nostra regione che fu più devastata dai terremoti; nessun centro ne rimase esente, e L'Aquila ne subì una serie.
Così l'arte abruzzese appare come smozzicata dai cataclismi, e ciò che oggi noi vediamo è un avanzo.
L'Abruzzo, come tutti sanno, ebbe nel Medio Evo i secoli più felici, quando tutta l'Italia partecipava in modo equo ad una civiltà diffusa; ma divenne provincia quando la civiltà italiana cominciò ad accentrarsi nei vertici dei grandi centri.
La grande arte si arrestò alla fine del Quattrocento.
Perciò i terremoti infierirono su quanto l'Abruzzo aveva di meglio. Anche la parte nobiliare de L'Aquila è in buona parte rifatta, sebbene ormai da qualche secolo.
Delle ricostruzioni dopo i disastri reca tuttavia l’impronta.
Si avverte l'intervento degli imprenditori, che usavano lo stile in voga. 

Le date dei terremoti più catastrofici vollero che abbandonasse, qui ed in quasi tutto l'Abruzzo, un barocco che si direbbe oggi commerciale e di serie, adatto però a soddisfare le esigenze del fasto.
Pure non è possibile camminare in alcune parti della città, come quella in cui sorgono il Palazzo Rivela ed il Palazzo Dragoni de Torres, senza subire l'attrattiva di un contrappunto tra edifici barocchi, residui di costruzioni anteriori, improvvise aperture sulle montagne circostanti.
Vi sono poi le oasi dei monumenti che sfuggirono ai terremoti, come Santa Maria di Collemaggio, contemplante il Gran Sasso, con una stupenda facciata romanica di due colori, bianco e rosso, che si confondono in un riverbero rosato.
O edifici di epoca più vicina alla nostra, come San Bernardino, anch'esso tra il Rinascimento e il Barocco.
San Bernardino morì a L'Aquila, onde la disputa con Siena, che ne rivoleva la salma; la quale invece qui è rimasta, in un ricco sepolcro, quasi un tempio nel tempio.
Dovunque San Bernardino ha lasciato il suo segno, una sigla in tre lettere, quell’IHS che significa: Iesus hominum salvator.
Essa si ripete a L'Aquila centinaia di volte, su ogni chiesa, palazzo o casa, con un fregio decorativo, come un fregio decorativo.
Santo gradito a tutti, anche alle sinistre, perché classificato tra i santi «progressivi», San Bernardino ebbe nel 1950 una grandiosa processione che tutti a L'Aquila ricordano.
La mummia fu portata scoperta per le vie, e ricondotta in chiesa dove restò qualche tempo visibile.
Gli Aquilani parlano ancora di un memorabile concerto nel tempio. 

L'orchestra suonava e la salma si vedeva di sbieco tra i marmi scolpiti e gli ori.
Il tempio di San Bernardino, ricco di opere d'arte, vastissimo, bianchissimo, d’un bianco sapientemente rialzato con ori e argenti nel soffitto, con rossi chiari e con verdi nelle pareti, emana la suggestione narcotica dei grandi spazi regolari, ed ancora più che una chiesa si direbbe uno splendido salone per concerti; forse per rammentarci che, come vedremo, L'Aquila è tra le nostre città più musicali.
È anche una città con 52 chiese, 6 conventi di suore e 6 di monaci, e un clero influente nella vita pubblica.
I notabili della città e proprietari dei palazzi nel dopoguerra invece emigrarono tutti a Roma, lasciando quei palazzi chiusi, per alcuni mesi all'anno.
Il palazzo aquilano, sorto sulle rovine, è in genere più curato all'esterno che dentro; la facciata e il portale sono la parte più cospicua.
Se vi si penetra però si trovano il «salotto verde», il «salotto giallo», secondo il colore dei vecchi damaschi che coprono le pareti, ritratti di cardinali, piccole pinacoteche, forse non senza qualche copia, ed una nobiltà che si vanta di origine più antiche di quella romana.
Poco industriale, è circondata di terre scarsamente fertili, L'Aquila è una città di funzionari ed impiegati, come si vede dalla folla sotto i portici e nei caffè.
Pescara oggi l'unica città abruzzese che, grazie anche all'immigrazione dei nordici, abbia concetti e attitudini commerciali.
L'Aquila è invece impiegatizia, ed anche i commercianti, mi è stato fatto osservare, possono dirsi stipendiati, riscuotono il 28 del mese, quando i loro clienti ricevono lo stipendio.
Non soltanto motivi di prestigio e la maggiore dignità di cultura e di storia hanno resto perciò L'Aquila intransigente quando quanto quando Pescara le ha conteso la supremazia regionale con i relativi uffici.
Nella situazione attuale la città non potrebbe sopravvivere che come capoluogo della Regione.
La disputa è accantonata.
È uso comune in America che capitale burocratica di uno stato non sia la città più attiva per industrie e commerci, cominciando da Washington in paragone di Nuova York; L'Aquila è la piccola Washington dell'Abruzzo.
E, come è costretta a difendere il suo primato regionale, è costretta a resistere a quelle tendenze centrifughe che sono, lo abbiamo già detto, caratteristica Abruzzese.
La provincia de L'Aquila ha due zone agricole ricche, quella del Fucino e la plaga intorno a Sulmona; esse aspirano ad affrancarsi e a divenire provincia; Sulmona addirittura pone tra L'Aquila e Pescara la sua candidatura a capoluogo regionale.
Se questi distacchi avvenissero, L'Aquila perderebbe quasi tutto il suo patrimonio.
Non molto rimane da aggiungere sull'economia aquilana.
La disoccupazione, come in tutta Italia, si deve in parte alla scarsezza di manodopera educata e specializzata.
Il turismo può svilupparsi.
La gita abituale dell'Aquila e Campo Imperatore tra le nevi e le rupi del Gran Sasso, servito da una splendida funivia.
L'inaugurazione risale ad oltre ventun anni fa.
E forse L'Aquila è la prima delle città italiane da noi visitate in cui gli anni fascisti hanno lasciato impronte maggiori e più vistose del dopoguerra.
Le persone più responsabili del benessere cittadino mi hanno fatto notare senza troppi eufemismi le non ottime condizioni dell'economia aquilana.
La città è circondata, si è detto, di terra povera; grava inoltre sulla provincia la montagna depressa.
Vera industria non potrà sorgere, mi fu aggiunto, se L'Aquila non sarà tolta da un isolamento che dura ormai da circa quattro secoli e mezzo, mediante più spedite vie di comunicazione.
Di fronte alla mediocre situazione economica lo stato della civiltà e della cultura presenta invece sintomi favorevoli, certo senza eguali in Abruzzo.
Culturalmente L'Aquila è più su della media delle città di provincia italiane.
Si è detto che l'Abruzzo non possiede un’università, che attiri a sé le forze intellettuali, e contribuisca a formare una coscienza regionale.
Un nucleo esiste all'Aquila.
L'università dell'Aquila non è ancora riconosciuta.
Lo sarà, limitandosi forse le facoltà di magistero.
Alcuni ambiscono una facoltà di geofisica, ricordandoci che l'Abruzzo è forse la nostra regione che presenta all'osservatore elementi più ricchi e vari per questo genere di studi.
(Come curiosità rammento che un colossale mammut, a cui gli specialisti assegnano mezzo milione d'anni, fu ritrovate a quindici chilometri da L'Aquila.
Si cerca ora di trovare una sede a un così degno scheletro).
Ma L'Aquila è anche una sede che dovrebbe tentare gli studiosi dell'arte.
Poche regioni come questa, i cui monumenti più insigni furono assaliti dai terremoti, necessita di restauri, soprattutto di quelli intensi e riportare edifici famosi al loro aspetto originario liberandoli dai deturpamenti delle ricostruzioni.
Un soprintendente, il Chierici, ha lasciato una forte traccia; si deve a lui tra l'altro il ventennale restauro di San Giovanni in Venere e l'inizio di quello grandioso del Duomo di Atri, di cui abbiamo già parlato.
L'attuale soprintendente, De Logu, oltre a continuare ad Atri quest'impresa di grande impegno, ne conduce altri due: il restauro del grande castello di Celano, in prossimità del Fucino, e della chiesa di San Pietro ad Alba Fucense, dove, per la parte archeologica, opera invece una missione dell'Accademia belga.
La rovina di questa chiesa romanica ma su basi romane è recente perché risale al terremoto del 1915; tutti i pezzi rimasero, perché un custode appassionato spese la propria vita a difendere i ruderi.
Si avrebbe una sorpresa se si facesse un censimento delle opere d'arte salvate dalla distruzione per la difesa di individui isolati, spesso umili, spesso maniaci, soli nell'indifferenza altrui.
Nessuna ragione poi ha più bisogno di musei.
Le opere d'arte deperiscono perdute nei villaggi alpestri; e già si è visto come il grande patrimonio delle arti minori, massimo vanto dell'Abruzzo, sia stato in buona parte dilapidato, senza che ne siano rimaste collezioni complete sia pubbliche che private.
Fanno eccezione le ceramiche, grazie a una grande collezione privata, quella del barone Acerbo.
Ma la stessa pittura, e in genere latte abruzzese, sono tuttora un campo vergine per gli studi.
Questo ci riconduce alla scarsa coscienza di se stesso, al vuoto creatosi negli studi, che l'Abruzzo sta superando.
Del massimo pittore abruzzese, Andrea Delitio, fiorito nel secolo XV, si sa che fu educato fuori e probabilmente a Firenze, per poi rientrare nell'Abruzzo tornando ai modi provinciali; ma poco di più è conosciuto.
Un importante avvio alla migliore conoscenza dell'arte dell'Abruzzo è ora il museo de L'Aquila.
Fu, prima della guerra, un museo civico in cattivo stato ed in sede inadatta.
Il castello che domina la città e fronteggia il Gran Sasso, splendida costruzione militare spagnola includente un palazzo, uno tra i capolavori di architettura militare del Cinquecento, era divenuto caserma e sede del presidio.
Abbandonato all'armistizio ed occupato dai tedeschi, alla fine delle ostilità si trova finalmente libero; fu restaurato e trasformato in museo, oltre che in magnifica sede della soprintendenza.
Il castello, dopo i restauri, e d’alto interesse per sé, con i suoi vasti sotterranei il suo gioco di feritoie, oggi spiragli panoramici; ed il museo, ben ordinato, con abbondante spazio per allargarsi, può essere il nucleo di un grande museo d'Abruzzo.
Già ben rappresentata vi è la scultura in legno, in cui l'Abruzzo emerse, e quella pittura abruzzese, che subì ogni genere di influenze, ma che conservò un proprio stile.
Curiosità della fortezza è una sala esattamente disegnata a forma di liuto.
Uno schema che corrispondeva a necessità militari fu trovato così sorprendentemente adatto ad una sala da concerti.
Quella sala divenne un auditorium degno di una metropoli e di grandi pregi acustici.
La società dei concerti de L'Aquila, nata nell'immediato dopoguerra, e precisamente nel 1946, per opera del musicologo Nino Carloni, ha oggi vita fiorente ed i suoi concerti sinfonici, corali e da camera sono di alta qualità.
L'Aquila è una delle poche città italiane che partecipa la cultura musicale europea.
Amante della musica, essa reagì con la appassionarsi ai concerti al declinare del gusto per il melodramma, a differenza di altre regioni come le Marche e l'Emilia, legate al melodramma e alle sue vicende. 

Nel dopoguerra dunque, se L'Aquila non ha segnato grandi novità economiche, ha invece segnato una forte ripresa nel campo della cultura.
Conferma la nostra opinione, che la nostra cultura si dovrà rinsanguare con le forze latenti delle nostre province, e che occorre perciò assisterle e non disperderle.
L'Aquila ha anche un eccellente attrezzatura per gli sport e una nota piscina; ma queste opere nacquero in altra fase della storia, insieme con i palazzi bancari e la funivia del Gran Sasso [...]»
(da «Viaggio in Italia» di Guido Piovene - 1950 - pagine 557 a 562)


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«La notte del 6 aprile 2009, alle 3 e 32, un sisma di magnitudo 6,3 con epicentro a Colle Miruci, comune dell'Aquila, provoca 309 vittime, oltre 1500 feriti e circa 70.000 sfollati.
Quasi nove anni dopo, il terremoto è presente in ogni strada nel centro, nei discorsi delle persone, negli articoli dei giornali locali.
Anche dopo il sisma che nel 2016 ha distrutto Amatrice e altri Borghi vicini, la terra continua a tremare nell'Appennino centrale, minando la fiducia delle comunità locali impegnate nei processi di ricostruzione.
Le tensioni sulla sicurezza degli edifici scolastici logorano la tenuta di un clima sociale già sfibrato da anni di difficoltà.
La ricostruzione del centro storico dell'Aquila e delle altre località colpite dal sisma del 2009 era stata a lungo paralizzata da problemi politici e amministrativi.
I ritardi e gli errori della prima fase provocavano frustrazioni e proteste diffuse.
Il rischio di ricostruire una città destinata a rimanere vuota appariva molto concreto (si veda F. Erbani, “Il disastro. L'Aquila dopo il terremoto: le scelte e le colpe”, Laterza, 2010).
La svolta è giunta con la restituzione dei poteri alle autorità locali e si deve principalmente a Fabrizio Barca, il quale, come ministro della Coesione territoriale con delega per la ricostruzione dell'Aquila, è riuscito a sciogliere i nodi che bloccavano i processi.
Cruciale nel nuovo approccio è la decisione di una quota dei fondi per la ricostruzione al finanziamento di un programma di sviluppo dell'area colpita, affidato a un Tavolo permanente con le istituzioni locali e le organizzazioni sociali, sotto la regia della Regione Abruzzo.
I primi risultati sono già visibili.
L'Aquila è oggi una città viva:
Fuori dal centro ricostruzione è quasi ultimata e anche dentro le mura si scopre un mondo in rinascita.
Ogni settimana aprono nuovi locali, soprattutto bar e ristoranti; le serate sono piene di giovani nella movida tra Piazza Chiarino e la Fontana Luminosa.
Un bando per stimolare la nascita o il ritorno delle attività economiche nel centro storico ha avuto un successo superiore alle attese.
Non sono mancati negli ultimi anni programmi strategici volti a immaginare il futuro della città, dopo la ricostruzione fisica.
Il più importante è forse quello promosso dall'Ocse con un Rapporto sull'Abruzzo post-terremoto, realizzato da un gruppo internazionale di esperti dopo un'ampia consultazione della comunità locale (Policy Making after Disaster: Helping Régions Become Resilient, Oecd, 2013). 

