Post in evidenza

Audiolibro «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco

Una raccolta di impressioni di viaggi nel cuore dei Sud  - dal 1916 al 1928 - da cui si capisce che Zanotti Bianco è stato un uomo straordinario, per cultura, sensibilità, spessore umano.
Con questo libro Zanotti Bianco rivela anche la sua straordinaria capacità narrativa che si plasma agli eventi, fa parlare gli uomini con la loro lingua. 
Introduce il vernacolo per documentare meglio il racconto, renderlo più vivido e, nel frattempo, autentico. 
Lui, uomo del nord, poliglotta, riesce a cogliere le sfumature del dialetto delle varie zone di Calabria, addirittura capisce il senso profondo del linguaggio dei segni che derivano dal portamento, dal modo di indossare e dalla qualità degli abiti, da smorfie e tratti del viso. 
Non Esprime giudizio morale. È troppo nobile il suo sentire.
La sua generosità lo spinse in Aspromonte, sul Volga, tra i profughi Armeni, ad Africo. 
Gli episodi narrati sono molteplici e tutti straordinariamente affascinanti per la carica di intelligenza che ha sempre sostenuto la sua umanità e gli ha consentito di sfaldare stratificazioni di prepotenze accumulatesi a danno degli umili. 
Il suo animo nobile sa cogliere, sotto la crosta della miseria umana e sociale, le tracce indelebili della Storia e il valore del paesaggio del Sud.

ASCOLTA i PODCAST dell’intero libro capitolo per capitolo

Il ritorno (1916)

È l’ora buia in cui i primi rialzi del terreno diventano l’orizzonte, e l’orizzonte lontano scompare nel vuoto notturno.

Accompagnando, sotto l’acqua implacabile, le truppe di ricambio sulle posizioni senza trincea, tenute nel mio plotone, raccolgo i miei pochi uomini, immobili, irriconoscibili nella melma.

Stanchi, bagnati, affamati, senza pensiero, tanto da non comprendere subito neppure il richiamo della partenza, danno il terrore di cose morte battute dalla pioggia, in attesa di una seconda morte più iniqua e crudele.

A salti, zoppicando, incespicando mi seguono muti in questa zona di crateri e di squarci, ove per di più di una settimana siamo stati bombardati senza requie e ove errano le palle del crepuscolo, vagabonde.

Una gran gioia l’idea del riposo: eppure l’ora dell’addio al nostro calvario non è priva di tristezza.

Ascolta "Il ritorno (1916) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker.

Alla stazione di Catanzaro marina (1919)

Catanzaro marina! ... E qui quanto ci toccherà attendere?

Come si viaggia nell’ignoto su questo versante jonio!

Pare Ulisse l’avventuroso v’abbia impresso il suo fato.

Abbiamo dovuto lasciare Stilo alle quattro, perché l’automobile pubblica non funzionava.

Il concessionario, un signore titolato del luogo, ha creduto bene di vendere la benzina a dei privati: il pubblico è così obbligato a misurare passo a passo i 16 chilometri di rotabile fino a Monasterace.

Ascolta "Alla stazione di Catanzaro marina (1919) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker.

Una notte sul Volga (1922)

Potesse la mia parola esprimere la desolazione senza speranza del loro silenzio!

Del silenzio di tutte quelle bocche infantili disseccate dalla fame; di quelle labbra contratte, semiaperte sul candore dei denti; di quegli occhi pallidi, senza luce, senza desiderio più, perduti sotto le palpebre immobili nell’atonia del nulla.

Ascolta "Una notte sul Volga (1922) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker.

Pazza per amore (1921-1924)

Solo, in un angolo della carrozza ferroviaria, il mio sguardo vagava dai campi violacei, da cui sorgeva evanescente la piramide dell'Etna, alle nuvole rosse che ne nascondevano la cima. 

A Bruzzano vecchia, una donna attraversava la strada ondulando lentamente ma maestosamente le anche, quasi parodiasse il passo di una grande dama. 

Il mento eretto, gli occhi chiusi fissi innanzi a sé con una mano appoggiata al fianco aveva rialzato, con vezzo d’eleganza, la gonna, mentre l'altra era intenta a trattenere, legati a tante cordicelle, quattro cagnetti bastardi. 

Sul busto infagottato in un corpetto marrone tintinnava, ad ogni passo falso, un enorme collana fatta con scatole di cera da scarpe infilate con uno spago. 

Sulla capigliatura sporca che le tendeva ai due lati della fronte in masse arruffate, era ritorta una grossa treccia su cui luccicava un pettine di falsa tartaruga. 

A piedi nudi passò silenziosa, ritmica visione di pietosa demenza, guardandomi solo un istante, senza muovere il viso, con la coda dell'occhio e scomparendo con le sue bestie dietro ai rumori. 

- Passau a mattana - mormorò una vecchia che filava accovacciata sulla soglia di una casa. 

- Chi è quella donna? - le chiesi sorpreso.

- Chi dicite, signurinu? 

- Chi è quella donna che è passata ora?

