Barbarano Romano è un Comune della provincia di Viterbo nel Lazio.
Borgo a forma di triangolo allungato, e disteso su un cuneo limitato sui lati maggiori dalla Gola del Fosso Biedano e di un suo affluente, e difeso, nel lato di ingresso, da pittoresche Mura di fortificazione con il Torrione di Porta Romana, dotato, di un orologio, dal quale si accede al Borgo.
Il paese consta di un primo nucleo risalente probabilmente al X secolo (900), cui si aggiungono vari edifici, dal XIII (1200) al XVII (1600).
Attualmente costituisce un esempio di Borgo Medievale a spina di pesce, con una strada principale centrale fiancheggiata da 2 parallele secondarie, allungato sul cuneo fra due gole e chiuso, nell'unico tratto non difeso naturalmente, da mura con torri quadrilatere a gola aperta databili al secolo XIV (1300), ulteriormente foderate da una cinta muraria verso la fine del XV secolo (1400) con l'aggiunta di torri circolari.
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)
Borgo del Viterbese, accogliente, cordiale, ospitale, arroccato stretto su un’isola di tufo emerge Medievale, isolato in un territorio che unisce alla grande varietà paesaggistica e faunistica, siti di interesse storico ed archeologico.
Misterioso, antico, sospeso nel silenzio, circondato da boschi e fertili terreni vulcanici, dalle forre risalgono gli effluvi delle presenze etrusche.
Immerso nel Parco Marturanum, sintesi storica ed ambientale, in un’unica area dialogano ambienti stratificati integrati, naturali ed antropizzati: Archeologia, Necropoli, Monumenti Funerari Etruschi ed Urbanistica Medievale.
ORIGINE del NOME
(Toponomastica)
Barbarano fino al Regio Decreto del 1 settembre 1872 n. 993 (DETI «Dizionario degli Etnici e dei Toponimi Italiani»), assunse l’attributo di Romano, perché appartenente alla Provincia di Roma (benché appartenente a Viterbo come Diocesi), finché non fu costituita la Provincia Viterbese (1927).
Menzionato in RDLatium [«Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII (1200) e XIV (1300), Lazio»] anni 1274-1280 «de Barbarano», in anni 1295-1298 «Archipresbiter de Barberano», in anni 1331-1333 «de Barbarano», il toponimo è una formazione prediale [dal latino medievale “praedialis”, derivato del latino “praedium” - nel linguaggio giuridico e letterario, che riguarda i terreni, relativo a fondi rustici] dal personale latino “Barbarius” (confrontare “Barbarus” assai comune nella Gallia Transpadana anche come cognomen) con il suffisso -anus ad indicare appartenenza.
TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)
Centro Agricolo sito sulle propaggini del Distretto Vulcanico Cimino-Vicano (Monti Cimini), posto su un ripiano tufaceo a forma di cuneo, delimitato dalla confluenza di 2 brevi affluenti del Torrente Biedano.
Il Paese consta di un primo nucleo risalente probabilmente al 900, cui si aggiungono vari edifici, dal 1200 al 1600.
Attualmente costituisce un esempio di Borgo Medievale a spina di pesce, con una strada principale centrale fiancheggiata da 2 parallele secondarie, allungato sul cuneo fra 2 Gole e chiuso, nell’unico tratto non difeso naturalmente, da Mura con Torri quadrilatere a gola aperta databili al 1300, ulteriormente foderate da una cinta muraria verso la fine del 1400 con l’aggiunta di Torri circolari.
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MURA CITTADINE. Barbarano ha avuto, nel corso dei secoli, 2 cinte murarie distinte.
Della più antica restano poche tracce, soprattutto per i crolli degli anni 1930, che hanno portato alla scomparsa della Porta Merlata d’Ognissanti e della Torre detta di Re Desiderio.
Della cinta più esterna restano ancora importanti tratti, in cui è inserito il Torrione di Porta Romana, dotato, dal 1863, di un Orologio.
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Per la porta aperta nel Torrione, l’unica che dà accesso al Borgo, cilindrico rastremato verso l’alto e sormontato da orologio, si entra nella Via Vittorio Emanuele II spina centrale che attraversa tutto l’abitato, di aspetto ancora medievale, e va a sboccare in piazza Guglielmo Marconi.
Vi sorge il Settecentesco Municipio, che ha ospitato il Museo Civico Archeologico, fino alla metà degli anni 1990, quando è stato trasferito presso l’ex Chiesa di Sant’Angelo(vedi più sotto), sorta alla fine del 1200, fu rifatto nel 1400 e, successivamente, più volte ristrutturato, ad unica navata a soffitto a capriate.
Antico isolato, che in origine comprendeva anche un Cimitero, è affiancata dall’ex Casa Canonica, sede del Parroco, la cui facciata forma un tutt’uno con quella della Chiesa.
Continuando lungo la Via Vittorio Emanuele II, si arriva nella Piazza su cui prospettano:
Palazzo Comunale. Sorge nell’area denominata Castello, circondata da una Cinta Muraria, la più antica di quelle di Barbarano, sui cui resti è in parte edificato il Municipio.
Nel 1930 un’antica Torre Medievale, con parte delle Mura e del Palazzo Priorale, crollarono rovinosamente.
Chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta. Chiesa Parrocchiale, già esistente sul finire dell’anno 1000, è stata ricostruita e rimaneggiata più volte, soprattutto nel corso del 1700.
Alla facciata della Chiesa, in stile povero su cui si aprono una piccola porta e una finestra, è appoggiato il basso e tozzo Campanile sul quale, a sua volta, poggia il Comune.
All’interno vi sono pregevoli opere d’arte, tra cui un affresco della “Madonna che allatta Gesù con i Santi Giovanni e Antonio Abate” (1300).
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In una teca è conservata la Reliquia di Santa Barbara (una tibia), protettrice di Barbarano, la cui Festa con processione, si svolge il 4 dicembre di ogni anno.
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Raggiunta l’estremità del triangolo su cui sorge la Cittadina, si può ammirare la suggestiva visione della profonda Gola che il Fosso Biedano ha scavato nel tufo, nelle pareti e coperto da bosco nel fondo e sui piani soprastanti.
Nel 1984 è stato costituito nel territorio di Barbarano Romano il «Parco Suburbano Marturanum», che unisce alla grande varietà paesaggistica e faunistica, siti di interesse storico ed archeologico.