La strategia che ne è emersa si basa sull'integrazione di quattro diverse idee di città, adattate al contesto specifico dell'Aquila: 1) città della conoscenza; 2) intelligente; 3) della creatività; 4) aperta e inclusiva.
il sistema locale di creazione e diffusione delle conoscenze già svolge un ruolo cruciale per la vita economica e sociale.
I soggetti principali, nel campo dell'alta formazione e della ricerca, sono l'Università dell'Aquila, il Gran Sasso Scienze institute (Gssi), scuola di dottorato internazionale nata recentemente proprio per rafforzare tale sistema, e i Laboratori nazionali del Gran Sasso dell'Istituto nazionale di fisica nucleare.
Fin dagli anni Settanta l'Università dell'Aquila ha collaborato con le imprese del territorio, in particolare con quel polo elettronico le cui alterne vicende hanno segnato fortemente la vita della città.
Malgrado il ridimensionamento subito negli anni Ottanta, il comparto dell’ICT-aerospazio resta importante e rappresenta un punto di partenza naturale per le strategie di sviluppo locale.
Negli ultimi anni sono stati inaugurati i nuovi stabilimenti di Thales Alenia Space (telecomunicazioni satellitari) e di Leonardo (avionica).
La società cinese Zte ha annunciato l'apertura di un centro di ricerca nel settore telefonico.
L'Aquila è stata inserita nella rosa di cinque città in cui partirà la sperimentazione della piattaforma di telecomunicazioni 5G, in collegamento con i progetti dell'Ateneo per una rete ottica sperimentale e altre infrastrutture e servizi di comunicazione per la città.
Resta forte la collaborazione con il grande stabilimento di Avezzano della L-Foundry (componentistica elettronica), recentemente acquisito dal gruppo cinese Smic.
Progetti importanti, in cui è impegnata all'Università dell'Aquila, coinvolgono anche altri settori.
Nel campo dei sistemi di trasporto intelligenti verranno presto avviate attività di ricerca sui veicoli connessi, condotte dai gruppi FCA e Ansaldo, in collaborazione con le imprese dell'automotive abruzzese.
I laboratori del Gran Sasso ospiteranno un grande progetto internazionale sulla materia oscura, con importanti applicazioni industriali.
Attività rilevanti si svolgono anche nel polo di innovazione Capitank, a cui partecipano le maggiori imprese farmaceutiche presenti in Abruzzo e le tre Università regionali.
Emerge dunque il quadro di una città della conoscenza in fase di sviluppo, con una rete fitta di rapporti tra i centri di ricerca e formazione e le maggiori imprese ad alta intensità tecnologica.
Intanto procede il tentativo di usare le opportunità della ricostruzione per introdurre innovazioni nelle tecniche di edilizia e restauro, nelle infrastrutture di pubblica utilità e nei servizi che definiscono il paradigma di una «città intelligente».
Anche la vita culturale, malgrado le difficoltà create dai ritardi nella ricostruzione del centro storico, riprende gradualmente vivacità, dando credibilità l'ambizione di fare dell'Aquila una «città della creatività», in cui le istituzioni accademiche collaborino con le associazioni culturali per suscitare o attrarre energie imprenditoriali.
Delle quattro idee guida del Rapporto Ocse, la più rilevante - è la più vulnerabile - è quella della «città aperta e inclusiva».
Negli ultimi non sono mancati i tentativi dei cittadini di partecipare ai processi decisionali sulla ricostruzione sulla ripresa.
Le istituzioni locali hanno espresso l'intenzione e tenerne conto, sperimentando metodi diversi di coinvolgimento.
Il Festival della Partecipazione, che L'Aquila ospita dal 2016, è un'occasione di dibattito nazionale sulle forme e sui contenuti dell'impegno politico dei cittadini.
Tuttavia, non si può dire che sia emerso un meccanismo istituzionale di partecipazione civica paragonabile a quelli nati in altri luoghi colpiti da disastri naturali.
Nel frattempo i problemi e i ritardi di una ricostruzione difficile hanno prodotto frustrazione e sfiducia.
Il cambiamento di clima è emerso clamorosamente nei risultati delle ultime elezioni amministrative.
Anche qui un centrosinistra ormai privo di una chiara identità culturale e politica ha consegnato alla destra le chiavi della città.
È ancora presto per valutare l'operato della nuova amministrazione.
In campagna elettorale le forze politiche che la sostengono hanno, evidentemente, saputo ascoltare meglio di altre le esigenze le paure di molti cittadini.
Tuttavia, hanno proposto ricette semplicistiche («gli aquilani prima di tutto», «all'Aquila è giusto che lavorino le imprese aquilane»), basate sull’idea che le cause principali dei problemi siano esterne al sistema locale.
Il programma del nuovo sindaco intitolato «Agenda per una città accogliente», ma non dedica una sola parola agli immigrati e alle centinaia di operai stranieri invisibili che lavorano nei cantieri della ricostruzione.
La storia dell'Aquila è invece un caso esemplare della relazione positiva tra aperture esterna e progresso economico e sociale.
Già nella sua fondazione questa «città-territorio» rappresentò un fenomeno straordinario di integrazione tra le diverse comunità locali che abitavano nei castelli del circondario.
Le sue fortune, nel Trecento e nel Quattrocento furono costruite da un certo mercantile da un ceto mercantile spesso proveniente da altri territori, capace di connettere le produzioni locali della lana e del prezioso zafferano ai mercati esterni, da Firenze a Napoli e anche più lontano, dopo che il re Roberto D'Angiò ebbe concesso l'esenzione dai dazi doganali su importazioni ed esportazioni.
Dall'esterno veniva anche Adamo de Rotwil, che alla fine del Quattrocento introdusse in città la grande innovazione dell'arte della stampa.
Alla lenta è difficile ripresa dal catastrofico terremoto del 1703 contribuirono in misura significativa «forestieri» attratti dall'economia della ricostruzione, in particolare maestranze lombarde.
Anche oggi i protagonisti principali della nuova «città della conoscenza» hanno un grado elevato di integrazione internazionale.
Questo vale naturalmente per i principali centri di ricerca, ma anche per le maggiori imprese nel territorio - in gran parte partecipate da multinazionali estere - e per diversi soggetti che hanno manifestato interesse a investire della città.
È vero inoltre che le famiglie di immigrati che, anche qui, stanno contribuendo a frenare il declino demografico e a ravvivare la qualità della vita sociale.
Il compito della politica non consiste nel rinchiudere il sistema locale in un recinto identitario.
Quando la ricostruzione sarà finita, la città della conoscenza, intelligente, creativa e inclusiva che potrà emergere sarà necessariamente una città aperta, capace di attrarre e integrare immigrati, studenti, turisti e capitali esteri, valorizzando in questo modo il suo straordinario patrimonio di arte, cultura e lavoro.»

Giulia Breglia è dottorando di ricerca in Urban Studies and Regional Science al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila.
Alessandra Faggian è docente di Scienze sociali presso la Ohio State University e il Gran Sasso Science Institute.
Lello Lapadre è professore associato di Economia politica all'Università dell’Aquila
(Il Mulino 6/2017 «Viaggio in Italia» pagine da 245 a 248)



«.... cominciammo a parlare a bassa voce senza ragione apparente. 
Non volevamo disturbare il letargo delle pietre, e ci bastava un bisbiglio per capirci. 
In zona rossa all'Aquila si entra e si tace. 
Ci si lascia la vita alle spalle. In zona rossa un colpo di tosse è un tuono, il trillo di un telefonino un rimbombo ...». 

«... Ai piedi dei muri transennati di Santa Maria Paganica solo la fontanella cantava ...” con un'improbabile tartaruga poggiata sul bordo, “... fra il portale trecentesco della chiesa e la soglia barocca del dirimpettaio palazzo Ardinghieri, venerabile magnificenza dal tetto sfondato».

«... la bionda Nicoletta Rugghia mi versò del Montepulciano e fece un memorabile elenco di ciò che era per lei la vecchia Aquila. 
Città, disse, è la vicina malfidante che spia dalle persiane, è lo sfaccendato, è il ciclista monomaniaco, è la signora invidiosa dei vasi di fiori altrui. 
Città è il dirimpettaio arrogante, il fornaio che ti frega cinque centesimi al cartoccio; città è gli sposini timidi, il postino che canta sempre, il collezionista di francobolli. 
"Città è questo, questo io amavo. E questo oggi non esiste più". 
Fuori l'aria era tiepida, ma la città era fredda. Sfiatava miasmi umidi dal fondo dalle sue cantine.  
Fu allora che Patrizia mi svelò uno dei mirabili segreti della sua città. 
In via San Martino angolo via dei Lombardi, in piena zona rossa, tra le macerie di altre case, c'era un palazzo quattrocentesco intatto, appartenuto a tale Jacopo di Notarnanni. 
Ciascuno spigolo mostrava due piccoli gigli in ferro battuto. 
Erano abbellimenti delle catene antisismiche tese da secoli dentro i muri maestri. 
Poi vidi che ce n'erano dappertutto in città, seminascosti dai ponteggi. 
Erano una decorazione, disse Patrizia, ma anche un ex voto. 
Un simbolo di purezza dedicato alla madonna, perché il terremoto del 1703 era avvenuto il 2 febbraio, giorno della Candelora. 
Erano stati quei gigli incatenati fra loro a salvare molte parti dell'Aquila nel 2009. 
Ma vallo a spiegare ai talebani dell'antisismico, invasati da furia risanatrice ...».

(articolo «Le vestali della città del silenzio» di Paolo Rumiz - 12 agosto 2011 della serie di reportage “Le Case degli Spiriti” pubblicate a puntate sull'inserto R2 del quotidiano la Repubblica)


Rai "Fuori Porta" 2017 di Concita De Gregorio


L'Aquila, (Aquila fino al 1863 ed Aquila degli Abruzzi fino al 1939) è un comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Abruzzo.

I nuclei di Amiternum e Forcona, i principali centri urbani anticamente presenti nella zona dell'odierna L'Aquila, hanno origini sabino-vestine, trovandosi presso il confine dei territori occupati dai due popoli italici. 
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, nella conca aquilana si formarono diversi piccoli agglomerati urbani, detti castelli, che secondo la leggenda si federarono per la fondazione della nuova città nel 1254
Sotto il dominio asburgico dei 1500-1600 visse un periodo di altalenante crescita economica che sarà però bruscamente interrotta dal terremoto del 1703, che per molti anni riporterà la città nella decadenza. Conobbe infatti un nuovo sviluppo economico e culturale soltanto nell'Ottocento.

L'AQUILA
Regione: Abruzzo
Provincia: L'Aquila AQ
Altitudine: 714 m slm
Superficie: 473,91 km²
Abitanti: 69.377
Nome abitanti: Aquilani
Patroni: San Massimo d'Aveia (10 giugno), Sant'Equizio (11 agosto),
San Pietro Celestino (19 maggio),
San Bernardino da Siena (10 giugno)
Diocesi: Arcidiocesi Metropolitana dell'Acquila
Gemellaggi: Baalbek (Libano) - Bernalda - Bistrița (Romania) -
Cuenca (Spagna) - Foggia - Haining (Cina) - Hobart (Australia) -
Rottweil (Germania) - San Carlos de Bariloche (Argentina) -
Sant'Angelo d'Alife - Siena - Washington (USA) -
York (Canada) - Zielona Góra (Polonia) -
Aquila (una delle 17 contrade del Palio di Siena)
www.comune.laquila.it

www.perdonanza-celestiniana.it

abruzzoturismo.it/it/laquila




GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

Le geometrie del Castello cinquecentesco, fatto costruire dal Vicerè don Pedro di Toledo si stagliano sul panorama del Gran Sasso d'Italia; i masselli bianchi e rossi si inseguono per la facciata della Chiesa romanica di Santa Maria di Collemaggio, legata alla memoria dell'eremita Pietro da morrone e Papa Celestino V
; nei classici quattrocenteschi ritmi di Cola dell'Amatrice (di Rienzo) l'altra Chiesa di San Bernardino, a gloria e sepoltura dell'appassionato predicatore, da cui si gode il paesaggio montano del Sirente; infine la Fontana delle 99 Cannelle, orgogliosos ricordo delle origini (99 Castelli, 99 Rioni, 99 Chiese, 99 Piazze, 99 Fontane), assieme alle evidenze medievali, queste sono alcune immagini identitarie della città.
Nel punto dove i rilievi si protendono verso il fiume Aterno a formare una strozzatura, ecco la città, stesa sulla spianata delle estreme propagini del Colle Sant'Onofrio.
Le si erge contro, il ripido monte Luco.
Al centro di una chiostra montuosa, ricca di monumenti superstiti di numerosi terremoti.
L'Aquila è una delle città più alte d'Italia, e la prima, per importanza storica ed artistica, se non per grandezza, dell'Abruzzo.

ORIGINE DEL NOME
(Toponomastica)

La denominazione "aquila" è un traslato dallo zoonimo, con riferimento alla posizione sopraelevata su un colle, dell'insediamento originario.

Il nome è stato conservato alla nuova fondazione anche perché di buon auspicio per le vittoriose imprese della Casa di Svezia.
Ma in Alessio de Giovanni 1983, si legge che un calabrese Aquila (nome di acque) come l'abruzzese L'Aquila (la citta?) continua il latino aquila, diminutivo di acqua.
Quando fu scelto il sito per la fondazione della città, si individuò un luogo chiamato Acquilis o Acculi o anche Acculae, per l'abbondanza delle sorgenti che vi si trovavano. 
La zona era in una posizione strategica tra i due poli entro i quali doveva nascere il nuovo centro urbano e cioè i 2 centri di Forcona e Amiternum. 
Vicina anche al fiume Aterno, corrisponde all'attuale Borgo Rivera, dove oggi si trova la fontana delle 99 cannelle; al tempo della fondazione vi era in quell'area una Chiesa con un Monastero, Santa Maria ad Fontes de Acquilis (o de Aquila).

Fu dunque scelto per la nuova città il nome di Aquila, che riprendeva il toponimo già esistente, ma che richiamava anche l'emblema dell'aquila imperiale: secondo il diploma di fondazione attribuito all'Imperatore Federico II, firmato alla sua morte, dal figlio Corrado IV. 

Nello stemma della città appare infatti un'aquila e lateralmente appare la scritta Immota manet con l'abbreviazione PHS.

Il motto "Immota manet" significa "Resta ferma". 

L'espressione è forse tratta da un verso del poeta latino Virgilio, che attribuisce alla quercia la capacità di radicarsi fortemente e dunque di restare ferma, ben salda. 
Il PHS è un vero mistero; alcuni parlano di un errore di trascrizione del cristogramma IHS; altri pensano che significhi "Publica Hic Salus", cioè "qui [c'è] la salute pubblica".

Suggestiva un'altra tesi, affacciata alcuni anni fa in un convegno, ma non più dibattuta, secondo la quale PHS starebbe per "post hanc stragem", riferendosi alla rinascita dopo un sisma (dopo la strage, resta ferma, resiste).

La città, originariamente chiamata "Aquila", divenne dopo l'Unità d'Italia "Aquila degli Abruzzi" con Regio Decreto 21-4-1863 n. 1273 e cambiò nuovamente nome durante il regime fascista, acquisendo l'attuale "L'Aquila"
con Regio Decreto 23-11-1939 n. 1891.


L'articolo davanti al toponimo
Il Regio Decreto nº 1891 del 23 novembre 1939 introdusse l'articolo (maiuscolo) e l'apostrofo, modificando il nome della città in "L'Aquila". 

Il cambiamento di denominazione ha creato un'ambiguità linguistica sulla correttezza delle espressioni "dell'Aquila", "di L'Aquila", "de L'Aquila" o simili. 
In realtà, nello stesso decreto del 1939, è stato definito come nome ufficiale della provincia quello di "Provincia dell'Aquila", cosa che elimina ogni possibile dubbio.
Sarà la conquista normanna, avvenuta nel XII secolo, a portare nuovo sviluppo a questi territori, e la riunificazione di tutto l'Abruzzo (conquistato da re Ruggero II tra il 1139 e il 1153) riporterà stabilità nella regione.
Durante il periodo normanno si assiste al fenomeno dell'incastellamento, di cui sono esempi il castello di San Pio delle Camere e il castello di Ocre; quest'ultimo occupava una posizione strategica nella vallata dell'Aterno ed era proprietà dei conti dei Marsi.
Un altro importante fattore di sviluppo economico fu la diffusione delle abbazie cistercensi, tra cui quella di Santo Spirito d'Ocre. 



TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Alla base del Colle sgorgano sorgenti d'acque che già nell'antichità avevano favorito il sorgere di un abitato chiamato appunto «Acculae».
Ma l'attuale città de L'Aquila, nacque solo nel 1200, quando si pensò di unificare gli sparsi Castelli della zona, quando Papa Gregorio IX, in lotta con Federico II, nel 1229, aveva esortato le popolazioni ribelli ai feudatari imperiali, a fondare un nuvo insediamento ad «locum Acculae».
Nel 1254, infine, si pose mano alla fondazione della città che, distrutta da Manfredi, risorse nel 1266, all'avvento di Carlo d'Angiò, unendo Amiterno e Forcona e, tra gli altri, il villaggio di Acculae.
Sarebbe stata formata da 99 Rioni, corrispondenti ad altrettanti Castelli circostanti; il numero è leggendario, ma non lontano dalla realtà.
Disposta su tracciati viari ricchi di dislivelli, L'Aquila conserva ancora da porta Bazzano a porta Roma, e perpendicolarmente lungo l'attuale Corso Vittorio Emanuele, l'impianto della città angioina, pur con architetture di epoche diverse.
La cerchia muraria era stata portata a termine nel 1316 e a metà del secolo la città raggiunse i 50-60.000 abitanti, divenendo il maggior centro del Mezzogiorno continentale dopo Napoli.
Temuta dagli stessi Re di Napoli, ricca di industrie e commerci (zafferano, lana, seta, cuoio, merletti) dal 1382 al 1556 batte moneta propria.
Dopo aver parteggiato per gli Angiò di Ungheria, corse il rischio di diventare nel 1423 una Signoria di Braccio da Montone; nel 1485 si dette al Papa, ma nel 1503 riconobbe il governo spagnolo.
Da allora sino al 1860 fece parte del Regno di Napoli; ribellioni periodiche epidemie micidiali e terremoti disastrosi (quello terribile del 1703) prostrarono la città riducendone popolazione e importanza.
L'Aquila sorge nell'omonima conca, su di un altopiano in posizione centrale rispetto alla conca; inserita fra le dorsali orientali e centrali dell'Appennino centrale abruzzese, sulle sponde del fiume Aterno a un'altitudine di 721 metri sul livello del mare, che la rende terza tra i capoluoghi di provincia italiani più alti.
Numerose frazioni sono situate sul declivio o sulla sommità dei colli circostanti, tra le quali Aragno, Roio, Pianola, Bagno, San Giacomo e Collebrincioni.
Negli ultimi decenni si è avuto un forte incremento edilizio fuori e dentro le magnifiche Mura, in più punti, purtroppo, intaccate o smantellate.
Nel secondo dopoguerra, l'espansione urbanistica si è concentrata nella periferia occidentale della città, in una zona a carattere prevalentemente pianeggiante, estendendosi in maniera disomogenea lungo la direttrice est-ovest seguendo il corso del fiume. 
Il suo centro storico è caratterizzato da numerose architetture e scorci di prestigio, anche sull'intero circondario, essendo contornata da bellezze naturalistiche (le località montane e protette del Gran Sasso d'Italia, dei Monti della Laga e del Sirente-Velino, i laghi di Campotosto e di Sinizzo, le Grotte di Stiffe) e Borghi Montani (Bominaco, Fontecchio, Santo Stefano di Sessanio e Rocca Calascio su tutti) d'indiscutibile fascino.


