Altra attività presente è la Castanicoltura, con il Marrone/Castagna di Serino IGP
Furono i Monaci Benedettini di Cava de' Tirreni, fra il 1100 ed il 1200, ad intraprendere un'opera di cura e miglioramento dei Castagneti da frutto, presenti nelle loro proprietà sparse in Campania; cosicché, curando i Castagneti nella zona dei Monti Picentini, che comprendono le aree interne dell'Avellinese e del Salernitano, trasformarono questa zona, particolarmente vocata per le caratteristiche climatiche e del terreno, nella vera e propria terra d'elezione di questa coltura.
La Castagna prodotta qui, detta «Castagna di Serino» dal nome dell'omonimo Comune, è di dimensioni medio-grandi e di forma rotondeggiante, per lo più asimmetrica, il suo seme è bianco latteo polpa a pasta bianca, soda e croccante dal caratteristico sapore dolce che la rende particolarmente adatta al consumo fresco e alla produzione dei “Marron Glacée”.
Per le sue caratteristiche di pregio è classificata tra le migliori Castagne italiane, la più esportata sui mercati internazionali.
La zona di produzione del Marrone/Castagna di Serino IGP comprende il territorio dei seguenti Comuni: Serino, Solofra, Montoro, San Michele di Serino, Santa Lucia di Serino, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Chiusano San Domenico, Cesinali, Aiello del Sabato, Contrada e Forino ricadenti nella Provincia di Avellino e i Comuni di Giffoni Valle Piana, Giffoni Sei Casali, San Cipriano Picentino, Castiglione del Genovesi e Calvanico ricadenti nella Provincia di Salerno.
La superficie stimata ammonta a circa 3.600 ettari (2.400 nell'Avellinese e 1.200 nel versante Salernitano), che dà luogo ad una produzione media annua di 60 mila quintali all'anno (resa media produttiva unitaria più alta di tutto il Mezzogiorno) ed un fatturato superiore ai 5 milioni di euro.
I dati produttivi ed economici indicati però si riferiscono al periodo pre-cinipide, prima quindi che il temibile parassita falcidiasse Castagneti e prodotto esitato.
Il Marrone/Castagna di Serino IGP presenta caratteristiche qualitative di pregio che ne fanno una delle produzioni Castanicole di eccellenza a livello mondiale: facilità nella pelatura; particolari proprietà calorimetriche, tale da essere trattato dalle industrie di trasformazione, con estrema facilità anche a temperature elevate, soprattutto per la sterilizzazione, senza alterare le qualità del frutto; pezzatura grossa; assenza di settatura del frutto; ottime qualità organolettiche e dolcezza di sapore che lo rendono molto favorito dal punto di vista commerciale (Caldarroste e Marron Glacé in particolare).
Tutte qualità intrinseche raggiunte dopo secoli di buona pratica Agronomica, associata ad una dedizione assoluta da parte degli operatori locali.
A queste, si devono aggiungere altre produzioni Agroalimentari, quali Miele, Olio Extravergine di Oliva, Funghi, ed attività: Salatura e Lavorazione delle Carni Suine, che risalgono al periodo Longobardo, e l’Arte del Battiloro, in cui gli Artigiani raggiunsero una specificità propria e una particolare valentia.
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STORIA
La Conca Solofrana, per le sue caratteristiche favorevoli, fu abitata fin dalla Preistoria, più precisamente dall'Età del Bronzo, da Villaggi di Pastori Appenninici.
A testimonianza di ciò, nel 1976 sono stati trovati dei reperti presso la località Passatoia, nelle vicinanze del Torrente Rialbo, consistenti in 2 Capanni contenenti Vasi con motivi decorativi tipici della Cultura Appenninica, degli utensili in selce, delle fusarole e delle macine in basalto.
Il primo vero insediamento nella Valle, però, fu quello dei Sanniti, che si stanziarono costruendo un Villaggio in essa, di cui sono state trovate tracce di abitazioni nell'Area Pedemontana.