ESCURSIONI E SITI ARCHEOLOGICI
Prima di entrare nel centro abitato in cima alla rupe, buttandosi giù lungo la stradina che conduce al fondo della forra, si gira intorno al perimetro della rupe, raggiungendo anche la Fonte Pisciarello.
Intorno a Barbarano sono stati effettuati numerosi Scavi Archeologici, persino dal Re Gustavo di Svezia, appassionato di Archeologia che, per svariati anni fu ospite.
PARCO SUBURBANO MARTURANUM è l’area protetta, istituita con la Legge Regionale n.41 del 17 luglio 1984, comprendente su una superficie di 1.220 ettari, la zona collinare ai margini Nord-Orientali del rilievo Tolfetano (appartenente ai Monti della Tolfa, che arrivano al mare).
Il territorio del Parco è caratterizzato da 2 situazioni ambientali: la «Forra», Valle Fluviale profondamente incisa nei duri banconi tufacei, dall’azione erosiva delle acque del torrente Biedano e dei suoi affluenti; ed il Rilievo Collinare, in gran parte costituito da terreni calcareo-marnoso-arenacei, conosciuto come «Quarto».
Il Patrimonio Naturale è arricchito dalle testimonianze Archeologiche della Necropoli Rupestre Etrusca presso la Rupe di San Giuliano, una delle più importanti dell’Etruria nella quale alcuni studiosi hanno identificato l’Antica Marturanum.
Il territorio è stato modellato dall’Attività Vulcanica Vicana(del Vulcano Vicano che si trovava nei pressi del Lago di Vico), le quali colate ignimbritiche [un deposito ignimbritico tipico ha una struttura stratificata che si produce in un singolo episodio eruttivo; in esso si possono evidenziare 3 livelli partendo dal basso: un sottile strato basale, uno strato principale, un sottile strato superiore di ceneri fini e ben stratificate; l’Ignimbrite è una roccia piroclastica compatta; il termine ignimbrite significa pioggia di fuoco, (dal latino, ignis (fuoco) e imber (pioggia)], circa 155.000 anni fa, hanno depositato il tipico “tufo rosso a scorie nere”, sul preesistente Flysch [in geologia, originariamente particolare formazione sedimentaria delle Alpi Svizzere costituita da argille scistose scure, arenarie a grana minuta e lenti o banchi calcarei; da un punto di vista tettonico i Flysch sono considerati dei depositi orogenici che si accumulano in bacini interni ad un orogeno in via di sollevamento ed in una fase precedente a quella che porta alla definitiva emersione della catena; sedimenti in facies di Flysch sono diffusi in Italia in moltissime zone della Catena Appenninica].
L’area è pertanto caratterizzata da grandi Valloni Tufacei, ricoperti di fitta vegetazione, ove scorrono 2 principali corsi d’acqua: il Fiume Biedano e il Fiume Vesca.
A testimonianza del recente Vulcanismo, sono altresì presenti Sorgenti Termali Mineralizzate, abbondanti in ferro.
Il Parco ospita rilevanti testimonianze archeologiche che coprono un arco temporale che va dall’Età del Bronzo all’Epoca Romana.
Notevoli i Corredi del Periodo Villanoviano (prima Età del Ferro, 900 - prima metà 800 a.C.), la fase Protostorica del Popolo Etrusco.
Età Orientalizzante: 800-700 a.C. questa età prende il nome dalla produzione artistica etrusca d’ispirazione orientale (Egitto, Siria, Assiria, Cipro, Regni di Urartu, area Fenicio-Punica), nel Parco ne sono un esempio i Tumuli Funerari circolari, d’ispirazione Ceretana, detti «della Cuccumella», «del Caiolo», «del Tesoro» e «Cima».
Periodo Arcaico: 600-500 a.C. questo è il periodo di maggior fioritura della Civiltà Etrusca, caratterizzato da importanti progressi economici e politici che consentirono il diffondersi di maggiore prosperità.
A quest’epoca risalgono le Tombe a dado e semidado, tra le quali: la Tomba Rosi, la Tomba dei Letti, la Tomba della Regina.
Si differenziamo invece, sotto il profilo architettonico, le Tombe “a portico” e quelle “a palazzina”.
Età Ellenistica: 400-200 a.C. dopo una generale crisi dell’Etruria Tirrenica, conseguente alle sconfitte navali subite contro i Siracusani, si assiste ad una ripresa: le tensioni sociali tra il Ceto Servile dei Lautni e quello della Classe Privilegiata, spinse quest’ultima a ritirarsi nell’entroterra.
Ne conseguì nuova linfa in favore degli abitanti più umili, testimoniata dalla ricchezza di alcuni corredi funerari appartenenti a folti Gruppi Familiari, tra tutti spiccano quello della Tomba del Cervo, caratterizzata dalla grande camera a semi-dado, e delle Tombe Thanzinas, destinate ad ospitare decine di Sarcofagi appartenenti alla stessa famiglia.
La Conquista Romana ed il Medioevo. Con la conquista di Veio, avvenuta ad opera dei Romani nel 396 a.C., ha inizio l’inesorabile declino della Civiltà Etrusca e, in cerca di rifugio, gli abitanti di questi luoghi, si arroccano sull’altura di San Giuliano, ove si possono osservare alte Mura difensive in tufo.
I Romani dopo la conquista provvidero all’ampliamento e alla modernizzazione dei sentieri Etruschi, in particolare nel Parco si trovano i resti della Via Clodia, indispensabile via di collegamento tra Roma e l’Etruria.
Il Pianoro di San Giuliano seguita ad essere abitato in Epoca Medievale, sino all’anno 1000, quando il sito viene abbandonato in favore dell’odierna Barbarano.
SAN GIULIANO 2 km a Nord-Est del moderno abitato di Barbarano Romano, sul Colle di San Giuliano, sorgeva l’importante centro Etrusco conosciuto ora con il nome moderno di SAN GIULIANO, di cui oggi non rimane quasi nulla, tanto che il suo stesso nome è incerto e potrebbe trattarsi di «Cortuosa», citata da Livio insieme a «Contenebra» (San Giovenale) come Avamposto Fortificato del territorio Tarquiniense, conquistato dai Romani, forse nel 338 a.C..
San Giuliano è la prima grande Città Fortificata che si incontra al valico tra i Monti Cimini e Sabatini sulla via d’accesso verso il territorio Nord-Orientale di Tarquinia, con la quale ebbe contatti culturali; questa ipotesi è avvalorata dal tipo di Vasi rinvenuti in alcune Tombe del 400 a.C..