Il centro è suddiviso da 2 assi principali che si intersecano nell'incrocio popolarmente detto dei 4 cantoni ed è caratterizzato dall'alternanza di numerose piazze, ciascuna contraddistinta da una Chiesa e una Fontana
Questa parte della città ha subito gravi danni dal terremoto del 2009 e molte aree sono interdette al pubblico per motivi di sicurezza. 
Generalmente viene considerata parte del centro storico, nonostante sia al di fuori della cinta muraria, anche Collemaggio, famosa per la presenza dell'omonima Basilica.
Nonostante i forti terremoti del 1461, 1703 e 2009, in città è ancora presente un ampio patrimonio storico che mostra un primo strato medievale testimoniato soprattutto dalle Mura cittadine, uno rinascimentale che caratterizza numerosi palazzi e chiese e infine il barocco e il neoclassico delle ricostruzioni post sisma settecentesche.



 



ARTI & MESTIERI

La città dell'Aquila, oltre ad una notevole vivacità culturale, ha una fervida presenza artigianale.
Nel Museo nazionale d'Abruzzo, uno dei principali poli museali d'Abruzzo, costituitosi dall'unione del Museo Civico con il Museo Diocesano, situato nella cornice del cinquecentesco Forte spagnolo, possiede una sezione artistica, una sezione di oreficeria e, infine, una piccola sezione di arte contemporanea.
Nel Museo si trovano ampie testimonianze di cultura d'artigianato, soprattutto nella statuaria lignea e negli esemplari di oreficeria.
(Purtroppo, dopo il terremoto dell'Aquila del 2009 il museo per una gran parte è inaccessibile e dal dicembre 2015 è stato riaperto presso la sede provvisoria dell'ex mattatoio dell'Aquila in località Borgo Rivera nei pressi della monumentale Fontana delle 99 Cannelle)
La tradizionale attività di lavorazione dei metalli è visibile nell'arredo architettonico in ferro battuto di numerosi palazzi, così come nelle diverse botteghe che vendono manufatti in ferro battuto e rame, fra cui le tipiche conche.
Altri prodotti dell'artigianato cittadino sono: ceramiche, legni intagliati, merletti al tombolo, finimenti e selleria d'alta qualità.
Nel mese di agosto si svolgono 3 manifestazioni commerciali di rilievo: dall'1 al 20, la Mostra regionale dell'Artigianato Artistico Tradizionale; dal 20 al 29, la Mostra dell'artigianato per la Perdonanza Celestiniana; dal 24 al 31, la Mostra Campionaria Unternazionale dell'Artigianato.

Museo Sperimentale d'Arte Contemporanea
Meglio noto con l'acronimo MuSpAC, raccoglie opere e organizza mostre permanenti di artisti contemporanei di levatura internazionale.
La sua sede storica è in via Paganica, in pieno centro storico, ma dal 2009 si è trasferito temporaneamente in via Ficara.


Museo delle Ceramiche
Il recente restauro del complesso conventuale di San Domenico ha permesso il ritrovamento e il recupero di una notevole quantità di materiali ceramici cronologicamente compresi tra il 1200 (epoca di fondazione della città) e il 1900.
L'esposizione documenta la fitta rete di contati commerciali e culturali intessuta dai Monaci Domenicani
La città è sede di un'Accadenia di Belle Arti dedicata all'alta formazione artistica.
Fondata nel 1970, per circa 20 anni l'Accademia ha trovato spazio all'interno di Palazzo Carli Benedetti, in pieno centro storico, prima di essere trasferita nella moderna struttura di Via Leonardo Da Vinci progettata da Paolo Portoghesi.
L'Accademia dispone di 7 facoltà (Pittura, Scenografia, Decorazione, Scultura, Restauro, Grafica e Fotografia) articolati in un triennio di base e un conseguente biennio specialistico suddiviso in 4 indirizzi (Arti visive, Grafica, Decorazione e Restauro); comprende inoltre una scuola di formazione per i docenti.

In città, nel campo della Musica, opera il Conservatorio Alfredo Casella, nato come sede staccata del celebre Santa Cecilia di Roma, ma poi resosi autonomo, che dal 1967 unisce all'attività didattica l'organizzazione di concerti nel territorio.
Il Conservatorio aveva la sua sede storica di fianco alla Basilica Santa Maria di Collemaggio; dopo il terremoto la scuola è stata collocata in una struttura temporanea in Via Francesco Savini.
Da 60 anni è inoltre presente in città la Società Aquilana dei Concerti Bonaventura Barattelli, diretta per molti anni dal compositore aquilano Nicola Costarelli, e che nelle sue numerose stagioni ha spesso ospitato concerti di artisti internazionali.
Operano in città anche i Solisti Aquilani, gruppo cameristico, e l'Istituzione Sinfonica Abruzzese

Dopo il terremoto del 2009, su idea di Paolo Fresu, si svolge l'Aquila Jazz: che si tiene nei primi giorni di settembre nel centro storico e nel piazzale della Basilica di Collemaggio, con serate di concerti che vedono impegnati artisti internazionali

LETTERATURA

Nell'86 a.C. la città di Amiternum dette i natali allo storico romano Gaio Sallustio Crispo, che scrisse le opere "De coniuratione Catilinae" e il "Bellum Iugurthinum", in cui in primo piano vengono proposte non più figure nobili della Roma patrizia, ma i cosiddetti "homini novi" della classe media.
Seguì a Sallustio, ad Amiterno, la nascita del politico e letterato Appio Claudio Cieco, il famoso costruttore della "Via Appia".
La sua raccolta di massime a carattere moraleggiante e filosofeggiante, le "Sententiae", fu particolarmente apprezzata dal filosofo greco Panezio, nel II secolo a.C. 
Secondo un'informazione fornita da Cicerone, Appio risentì dell'influsso filosofico dei Pitagorici e della Commedia Nuova Greca, per la formulazione delle sue massime di sapienza.

Nell'epoca medievale il personaggio letterario aquilano di maggior levatura fu lo storico Buccio di Ranallo, che scrisse una parte del corpus delle "Cronache Aquilane": la cronaca, in forma di poema in versi, sulla storia della città, L'Aquila, dalla sua fondazione, che ipotizza nel 1254 al 1362, fu scritta, probabilmente a partire dal 1355, in quartine di 1256 versi alessandrini monorimi intercalati da 21 «vigorosi sonetti politici», intesi, questi ultimi, alla pacificazione dei contrasti intestini tra le fazioni cittadine.
Fu anche autore di una «Leggenda di Santa Caterina d'Alessandria», commissionatagli da una Compagnia di Pietà.

Seguì nel 1700 lo storico Anton Ludovico Antinori, Vescovo aquilano e lancianese, che si occupò della rielaborazione delle "Cronache Aquilane", con particolare attenzione ai fatti del 1400.

Nel 1800 fu il patriota e filologo Emidio Cappelli a rappresentare la cultura cittadina, occupandosi di scrittura in versi, ispirandosi a Francesco Petrarca: il suo capolavoro è "La bella di Camarda" (1857), novella sotto forma di poema in versi, che racconta le vicende di una ragazza del Borgo aquilano di Camarda, Lucia, amante del soldato Nicandro, costretto a partire per la campagna napoleonica in Russia.

Nel 1900 ha raggiunto notorietà nazionale il giornalista e conduttore televisivo Bruno Vespa, il quale nella giovane età si occupò delle vicende aquilane, come la scrittura di un compendio storiografico, e l'opuscolo "Abruzzo aperto" (1974), pubblicato in occasione dell'inaugurazione dell'"Autostrada dei Parchi" che, partendo da Roma, attraversa L'Aquila e Teramo.
Dopo il terremoto del 2009, Vespa è tornato a occuparsi della sua città dal punto di vista culturale e promozionale nei suoi progammi televisivi. 

CINEMA

Il primo evento dedicato al cinema in città fu il Cineforum Primo Piano, fondato da Gabriele Lucci a metà degli anni 1970.
Nel 1981, sempre per opera di Lucci, nacque l'Istituto Cinematografico dell'Aquila, ente stabile di produzione e diffusione della cultura cinematografica in Italia e all'estero.

Con la manifestazione "Una Città in Cinema", per anni grandi professionisti del cinema mondiale hanno portato la loro esperienza e le loro abilità all'Aquila, radunandosi nella kermesse incentrata sull'aspetto tecnico del cinema.
Contando su tali esperienze, nei primi anni 1990, Gabriele Lucci ha promosso la fondazione dell'Accademia Internazionale per le Arti e le Scienze dell'Immagine, scuola di alta formazione di livello universitario, nata con il concorso dell'Istituto Cinematografico, della Regione Abruzzo e del Comune dell'Aquila, che all'insegnamento di docenti ha associato grandi professionisti del cinema e della comunicazione multimediale.

L'Istituto Cinematografico, chiamato "La Lanterna Magica", custodisce inoltre un prezioso fondo culturale, la "Cineteca dell'Aquila", con un patrimonio di circa 1.500 pellicole, talune copie uniche o assai rare, richieste dai festival di tutto il mondo, dagli Istituti Italiani di Cultura, da enti e associazioni che operano in campo culturale nel settore cinematografico.
È attiva presso l'ente anche una mediateca, con 15.000 titoli tra video, libri, pubblicazioni e riviste in campo cinematografico, con un servizio in convenzione regionale che mediamente raggiunge i 500 prestiti al giorno. 
Il 21 dicembre l'Istituto Cinematografico propone l'iniziativa Notte Noir, un programma di eventi nella notte più lunga dell'anno.

Le 2 istituzioni citate hanno sede nel Palazzo dell'Immagine, nel Parco di Collemaggio, e costituiscono un vero e proprio centro dell'immagine multimediale e audiovisiva.
Nel complesso è inoltre insediata l'Abruzzo Film Commission, ente fondato dal Comune dell'Aquila e dalle più importanti istituzioni stabili cittadine, per la promozione dell'Abruzzo, dei suoi centri storici, del suo patrimonio ambientale e delle sue valenze naturali, come set per le produzioni cinematografiche, televisive e pubblicitarie.
Molti, infatti, sono stati i film girati nell'aquilano, fra le sue montagne e i numerosi borghi di rilevante interesse architettonico come Santo Stefano di Sessanio, Capestrano, Castelvecchio Calvisio, Castel del Monte, Bominaco e Fontecchio: nel castello di Rocca Calascio, il più alto d'Italia, fu girato ad esempio negli anni 1980 il film "Ladyhawke", con Rutger Hauer, Michelle Pfeiffer, Matthew Broderick e Loris Loddi mentre, più recentemente, nella piana di Campo Imperatore sono state girate alcune scene del blockbuster italiano "Così è la vita", con Aldo, Giovanni e Giacomo e Marina Massironi, e tra Castel del Monte e Castelvecchio Calvisio il film "The American", con George Clooney e Grant Heslov.
Sempre a Campo Imperatore, negli anni 1960 fu girato il film di Pietro Germi "Serafino" con Adriano Celentano.

CIAK SI È GIRATO A L'Aquila

La città dell'Aquila è apparsa protagonista nella pellicola La roccia incantata di Giulio Morelli (1949), con Dina Sassoli, tratta da un soggetto di Cesare Zavattini (ma nei titoli del film non ve ne è traccia)


I luoghi delle riprese e dell'ambientazione sono stati il centro, di cui sono visibili la Piazza del Duomo, il corso Vittorio Emanuele (portici del Convitto Nazionale), la fontana delle 99 cannelle, la scalinata monumentale di San Bernardino, alcune Chiese (Santa Maria Paganica e San Silvestro), e il Sagrato di Santa Maria di Collemaggio; mentre altri luoghi sono stati il Santuario della Madonna di Roio, Campo Imperatore ed Assergi, il paese della protagonista della storia, di cui sono stati girate ampie panoramiche del centro, e della piazza principale con la chiesa dell'Assunta.


D'Annunzio di Sergio Nasca (1985), girato in parte nei dintorni di Pescara, L'Aquila e San Vito Chietino


Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì di Adriano Celentano (1985), girato in parte sulla ferrovia L'Aquila-Lucoli


Teresa di Dino Risi (1987), girato sull'Autostrada A14, casello L'Aquila


Delitti e profumi di Vittorio De Sisti (1988), girato in parte a L'Aquila


Il compagno americano di Barbara Barni (2002), girato a L'Aquila

Angelus Hiroshimae di Franco Nero (2004), girato a L'Aquila



L'orizzonte degli eventi di Daniele Vicari (2005) con Valerio Mastandrea, girato e ambientato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso


L'amore non basta  di Stefano Chiantini (2007), in parte girato all'Aquila


Una ballata bianca di Stefano Odoardi (2008), girato a Gessopalena, Fontecchio, L'Aquila e Pescara

Draquila - L'Italia che trema di e con Sabina Guzzanti (2010)


La città invisibile di Giuseppe Tandoi (2010), girato a L'Aquila


Viva l'Italia di Massimiliano Bruno (2012), girato e ambientato in parte tra le macerie de L'Aquila

 
Il giorno della Shoah di Pasquale Squitieri (2009) con Giorgio Albertazzi e Claudia Cardinale


Nel 2019 esce per la Rai la serie tv L'Aquila - Grandi speranze per la regia di Marco Risi, che narra le vicende di alcune famiglie aquilane colpite dal terremoto del 2009

 

PRODOTTI DEL BORGO

I prodotti tipici dell’Aquila sono il trionfo della naturalità e della genuinità delle origini contadine e rurali della gente di montagna.
Da qui nascono una grande varietà di formaggi, come caciotte, giuncate e il pecorino, le saporite carni d’agnello e di castrato, la tradizione dei salumi, come il prosciutto, la lonza, la mortadella di Campotosto, la coppa e le salsicce di carne o fegato, e poi tanti gustosi prodotti della terra come legumi, le lenticchie di Santo Stefano e i fagioli di Paganica.

Ancora tra i prodotti della terra il Tartufo nero locale e il prezioso Zafferano prodotto nella Piana di Navelli.



PIATTI DEL BORGO

La tradizione gastronomica aquilana è molto legata alla cucina di montagna e alla tradizione culinaria abruzzese: una cucina semplice i cui elementi di base sono la carne d'agnello, il latte di pecora, il grano, i legumi.
I primi piatti si distinguono per l'uso di formati di pasta tipici dell'Abruzzo: i «Maccheroni alla chitarra» (una varietà di tagliolini caserecci per ottenere i quali la sfoglia è tagliata con un telaio di legno su cui sono tesi fili d'acciaio); gli «Strangolapreti», i «Suricilli» e i «Cecamariti», i ravioli, le
«Fregnacce» (pasta sfoglia tagliata male), accompagnati da sughi della tradizione in genere a base di salsa di pomodoro e carne di agnello o con brodi vegetali o di pollo; la zuppa di cardi, gli gnocchetti di cacio e uova.
Tipico primo piatto dell'area dell'aquilano sono gli «Anellini alla pecoraia», una pasta a forma di anello servita con una salsa di pomodoro e vegetali vari a cui si aggiunge la ricotta di pecora. 
Eredità della cucina povera sono i piatti a base di legumi come le «Sagne» servite con ceci o fagioli oppure le lenticchie e le patate.
Le carni usate per cucinare sughi e secondi sono legate alla tradizione pastorale dell'Abruzzo: quindi sono molto usate le carni ovine.
Fra le pietanze primeggiano gli arrosti di agnello, castrato e capretto; l'«Agnello a cacio e uova», e l'«Agnello a cutturo o cottora» (il cutturo è un grande paiolo di rame in cui la carne è cotta con erbe aromatiche, olio, lardo e peperoncino; il tutto viene versato in scodelle su fette di pane), l'Agnello e peperoni, il «Marro» o i «Marriti» che sono fatti con interiora di agnello cotte sulla brace.
Non mancano, ovviamente, gli «Arrosticini», peraltro diffusi anche nel resto della regione.
Altre specialità provenienti dalla provincia, sono i «Calcioni» di pasta frolla ripiena di formaggio, la «Pizza rustica» (pasta frolla dolce ricoperta con prosciutto, uova sode, scamorza, pecorino tenero e stagionato, salsiccia affettata, tutto legato con uova crude e profumato di cannella), la «Ghiotta di verdure» (verdure tagliate a fette disposte a strati in una tortiera e cucinate al forno), le Salsicce di fegato dolce (miele) e la «Mortadella di Campotosto».
Rinomata anche per la produzione dolciaria di torroni (qui hanno sede numerose aziende storiche del settore) e delle tipiche
«Ferratelle» dolci fatti con stampi in metallo dal tipico disegno a rombi in rilievo.
Tra i dolci tipici, troviamo i «Mostaccioli» ed il Torrone tenero di cioccolato.
Qui sotto il video che racconta un sogno interrotto dal terremoto

 

DIALETTO

Il dialetto della città dell'Aquila, così come quelli di tutta la parte occidentale della provincia, si distingue nettamente dai restanti dialetti abruzzesi, inserendosi nel gruppo aquilano del dialetto sabino, appartenente ai dialetti italiani mediani.


Tratto qualificante di questo gruppo dialettale è la conservazione delle vocali finali atone.
In particolare nel dominio reatino-aquilano, area tradizionalmente conservativa, viene tuttora mantenuta la distinzione fra -o e -u finali, a seconda dell'originaria matrice latina: ad esempio all'Aquila si ha cavaju per "cavallo" (latino: caballus), ma scrio per "io scrivo" (latino: scribo). 



Il dialetto aquilano (aquilanu) è il dialetto parlato nella città dell'Aquila e nel suo circondario.
Si presenta come l'estrema propaggine del gruppo dei dialetti mediani o laziali-umbro-marchigiani, differenziato pertanto dai restanti dialetti parlati in Abruzzo, che fanno invece parte del gruppo delle parlate meridionali insieme con i dialetti della Campania e della Puglia.