- Chidda? - Abbassò la voce con aria di mistero 

- Chidda - e si toccò la fronte con la mano tremula - avi ‘u ci riveddu (cervello) bruciato. 

- Povera criatura! ... Era di chiddi chi cantuno supra i teatri ... sapiti?... So mamma l’aviva mandata mi studia a Missina ... Eh! Figghiu beddu ... sti stori finisciunu sempri accusì. Idda si innamorau di un giovane ... fu prima du nostru terramotu ... e fici amuri cu iddu ... Avvistuvu a viriri quando veniva ccassupra comu ci cantavunu l’occhi da cuntintizza. U parrucu chi sapeva ‘a vardava bruttu ... ma quandu unu è giovini, chi s’indavi a fari du parrucu? Ah! Gesummaria! ... dopo un annu ‘a soChiddu ‘a chiantau (la piantò) e idda riusciu paccia ... (divenne pazza)

Ascolta "Pazza per amore (1921-1924) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker.

Profughi armeni (1925)

Un baraccamento lungo il lato aperto d’un cortile di fabbrica: uno di quei baraccamenti che sono diventati il simbolo squallido di grandi sventure.

In questi asili umani senza lari, tanti dolori ancora cocenti, tanti sogni che non vogliono morire, vengono intanati senza amore: e la sordida  bruttezza di queste pareti e l’orizzonte in cui si perdono, al calar della notte, occhi pieni di fantasmi, di lacrime, di implorazioni accorate.

Più di cento profughi armeni ammassati in questo “provvisorio” senza fine!

Il loro protettore, il loro poeta Hrand Nazariantz, che mi accompagna, mi mostra nei piccoli vani nudi, i nudi assiri che servono loro da letti.

Da sei mesi che sono qua, non un cuscino, non un materasso ancora: e lavorano dall’alba al tramonto!

Ascolta "Profughi armeni (1925) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker. 

Aspromonte (1927)

Mezzanotte suonava da un lontano campanile di S. Stefano quando abbandonai, con Teodoro Brenson, la nostra colonia immersa nel sonno.

Il mulattiere ci precedette a lungo, seguendo, tra i castagneti, scorciatoie invisibili e regolando il passo delle nostre cavalcature che rompevano il silenzio notturno con il tacchettìo dei loro ferri: ma allorquando, varcato il pianoro delle Gambarie, fummo ai piedi del Montalto, avviati i muli su per il più buio del bosco, s’attaccò silenziosamente alla coda di uno di essi.

Sui campi erbosi, irreali nella luce di un’esile falce di luna, egli non s’era potuto trattenere dal lanciare, solitario, al cielo, un suo melanconico canto.

Ascolta "Aspromonte (1927) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker.

Tra la perduta gente - Africo (1928)

L’automobile si fermò d’improvviso.

- È qui, signor ingegnere - disse il conducente mettendo il capo fuori del finestrino e scrutando nella notte il profondo scoscendimento che interrompeva la strada da Bova marina a Bova superiore e che la luce dei fanali rendeva più pauroso.

L’assistente del Genio Civile ch’era ad attendere il suo superiore con tre muli, immobili nella notte, si fece innanzi frettoloso.

Fatte le presentazioni, il nuovo arrivato aiutò i mulattieri a caricare sulle bestie il bagaglio: una grande tenda, una valigia e scatole di viveri e medicinali per l’asilo e l’ambulatorio di Africo.

Ascolta "Tra la perduta gente - Africo (1928) da «Tra la perduta gente» di Umberto Zanotti Bianco" su Spreaker.

L'AUTORE

Umberto Zanotti Bianco, nato a Creta nel 1889, da padre piemontese e madre inglese, è stato un archeologo, ambientalista, filantropo, antifascista, educatore e politico italiano, ha speso la sua vita al servizio dei popoli che soffrivano. 

Ha senso, oggi più che mai, ricordare questa figura di “missionario laico”, perché è stato capace di interessarsi delle miserrime condizioni degli uomini.

Accorso per dare una mano d’aiuto a Messina e Reggio Calabria per il terremoto del 1908, ha lavorato perché le condizioni umane e sociali degli ultimi del Sud potessero risollevarsi. 

Condusse un'inchiesta sulle condizioni della Calabria e instancabile, generoso, riuscì, nonostante l’avversione del regime fascista (che tra il 1910 e il 1928 gli impedì di vivere in Calabria), a creare in questa terra asili per bambini, scuole, biblioteche popolari, ecc. 

Favorì la commercializzazione dei prodotti meridionali all’estero e diede vita, con altri straordinari uomini (Gaetano Salvemini, Giuseppe Lombardo Radice, Giustino Fortunato, ecc.), all’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia. 

Fondò, tra l’altro, la società “Magna Grecia” per finanziare campagne di scavo archeologico a fianco del grande Soprintendente Paolo Orsi. 

Instancabile, indomito, fu presidente della Croce Rossa Italiana e di Italia Nostra, che contribuì a fondare.

Commenti