Il Centro Etrusco, collocato in una posizione suggerita da esigenze strategiche, sorgeva su di un Pianoro isolato e delimitato da 3 Corsi d’acqua: Fosso di San Giuliano a Nord, Fosso della Chiusa a Sud e Fosso Biedano, formato dalla confluenza dei 2 precedenti, ad Ovest, e di forma grossolanamente rettangolare.
Dell’abitato non rimangono che degli avanzi di Mura, sia Medievali che Etrusche, oltre ad un Fossato di Epoca Etrusca che delimita e difende la parte Orientale della Città (la Rocca o Acropoli); sono inoltre presenti resti delle comuni Opere di Drenaggio (Condutture d’acqua, Pozzi, Cisterne, eccetera).
LE ORIGINI DEL CENTRO Grandiosi, invece, sono i resti delle Necropoli, disposte lungo tutte le Vallate formate dai Corsi d’acqua che confluiscono nei 2 Torrenti principali.
Una fiorente attività Arcaica e Villanoviana recente, stanno a testimoniare L’Antichità del Centro, che dovette avere il periodo di maggiore fioritura intorno al 600 a.C., con testimonianze che indicano una stretta assonanza con la Cultura Cerite [di Cerveteri, cittadina etrusca posta sulla costa].
A partire dal 500 a.C., ha inizio la crisi, che d’altra parte investì tutto il settore dell’Etruria Meridionale, che fu aggravata dalla scomparsa di Veio e dal declino economico e culturale di Caere.
Ne fanno fede le rare, anche se pur sempre interessanti, testimonianze di epoca ellenistica della zona.
In Età Romana, la Città venne assegnata al Municipio di Blera; di questo periodo si trova testimonianza in una grande Cisterna intonacata ed interrata ed in una iscrizione Latina del 100 a.C., incisa su di un Cippo.
Tracce di sopravvivenza in Epoca Medievale sono: la Grotta dipinta dedicata a San Simone e la piccola Chiesa di San Giuliano, costruita utilizzando numerosi frammenti architettonici e scultorei di Età Romana.
In epoca imprecisata, i pochi abitanti dell’Antica Città si spostarono nel sito di Barbarano, dove si trovava una piccola Comunità ben difesa dalle rupi strapiombanti.
Tracce di questo Centro si possono trovare in un documento del 1188, quando era già di proprietà del Comune di Roma, in possesso del quale rimase giuridicamente, come Feudo, fino all’inizio del 1800.
NECROPOLI DI SAN GIULIANO, che in Epoca Etrusca circondava l’altura omonima, sede di un Abitato risalente ad Età Preistorica.
La Necropoli Etrusca, che sorge all’interno del Parco Regionale Marturanum, è molto estesa, e presenta differenti tipologie di Tombe Etrusche.
Secondo gli Archeologi, nessuna Necropoli Etrusca conosciuta, presenta una varietà e ricchezza di tipi sepolcrali come San Giuliano.
Sorge sui fianchi di una Rupe Tufacea occupata da un insediamento stabile già durante l’Età del Bronzo; ma è durante il 600 a.C. che la Città di Marturanum conobbe il massimo splendore, favorita dalla posizione naturalmente fortificata sulla via che da Cerveteri conduceva ad Orvieto, fino a diventare l’avamposto della potente Tarquinia verso Roma.
Le Tombe sono prevalentemente di Età Arcaica (600 - inizi 500 a.C.) con Tumuli [tumulo, copertura conica di terra che sorgeva sulle tombe a camera di molti popoli dell’antichità, particolarmente degli Etruschi, assumendo talvolta caratteri fastosamente monumentali] anche più antichi, di tipo Cerretano, databili al 700 a.C.; si trovano tuttavia anche Sepolcri del 400-300 a.C..
Complessivamente, si tratta di Tumuli, di Tombe a Dado, a Tetto Displuviato, a Portico, ad Ipogeo, a Fossa ed a Nicchia, mentre non mancano, per la fase più Arcaica, Sepolcreti di Età Villanoviana, con biconici databili intorno alla fine del 900 ed 800 a.C..
Si può pertanto affermare con certezza che la varietà è la ricchezza di forme di Sepolcri di San Giuliano possono essere presi ad esempio per lo studio dell’Architettura Funeraria Etrusca.
La VISITA, seguendo la moderna strada asfaltata, prende l’avvio dalla parte Occidentale della Necropoli («Chiusa Cima») dove si trova la «Tomba Rosi» (prima metà 600 a.C.), un Dado costruito in parte a blocchi, il cui interno è costituito da una grande Camera trasversa all’asse, sulla cui parete di fondo, si aprono 3 Camere che prendono luce da piccole finestre, oltre che dalla porta, formando un complesso architettonico di tipo chiaramente Cerretano.
Proseguendo verso Est, si trova la «Tomba Costa», con struttura a semiDado, con Camera centrale dal soffitto a rilievo, 2 camere che si aprono sulle pareti laterali, ed una finta porta sulla parete di fondo.
*TOMBA CIMA Sempre nella Necropoli «Chiusa Cima», lontano dalle Tombe a Dado, è il grandioso Tumulo detto «Tomba Cima», il più importante monumento della Necropoli di San Giuliano, che, sorto per contenere una Tomba Orientalizzante della seconda metà del 700 a.C., diede successivamente asilo anche ad altri Sepolcri a Camera di epoca successiva.
La Tomba consiste in un grande Dromos, sul cui fondo si apre un Vestibolo di forma quadrangolare, col soffitto di chiara imitazione lignea.
Lateralmente si aprono 2 Camere.
Passando nel Vestibolo, si accede alla Camera Sepolcrale principale, ornata da 2 coppie di pilastri ed in cui si trova un Letto Funebre maschile; in essa si aprono lateralmente e 2 Camere, a loro volta collegate con quelle che si aprono nel Dromos.
Di queste, è di grande interesse architettonico quella di sinistra, divisa in 3 settori nel senso della lunghezza, da 2 coppie di paraste con scanalature verticali.
Il Soffitto, anche se diviso in 3 parti, è a rilievo, pure con motivi ad imitazione lignea, mentre sul Pavimento, al centro della stanza, sporge un piedistallo rettangolare, resto di una base, forse utilizzata come luogo di deposizione di oggetti preziosi, o di Urne Cinerarie dei personaggi più importanti.