Parlando della formazione del dialetto aquilano non va dimenticata l'origine della città, nella quale convennero popolazioni diverse dall'ampio contado.
Perciò già in partenza il dialetto aquilano ebbe al suo interno numerose varianti.



Eccone alcuni esempi nel lessico: ainu-agnejju (agnello), cusiju-cunziju (consiglio), pependò-peperò (peperone), jelà-ggelà (gelare), nfussu-mbussu (bagnato), ju piete-ju pèe (piede), lupu-lupe (lupo).


L'aquilano tuttavia, situandosi al limite orientale dell'area mediana, risente di un lieve influsso meridionale nell'andamento prosodico del parlato nonché nel lessico, spesso comune ad altre aree abruzzesi contigue.  (clicca qui per altre notizie)

I 2 video fanno parte di un gruppo di 8 dedicati al Convegno tenutosi presso l'aula magna del Corpo Forestale dello Stato, via della Polveriera, L'Aquila, 15 Marzo 2011.
Relatori: Prof. Francesco Avolio, Prof. Giovanni De Gasperis, Dott.Teresa Giammaria, Dott. Laura Passacando.
Viene presentato il prototipo di ALEICA: Atlante Linguistico Etnografico Informatizzato della Conca Aquilana. 

Per chi fosse interessato a seguire gli altri, può andare al canale YouTube cliccando qui

 

SANTI PATRONI

San Massimo d'Aveia è venerato come Martire, come moltissimi Santi dei primi tempi del Cristianesimo. 
Nacque intorno al 228 ad Aveia (oggi Fossa), vicino a L'Aquila, da una famiglia cristiana, voleva diventare sacerdote e professò la sua fede anche davanti al prefetto di Aveia, dopo essere stato imprigionato durante la persecuzione dell'imperatore Decio contro i cristiani. 
Venne torturato a lungo affinché abiurasse, ma inultilmente. 
Pare che gli venne persino offerta in sposa la figlia del Governatore, ma Massimo rifiutò. 
Infine, venne ucciso buttandolo giù dalla rupe più alta di Aveia.
Nel 1256 le sue reliquie furono portate a L'Aquila, fondata da poco, e da allora San Massimo è il patrono della città.



San Pietro Celestino nato Pietro Angelerio (o secondo alcuni Angeleri), detto Pietro da Morrone e venerato come Pietro Celestino (Isernia o Sant'Angelo Limosano, fra il 1209 e il 1215 - Fumone, 19 maggio 1296), è stato il 192º Papa della Chiesa Cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294.

Era un Frate che aveva trascorso gran parte della sua vita vivendo da Eremita in una
Grotta sui Monti Abruzzesi prima sul monte Morrone e poi sulla Maiella nei pressi della Città di Sulmona.
Era già ben conosciuto in Europa tra i Sovrani e al Papa come uomo di santità.
Aveva raccolto attorno a sé altri eremiti e fondato la comunità che poi si sarebbe
chiamata l'Ordine dei Celestini.
Andò persino a Lione a piedi per incontrare il Papa durante il Concilio per impedire la soppressione del suo Ordine.

Eletto Papa nel 1294, dopo oltre 2 anni di Conclave e dopo che il Conclave stesso aveva ricevuto da lui una lettera di rimproveri, perché tardavano nell'elezione del nuovo Papa, venne incoronato a L'Aquila.
Aveva quasi 80 anni e cercò di rifiutare ma poi accettò la nomina.
Passò improvvisamente dal suo eremitaggio a trovarsi nel mezzo di tutte le questioni politiche, sotto l'influenza del Re di Napoli Carlo II, e affari di potere nella Chiesa, controllati dal Cardinal Benedetto Caetani, futuro Papa Bonifacio VIII.
Così, probabilmente rendendosi conto di essere manovrato, rinunciò alla carica di Pontefice dopo soli 4 mesi.
Meno di 2 dettimane dopo la sua rinuncia, il Conclave elesse il nuovo Papa, lo stesso Cardinal Benedetto Caetani.
Celestino voleva tornare al suo Eremo, cosa che il Cardinale Caetani gli aveva promesso; invece lo fece arrestare e lo tenne recluso in un Castello di Fumone, di proprietà Caetani, dove morì circa un anno dopo.
Il 5 maggio 1313, fu Canonizzato da Papa Clemente V, a seguito di sollecitazione da parte del Re di Francia Filippo il Bello e da forte acclamazione di popolo, accelerando moltissimo l'iter avviato da Bonifacio.
Tuttavia Clemente V non lo canonizzò quale Martire, come avrebbe voluto Filippo il Bello, ma come confessore.
Nel febbraio 1317, le spoglie furono traslate dalla Chiesa dell'Abbazia presso Ferentino a L'Aquila, nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove era stato incoronato Papa.
Sulla data e sulle modalità di traslazione delle spoglie vi sono tuttavia altre versioni.
Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu trafugata e 2 giorni dopo, venne ritrovata nel Cimitero di Cornelle e Roccapassa, frazioni del Comune di Amatrice.
Non sono mai stati scoperti i mandanti o gli esecutori.
A seguito del terremoto dell'Aquila del 2009, il crollo della volta della Basilica ha provocato il seppellimento della teca con le spoglie, recuperate poi dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e con la collaborazione della Guardia di Finanza.


Controversi sono i pareri sulle dimissioni di Celestino V; ancora oggi infatti, gli storici sono in disaccordo sul valore da dare al gesto del Pontefice.
Dante Alighieri è quello che, forse, si espresse nella maniera più critica nei suoi confronti avendo contestato a Celestino V di aver provocato, abbandonando il Pontificato, l'ascesa al soglio di Bonifacio VIII, del quale egli, in quanto Guelfo bianco, disapprovava profondamente le ingerenze in campo politico. 
Sarebbe Celestino V il personaggio nel III Canto dell'Inferno in cui il poeta dice:

«Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.»

(Dante Alighieri, Divina Commedia: Inf. III, 58-60)

(clicca qui per altre notizie)

Sant'Equizio (V secolo - 570 o 571) è stato un Abate, considerato - insieme a Benedetto da Norcia - il massimo diffusore del monachesimo in Italia e in Occidente.
È venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica.

Le notizie sulla sua vita sono assai scarne.
Equizio nacque tra il 480 e il 490 nell'area amiternina della provincia Valeria, trascorrendo la sua vita probabilmente presso Pizzoli, a poca distanza da Amiternum e dall'odierna L'Aquila.
Fu particolarmente attivo nella diffusione del monachesimo, di cui è considerato il precursore e uno dei massimi esponenti, insieme a Benedetto da Norcia di cui fu ispiratore; fondò e diresse numerosi monasteri tra la Sabina e la Valle dell'Aterno.
Nel borgo di Marruci, presso Pizzoli, istituì il monastero di San Lorenzo dove Equizio disponeva di scriptorium e relativi copisti.
Della sua attività scrisse Papa Gregorio I, che fu un fervente equiziano, nel 593 nei suoi Dialoghi, dove si ricorda che «la predicazione di Equizio fece notizia anche a Roma» e gli procurò - intorno al 535, sotto il pontificato di Papa Agapito I - la persecuzione dagli organi ufficiale della Chiesa.
Morì alla metà del VI secolo, probabilmente nel 570 o 571, venendo sepolto nella cripta del suo monastero «presso l'oratorio di San Lorenzo» in Marruci di Pizzoli, come ricorda lo stesso Papa Gregorio I; ma l'edificio fu saccheggiato e distrutto dai Longobardi poco dopo la sua morte.
La tomba del Santo rimase oggetto di venerazione e meta di pellegrinaggi per diversi anni, in cui l'ordine equiziano diede alla Chiesa romana 2 Pontefici e numerosi tra Vescovi e Cardinali.
L'ordine venne poi assorbito da quello benedettino ed Equizio venne presto dimenticato.



In seguito al terremoto dell'Aquila del 1461, in San Lorenzo, tornò alla luce la cripta con il corpo di Equizio; come nel caso di Massimo d'Aveia; L'Aquila reclamò le spoglie del Santo e, vinta la resistenza della comunità pizzolana, le traferì nella Chiesa di San Lorenzo.
In quel periodo la venerazione per il Santo fu così viva e grande che Equizio fu nominato dapprima patrono del quarto di San Pietro e, successivamente, compatrono dell'intera città.
Il Santo venne quindi rappresentato nel gonfalone ufficiale del 1462 insieme ai restanti compatroni Massimo d'Aveia, Pietro Celestino e Bernardino da Siena.
San Lorenzo intus subì poi gravi danni dal sisma del 1703 cosicché, nel 1785, le reliquie furono trasferite nella chiesa di Santa Margherita gestita dai Gesuiti dove, l'anno, seguente, in suo onore, fu realizzato il mausoleo marmoreo.
La festa liturgica di sant'Equizio si celebra l'11 agosto.


San Bernardino da Siena, al secolo Bernardino degli Albizzeschi (Massa Marittima, 8 settembre 1380 - L'Aquila, 20 maggio 1444), è stato un francescano e teologo italiano, appartenente all'Ordine dei Frati Minori.
Fu proclamato Santo nel 1450 da Papa Niccolò V, appena 6 anni dopo la morte.

Il corpo è conservato a L'Aquila, nella Basilica a lui dedicata.
Nella città il culto si manifesta soprattutto con la diffusissima presenza del monogramma IHS sulle porte degli edifici.
Dal 1958 ogni anno, il 20 maggio, una scuola dalla diocesi di Siena porta in dono l'olio per tenere accesa la lanterna tutto l'anno.



Già prima della canonizzazione si diffusero voci sulle gesta miracolose a lui attribuite, alcune delle quali trovarono spazio in un'edizione di quegli anni della Legenda Aurea.
Le prediche tenute da Bernardino nei suoi viaggi furono raccolte da un suo fedele discepolo e pubblicate dopo la sua morte, esempio di grande interesse di letteratura sacra a testimonianza delle tensioni di rinnovamento spirituale che ebbero luogo nel 1400.
La spiritualità di Bernardino da Siena influenzò personaggi provenienti dai più diversi luoghi ed ambienti: da Federico da Montefeltro all'ex pirata albanese Pietro Bianco da Durazzo, fondatore, presso Forlì, del Santuario di Santa Maria delle Grazie di Fornò (1450), e il Beato Bernardino Caimi, fondatore del Sacro Monte di Varallo.
La memoria liturgica ricorre il 20 maggio. (clicca qui per altre notizie)



STORIA

Nel 1229 gli abitanti dei Castelli si ribellarono al feudalesimo imposto dai baronati normanno-svevi.
Dopo essersi rivolti a Papa Gregorio IX, ottennero il permesso di fondare la città, ma l'iniziativa non si concretizzò.
Gli aquilani ottennero nuovamente il permesso della costruzione di una nuova grande città, in funzione anti-feudale, di cui è rimasta testimonianza nel cosiddetto Diploma di Federico II: nel documento conservato, in duplice copia negli archivi cittadini, si esortano i Castelli degli antichi contadi di Amiternum e Forcona a unirsi per formare un unico centro.



L'Aquila sorge in posizione elevata (m. 720) sui fianchi di una collina digradante verso l'Aterno, al centro della grande conca aquilana, nella quale in epoca romana fiorirono i Municipi di Amiternum (odierna San Vittorino), Forcona ((odierna Civita di Bagno), Foruli ((odierna Civita Tomassa) e Aveia ((odierna Fossa).
Distrutti questi centri durante le invasioni barbariche, nel Medioevo la popolazione si sparse in Ville e Castelli, dominati da Signori Feudali.
La rivolta dei Villani contro i Feudatari, che verso la metà del 1200, sotto la dinastia Sveva, culminò nella creazione dell'Aquila, fu preparata da lunghe lotte, come si può desumere dalla lettera del 7 settembre 1229 inviata da Papa Gregorio IX agli ambasciatori dei Contadi Amiternino e Forconese (Epistola XIII, I, 1883, pp. 321-322), venuti a implorare il suo appoggio.
Il consenso del Pontefice ("et locum Acculi ad costruendam civitatem vobis de speciali gratia concedendo") va probabilmente interpretato in chiave antimperiale come il tentativo di porre un freno alla politica aggressiva di Federico II attraverso la rivendicazione dei territori della Chiesa di antica donazione imperiale.
Non va dimenticato inoltre che un contributo al superamento della frammentazione feudale e alla trasformazione della originaria ribellione popolare in nuove forme di aggregazione socio-economica, che avrebbero dato vita alla complessa realtà di una città, poté essere fornito dalla struttura dei Monasteri Cistercensi, largamente attestati in territorio aquilano, dall'Abbazia di Santo Spirito d'Ocre (1222) fino alla più tarda Grangia di Santa Maria del Monte (1289) presso Campo Imperatore.
Di conseguenza non si può ritenere casuale la formazione del Borgo di Acculum intorno al Monastero Cistercense di Santa Maria ad Fontes
de Acquilis (1195), la nomina a Vescovo di Aquila del Monaco Cistercense Nicola Sinizzo (1267-1294) e infine il fatto che, in deroga alla norma secondo cui ogni insediamento Cistercense doveva trovarsi fuori dei centri abitati, il Monastero di Santa Maria Nova fosse costruito all'interno della città (1282).

La città si è sviluppata sul preesistente Borgo di Acculae, sorto intorno al Monastero Cistercense di San Maria ad Fontes de Acquilis (1195), così denominato per l'abbondanza di sorgenti nella zona, successivamente trasformato nel Monastero di Santa Chiara (1256) e situato nell'attuale area della Rivera.
Lo sviluppo del Borgo fu favorito dall'esistenza a fondovalle di un tracciato di origine romana, ricalcante un tratturo dal quale si staccava un percorso che risaliva fino all'attuale piazza Duomo, dove la probabile presenza di una recinzione o di un accampamento militare potrebbe forse spiegare la straordinaria importanza attribuita da allora in poi a tale spazio. 

D'altra parte la presenza di strutture risalenti all'epoca romana sembra indirettamente confermata dal riutilizzo di blocchi di opus quadratum nel tratto di mura fra porta Romana e porta Rivera.

Le vicende della fondazione dell'Aquila sono raccontate da Buccio di Ranallo da Poppleto (autore di una Cronica rimata che narra la storia della città dal 1254 fino al 1362). 

L'Aquila fu situata all'origine sul Colle che aveva costituito il confine tra i 2 Contadi di Amiterno e di Forcona.
La fondazione fu legata ai fermenti autonomistici delle terre del confine settentrionale del Regnum Siciliae accentuatisi alla morte dell'Imperatore Federico II.
Una parte degli abitanti dei Castelli, delle terre e delle Ville dei 2 territori, circa una settantina, si trasferirono nella nuova città, intorno alla metà del 1200.
Le particolari circostanze della fondazione si riflettono quindi sull'urbanistica della città, conferendole l'impronta definitiva: ciascun Castello (99) ebbe in assegnazione un'area, perché vi si edificassero le case, la Chiesa e sulla piazza antistante la fontana pubblica. 

A ricordo della fondazione, la campana della Torre Civica (la Reatinella) batte ancora oggi 99 rintocchi e il primo grande monumento della città, la fontana delle 99 cannelle, contribuisce ad alimentare questa leggenda.
Nascono così i vari quartieri e alcuni gioielli dell'architettura sacra romanica aquilana, quali le Chiese di Santa Maria Paganica, di Santa Giusta, di San Pietro di Coppito e di San Silvestro.
Si data a questo periodo anche la prima fase del monumento più celebre della città, la Fontana delle "99 cannelle" (allusivo al tradizionale numero di Castelli che avrebbero partecipato alla Fondazione), opera del Magister Tangredus de Pentana de Valva, come ci dice un'iscrizione posta sulla parete di fondo.
La nuova realtà, che aveva modificato in profondità le strategie politico-militari alla frontiera con lo Stato della Chiesa, ricevette nel 1254 il Diploma di Fondazione da Re Corrado IV.
La città costituì fin dall'inizio un importante mercato per il Contado, il quale la riforniva regolarmente di prodotti alimentari: dalla conca fertile proveniva il prezioso zafferano; i pascoli montani circostanti alimentavano, nel periodo estivo, numerose greggi di ovini transumanti che fornivano abbondante materia prima, destinata sia all'esportazione sia, in misura minore, alla manifattura locale, tale da richiamare col tempo in città artigiani e mercanti forestieri.
L'Aquila nel giro di pochi decenni divenne crocevia per il traffico con le altre città del Regno ed extra Regno, con le quali era collegata per mezzo della cosiddetta "Via degli Abruzzi" che univa Firenze a Napoli passando per Perugia, Rieti, Aquila, Sulmona, Isernia, Venafro, Teano, Capua.
Le trattative per la successione nel Regno di Sicilia di Edmondo, figlio di Re Enrico III d'Inghilterra, fecero sì che la città si inserisse nell'intrecciarsi degli interessi della Curia Papale e del Re d'Inghilterra. 

Il 23 dicembre 1256, Papa Alessandro IV, per premiare gli aquilani dell'avversione manifestata nei riguardi di re Manfredi, aveva elevato la Chiesa dei Santi Massimo e Giorgio, a Chiesa Cattedrale. 
Ma, nel luglio 1259, per contrastare questo disegno Re Manfredi, la fece radere al suolo.
Il Denuus Reformator fu Carlo I d'Angiò, ma la fama della città si diffuse ben al di là dei confini del Regno, quando un evento di eccezionale importanza, ebbe luogo il 29 agosto 1294: la consacrazione dell'eremita Pietro del Morrone come Pontefice col nome di Celestino V.



Su iniziativa di Pietro era stata iniziata, nel 1287, Santa Maria di Collemaggio, la più imponente Chiesa romanica della città, la cui facciata, decorata con un rivestimento a fasce di masselli alternativamente bianchi e rossi e con 3 grandi rosoni, domina l'antistante spiazzo erboso.
Le vicende celestiniane dettero grande impulso alla sviluppo edilizio, come testimoniano gli Statuti cittadini. 

Decisivi, poi, per lo sviluppo dei commerci furono i privilegi concessi dal Re Roberto d'Angiò nel 1311
Furono in particolare protette tutte le attività legate alla pastorizia, tramite l'esenzione dai dazi per le importazioni e le esportazioni.
E' questo il periodo in cui mercanti toscani (Società Scale, Bonaccorsi) e reatini, acquistarono casa per abitare in città.
Questi presupposti favorirono un profondo rinnovamento politico: nel 1355 al governo cittadino parteciparono le Arti dei pellettieri, dei metallieri, dei mercanti, dei letterati, che con il Camerario e i Cinque costituirono la nuova Camera Aquilana.
11 anni prima, nel 1344, il sovrano aveva concesso alla città di avere una propria zecca.
La metà del 1300 rappresenta un momento di grave crisi, come in tutta l'Europa.
La città in questo periodo fu spesso colpita da epidemie di peste (1348, 1363) e terremoti (1349) tanto da presentarsi disabitata, ma ben presto si incominciò a ricostruire.
Molti i segni dell'importanza raggiunta dall'Aquila tra fine 1300 e inizi 1400: famiglie di ebrei vennero ad abitare in città; Generali dell'Ordine Francescano la scelsero come sede per i Capitoli Generali (1376, 1408, 1411, 1450, 1452, 1495); il maggiore esponente dell'Osservanza, Fra' Bernardino da Siena, venne 2 volte: la prima volta a predicarvi alla presenza di Re Renato di Napoli e la seconda volta vi morì (1444).
La presenza osservante fu decisiva per la città perchè portò interventi urbanistici, legati all'iniziativa di Fra' Giovanni da Capestrano e Fra' Giacomo della Marca, furono realizzati da maestranze lombarde, in una zona poco urbanizzata a nord-est, per costruire un imponente complesso edilizio incentrato sull'Ospedale di San Salvatore (1446) e sulla Basilica e Convento di San Bernardino.
Lunga e travagliata fu la vicenda della fabbrica soprattutto per la crisi sismica del 1461 che fece crollare le strutture (solo il 14 maggio 1472 fu qui traslato il corpo di S. Bernardino).
Tutta la città subì gravi danni; trascorsero 2 anni prima che i cantieri iniziassero l'attività di riparazione delle Chiese e dei Conventi.
La seconda metà del 1400 corrisponde al periodo più fiorente dell'economia aquilana: Re Alfonso I'autorizzò, nel 1456, lo svolgimento delle Fiere di San Pietro Celestino e di San Bernardino, della durata di 16 giorni, dall'11 al 27 maggio; Re Ferrante d'Aragona concesse il placet di istituire un'Università conforme a quelle esistenti in Bologna, Siena e Perugia.
La privilegiata posizione geo-politica dell'Aquila, favorì in città la presenza di mercanti forestieri di varie nazionalità (Germania, Savoia, Catalogna), come pure di fattori delle Compagnie fiorentine dei Bardi, degli Ardinghelli, degli Strozzi, dei Medici, dei Gondi, dei Pianelli di Venezia, dei Papone di Pisa, degli Spannocchi di Napoli.
Adamo da Rotweil, allievo di Gutenberg, nel suo viaggio da Venezia a Napoli si fermò in città: il 3 novembre 1481 la Camera Aquilana lo autorizzò ad esercitare l'Arte della Stampa in città concedendogli anche la privativa.
Fin dal primo trentennio del 1500, con la dominazione spagnola, iniziò all'Aquila un processo di decadenza delle attività produttive al quale contribuirono le epidemie del 1503 e del 1505 che fecero sì che iniziasse per la città un periodo di crisi demografica e di depressione economica.
La crisi si accentuò quando, nel 1529, Filippo d'Orange, per punire la città che si era a lui ribellata, infeudò tutte le terre del contado assegnandole in premio ai suoi Capitani.
L'Aquila si vide privata in un sol colpo di quel territorio che costituiva la propria base economica.
Di conseguenza vide le sue Fiere sempre più disertate dai mercanti.
Anche l'impianto urbanistico dell'Aquila subì sostanziali modifiche: la città fu costretta nel 1529 a provvedere alla costruzione di una fortezza che comportò nell'area circostante l'abbattimento di molti edifici e chiese.
La fortezza, la cui costruzione si protrasse per oltre 100 anni, si presenta oggi con l'aspetto che le hanno conferito i restauri del secondo dopoguerra.
A pianta quadrata, con 4 poderosi bastioni angolari e circondata da un profondo fossato, riflette le tecniche militari più avanzate dell'epoca.
Il suo interno attualmente ospita il Museo Nazionale d'Abruzzo, con una collezione artistica particolarmente pregevole per quanto riguarda opere pittoriche e scultoree della regione tra Medioevo e Rinascimento.
Negli anni 1570 si avviò un altro importante intervento che portò alla modifica dell'assetto del centro civico della città: la ricostruzione e l'ampliamento dell'antico Palazzo del Capitano per ospitare Margherita d'Asburgo o d'Austria, Governatrice perpetua della città (dal 1587, morta Margherita, il palazzo fu residenza del Magistrato ed ora è la sede del Comune), che dopo essere stata Governatrice delle Fiandre si era ritirata nei Feudi abruzzesi.
Al suo seguito era venuto anche l'ingegnere militare bolognese Francesco de Marchi il quale, il 19 agosto 1537, compì la prima ascensione del Gran Sasso, dal versante aquilano.
La struttura urbanistica del centro civico subì una ulteriore trasformazione, negli ultimi anni del 1500 e per tutto il 1600.
Nel 1657 la città venne colpita dalla peste: morirono 2.294 dei circa 6.000 abitanti.
Gran parte dell'antico volto Medievale e Rinascimentale fu distrutto dal terremoto del 2 febbraio 1703: le case, le Chiese, i Palazzi, la Fortezza subirono gravissimi danni.
A 9 anni di distanza la città contava 2.468 abitanti. 

Favorirono la ripresa le esenzioni fiscali concesse dal Governo di Napoli, dove dal 1707 al Viceré di Spagna era subentrato il Viceré Austriaco, cui nel 1734 successe Carlo di Borbone.
Dal terribile terremoto risorse lentamente, ma profonde modificazioni subirono le strutture e gli spazi urbani.
I 2 ceti che concorsero alla ricostruzione della città, il clero e i nobili, caratterizzarono gli spazi urbani con il dualismo chiesa-palazzo: i primi con una opera di recupero e di riuso delle emergenze della città medievale, aggiornate alla cultura del tempo; i secondi costruendo nuove strutture palaziali (ad esempio i Palazzi Quinzi, Antonelli e Centi).
I rifacimenti interessarono quasi tutte le Chiese della città, ampliate e ricostruite con un nuovo volto Barocco. 

Interventi di restauro, operati soprattutto negli anni 1960 e 1970, hanno in molti casi distrutto questa fase, riportando gli edifici al primitivo aspetto romanico. Conservano viceversa la loro veste settecentesca le Chiese di Santa Maria Paganica e di San Domenico (attualmente adibita ad Auditorium).
Nel 1799, anche L'Aquila subì l'invasione dei francesi e fu funestata da saccheggi e uccisioni.
Nel secolo successivo patrioti aquilani parteciparono ai moti rivoluzionari del 1833, del 1841, del 1848.
L'unificazione d'Italia fece sì che L'Aquila perdesse la caratteristica di città di confine senza che la nuova posizione di centralità l'avvantaggiasse perché essa fu esclusa dalla linea ferroviaria dei 2 mari con evidenti conseguenze economiche.
Entrando a far parte del nuovo Stato Unitario si sentì l'esigenza di apportare delle trasformazioni tendenti all'adeguamento della città alle nuove esigenze amministrative infrastrutturali ed economiche. 


Gli interventi architettonici, che subirono una forte accelerazione nel 1900, alterarono in modo irreversibile la città antica perché si edificarono le aree libere all'interno della cinta muraria, aree che fin dall'epoca della fondazione non erano state urbanizzate.
Nel primo 1900 la Basilica di Santa Maria di Collemaggio dovette subire restauri sulla facciata per un crollo dovuto al terremoto di Avezzano del 1915; sempre nello stesso anno, fu costruita la Villa Silvestrella dalla famiglia Palitti, in stile neoGotico e Liberty, e sempre intorno a questi anni, iniziò a popolarsi la piana del Campo di Fossa a sud del Corso Federico II, con villette in stile eclettico e rievocativo, sino alla costruzione di Palazzi di rappresentanza negli anni del Ventennio, come l'ex Casa del Balilla, la Casa della Giovane Italiana, e la Chiesa parrocchiale di Cristo Re (1935).
Durante il Fascismo, L'Aquila ebbe un nuovo sviluppo edilizio e monumentale di stampo Razionalista.
Nel 1927, a fianco della Chiesa delle Anime Sante, fu costruito in stile liberty il Palazzo delle Poste e Telegrafi, nel 1928 veniva inaugurato nella Villa pubblica il Monumento ai caduti di Nicola D'Antino, nel 1934 sempre da questo artista fu realizzato il suo capolavoro della Fontana Luminosa, collocata davanti l'ingresso al corso Vittorio Emanuele, in stile razionalista e rievocativo, ispirato alla tradizione abruzzese delle donne che raccolgono l'acqua con la conca di rame. 

Sempre dal D'Antino furono restaurati i 2 efebi del complesso della Fontana Vecchia di Piazza Duomo
Altri architetti come Achille Pintonello e Vincenzo Di Nanna nel 1937 modificarono l'ingresso al corso, con la costruzione di 2 palazzi di architettura simile: la Casa del Combattente e il Palazzo Leone
Presso il Corso Vittorio Emanuele fu realizzato il Palazzo INA
Fuori la città invece fu inaugurata la Palestra della Piscina Comunale.

Gli anni 1960 e 1970 furono caratterizzati da un cospicuo restauro dello storico patrimonio aquilano, principalmente religioso. 

L'architetto Mario Moretti si occupò di "smantellare" l'apparato Barocco post-sisma 1703 di quasi tutte le Chiese Medievali aquilane, meno il Duomo e Sant'Agostino, per cercare di recuperare l'originalità gotica. 
Tali interventi a Collemaggio, Santa Giusta, San Silvestro, San Pietro Coppito e a San Domenico, destarono proteste per la distruzione della pur originale arte barocca, come soffitti a cassettoni lignei e stucchi.
Dopo il terremoto dell'Aquila del 2009, l'opera principale e rappresentativa del segno della ricostruzione sono la Cappella delle Vittime del 2009 e l'Auditorium del Parco, presso il Castello, realizzato da Renzo Piano nel 2012.



Un altro mito è quello che legherebbe L'Aquila all'Ordine dei Cavalieri Templari legato alle architetture religiose della zona aquilana del 1100 e 1200, che presentano spesso numerose iconografie e simbologie riferibili a Crociati o all'Ordine dei Templari: le tracce di questo passato sono state oggetto di ricerche e speculazioni scientifiche (per esempio quelle sulla simbologia della Basilica di Collemaggio), anche alla luce del forte legame che Pietro del Morrone, poi Papa Celestino V, ebbe con i Templari stessi.


Celestino V e il giubileo aquilano

Nel 1288 l'eremita Pietro da Morrone, decise di edificare all'Aquila la basilica di Santa Maria di Collemaggio, autorevole esempio di arte romanica e monumento simbolo della città. Proprio nella basilica da lui fortemente voluta, l'eremita venne incoronato papa con il nome di Celestino V il 29 agosto 1294.

Nell'agosto del 1294, Papa Celestino V emanò una Bolla con la quale concedeva un'indulgenza plenaria e universale a tutta l'umanità. 

Bolla ancora oggi valida, che anticipò di sei anni l'introduzione dell'anno santo, avvenuta per volere di papa Bonifacio VIII nel 1300 e può essere quindi considerato il primo giubileo della storia.

La Bolla Inter sanctorum solemnia di Celestino V, oggi nota come la Bolla della Perdonanza Celestiniana, poneva come condizioni per l'ottenimento del perdono: l'ingresso nella basilica nell'arco di tempo compreso tra le sere del 28 e del 29 agosto di ogni anno e l'essere "veramente pentiti e confessati". 

La porta di Celestino V, situata sul lato settentrionale della basilica è dunque a tutti gli effetti una Porta Santa.


Quando Recarsi a L'Aquila

Per l'altitudine e la localizzazione della città, che è interamente circondata da rilievi, il clima è particolarmente rigido con la temperatura media annuale che non supera i 14 °C. 

Un noto detto locale parla infatti di «undici mesi de friddu e tre de friscu» (undici mesi di freddo e tre di fresco) facendo intendere come la temperatura risulti calda solamente nei mesi di giugno - luglio - agosto. 
I periodi migliori per una visita della città e del suo comprensorio vanno quindi da maggio a settembre, per le vacanze all'aperto, e da ottobre ad aprile per vacanze enogastronomiche e visite culturali presso musei e chiese.

CURIOSITÀ & LEGGENDE
(Le Leggende riflettono la Storia di un popolo ma soprattutto gli aspetti della Vita della Comunità)

Un Elephas Meridionalis
In una sala del maestoso castello è stato sistemato un Elephas Meridionalis, in eccezionale stato di conservazione: venne scoperto nella sabbia argillosa presso Scoppito nel 1954.

Nascita leggendaria della città
Si dice che il generale dei Sanniti Caio Ponzio, vincitore delle Forche Caudine, fosse diretto alla volta di Aquilonia, capitale del Sannio. Giunto nel villaggio di «Aquili» (ove forse era anche un castello) si fermò a riposare, piantando a terra uno stendardo che aveva personalmente tolto ad un romano, e che rappresentava un'aquila. 

Quando ritenne giunto il momento di riprendere il cammino, Caio Ponzio tentò inutilmente di svellere dal terreno lo stendardo: ne trasse un favorevole auspicio e ordinò che in quel punto si iniziasse la costruzione di una città che si sarebbe chiamata Aquila.
Questo avveniva a 3 secoli prima della nascita di Cristo.

L'impronta dello zoccolo
Davanti alla porta Santa della Basilica dedicata a Santa Maria di Collemaggio, situata nei pressi della città, c’è l’impronta di uno zoccolo da frate: l'ha lasciata la calzatura di San Giovanni da Capestrano.

Morte di un asino sacrilego
Dopo 3 giorni di ininterrotti scongiuri e preghiere, venne trascinato ed arso vivo, nel chiostro del Convento degli Agostiniani, un asino sacrilego che, invasato dal demonio, si era impadronito di un immagine di Gesù (o di un’ostia consacrata) e dopo averla biascicata la risputava coperta di bava.
Questo avveniva nel Medio Evo.

Il commercio della lana
Una delle industrie più fiorenti della città, nel Medio Evo, era quella della Lana: per avere un'idea della ricchezza di armenti. basti pensare che, come si legge nei commentari di Papa Pio II, le truppe Pontificie poterono catturare, una volta, per pascolo abusivo circa 200 mila capi di bestiame, tutti appartenenti alla città dell'Aquila.
Alfonso D'Aragona si occupò attivamente di questa fiorente industria e introdusse dalla Spagna le famose pecore merinos, per migliorare la razza.
Adibì a pascolo invernale tutto il Tavoliere, dietro modestissimi pagamenti, e fece tracciare un gigantesco tratturo che partiva dalle montagne dell'Abruzzo e terminava al Tavoliere.
L'importanza europea della città nel settore laniero la si può ritrovare nella denominazione di alcune sue strade medievali: Borgo dei Belgi, Borgo degli Alemanni, ecc.: testimonianza che da ogni parte d'Europa i mercanti affluivano qui ad acquistare il pregiato prodotto.