Tracce di pittura con colorazioni rosse e nere si osservano lungo le pareti ed intorno alle Porte delle Camere.
Lo scavo ed il restauro, assai ardui, sono stati realizzati dalla Soprintendenza dal 1970 al 1972.
POGGIO DEL CAIOLO Alla base del Poggio del Caiolo, si trova la Tomba dei Cervo (400-300 a.C.), unica vera Tomba a Dado della Necropoli, che prende il nome da un rilievo ricavato sulla parete sinistra della gradinata esterna del dado, raffigurante un Cervo affrontato da un Lupo o da un Cane, che è stata scelta dal Parco come logo stilizzato dell’area protetta.
A breve distanza si trova la Grotta della Regina, semiDado alto 10 m e largo 14,1 m, con all’interno 2 Camere Sepolcrali nelle quali si trovano Letti Funebri che, per alcuni particolari, permettono di datare il monumento al 500 a.C..
Proseguendo il sentiero, si incontrano le Tombe «a Portico», che, al di sopra della facciata, hanno un vano aperto anteriormente e, dall’interno, il soffitto sostenuto da un’unica colonna centrale.
Delle colonne, tutte scomparse, rimangono solo tracce delle basi e dei capitelli; continuando poi nella stessa direzione, immerso nella vegetazione, si trova il Complesso Sepolcrale detto delle «Palazzine».
Si tratta di 2 grandi semiDadi con 2 o 3 Porte di accesso a Camere Sepolcrali.
In una Valletta, sempre a Nord dell’Abitato, si trovano in alto 3 Tombe, le «Thansinas», testimonianza della fase finale della Necropoli, il cui nome deriva dall’iscrizione che ricorda il proprietario, «Avle Thansinas», certamente membro di una potente famiglia locale del Periodo Ellenistico.
Sul Pianoro del Gaiolo, si trovano i resti di numerosi Tumuli databili in Età Orientalizzante ed Arcaica, fra la fine del 700 ed il 600 a.C.; tra essi, più notevole è la «Cuccumella» di Caiolo, interamente costruito a blocchi ed oggi quasi interamente crollato; ha 2 Camere in asse tra loro con volta a sezione ogivale ed è databile alla fine del 700 a.C. (Periodo Orientalizzante).
Nelle vicinanze, è visibile la Tomba volgarmente detta «dei Carri», in quanto, all’interno, sono stati trovati resti di essi a corredo di una deposizione maschile, segno evidente di distinzione sociale nell’ambito della Comunità.
Altro interessante monumento della zona è il Tumulo del Caiolo, grande sepolcro con l’interno costituito da una Camera, preceduta da un Vestibolo, dal quale è separata per mezzo di 2 pilastri.
Databile al 600 a.C., è, con la Tomba Cima e la Cuccumella del Caiolo, il testimone più valido di un filone architettonico che parte da Cerveteri e si inoltra verso l’Etruria interna per raggiungere poi quella Settentrionale.
AREA ARCHEOLOGICA DI SAN GIOVENALE Superato il bivio per Barbarano Romano, si lascia a destra, a km 11, la strada per Monte Romano (km 12.5), e si prosegue verso Sud; a km 15 si imbocca, a destra, una disagevole carreggiabile che, in poco più di un chilometro, conduce alla Zona Archeologica di San Giovenale.
Qui, una Campagna di Scavi, finanziata dal Governo Svedese, ha riportato alla luce i resti di un Villaggio della Civiltà Appenninica (anteriore al 100 a.C.), di Capanne dell’Età del Ferro (800 a.C.) e di una Città Etrusca (600 a.C.); intorno si estende la Necropoli con Tombe a Camera scavate nel tufo.
CIVITELLA CESI Continuando invece dritti, in direzione Sud, si raggiunge, km 17,5, il piccolo, suggestivo Villaggio (m 190) presso il Torrente Vesca.
Vi sorge un Castello appartenuto nel 1300 agli Anguillara, acquistato nel 1554 dal Cardinale Federico Cesi, che lo restaurò, ed oggi, di proprietà dei Torlonia.
Nei pressi, sulla strada in direzione di Blera, nell’interno, a poche centinaia di metri a sinistra, una Campagna di Scavi, finanziata dall’Istituto Svedese di Studi Classici in Roma, in collaborazione con la Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale, ha riportato alla luce un Centro Etrusco forse da identificare con «Contenebra», uno dei piccoli Centri Fortificati, quasi degli Oppida [i Latini chiamavano Oppidum una città fortificata priva di un confine sacro, proprio invece dell’Urbe], di tutta dipendenza nei confronti delle grandi Comunità Costiere che, in questo caso, dovrebbe identificarsi in quella Cerite (di Cerveteri) che, per il suo entroterra piuttosto vasto, doveva comprendere, oltre San Giovenale, Luni sul Mignone, San Giuliano, Blera, Norchia.
La collocazione del centro, è quella consueta a quasi tutti gli Abitati Etruschi: un Pianoro delimitato per 3 quarti dai Torrenti Vesca, Pietrisco e dall’anonimo Fosso che lo divide dall’opposto Colle del Porzarago.
Il consueto profondo Fosso artificiale di difesa, divideva il Pianoro in 2 parti, isolando, in forma più completa, la parte Ovest, ove i ripidi ciglioni che lo contornavano, rendevano il settore imprendibile.
La fase più antica della Cittadina risale all’Età del Bronzo, con Capanne ovali e con materiale appenninico; segue un'interessante fase Villanoviana (900-800 a.C.), con Capanne di grandi proporzioni, a forma lenticolare (m 11×6), delle quali rimangono i fori dei pali di sostegno del tetto e delle pareti periferiche, nonché di altri più piccoli, utilizzati per dividere la parte interna in più ambienti.
Nel corso del 700 a.C., alle Capanne si sostituirono Case Etrusche con fondazioni ben conservate, che probabilmente avevano ancora l’elevato a forma di Capanna Ogivale, come quella simile alla Tomba Ceretana della Capanna con 2 Camere sull’asse e con la medesima banchina a ciottoli fluviali, anticipatrice di quelli che saranno i Letti Funebri e le banchine della fine del 700-600-500 a.C..