Un buco nel cranio del Santo Pontefice
Nella Chiesa di Santa Maria di Collemaggio si conservano i resti di San Celestino V, il Papa che fece «il gran rifiuto», e al quale successe Bonifacio VIII.
Non tutti i lettori della “Commedia” dantesca conoscono il groviglio gli episodi storici e leggendari, grotteschi e orripilanti, connessi a questa famosa successione Papale.
In primo luogo, l'astuto Cardinale Gaetani indusse con raggiri Celestino V alla rinuncia.
Nella novella XXVI del “Pecorone”, Ser Giovanni Fiorentino riferisce: “Vero è che molti dicono che il detto Cardinale (Benedetto Gaetani, poi Papa col nome di Bonifacio VIII) gli venne (a Papa Celestino V) una notte, segretamente, con una tromba a capo del letto, e, chiamatolo tre volte, ove Papa Celestino gli rispose e disse: «Chi sei tu?», rispose quel della tromba: «Io sono l’Angel da Iddio mandato a te come suo divoto servo; e da parte sua ti dico, che tu abbia più cara l'anima tua che le pompe di questo mondo: e subito si parti.”
Su questo seme germogliò nella mente del vecchio Papa l'idea dell’abdicazione.
La storia era già nota prima che Ser Giovanni la registrasse: è narrata in una cronaca Fiorentina databile tra la fine del 1200 e il principio del 1300.
Con diversi particolari, ma nello stesso spirito, un anonimo Commentatore della “Commedia” narra: “Bonifazio [...] fece fare ali e volto e mani e una scritta con cose che lucono di notte e non di dì [fosforo?]”, poi di notte entrò in camera del Papa e chiamò «Cilestrino, Cilestrino» tre volte.
Il Papa si sveglia, vede rilucere solo ali, mani e volto: è un Angelo, pensa.
Bonifacio gli porge la scritta, sfavillante come d’oro.
Celestino la legge, affascinato: deve far sedere sulla sedia di San Pietro, consegnandogli tutte le insegne del potere Pontificio, il primo Cardinale che incontrerà l'indomani mattina.
Naturalmente Bonifacio si alza prestissimo, Celestino lo vede per primo ed abdica a suo favore.
in secondo luogo il crudele Cardinale Gaetani, fatto Papa, chiuse il predecessore in un orrendo carcere, nella Rocca di Fumone, a 20 km da Frosinone.
I cronisti ci hanno tramandato particolari raccapriccianti sulla puzza della strettissima cella, e sulla malvagia rudezza dei custodi (6 soldati e 30 uomini e lo sorvegliavano a vista notte e giorno).
È questo perché?
Per evitare uno scisma nella Chiesa, reputandosi da molti che l’abdicazione di Celestino non fosse legale, né canonica.
In terzo luogo, il diabolico Papa Bonifacio VIII penso che fosse meglio accelerare i tempi: mandò suo nipote a Fumone, e questi ammazzò il vegliardo agonizzante.
Potrebbe sembrare eutanasia; sennonché il modo ancora offende la nostra immaginazione: furono usati un chiodo ed un martello.
La scena era rappresentata in un affresco, ora perduto, della Chiesa di Santa Maria ad Majellam, fuori di Agnone.
Una descrizione seicentesca, in latino, così illustra l'affresco (traduciamo): “Si vede il Santo Padre inginocchiato con un Libro in mano, e davanti a lui la Croce sull'Altare, e dietro di lui un Uomo, che con una mano appoggia alla testa del Santo Padre è un Chiodo, e con l'altra mano regge un Martello, nell'atto di percuotere”.
Un cartiglio illustrava l'affresco: "QUANDO LUI NEPOTE DI PAPA BONIFACIO ANDO’ AL CONFESSORE PER LO AMMAZZARE"
Questa, si dirà, è una leggenda.
Ma nel cranio del Papa c'è un buco che sembra proprio fatto da un chiodo!
Un corpo di professori lo constatò e lo descrisse, in un verbale osteologico con autentica delle autorità, datato L'Aquila 13 settembre 1888.
Trascriviamo in parte questa prosa scientifico-legale: “Nel punto più sporgente della bozza frontale sinistra, a livello della metà del margine sopraorbitale, da esso circa cm quattro, esiste un forame rettangolare, a margini netti, senza nessuna lesione ossea circostante.
Il lato orizzontale del rettangolo misura circa mm cinque, l’altro, verticale, circa nove mm.
Il forame, penetrante in cavità, lascia nettamente distinguere i tre strati cranici, tavolato esterno, diploe, tavolato interno.
La superficie di frattura è alquanto più chiara della superficie esterna del cranio.
I sottoscritti, in base a questi fatti esattamente constatati, ritengono: Che l'origine della suddetta lesione non possa menomamente essere accidentale, ma sia da ripetere dalla mano dell'uomo col sussidio di un adatto strumento; che nella ipotesi che tale strumento sia un chiodo di forma comune, il tratto di esso penetrato in cavità abbia a valutarsi in circa cm cinque”
.
E’ l'arma del delitto?
Si è persa, ma ne resta buona testimonianza.
Fino al 1597, si conservava, come preziosa reliquia, nella Chiesa della Badia di Santo Spirito presso Sulmona “un chiodo longo mezzo palmo e più, ligato con certi pezi di sangue congelato di color pardiglio”.
Chi scrive è il Padre Lelio Marino, lodigiano, autore di una biografia di Celestino V, pubblicata a Milano nel 1630; riferisce la testimonianza del Padre Abate Don Francesco Danieli: “spinto da maggior curiosità, andando all'indulgenza e perdono di Collemaggio all'Aquila nel fine del mese di agosto del medesimo anno [1597], vi portò il medesimo chiodo, per uedere e far proua, se era verisimile e conforme al buco e alla ferita; ed in presenza di Bartolomeo Crispo ed altri Nobili e Cittadini Aquilani, mentre si riponeuano le reliquie del Santo già mostrato al popolo, pose il chiodo nel buco, e trouorno che vi entraua giusto fino uicino la testa ed il grosso, doue appariua e si uedeua anco come rugine, il quale alcuni giudicorno fosse sangue restatoui attaccato”.

San Bernardino paga il riscatto
Nella Basilica a lui dedicata, è sepolto San Bernardino da Siena, il più famoso asceta del 1400, che morì a L'Aquila il 20 maggio 1444.
Il corpo del Santo è ora conservato in un'urna d'argento massiccio, ma fino al 1529, riposava in una artistica cassa d'argento dorato, magistralmente scolpita.
La cassa venne venduta per pagare le taglie imposte dal Principe d'Orange.

L'audacia degli Aquilani
Nel 1527, il Principe d'Orange con le sue truppe si impadronisce di tutto il territorio e costringe gli Aquilani a pagargli un tributo tale da ridurli a vendere i tesori custoditi nelle Chiese per soddisfare la richiesta.
Non troppo tranquillo su conto dei vinti abitanti, il Principe si fa costruire un Castello che domina la città, e fa scolpire sull'ingresso: “Ad reprimendum audaciam aquilanorum”.
Monito che ora serve per antifrasi a ricordare il valore aquilano.

La sentenza di morte
Secondo tal Gregorio Motillo, capuano, che ne scrisse in una sua relazione nell'anno 1664, sotto le rovine di un edificio della città di Aquila, venne ritrovata una cassetta di ferro dentro la quale un cassettino di marmo bianco, in cui vi era uno scritto in pergamena che accennava l'original sentenza di morte data da Pilato contro il «Redentor del mondo».
Giovanni Pansa, in un suo libro sui miti e le superstizioni dell'Abruzzo, scrive: «Della famosa sentenza conosco un'”altra copia trovata nella città dell’Aquila” (così il titolo), che fu venduta nel 1898 all'asta libraria della ditta Franchi di Firenze (Catalogo Franchi, n. 145, an. XXI, dicembre 1898).
È una curiosissima scrittura in pergamena, del 1500, circondata da una cornice in miniatura a fiori e rabeschi.
Vi si leggono tutti i nomi dei giudici, testimoni e notai.
Cristo viene detto “Homo seditioso della legge mosaicha”.
Del resto fu tale la voga che ebbe la sentenza di condanna di Gesù, che nel 1500 e seguente, se ne eseguirono moltissime copie.»

ITINERARI e LUOGHI
(Culturali, Turistici, Storici, Archeologici, Naturali)

Per la sua conformazione e le sue dimensioni la città è visitabile a piedi.
Tuttavia, in seguito al terremoto del 2009, buona parte del centro storico è interdetto all'accesso per motivi di sicurezza e questo limita fortemente la visita pedonale della città.



L'Aquila è la principale città d'arte dell'Abruzzo e una delle mete turistiche più importanti dell'Italia centrale. 
Il suo centro storico, di origine medievale e caratterizzato dall'alternanza di vicoli e piazzette, è stato più volte colpito da eventi sismici ed è oggi costituito da numerose architetture rinascimentali, barocche e neoclassiche.
Il Centro Storico è circondato, ancora oggi, dalle mura medievali, con le loro numerose porte di accesso.
Si suddivide in 4 cosiddetti Quarti, dedicati ai Santi Patroni dei Castelli rappresentanti, ossia Quarto San Giorgio, il Quarto Santa Maria, il Quarto San Pietro e il Quarto San Giovanni d'Amiterno.
Ognuno di questi Rioni ha una Chiesa simbolica Capoquarto, la Chiesa di Santa Giusta per il primo, la Chiesa di Santa Maria Paganica per il secondo, la Chiesa di San Pietro a Coppito per il terzo e la Chiesa di San Marciano per l'ultimo.
È chiamata la città dei 99, dato che ci sono 99 piazze e 99 chiese e il monumento/fontana delle 99 cannelle.



Chiese


Basilica di Santa Maria di Collemaggio - è stata sede di incoronazione Papale di Celestino V ed è sede di un Giubileo annuale, unico nel suo genere.
L'interno a 3 navate con arcate ogivali, presenta sul pavimento romboidale a bicromia rosso-bianco, tombe di Cavalieri e Vescovi, oltre a nicchie laterali con affreschi quattrocenteschi e Cappella laterale all'altare con il mausoleo di Celestino V (1500).
Nel 1972 è stata sottoposta ad un importante restauro con cui si sono eliminate le aggiunte barocche avvenute in seguito al terremoto del 1703 ed è stato riportato alla luce l'originario splendore Romanico.
Sul lato settentrionale presenta la prima Porta Santa costruita al mondo.




Basilica di San Bernardino - edificio religioso dell'Aquila, situato nel quarto di Santa Maria. 

Costruita alla morte di San Bernardino da Siena (1444) con finanziamenti di Jacopo di Notar Nanni banchiere, con l'intento di custodirne le spoglie, presenta una splendida facciata rinascimentale
Venne costruita, con l'adiacente Convento, fra il 1454 e il 1472.



Chiesa di San Domenico - sorge nel Quarto San Pietro, nel luogo in cui un tempo sorgeva il Palazzo Reale; fu lo stesso Re Carlo II di Napoli, a donarlo ai Frati Domenicani e a patrocinare la realizzazione della Chiesa chiamando dalla Provenza maestranze francesi. 
Nel 1703, un violentissimo terremoto fece crollare il tetto della Chiesa distruggendo l'interno e uccidendo 600 fedeli; successivamente l'interno venne ricostruita in stile settecentesco.
Di romanico-gotica restano solo la parte bassa della facciata con il portale strombato e 2 oculi ciechi, che in precedenza erano rosoni, e forse dove si trova il finestrone centrale v'era il terzo rosone; poi vi è l'abside posteriore tripartita con finestre di chiaro gusto gotico.


Chiesa di Santa Giusta - Capoquarto del Rione storico di San Giorgio, nonché una delle più antiche della città, era inizialmente intitolata a San Giorgio da cui prende il nome l'intero quartiere.
La Chiesa, eretta nel 1300 (dopo il terremoto del 1349), presenta una facciata a conci levigati con coronamento orizzontale, portale romanico e rosone con decorazioni floreali e umane, come tipico del romanico aquilano; l'impianto è a croce latina e 3 absidi semicircolari con finestre gotiche.


Chiesa di Santa Maria Paganica - Capoquarto del Rione storico di Santa Maria, sorge sul punto più elevato della città e presenta un impianto settecentesco dovuto alla ricostruzione avvenuta dopo il terremoto del 1703.
E' una delle più grandi della città, di originale conserva la parte bassa dell'esterno con il portale strombato della facciata con il motivo della Madonna col Bambino nella lunetta, e un portale laterale anch'esso strombato nello stile Romanico Aquilano.

Il terremoto del 2009 ne ha provocato il crollo dell'abside e dell'intera copertura


 
Chiesa di San Pietro a Coppito - Capoquarto del Rione storico di San Pietro, sorge nell'omonima piazzetta abbelita da un grazioso fontanile a pianta dodecagonale.
Eretta nel 1200, la Chiesa è un classico esempio di Romanico Aquilano, con la facciata a coronameno orizzontale, il portale ricco di decorazione e sovrastato da una finestra circolare e l'adiacente Torre Campanaria.
Più volte danneggiata, nel corso della sua storia, da terremoti e ricostruita, è stata violentemente sfregiata dal terremoto del 2009.
Nel 2014 è stata ricostruita la facciata, mentre i lavori di ricostruzione totale sono ancora in corso.

Chiesa di San Silvestro - eretta
dai Castellano di Collebrincioni, nella prima metà del 1300, nella parte occidentale del Quarto Santa Maria, e più volte restaurata in seguito a terremoti (1461 e 1703).
La chiesa presenta un grande portale romanico a pietre di colore bianco e rosso, analoghe a quelle che ricoprono la facciata di Santa Maria di Collemaggio, sormontato da un grande rosone centrale.
All'interno è presente una copia della Visitazione di Raffaello che sostituisce l'originale trafugata dagli spagnoli nel 1655 e oggi al Museo del Prado, e un meraviglioso affresco nel Catino Absidale.



Chiesa di Santa Maria del Carmine (Santa Maria di Assergi) - del 1200, eretta dai Castellani di Assergi nella parte est del Quarto Santa Maria.
Subì varie modificazioni, e nel 1609 fu retta dalla Congrega della Beata Vergine del Carmelo, da cui il nome attuale.
Dopo il terremoto del 1703 fu nuovamente modificata con uno schema barocco, che praticamente avvolge tutta la struttura, eccettuata la facciata bassa, che mostra ancora il tipico Portale Romanico Aquilano a forte strombatura.

Basilica di San Giuseppe Artigiano (Ex San Biagio d'Amiterno) - risalente alla metà del 1300, si trova nel Quarto San Pietro lungo via Sassa, ed è collegata mediante via Roio all'oratorio di San Giuseppe dei Minimi.
La Chiesa esistente è frutto di una quasi totale ricostruzione della chiesa trecentesca distrutta dal sisma del 1703, con il rifacimento in stile Gesuitico Romano.
Il 20 maggio 2013 dopo essere stata velocemente restaurata dal sisma del 2009, è stata elevata al rango di Basilica minore, la terza della città, dopo quelle di Santa Maria di Collemaggio e San Bernardino.
La facciata è a capanna tripartita, con un portale Barocco; l'interno a 3 navate, Barocco con pochi richiami al Medioevo: solamente parte di un affresco quattrocentesco sull'altare, riaffiorato con il terremoto del 2009, e il Monumento a Pietro Lalle Camponeschi (opera di Gualtieri d'Alemagna), dichiarato "Monumento Nazionale".

Oratorio di Sant'Antonio dei Cavalieri de' Nardis -  fondato a metà del 1600 da esponenti della famiglia nobile locale Nardis (tuttora proprietaria), attorno a un'immagine considerata miracolosa di Sant'Antonio.
Si trova in via San Marciano, tra il Duomo e Palazzo De Nardis.
Molte opere sono in maiolica di Castelli (TE).

Chiesa di Santa Maria del Suffragio - Popolarmente detta Chiesa delle Anime Sante, è un edificio barocco costruita nel 1713 sul lato più lungo di Piazza Duomo.
Presenta una caratteristica facciata concava (terminata nel 1774, con delle nicchie laterali contenenti delle statue di Santi) e una piccola cupola a forma cilindrica, opera del Valadier.
Seriamente danneggiata nel terremoto dell'Aquila del 2009 e ripristinata nel 2018-19, è probabilmente oggi il monumento cittadino più conosciuto in relazione al sisma, per la grande visibilità mediatica che ottenne il crollo della cupola centrale.



Duomo dell'Aquila - La Cattedrale Metropolitana dei Santi Massimo e Giorgio è il principale luogo di culto dell'Aquila, Sede Vescovile dell'omonima Arcidiocesi Metropolitana.
Edificata nel 1200, venne gravemente danneggiata dal terremoto del 1703 per essere successivamente restaurata nel 1800 e nel 1900.


Monastero di San Basilio Magno - si trova nel Quarto Santa Margherita, lungo le mura a nord-ovest del Forte Spagnolo, in Piazza San Basilio.
Il Monastero è documentato già dall'anno 1000, nel 1200 vi vissero le Monache Benedettine e Celestine, che contribuirono a istituire anche una scuola per l'istruzione giovanile.
Nel 1493 fu visitato da Giovanna d'Aragona e da Maria Pereyra Camponeschi.
L'aspetto attuale è frutto di una ricostruzione quasi totale dopo il terremoto del 1703.



Case e Palazzi

Casa natale di Buccio di Ranallo - particolare costruzione trecentesca, posta sulla centrale via Accursio, attigua alla Chiesa di Santa Maria Paganica, con la caratteristica facciata a bifore e archi ogivali. Attualmente la casa ospita una galleria d'arte privata.
Vi morì lo storico Buccio di Ranallo (nato a Poppleto oggi Coppito), che scrisse le "Cronache aquilane", il primo resoconto storico, in forma di versi epici, riguardo alla storia della città dalla fondazione nel 1254 sino al 1362.

Casa di Jacopo di Notar Nanni - si trova in via Bominaco, nel Quarto Santa Maria: suddivisa in 2 blocchi, è un raro esempio di commistione fra gli stili medievali e rinascimentali; la facciata ha un portale a sesto acuto tipicamente tardogotico, con cornici e affisso lo stemma del casato di Nicola Notar Nanni.
Il piano superiore, invece, è tipicamente rinascimentale, con cornici a tortiglione sulle finestre.


Palazzo de' Nardis, o De Nardis, sito in via San Marciano 9, nasce per volere della famiglia de' Nardis, tra le più influenti della città fin dal suo arrivo all'Aquila datato al 1400.
Il Casato aveva la signoria di Piscignola, uno dei 99 Castelli fondatori della città, ma non si insediò nel settore di riferimento, bensì in quelli attigui di Roio e di Rocca di Corno, nelle immediate vicinanze del centro politico-religioso di piazza del Duomo, dove, nel corso del tempo edificò numerose case e palazzi e, in particolare, nel 1647 l'Oratorio di Sant'Antonio dei Cavalieri de' Nardis.
L'edificio si fonda su preesistenze medievali delle case costruite dalla famiglia Ranalli, acquistate a partire dal 1400 e successivamente unificate, tra 1500 e 1600 nel Palazzo.
La facciata minore del Palazzo, volta su via dell'Arcivescovado ed adiacente alla Cattedrale di San Massimo, mostra importanti resti Medievali al piano terreno, inglobati armonicamente nel complesso Barocco (ricostruito radicalmente dopo il terremoto dell'Aquila del 1703); la ricostruzione consentì anche di compattare l'articolato assetto urbano pre-sisma in un unico edificato con il Palazzo dell'Arcivescovado e la Cattedrale, secondo un processo che venne ripetuto in molte altre parti di città.



«Tutto il tratto dell'attuale via San Marciano fino al primo incrocio è monopolizzato nel corso del '600 su ambo i lati dai Nardis, con un risultato urbanistico finora senza precedenti (...)» (Raffaele Colapietra; Antinoriana)

Le Cancelle - si trovano in via Simeonibus, rimontate negli anni 1930 nella posizione attuale, poiché prima si trovavano accanto il Duomo.
Sono particolari archi ogivali legati fra loro, risalenti al 1400, inseriti alla base di un Palazzo rinascimentale. 

Antico mercato del pesce, è in stato di abbandono dal 1830, dopo che in seguito all'infelice visita di Re Ferdinando IV di Borbone nel 1796, si studiarono vari progetti per lo spostamento delle logge del pesce nella città storica.

Palazzo Margherita (Palazzo del Comune) - si trova in Piazza del Palazzo, detta anche Piazza Sallustio.
Le origini risalgono al 1294, quando vi era il cosiddetto "Palazzo di Giustizia o del Capitano", ospitante il Capitano che amministrava giuridicamente la città.
La Torre Medievale è pre-trecentesca, sebbene la struttura attuale risalga alla costruzione definitiva del 1310.
Nel 1596 la Regina Margherita d'Austria si recò all'Aquila, e ordinò all'architetto Girolamo Pico Fonticulano di ricostruire il palazzo in stile rinascimentale.
Il palazzo conseguentemente assunse grande importanza, divenendo prima sede della provincia e poi del comune nel 1800, quando la provincia si spostò in piazza San Marco.
Danneggiato dal terremoto dell'Aquila del 2009, è rimasto puntellato fino al 2016, quando sono iniziati i lavori di ricostruzione.

Palazzetto dei Nobili - si trova in Piazza Santa Margherita, prospiciente il Palazzo Camponeschi e sorge sul preesistente Palazzo della Camera; ampliato per volontà della Congregazione dei Nobili.
Il Palazzo fu riedificato dopo il terremoto del 1703, nel periodo 1708-1715, ed era la sede dove venivano eletti i Camerlenghi fino all'abolizione del feudalesimo.

Emiciclo - il Palazzo dell'Esposizione, meglio conosciuto come "Emiciclo" per la forma a esedra della facciata, venne realizzato nel 1888 sul luogo in cui sorgeva il Convento di San Michele Arcangelo, nella zona degli orti a sud del Quarto Santa Giusta, presso Porta Napoli.
Ha ospitato le principali mostre ed esposizioni cittadine prima di diventare sede del Consiglio Regionale.
Il porticato, realizzato con 12 colonne doriche che sostengono un soffitto semplice, si conclude alle estremità con 2 edicole; inoltre è suddiviso nel mezzo da un corpo principale a balconata, con doppie colonne doriche.
Il corpo superiore presenta un finestrone centrale, affiancato da 2 finestre laterali; al di sopra di queste ultime sono visibili 2 cavità semisferiche contenenti rispettivamente i busti di Bacco e Cerere.

Palazzo Carli Benedetti - Rinascimentale posto dietro all'Abside di Santa Maria Paganica e costruito su preesistenze medievali. 

Essendo il Palazzo legato alla Chiesa di San Pietro Coppito, nel 1642 un'ala fu ceduta alle Monache di Santa Maria dei Raccomandati e inglobato nell'omonimo Convento, oggi sede del Museo Civico Archeologico.
Fino al terremoto del 2009 fu sede dell'Università degli Studi dell'Aquila, poi spostata a Scoppito.
Struttura scatolare con interno adornato da un giardino e chiostro con pozzo centrale. 

L'ingresso è caratterizzato da una monumentale scala fiancheggiata da semicolonne scanalate sormontata da una grande arcata.

Palazzo Centi - di stile Barocco, sito in Piazza Santa Giusta, di fronte all'omonima Chiesa, venne edificato nel 1776 ed è caratterizzato da una balconata di 6 colonne in stile borromiano sovrastante il portale; rispecchia uno degli esempi meglio riusciti di architettura tardo barocca aquilana.
Dal 2003 è sede della Presidenza della Regione Abruzzo, tuttavia per i danni del terremoto del 2009, con i lavori di adeguamento dell'Emiciclo, anche il Consiglio della Regione, dal 2018, torna a svolgersi in questo Palazzo.

Palazzo Pica Alfieri - realizzato nel 1685 lungo via Andrea Bafile (anticamente via Roma), venne completamente restaurato in seguito al terremoto del 1703.
Sorge su Piazza Santa Margherita e porta in facciata principale tripartira, una balconata barocca sorretta da 4 colonne, che sovrasta i 2 portali di ingresso.
Ludovico Alfiero lo acquistò nel 1685, trasformandolo con lo stile Barocco Aquilano.




Palazzo Alfieri - sorse nel 1400 lungo l'attuale via Fortebraccio, come residenza gentilizia di villeggiatura, del proprietario Fabrizio Alfieri.
Nel 1500 vi fu costruita a fianco la Chiesa di Santa Maria degli Angeli; dopo il danneggiamento del terremoto del 1703, nel 1878 Barbara Micarelli fondò l'Istituto di Santa Maria degli Angeli, dando vita alla Scuola d'infanzia femminile aquilana.
La facciata è bipartita: la prima più antica a 3 livelli, di carattere rinascimentale, e una bifora a 2 piani; la seconda facciata è cinquecentesca, con molti porticati e logge con arcate ogivali. 


Palazzo Gagliardi Sardi, talvolta noto come Palazzo Nodari Gagliardi Sardi, è un palazzo storico dell'Aquila.
L'edificio è una storica residenza delle famiglie Gagliardi, di origine normanna e insediatasi all'Aquila sin dalla fondazione, e Sardi, tra le più influenti del quarto di Santa Giusta.
La sua realizzazione si inserisce nell'ambito della ricostruzione cittadina successiva al terremoto del 1703, come testimoniato dall'articolazione dello spazio, di stampo barocco, tra il palazzo e la prospiciente Chiesa di San Flaviano.
È stato gravemente danneggiato dal terremoto del 2009 che, tra le altre cose, ha provocato il ribaltamento della facciata principale, il collasso dell'arco e della volta che copre la scala principale e numerose lesioni su tutti i vani.
In virtù della vulnerabilità sismica dell'edificio, i lavori di ricostruzioni sono stati particolarmente innovativi prevedendo, al di sotto del piano di calpestio, una serie di 42 isolatori sismici su tutto il perimetro, cui si aggiungono 60 appoggi scorrevoli multidirezionali.



Palazzo Lucentini Bonanni - l'edificio è una storica residenza dei Bonanni, importante famiglia patrizia aquilana di origine toscana, Baroni di Ocre.
La sua realizzazione (si trova tra Corso Vittorio Emanuele e via Castello) è riconducibile agli ultimi anni del 1400, anche se il palazzo fu largamente rimaneggiato successivamente al terremoto del 1703. 

Lesionato nuovamente dal sisma del 2009, l'edificio è stato sottoposto a restauro a partire dal 2012 e riaperto al pubblico per la prima volta nel 2015.
L'edificio di architettura Rinascimentale si presenta su 3 livelli, con pesanti contrafforti sugli angoli; sull'angolo vi è lo stemma della famiglia Bonanni, con la scritta "D'oro al gatto passante di nero con la testa in maestà".


Palazzo Ardinghelli - venne realizzato in Piazza Santa Maria di Paganica, progettato dopo il terremoto del 1703, ma edificato solamente tra il 1732 e il 1743 sul luogo di un vecchio complesso di impronta Rinascimentale.
Con un grande balcone sul piano superiore della facciata, nei primi anni del 1900 è stata aggiunta la loggia centrale con doppia scalinata.
Dopo i lavori di restauro a causa del sisma del 2009, che ospitando la nuova sede del MUNDA (Museo Nazionale d'Abruzzo) dovrebbe ospitare una sede distaccata del Museo MAXXI.



Palazzo del Convitto (Ex Biblioteca Salvatore Tommasi) - fu costruito nel 1800 presso il Convento di San Francesco a Palazzo (1200), ed è posto lungo corso Umberto I, all'incrocio con il corso Vittorio Emanuele. 
Nel 1867 il Convento è stato sconsacrato, e nel 1876-1878 si sono completati i lavori di trasformazione del Convento in sede del Convitto (liceo ginnasio) con Biblioteca provinciale, dedicata al filosofo Salvatore Tommasi (che occupa in gran parte l'area dell'antica Chiesa).
Altre ali del Convento ospitavano la Camera di Commercio e la Cassa di Risparmio.

Palazzo del Governo - la struttura risale al 1200 ed era la sede del Monastero degli Agostiniani, attaccato alla Chiesa omonima.
La facciata del palazzo è caratterizzata da un colonnato che sorregge l'architrave con la scritta "Palazzo del Governo".
Il terremoto del 2009 ha gravemente danneggiato la struttura, diventando uno dei simboli del sisma.

Palazzo Regio dell'INAIL - Poste e Telegrafi - sono 2 palazzi amministrativi costruiti rispettivamente fra il 1927 e il 1934.
Il palazzo delle Poste è il più antico, costruito in stile Liberty nella Piazza Duomo, accanto alla Chiesa delle Anime Sante, seguendo uno stile ancora eclettico che reinterpretava il classicismo greco-romano.
Il palazzo dell'Istituto Nazionale Assicurazioni si trova invece in corso Vittorio Emanuele II, all'incrocio con via San Bernardino, ed è in marmo bianco seguendo lo stile Razionalista.
Ha una struttura rettangolare molto geometrica, senza la tipica Torre Littoria dell'architettura del regime, e ha un bassorilievo con figure antropomorfe di stampo neoclassico.

Ex mattatoio (Museo Nazionale d'Abruzzo - MUNDA) - Il mattatoio fu costruito nel 1934 nel Borgo Rivera, poco distante dalla Chiesa di San Vito (1200), e affaccia sul Piazzale dell 99 cannelle.
La struttura è un complesso di casette contigue a capanna di colore ceruleo.
Il Mattatoio fu successivamente abbandonato dopo gli anni 1960, e recuperato in seguito al sisma del 2009, e usato come nuova sede momentanea del MUNDA: il Museo Nazionale d'Abruzzo dal dicembre 2015.


Fontane

Fontana delle 99 Cannelle (o della Rivera) - è probabilmente il monumento più identitario della città, costruita nel 1272 nell'area della Rivera, è opera dell'architetto Tancredi da Pentima.
In origine, la fontana era più semplice e aveva meno cannelle.
Nel corso dei secoli è stata più volte rimaneggiata e ampliata, con l'aggiunta di nuovi lati, la sostituzione di conci corrosi dagli elementi atmosferici, del rivestimento in pietra bianca e rosa, la ricostruzione di altri mascheroni, la selciatura e, infine, la chiusura a cancellata.



Fontana Luminosa - creata da Nicola D'Antino nel 1934 all'ingresso del corso Vittorio Emanuele dal piazzale del Castello (in Piazza battaglione Alpini L'Aquila, ad una delle estremità del corso principale della città), è una fontana a pianta circolare con al centro 2 nudi femminili in bronzo sorreggenti la caratteristica "conca abruzzese".
Il piedistallo in marmo ha i tipici caratteri geometrici del Razionalismo e in origine aveva i fasci littori.

La notte è illuminata ed i colori cambiano continuamente, meta di appassionati di fotografia

 
Fontana Vecchia - sono le 2 fontane poste alle estremità di Piazza Duomo.
Risalgono al 1300, ma la forma attuale risale al restauro di Nicola D'Antino (1929-32).
Alla base sono formate da una vasca circolare, con al centro una vasca più piccola, da basamento a 2 statue di bronzo raffiguranti 2 uomini che con un catino versano l'acqua.

Fontana del Nettuno (o del Tritone) - fu realizzata nel 1881 come opera di riqualificazione postunitaria del corso Vittorio Emanuele II, presso la Piazza Regina Margherita di Savoia.
La statua centrale del Nettuno è in terracotta, dipinta in bronzo, posta su un basamento a roccia, inserita in una nicchia dove scorre l'acqua.
La facciata monumentale dove si trova la nicchia è una parte della vecchia Chiesa di San Francesco a Palazzo, demolita nel 1876 per costruire il Palazzo del Convitto e della Biblioteca Provinciale.


Architetture Militari

Forte Spagnolo (Castello Cinquecentesco) - la fortezza, tutt'ora cinta da fossato, si trova posta nella parte settentrionale della città, a ridosso delle mura. Costruita dagli Spagnoli, è una struttura a pianta quadrata con 4 bastioni agli angoli.
È sede del Museo Nazionale d'Abruzzo.
La realizzazione è iniziata nel 1534 e terminata nel 1567, su progetto di Pedro Luis Escrivà.
Per la costruzione, furono demolite le storiche Porta Paganica e Porta Barisciano, con l'edificazione della nuova Porta Castello.
La Fortezza non fu mai usata in azioni militari.
La struttura è composta da nucleo centrale quadrato, con 4 bastioni angolari a forma di lanceolata, collegati da cortine.
Il materiale è travertino, con ampio fossato, per cui la struttura è collegata a terra da un ponte in pietra presso l'accesso principale.
Il grande portale è in pietra bianca, con sopra lo Stemma dell'Aquila bicipite, simbolo della Casa d'Asburgo.



Il Parco del Castello fu realizzato negli anni 1930.

Torre Civica - è la torre simbolo del Palazzo Margherita. 

Fu costruita intorno al 1254 con la fondazione della città, e poi riedificata nel 1310, per il Palazzo del Capitano.
Nel 1374 vi fu costruito uno dei primi Orologi Pubblici del Regno di Napoli.
Durante la costruzione del Palazzo voluto da Margherita d'Austria nel 1500, la torre rimase inalterata nello stile, tranne uno Stemma collocato in ricordo di Giuseppe Garibaldi, e degli stemmi riguardanti il Regno di Svevia e di Carlo V.
Sopra al cornicione vi è una lanterna centrale con la campana che suona l'ora.


Il Torrione - gli studiosi ipotizzano che la struttura possa essere parte di una tomba romana del I secolo, oppure un pilastro di un antico acquedotto medievale del 1200. 
E' comunque un lembo di una torre con alla base camera funebre.
Si trova nel moderno rione omonimo, in via Cardinale Mazzarino.
Il terremoto del 2009 ha fatto crollare 5 dei 15 metri di altezza della struttura.

Castello De Rivera - si trova in località San Sisto, oggi popolata prevalentemente da palazzi risalenti agli anni 1960; fu costruito nel 1500 come residenza gentilizia. 

Infatti non possiede elementi di fortificazione, tranne una torretta merlata per gli avvistamenti.
Il portale è in bugnato, e l'interno ha un cortile con archi.

Cinta Muraria - nel 1276, a poco più di 20 anni dalla seconda fondazione della città, vennero realizzate le mura che ancora oggi cingono il centro cittadino.
Sono state più volte rimaneggiate e restaurate nel corso dei secoli, con l'aggiunta di porte (quelle originali sono 12), lo spostamento di alcuni tratti (come nel 1500 per far posto al Forte Spagnolo e la demolizione di altri (nel 1900 con la creazione dell'area degli impianti sportivi e il Quartiere Eritrea).
 

Porte Medievali

Le principali porte della città sono: Porta Barete - Porta Bagno - Porta Paganica - Porta Leone - Porta Bazzano - Porta della Rivera - Porta Napoli e Porta Castello.

Porta Barete - porta del Quarto San Pietro, costruita da doppia fortificazione con piazzale centrale, oggi non più esistente, avente un tempo, anche una torre di fortificazione.
Nel 1823 ci fu un restauro neoclassico che murò parzialmente la porta, danneggiata inoltre dal terremoto del 2009.
Un restauro del 2013 ha riportato alla luce la porta e la base della torre.

Porta Leoni - si trova all'estremo est di via San Bernardino (incrocio con via Atri), ed è estremo di uno degli assi longitudinali della città rinascimentale.
È dedicata al capitano Leone di Cecco (1200), ed è costituita da un torrione con doppio arco alla base.
Il Torrione ha 2 ordini di archi semplici con tetto a spiovente.