Altre Case, che vanno dal 700 al 400 a.C., sono ad Ovest del Fossato, ad una quota più bassa, sotto il Castello Medievale, aldilà delle Mura Etrusche del 500-400 a.C., e formano un complesso, oggi comunemente chiamato Borgo, in cui, le Mura di fondazione in blocchi di tufo, sono conservate per un’altezza di più di 1 metro.
Le Case, divise da stretti Vicoli, sono composte per lo più di 2 Stanze e vi sono stati riconosciuti ambienti usati come magazzini con grandi recipienti di terracotta, «Pithoi» [il Pithos (plurale pithoi) è un’antica parola greca (πίθος, πίθοι) che significa grande giara per immagazzinamento avente una forma caratteristica].
Nella Necropoli di Casale Vignale, di lato al Borgo, sono visibili 2 grandi Tumuli ed altri più piccoli (fine 700-600 a.C.), una Via Sepolcrale con Tombe rupestri Ellenistiche, affiancata anche da Tombe a Fossa, ed una Piazzetta Funeraria con Tombe a Dado del 600 a.C., tra cui, quella a sinistra, conserva al suo interno anche una sedia ricavata nel tufo.
PICCOLE NECROPOLI Un Ponte di legno porta sulla Rocca tufacea di San Giuliano dove, sul Pianoro, nell’Alto Medioevo, fu costruita la Chiesetta di San Giovenale, anch’essa in tufo, oltrepassando la quale si giunge ad un punto panoramico affacciato sul sottostante vallone; e, intorno al 1200, il Castello posto a guardia della strada che già aveva dato ragione d’essere al Centro Etrusco.
Attorno all’Abitato, si dispongono altre Necropoli, come al solito, sulle pendici circostanti.
A Nord, in località Porzarago, sono stati scavati 13 Tumuli, disposti a semicerchio, e con l’ingresso rivolto verso il ciglione che sovrasta il Torrente anonimo, affluente del Vesca.
Le Camere Sepolcrali sono di tipo Cerretano e Tarquiniese ipetralì [ipètro (o ipetrale) aggettivo (dal Greco ὕπαιϑρος «a cielo scoperto», composto da ὑπό «sotto» e αἴϑρα «cielo sereno») - nel linguaggio degli Archeologi, detto dell’edificio Greco, in particolare del tempio, privo di copertura nella parte centrale (in contrapposizione a cleitrale)] e a soffitto ligneo).
Altre Tombe, ad Ovest, a Grotte Tufarina, a Sud, altra piccola Necropoli, quella di Castellina-Camerata (3 Tombe scoperte) ed infine, ad Ovest del Borgo, una piccola Necropoli Rupestre.
LUOGHI DELLA CULTURA
(Musei - Biblioteche - Musica)
MUSEO DELLA TUSCIA RUPESTRE “Francesco Spallone” Il Centro Visite del Parco si trova a Barbarano Romano in Via IV Novembre, dove è anche la Sede del Museo della Tuscia Rupestre (www.tusciarupestre.eu), un museo diffuso, dedicato alle grandiose Necropoli Etrusche, i Borghi Medievali, le Antiche Rocche, le Forre, della straordinaria Biodiversità.
La struttura fornisce Informazioni e Documentazione sul Patrimonio Storico, Archeologico e Naturalistico del territorio.
L’Esposizione è articolata in Sezioni dedicate a: Geologia, Bosco, Archeologia, Etnografia.
Vi sono ricostruite: una Forra con alcuni degli animali che la popolano ed una Tomba Etrusca a camera.
MUSEO DELLE NECROPOLI RUPESTRI Situato nei locali del complesso storico dell’ex Chiesa di Sant’Angelo, vi sono esposti moltissimi reperti ritrovati nelle Necropoli Rupestri del territorio di Barbarano Romano nel corso degli Scavi Archeologici iniziati negli anni 1960 dal Re Gustavo di Svezia e proseguiti dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale.
All’INTERNO del MUSEO sono esposti reperti che vanno dall’Età Neolitica a quella del Bronzo e del Ferro, proseguendo con l’Epoca Villanoviana (1000-800 a.C.), per a arrivare alla Cultura Etrusca.
Appartengono al Patrimonio Museale un gruppo diSculture, fra cui, di eccezionale interesse un Cippo di tufo funerario a forma di Obelisco, alto metri 2,8, su una base sagomata che sembra avere stretta attinenza con le 2 file parallele di bassi pilastri a forma piramidale rinvenuti all’esterno della Tomba Cima, durante gli scavi condotti nel 1972, dalla Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale.
Vi si trova anche una Collezione di riproduzioni di parti anatomiche usate come ex voto.
Di ottima fattura sono anche 3 Sarcofagi in tufo, di uno dei quali è stato rinvenuto il solo coperchio; in uno di essi è rappresentata una figura maschile distesa, che stringe in una mano un pugnale collocato all’altezza del petto.
Un altro detto della «Sacerdotessa» perché vi è raffigurata una figura femminile con rappresentazione particolareggiata dell’abito e dell’acconciatura dei capelli e che tiene in mano uno strumento ad uso religioso, da cui il nome del sarcofago; altra particolarità dell’opera è che, accucciato al lato della sacerdotessa, c’è raffigurato un animale (un cane o, per altri, un cerbiatto) che mangia da una patera (ciotola).
Si segnalano, inoltre, una serie di Vasi Biconici Villanoviani [i Villanoviani erano un popolo di crematori: essi bruciavano il corpo del defunto e mettevano le ceneri in un vaso di argilla che veniva poi seppellito] provenienti dalle Necropoli di Sant’Antonio; numerosi Corredi provenienti dalle varie Necropoli della zona, tra i quali, il Corredo di una piccola Tomba ad Ipogeo, situata sulle pendici meridionali del Colle di San Giuliano, databile intorno alla fine del 600 a.C.: questo Corredo comprende numerosi ed interessanti oggetti tra cui una bella «Situla» a beccuccio [tipo di vaso a corpo tronco-conico stretto in basso, provvisto o meno di manico, che compare come vaso sacrale nelle Civiltà Egizia, Cretese, Etrusca ed anche Romana] con applicazioni a rilievo per l’ansa e per il beccuccio, raffiguranti una testa di Sileno [dal latino Silenus - con iniziale per lo più maiuscola, nome di esseri mitologici della Grecia antica rappresentati in forma umana, ma con orecchie, coda e talvolta anche zampe equine (differenziandosi in ciò dai satiri, che avevano invece natura caprina)] con lunga barba ed una testa di leone.