Porta Bazzano - si trova all'ingresso di via Fortebraccio, percorrendola in salita verso San Bernardino.
Risalente al 1200, è stata restaurata in stile neoclassico nel 1823, inglobata in una monumentale cornice già esistente, con il ricco Stemma degli Asburgo. Successivamente restaurata, la porta è suddivisa in 2 livelli da un cornicione marcapiano.
Sopra all'arco campeggia lo Stemma del Casato Austriaco, mentre la sommità è dotata di cornicione è balaustra.

Porta della Rivera - si trova lungo le mura del quartiere Rivera, presso la Fontana delle 99 Cannelle.
Compresa nel cosiddetto Quarto San Giovanni d'Amiterno, risale al 1200 ed è molto semplice, costruita con sola pietra, avente la forma di un normale arco a tutto sesto che si apre fra le mura.

Porta Napoli - realizzata in onore di Ferdinando II delle Due Sicilie nel primo ventennio del 1800, è a guardia del il percorso di via Francesco Crispi.
Realizzata nel 1820 con i resti della Chiesa di San Francesco dei Porcinari.
Ha arco a sesto acuto in pietra tra lesene.
Ai lati vi sono due muraglioni in stile tardo Barocco.

Porta Castello - si trova nella zona del Forte, ed è stata costruita nel 1500, assieme alla realizzazione del Castello aquilano.
Realizzata in laterizio con rivestimento in pietra bianca, sormontato dagli Stemmi della Casa d'Asburgo.
Il tetto è a capanna.

Altre porte secondarie sono: Porta San Lorenzo - Porta Branconio - Porta Barisciano - Porta Tione - Porta Civita di Bagno - Porta Roiana - Porta Lucoli - Porta Stazione - Porta Santa Maria Maria.
L'unica porta ad essere stata completamente manomessa, malgrado recenti progetti di restauro in stile medievale, è Porta Barete al termine di via Roma, coeva lungo il tracciato orizzontale della città di Porta Bazzano; nel 1800 è stata semi demolita per essere ricostruita in forme monumentali.



Musei

MUNDA

Il Museo Nazionale d'Abruzzo (abbreviato in MUNDA dal 2015) è il principale museo della regione. 

Storicamente ospitato nelle 41 sale del Forte Spagnolo dall'apertura nel 1951, è stato chiuso in seguito al terremoto dell'Aquila del 2009; dal dicembre 2014 il museo è in gestione al Polo Museale dell'Abruzzo.
La collezione principale del museo è stata resa accessibile nei locali dell'ex Mattatoio (Piazzale Tornimparte presso il Borgo Rivera) a partire dal dicembre 2015.


Museo Archeologico di Santa Maria dei Raccomandati

E' un museo non ancora ufficialmente aperto.
Ha sede nell'ex Convento che dà sul Corso del capoluogo abruzzese e ospita un'importante collezione archeologica della regione.
Tra i pezzi esposti, il famoso letto d'osso.
All'interno del complesso si trova la Chiesa di Santa Maria dei Raccomandati, ricostruita nel 1825, contenente un affresco cinquecentesco della Madonna.


MuSpAC

Il Museo Sperimentale d'Arte Contemporanea, è un museo dell'Aquila nato nel 1993.
Dispone di una collezione permanente di opere di artisti internazionali degli anni 1960 e 1970.
Dal 2009, in seguito ai danni causati dal terremoto del 6 aprile, la sua sede è temporaneamente collocata in via Ficara, nella periferia occidentale della città, in un'area in cui sono state localizzate altre 18 associazioni culturali e che per questo è stata ribattezzata Piazza d'Arti.


Casa Museo Signorini Corsi

E' un palazzo storico dell'Aquila, sito in via Patini 42, che possiede una collezione di mobili d'arte, quadri e monete che l'avvocato Luigi Signorini Corsi diede in Legato nel 1967 all'amministrazione comunale.


MAXXI L'Aquila

E' un museo d'arte contemporanea situato all'Aquila, a palazzo Ardinghelli, in Piazza Santa Maria Paganica, come sede distaccata del MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma.
L'apertura al pubblico è prevista all'inizio del 2020.

Giardino Botanico Alpino di Campo Imperatore

Intitolato a "Vincenzo Rivera", è un giardino botanico alpino situato a 2.117 metri di altitudine tra Campo Imperatore ed i Valloni, sul versante occidentale del Gran Sasso d'Italia, all'interno del territorio comunale dell'Aquila e del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
È una struttura associata dell'Università dell'Aquila.


Aree Archeologiche

Amiternum

In località San Vittorino, a pochi chilometri dall'Aquila, si trovano i resti dell'antica città di Amiternum, vi è un Anfiteatro del I secolo d.C., un Teatro di età augustea ed una Villa di tarda età imperiale, con mosaici e affreschi.




Vi sono inoltre resti di Terme e di un Acquedotto risalenti anch'essi all'età di Augusto; vicino all'abitato di San Vittorino, nel sottosuolo della Chiesa di San Michele Arcangelo, si possono poi visitare le Catacombe Paleocristiane.

Forcona

Presso la frazione Civita di Bagno sono state ritrovate Mura e Terme di una città tardo romana e longobarda (IV secolo - VIII secolo), che nel primo medioevo era di rilevante importanza per la presenza della prima Cattedrale di San Massimo, di cui oggi si conservano ampi resti: 3 absidi, colonne centrali, mura del perimetro, campanile.



Aree Naturali

Parco del Gran Sasso e Monti della Laga

Esteso Parco Nazionale costituito intorno al massiccio del Gran Sasso, meta ambita da turisti, naturalisti, escursionisti e sportivi d'ogni genere.
Comprende anche parte del territorio del Comune dell'Aquila.
Sul versante aquilano sorge l'Altipiano di Campo Imperatore, caratterizzato da laghetti meteoritici e da una notevole diversità di flora e di fauna; è raggiungibile tramite una moderna funivia e ospita un'importante stazione sciistica comprendente 15 km di piste per lo sci alpino e oltre 60 km per lo sci nordico.

Tratturo L'Aquila-Foggia

Detto anche "Tratturo Magno", è il più grande tratturo italiano, usato dai pastori transumanti per il viaggio in Puglia fino alla Fiera di Foggia del mercato della dogana.
Il percorso è un lungo sentiero sterrato di 244 km che i pastori percorrevano a partire da settembre, partendo dalla Basilica di Santa Maria di Collemaggio (la Fiera del bestiame si teneva nella piazza del Forte Spagnolo), per poi scendere alla contrada Sant'Elia, oggi divenuto quartiere moderno della città.
Il Tratturo prosegue fuori la città in direzione della conca di Navelli, scendendo lungo il fiume Aterno fino a Chieti, deviando successivamente verso il mare lungo il pendio della Val di Sangro, traversando Vasto, Termoli e infine Foggia.
Il Tratturo a San Pio delle Camere si incontrava con il Tratturo di Centurelle, mentre a Lanciano col Tratturo di Cupello, che partiva dalla Chiesa di Santa Maria Iconicella, giungendo alle porte del Borgo vastese.
Il Tratturo aquilano in certe ricorrenze è ancora percorso perché in buona parte conservato, ed è in corso un piano di riqualificazione culturale.

PRODOTTI del BORGO

L'Aquila è una roccaforte della tradizione appenninica che coniuga in tavola salumi e formaggi, tartufo e zafferano.
La cucina è semplice e saporosa con prevalenza, quanto a materie prime, di carni d'agnello, latte di pecora, grano e legumi, e piatti come i maccheroni alla chitarra, le zuppe di cardi, gli gnocchetti di verdure, tra i più caratteristici del territorio.
Prevalentemente dagli Altipiani, specie di Scoppito, nei dintorni della città, da Capestrano e Navelli, viene il Tartufo nero della cui produzione la regione vanta il primato; sempre da Navelli, soprattutto, lo Zafferano (L'Aquila DOP), coltivazione antica e moderna che ancora richiede la raccolta manuale dei fiori di “croco”, per non rovinare i preziosi pistilli. 

Il Vino - Montepulciano “Cerasuolo”, di elegante profumo IGT Alto Tirino con molte etichette a specifica di vitigno - rimanda a un distretto di 6 comuni intorno a Capestrano, Ofena, Villa Santa Lucia.
L'Olio Extravergine di Oliva viene invece da 3 distinte Valli Aquilane: del Tirino, Roveto (l'alto corso del Fiume Liri) e Peligna alle falde della Majella.
L’itinerario dei Salumi, dei Formaggi, dei Legumi, porta tra i boschi e i panorami montani alle pendici del Gran Sasso.
Gli Insaccati - Ventricina, Salsicce di fegato, Guanciale Amatriciano, Soppressata Abruzzese - hanno il loro luogo di elezione in Capotosto.
I Formaggi - Caciofiore Aquilano, Formaggi e Ricotte di stazzo, Giuncate - trovano accenti speciali nel «Pecorino Canestrato» di Castel del Monte, in vista della Valle del Tirino, e nel singolare «Marcetto», un pecorino odoroso e piccante, spalmabile.
i Legumi hanno le loro capitali in quota a Santo Stefano di Sessanio per le Lenticchie a Navelli e Capitignano per i Ceci, a Castelvecchio Subequo per le Cicerchie, a Paganica per i Fagioli, Montereale è centro di coltivazione del Farro.
Accenti in meno montani, con tipicità anche di Ortaggi e Frutta, si trovano scendendo verso la Piana del Fucino e i contrastati, suggestivi paesaggi della Marsica.
Una discesa che comincia invero a quota 1.400 metri, se si passa dai piatti o dalle nevi di Rocca di Cambio (prelibate Lenticchie nere) e Rocca di Mezzo (Scamorze di mucca).
Celano, capoluogo della Marsica, domina con Avezzano la Conca agricola dell'antico lago, il Fucino, in cui crescono Patate e Carote IGP di qualità.
Ortona dei Marsi, nella Valle del Giovenco, è celebre per le Mele.
Più a Ovest, lungo la direttrice della Valle del Liri, in Valle Roveto si producono, oltre all'Olio, buone Castagne, ed oltre Tagliacozzo, a Carsoli, c'è un altro santuario del Farro d'Abruzzo.

Caciofiore Aquilano
Diffusa in tutto l'Abruzzo, la produzione di questo particolare formaggio era anticamente legata ai Pascoli di Altura della provincia dell'Aquila. 

Prodotto tradizionale della Transumanza, deve la sua particolarità all'uso di Caglio vegetale, abitudine diffusa tra i Pastori che, durante i loro spostamenti, potevano facilmente procurarsi fiori di cardo selvatici e farli seccare al sole.
Gli ingredienti sono: latte intero crudo di pecora, caglio di carciofo e zafferano che gli conferiscono il caratteristico colore giallo paglierino.
È un formaggio di media stagionatura e quindi pronto al consumo.
Si produce nei mesi di gennaio e febbraio, a pasta molle ed è preparato in forma e piuttosto piccole e schiacciate, caratterizzate dalla tipica scolpitura superficiale data dai “canestrini” (o fuscelle) in cui vengono poste le forme.
Ha un sapore particolarmente delicato e gradevole che lo rende ideale sia come formaggio da tavola, sia come ingrediente per numerose preparazioni in cucina.
Quello stagionato si presta bene a essere tagliato a cubetti e aggiunto alle insalate miste di verdure, sia cotte che crude, oppure unito al burro come condimento della pastasciutta.

Scamorza Abruzzese
Un tempo specialità tipica delle province di Chieti e L'Aquila, oggi viene prodotta in tutta la regione, è un formaggio vaccino a pasta filata, caratterizzato dalla tipica forma a bisaccia allungata, con testina sopra la legatura; una sorta di caciocavallo in miniatura e monoporzione.
Tradizionalmente viene consumata leggermente passita, ma le esigenze di mercato hanno diffuso la tipologia fresca, differente dal fiordilatte perché la pasta è più dura e la filatura più consistente.
La scamorza fresca va consumata entro 48 ore dalla produzione, mentre quella appassita va tenuta circa 10 giorni ambiente in luogo fresco e ventilato.
A pasta bianca, consistenza soda ed elastica e al taglio mostra una struttura composta da numerosi strati.
in cucina è ideale servita con verdure, insalata e pomodori oppure come ingrediente nella preparazione di pizze focacce panzerotti, calzoni e timballi; gustosa anche cotta sulla fiamma di un falò.
 
TRADIZIONI ed EVENTI

(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)

Fiera dell'Epifania (5 gennaio)
È la più grande fiera abruzzese di questo tipo e si tiene il 5 gennaio di ogni anno, vigilia dell'Epifania, nel centro storico dell'Aquila

Festa delle Malelingue (21 gennaio)
Il giorno di Sant'Agnese vengono festeggiate le Malelingue, ovvero i pettegolezzi. 
Si tratta di una tradizione pressoché unica nel suo genere e radicatissima in città, le cui origini storiche sono ancora oggetto di studio

Processione del Cristo Morto (Venerdì Santo)
Tradizione comune a molte città italiane, la processione del Venerdì Santo aquilana è stata istituita nel 1506 e attraversa il centro storico partendo dalla basilica di San Bernardino.

Lampada della fraternità (20 maggio)
Cerimonia che commemora la scomparsa di San Bernardino da Siena, morto proprio all'Aquila il 20 maggio 1444.
Dal 1958 ogni anno, il 20 maggio, una scuola dalla diocesi di Siena porta in dono l'olio per tenere accesa la lanterna tutto l'anno

Perdonanza Celestiniana (23-29 agosto)
È la principale ricorrenza aquilana e il primo e unico giubileo annuale della storia. 
Si tratta di una manifestazione a carattere storico e religioso che ha il suo culmine con l'apertura della Porta Santa della basilica di Collemaggio il 28 agosto di ogni anno, come previsto da San Pietro Celestino in un'apposita bolla pontificia; la Porta rimane aperta per un giorno intero, fino al tramonto del 29, e il passaggio sotto di essa produce il perdono da tutti i peccati. 
La ricorrenza è corredata da numerose altre manifestazioni, per lo più di carattere storico, che si svolgono durante tutta la settimana


Aperitivo di Natale - Via castello (Centro storico)
Dicembre 10:00-16:00. 
Oltre 6000 presenze da tutta Italia, per festeggiare il natale in amicizia.
 
RAGGIUNGERE L'Aquila

In AUTOMOBILE

L'Aquila è collegata alla rete autostradale tramite l'A24 Roma-Teramo che consente un collegamento diretto con la capitale (ad ovest) e il mare Adriatico (ad est); nel territorio comunale sono presenti 3 uscite: L'Aquila ovest, L'Aquila est e Assergi con quest'ultima situata nei pressi della stazione sciistica di Campo Imperatore.



Dista 100 km rispettivamente sia da Roma che da Pescara


In AUTOBUS 

L’Aquila è servita da numerose linee regionali ed interregionali gestite dalle Autolinee Regionali Pubbliche Abruzzesi (TUA Trasporti Unici Abruzzesi); i collegamenti principali, con corse ogni ora, sono da e verso Avezzano, Chieti, Giulianova, Pescara, Roma, Sulmona e Teramo. 
Per quanto riguarda la capitale, la stazione di partenza è quella di Tiburtina mentre all'Aquila la principale stazione è il Terminal Lorenzo Natali, situato nella vallata di Collemaggio, nei pressi dell'omonima basilica; il Terminal è dotato di un parcheggio sotterraneo, di una piccola galleria commerciale e di un collegamento meccanizzato con piazza del Duomo.
Altre fermate cittadine importanti sono situate nei pressi di piazza d'Armi, nella zona occidentale della città, e nei pressi del Cimitero monumentale, nella zona orientale della città.

In TRENO

La città è attraversata dalla linea ferroviaria Terni-Sulmona, a binario unico e non elettrificata, che costituisce il collegamento tra la linea Roma-Ancona e la linea Roma-Pescara. 
Per le sue caratteristiche, la linea non è adatta a viaggi da e verso le grandi città ma è utilizzabile, soprattutto a fini turistici, per raggiungere i centri della valle Subequana e della Valle Peligna.




La stazione cittadina principale è situata a ridosso della cerchia sud-occidentale delle mura dell'Aquila, nei pressi della zona della Rivera e della fontana delle 99 cannelle. 
Altre 2 stazioni minori sono situate nelle frazioni di Paganica e Sassa Scalo.


L'Aquila è anche collegata a Terni, con una ferrovia a binario unico, molto particolare, nel passato aveva i caselli presenziati, segnali ad ala di prima e seconda categoria e il deviatore in bicicletta che correva a girare gli scambi.
La prima parte del video, a causa dell'impossibilità di raggiungere la cabina prima della partenza, è puntata verso il basso fino a Marmore.








Un Taccuino d'Artista, triste omaggio e ricordo, dedicato a L'Aquila, raccontata con fotografie riprese nel 2009, a cinque mesi e ad un anno dal disastroso terremoto. Una passeggiata tra le rovine, fatta di parole e immagini. 366 pagine contenenti un racconto di emozioni, concretizzate in 336 immagini speculari tra fotografie in bianco e nero e fotoacquerelli, accompagnate da un diario di visita, testi di scrittori, completata con informazioni utili. 

Pubblicato: 10 Novembre 2016
Pagine: 368
Copertina: Morbida con rilegatura termica
Dimensioni: larghezza 21,59 cm x altezza 21,59 cm
Peso: 1,04 kg
Interno: colore
Lingua: Italiano
ISBN: 9781326853181

Prezzo: € 100,00 (IVA esclusa) (acquista)
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Whatsapp: +39 348.2249595


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