Molto interessante anche il Corredo di una tomba scavata in località San Simone, che comprende 2 «Stamnoi» [uno Stamnos (al plurale stamnoi) è un contenitore per liquidi, in argilla, creato in Grecia e prodotto dalla fine del 600 a.C. alla fine del 500, in Etruria fino al 400; ha corpo globulare, spalla larga, piede e collo bassi, con una larga apertura ed anse orizzontali all’altezza della spalla] ed una «Patera» [la Patera Etrusca era il piatto delle offerte agli Dei; realizzata generalmente in terracotta, era costituita da un disco, rappresentante il principio femminile, con un umbone (placca rilevata), simbolo del principio maschile, nel mezzo], stupendi esempi di Ceramica Argentata, databili al 300 a.C.; essi rappresentano la testimonianza dell’ultimo periodo di splendore dell’antica Città Etrusca, prima della conquista Romana.
Molto interessante anche un grande «Pithos» [vaso di terracotta, in forma di tronco di cono rovesciato, con larga bocca; il Pithos (plurale pithoi) è un’antica parola greca (πίθος, πίθοι) che significa grande giara per immagazzinamento] con l’impasto ad ingubbiatura [ingubbiatura in paletnologia, il rivestimento della superficie dei vasi per mezzo di un sottile strato di argilla finissima diluita] rossastra e decorato con motivi geometrici a vernice biancastra, recuperato in una delle Camere del grande Tumulo orientalizzante, detto Tomba Cima, e databile intorno all’ultimo quarto del 700 a.C..
Altro esempio di Scultura Funeraria Etrusca è un Leone in nenfro [roccia vulcanica molto compatta e tenace, di colore grigio o rosso bruno, piuttosto diffusa nell’area laziale, considerata di natura tufacea; è un buon materiale da costruzione e come tale fu usato dagli Etruschi per opere di scultura e architettura] a grandezza quasi naturale, trovato nell’Area Sacra antistante una Tomba Principesca.
Tutto il materiale esposto nel Museo è di proprietà dello stato e proviene da Scavi operati nelle zone circostanti Barbarano dalla Soprintendenza.
CIAK SI È GIRATO A Barbarano Romano
Abbasso Tutti, Viva Noi! di Luigi Mangini (1974), con Mara Venier e Pier Paolo Capponi.
Nel video i ragazzi si radunano per difendere il protagonista, loro amico, dalla morte
ITINERARI DEL GUSTO - PRODOTTI DEL BORGO
(In questa sezione sono riportate le notizie riguardanti prodotti agroalimentari e prodotti tipici)
I principali prodotti dell’Agricoltura sono Uva ed Olive.
Diffuso l’Allevamento Bovino i cui ottimi Prodotti Biologici (Carni, Formaggi, Miele) sono venduti a km 0.
Si possono trovare presso gli innumerevoli Boschi che circondano il territorio varietà di Funghi e Tartufi molto apprezzati.
Formaggi: nella zona di Barbarano si producono ottimi formaggi, freschi o stagionati tra cui deliziosi pecorini.
Carne: le ampie zone di verde che circondano il territorio, fanno da pascolo per bovini ed ovini, dai quali si ricava una carne di alta qualità.
Olio Extravergine di Oliva: oli extravergini di oliva, dal colore intenso e dal sapore fruttato medio, con il gusto delle olive appena spremute.
Erbe spontanee: i verdi campi della zona offrono moltissime erbe spontanee come cicoria, malva e tarassaco e tante altre.
ITINERARI DEL GUSTO - CUCINA DEL BORGO
Nella Piazzetta Sant’Angelo, in un angolo, l’ottimo ristorante «La Pacchiona», dove, a prezzi contenuti, si possono mangiare succulenti piatti locali in ambiente e atmosfera familiari.
Tipica trattoria a conduzione familiare.
Il salone, originariamente adibito a cucina del sovrastante palazzo del Monsignor Angone, conserva perfettamente integro il grande Camino Medioevale (fine 1400) ed il pavimento originale in mattoni rossi.
Il locale vanta di aver ospitato il Re Gustavo di Svezia che negli anni 1955-1963 ha contribuito fattivamente agli scavi della Necropoli Etrusca di San Giuliano.
Il bar attiguo alla trattoria completa l’offerta alla clientela.
Tipica cucina del territorio: salumi della zona come antipasto, Fettuccine rigorosamente fatte in casa e l’«Acquacotta», zuppa di verdure a base di cicoria di campo, sono tra i primi piatti più richiesti.
Quando possibile non manca la «Ribollita» Toscana (cavolo nero e fagioli cannellini) e la tipica «Giubba e Calzoni»: uno spezzatino di abbacchio e patate che deve il suo nome al fatto di essere un pranzo completo.
A richiesta la «Pezzata» tipica zuppa di pecora dalla preparazione abbastanza laboriosa.
Infine la Zuppa di Cicerchie, antichissimo legume proveniente dal Medio Oriente.
Nel camino, sulla brace, si preparano bistecche di vitellone (razza maremmana biologica allevata localmente), salsicce, braciole di maiale, pollo.
Il menù giornaliero è poi completato dall’offerta di altre carni quali: coniglio, cinghiale, scaloppine, straccetti, verdure e dolci fatti in casa: tiramisù, torta al formaggio, torta di cioccolato e mandorle, crostate.
La ricettività è di circa 50 posti (30 nel salone, 20 nella saletta attigua).
Sabato e domenica è gradita la prenotazione.
Via Vittorio Emanuele II, 37
Telefono: 0761-414633
STORIA
L’altura vulcanica su cui sorge l’abitato è stata, probabilmente, sede in Età Preistorica di un Villaggio dell’Antica Età del Bronzo, come attestano i numerosi manufatti individuati ai piedi dell’acrocoro.
Notizie di un insediamento stabile si hanno però solo con il Medioevo.
Quasi al termine della via principale, Via Vittorio Emanuele, fino al 1930 si ergeva una Torre a pianta pentagonale avanzo di una Rocca Longobarda, detta di Desiderio, l’ultimo Re Longobardo che intorno al 771 fortificava Viterbo ed i Borghi vicino per contrastare i Franchi di Carlo Magno.
Una Targa originale di marmo del 1280 - situata all’ingresso della Chiesa principale di Santa Maria Assunta - indica che la stessa fu edificata nel 1280, durante la sede vacante del Papato che seguì alla morte di Papa Nicola III Orsini.
Barbarano faceva quindi parte del Ducato Romano Longobardo che, a seguito della donazione di Liutprando del 728, era poi divenuto possesso della Chiesa nella fine del 1700.
Feudo degli Anguillara nel 1300, passò poi agli Orsini e infine ai Borgia nel 1400.
TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE
(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)
Sagra delle Lumache: i primi di settembre a Barbarano Romano, si possono degustare le lumache, ascoltando della buona musica e assaporando alcuni dei prodotti tipici del luogo.
Festa di Santa Barbara: il 4 dicembre viene celebrata la Patrona Santa Barbara, con processione della teca contenente la Reliquia della tibia della Santa e spettacolo pirotecnico.
Sagra del Pizzicotto: a fine luglio, si gusta il Pizzicotto, uno gnocco di pasta lievitata.
La manifestazione è piena di eventi, tra cui una suggestiva rievocazione storica con sbandieratori e tanta musica.
Attozzata: la manifestazione si svolge a Maggio e consiste in una Festa Campestre che si tiene nell’area attrezzata di Caiolo.
In quest’occasione si gusta la Ricotta calda, servita su Pane Casereccio di grano duro appena sfornato (da cui il nome Attozzata).
Processione del Cristo Morto: durante il periodo Pasquale, si svolge la processione del Cristo Morto.
Festa di Sant’Antonio: a metà gennaio, si festeggia Sant’ Antonio Abate, con processione e benedizione degli animali.
SANTA PATRONA
SANTA BARBARA è Martire Cristiana.
Il luogo e l’epoca in cui è vissuta, a causa delle numerose leggende sorte intorno al suo nome, non sono chiaramente identificabili, ma il suo Culto è attestato presso le Comunità Cristiane d’Oriente (Egitto, Costantinopoli) e d’Occidente (Roma, Francia), sin dal 500-600 e conobbe una grande popolarità nel Medioevo, grazie alla Legenda Aurea; rimossa dal Calendario Romano nel 1969 a causa dei dubbi sulla sua storicità, rimane una Santa molto popolare, grazie al numero dei suoi Patronati: Vigili del Fuoco, Marina Militare, Artificieri, Artiglieri, Genieri, Minatori, Architetti, ecc., che l’ha fatta inserire nel novero dei «Santi Ausiliatori».
Della vita di questa Santa, esistono varie agiografie, nessuna delle quali coeva, che presentano notevoli differenze tra loro [per agiografia (letteralmente “scrittura di cose sante”) si intende tutto il complesso delle testimonianze che costituiscono la memoria della vita di un Santo e del Culto a lui tributato: testi scritti, ma anche rappresentazioni iconografiche, epigrafi, monumenti e oggetti (quali vesti, oggetti sacri, ecc.) di vario genere comunque finalizzati alla perpetuazione del ricordo del soggetto in questione e alla promozione della venerazione nei suoi confronti]
Barbara figlia di Dioscoro o Dioscuro, uomo di Religione Pagana, che in alcune agiografie, decise di rinchiuderla in una Torre, a causa della sua grande bellezza, per proteggerla dal mondo esterno e dai pretendenti (che ella comunque respinge sistematicamente): Barbara va quindi a vedere i progetti per la costruzione della Torre e, notando che sono presenti solo 2 finestre, una a Nord ed una a Sud, ordina ai muratori di costruirne una terza, per richiamare la Trinità; prima di entrare nella torre, inoltre, si immerge 3 volte in una piscina adiacente, battezzandosi da sola.
Secondo un’altra versione, Barbara sarebbe stata segregata come punizione per la sua disobbedienza e nella Torre, la giovane sarebbe stata istruita da filosofi, oratori e poeti e, giungendo attraverso lo studio, alla conclusione che, il politeismo è una farsa; così liberata temporaneamente da suo padre, si converte al Cristianesimo; queste sono solo due delle tante.
Ad ogni modo, quando Dioscoro venne a scoprire della nuova Fede della figlia tentò di ucciderla: ma Barbara riuscendo a sfuggirgli miracolosamente, trapassando le pareti della Torre, oppure volando su una montagna (in questo caso, sarebbe stata vista volare da 2 pastori, uno dei quali la tradì rivelando a Dioscoro la sua posizione; maledetto da Barbara, egli venne trasformato in pietra, ed il suo gregge di pecore in uno sciame di locuste); riacciuffatala, suo padre la trascinò davanti a un Magistrato (o Prefetto) di nome Martiniano o Marziano.
La giovane rifiutando però di abiurare, venne torturata più volte ed in vario modo: avvolta in panni rozzi e ruvidi che le lacerarono la carne, ma Cristo, apparendole di notte, curò le sue ferite.
Allora i carnefici tentarono di ustionarla, ma le fiamme accese ai suoi fianchi si spensero quasi subito; così, le vennero tagliati i seni, poi colpita la testa con un martello, e venne fatta sfilare nuda per le strade.
Alla fine, suo padre la condusse in cima ad una montagna e la decapitò lui stesso, e insieme a lei subì il martirio un’altra giovane Cristiana, Giuliana; sceso dalla montagna, Dioscoro venne incenerito da un fulmine o da un fuoco venuto dal cielo come punizione per l’omicidio.
Barbara e Giuliana vennero seppellite da un uomo di nome Valentino, e presso la loro tomba cominciano ad avvenire guarigioni miracolose.
Di Santa Barbara, non esiste alcuna menzione nei documenti dell’antichità Cristiana, così come nella versione originale del Martirologio Geronimiano; la sua storia, inoltre, presenta notevoli somiglianze con quella di Santa Cristina, ed è probabile che l’autore della Passio di Barbara abbia copiato quella di Santa Cristina, esagerandone gli aspetti inverosimili, il che ha portato alcune fonti, anche autorevoli, a dubitare dell’esistenza stessa di questa figura.
Le varie agiografie differiscono per molti particolari, compresi tempo e luogo in cui visse Barbara; riguardo alla data del Martirio, che sarebbe avvenuto sotto un “Imperatore Massimino” o “Massimiano”, ma non è chiaro se si tratti di Massimino il Trace, Massimino Daia o Massimiano.
Per quanto concerne il luogo, invece, le fonti riportano diverse città natali, fra cui Nicomedia, Antiochia, Eliopoli in Egitto, Eliopoli di Siria e un’altra Eliopoli presso Euchaita, fino alla Toscana e Roma, diversità che testimonierebbe l’adattamento della sua leggenda ai vari luoghi in cui era venerata.
Il suo CULTO è ben attestato a partire dal 600, periodo in cui appaiono i primi Acta del suo Martirio, forse di origine Egiziana, che funsero da base per diverse agiografie, composte, nei secoli seguenti, da vari autori, quali Simeone Metafraste, Usuardo ed Adone di Vienne; esistono però anche testimonianze precedenti, di una sua venerazione, come in un Monastero a Edessa nel 300 ed una Basilica Copta al Cairo nel 600, dedicatele.
La Santa era venerata a Roma già nel 600-700, periodo a cui sono datate sue immagini nella Chiesa di Santa Maria Antiqua, ed il suo Culto è attestato in Sabina ed Umbria, prima dell’anno 1000.
Intorno all’800, Barbara era venerata pubblicamente ed ampiamente, tanto nell’Oriente, quanto nell’Occidente Cristiani, e durante il Medioevo, grazie al suo culto, si diffuse l’uso del nome proprio Barbara; tra il 1400 ed il 1500 (quando la sua storia raggiunse l’apice della popolarità in Occidente), era venerata in Germania come una delle 4 “grandi Vergini”, assieme alle Sante Dorotea, Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia.
Il suo Culto scemò progressivamente dopo il Concilio di Trento (forse, anche perché la giovane era considerata, nella storia, eccessivamente “ribelle” verso suo padre e l’autorità costituita).
Secondo alcune fonti, le RELIQUIE della Santa furono portate a Costantinopoli nel 500; da lì, nel 1100, Barbara Comnena le trasferì a Kiev, dove ora riposano nella Cattedrale di San Vladimiro.
Secondo altre fonti, invece, le Reliquie sarebbero state prelevate da Costantinopoli e portate a Venezia da Maria Argyropoula quando, verso il 1004, andò in sposa a Giovanni Orseolo; più avanti, durante il dogato di Ottone Orseolo, 2 fratelli di Giovanni, Orso e Felicita, fecero spostare le Reliquie, dalla Basilica di San Marco, dove erano custodite, al Monastero di San Giovanni Evangelista di Torcello.
Con la secolarizzazione dei Beni Ecclesiastici, voluta da Napoleone, le Reliquie furono nuovamente spostate e collocate nella Chiesa di San Martino di Burano, dove si trovano a tutt’oggi.
Negli antichi Martirologi Greci, così come nell’attuale MARTIROLOGIO Romano, la data di commemorazione di Santa Barbara è il 4 dicembre, ma va notato che tutti i Martirologi dell’800, la collocano, invece, al 16 dicembre.
La Santa è stata rimossa dal Calendario Romano generale con la riforma del 1969, per via del suo carattere leggendario, ma è ancora presente nel Martirologio romano e la continuazione del suo culto è stata permessa.
Dai vari fatti citati, appartenenti alla sua leggenda, derivano, col tempo, una quantità spropositata di PATRONATI: la prigionia nella Torre, associò la sua figura alle Torri, a tutto ciò che concerneva la loro costruzione e manutenzione e quindi al loro uso militare; da qui, il fatto di essere considerata Patrona di architetti, stradini, tagliapietre, muratori, cantonieri, campanari, nonché di torri e fortezze.
Per via della causa che provocò la morte del padre, essa venne considerata protettrice contro i fulmini ed il fuoco, e di conseguenza contro le morti causate da esplosioni o da colpi d’artiglieria; e quindi, da qui deriva il suo Patronato su numerose professioni Militari: artiglieri, artificieri, genio militare, membri della marina; e sui depositi di armi e munizioni (al punto che la polveriera viene chiamata anche «santabarbara»).
Per quanto riguarda la Marina Militare, di cui fu confermata Patrona da Pio XII con il Breve Pontificio [Breve Pontificio (o Apostolico) è un documento della Cancelleria Apostolica, redatto in forma di lettera, recante o meno la firma autografa del Papa, di minore solennità rispetto alla Bolla; è sigillata in rosso con l’impronta dell’anello Papale] del 4 dicembre 1951; la Santa fu scelta, in particolare, perché simbolo di serenità del sacrificio di fronte ad un pericolo inevitabile.
È, inoltre, Patrona di tutto ciò che riguarda il lavoro in miniera e dei Vigili del Fuoco; Patronato su artiglieri e minatori, risale almeno al 1400.
Viene invocata per scongiurare i pericoli del fulmine e della morte improvvisa e priva dei conforti sacramentali, il che l’ha fatta entrare nel novero dei «Santi Ausiliatori», un gruppo di 14 Santi, alla cui intercessione, la tradizione popolare attribuisce una particolare efficacia in determinate necessità: la devozione è attestata per la prima volta in Germania nel 1284 e si diffuse notevolmente nel corso del 1300 anche in Austria, Svizzera e varie Regioni Italiane.
Anche i racconti di miracoli operati per intercessione della Santa ne aumentarono la popolarità.
Un’ultima curiosità: è Patrona delle attività del gruppo Eni tanto da averle dedicata la grande Chiesa, costruita a Metanopoli, quartier generale del gruppo, per decisione di Enrico Mattei.
COME RAGGIUNGERE Barbarano Romano
In TRENO
Per quanto riguarda il Trasporto Ferroviario, Barbarano aveva 2 Stazioni sulla Vecchia Ferrovia che collegava Orte e Capranica a Civitavecchia: Barbarano Romano-Vejano, situata sulla Via Claudia, e Bandita di Barbarano, più centrale.
In seguito ad una frana, la ferrovia fu chiusa nel 1961 nella tratta Civitavecchia-Capranica e, nonostante una mole enorme di finanziamenti e nonostante il suo ripristino sia stato più volte annunciato, non è stata più riaperta.
Le Stazioni attive più vicine sono quindi a Oriolo e a Vetralla.
In AUTOBUS
Barbarano Romano è collegato, tramite i bus COTRALservizi.cotralspa.it/PercorsiTariffe, con Roma, Viterbo, Vetralla, Oriolo Romano, Manziana, Bracciano, Civitavecchia, Monte Romano e Tarquinia.
In AUTOMOBILE
Barbarano Romano è collegata a Monte Romano, tramite la Strada Provinciale 42 Barbaranese.
Roma > Barbarano Romano - 58,3 km
Costo Carburante - € 9.71
Tempo di percorrenza - 00 h 53′
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