Il vero insediamento, però, doveva essere situato presso l’odierno Rione Toro Sottano.
A suggerire ciò è il Toponimo, infatti il Toro era un Animale Sacro ai Sanniti, in particolare ai Pentri.
Oltre all'Abitato Urbano, realizzarono una vasta Necropoli, sulla collina della Starza, (non lontano dal Rione Toro), di cui sono giunte ai nostri giorni diverse Tombe realizzate per ospitare dei Guerrieri.
La presenza di questo popolo è attestata, inoltre, da diversi Toponimi di origine naturalistica, alcuni rimandanti anche a Culti Italici.
Primo fra tutti il Toponimo Solofra, già descritto sopra, e i Toponimi Sorbo, i monti Mai, il Melito, i Volpi etc.
Dopo le Guerre Sannitiche il territorio Irpino, in particolare di Solofra, divenne parte della Repubblica Romana.
Con la Riforma Agraria dei Gracchi, molte Terre Irpine furono date ai Cittadini Romani.
In seguito, quando il Dittatore Lucio Cornelio Silla vinse nella Guerra Civile contro Mario, assegnò molte di queste terre ai Militari, fondando la Colonia «Veneria Abellinatium», che includeva anche il territorio di Solofra.
Essi si stanziarono anche nella Valle, soprattutto nella parte bassa, dove costruirono diverse Villae Rusticae, sorte nei pressi della «Via Antiqua qui vadit ad Sanctae Agathae», una Via Romana che collegava Salerno ad Avellino, passando per Castelluccia.
In totale è attestata la presenza di 14 Villae, (di cui sono stati ritrovati resti).
La Villa più importante che è stata ritrovata è quella di Tofola, di Età Imperiale, presso la Frazione di Sant'Agata.
In essa sono state ritrovate: Anfore Vinarie, Torchi e Pareti ad Opus Spicatum ed Opus Incertum.
Oltre alle Ville, i Romani costruirono una Necropoli nelle vicinanze dell'odierno Ponte di San Nicola, della quale sono state ritrovate alcune Tombe alla Cappuccina.
Con Alessandro Severo la Colonia si ampliò e portò dall'Oriente il Culto del Sol Invictus (aggiunse, inoltre, alla Colonia l'appellativo Alexandriana).
Nel territorio di Solofra, fin da questo periodo si impiantò in loco la Concia delle Pelli: molti Antichi Toponimi - Vellizzano, Campo del lontro, Scorza, Cantarelle, Burrelli - testimoniano la presenza di questa attività originariamente legata alla Pastorizia.
Un'altra attività presente al tempo dei Romani, fu quella delle Fornaci per laterizi, pavimenti e recipienti: esse trovarono naturale collocamento nell'odierna zona di Campopiano, sempre vicino alla Via Consolare, in quanto c'era, e c'è, abbondanza di acqua e argilla; infatti, questa attività è resistita fino al 1900, nello stesso luogo.
Altri Toponimi che rimandano al Periodo Romano sono: Taverna dei Pioppi, luogo di sosta lungo la Via, Sferracavallo per lo sforzo subito dai cavalli per la salita.
Dopo la caduta dell'Impero Romano, la situazione di instabilità e di pericolo per via delle Incursioni Barbariche, specialmente durante il periodo della Guerra Greco-Gotica, portò gli abitanti della fertilissima Valle a trasferirsi più a monte, in posti dove le caratteristiche morfologiche della Valle, consentivano il controllo e gli abitanti erano più protetti.
In generale, lo sviluppo di Solofra nell'Alto Medioevo fu proprio favorito dalla protezione della Conca: la Strettoia di Chiusa di Montoro era l'unico accesso, facilmente controllabile dai numerosi punti di controllo, come Castelluccia, o, in seguito, il Castello).
Grazie a questo controllo, e quindi a questa sicurezza, si formarono 2 Arroccamenti: le Cortine del Cerro, protette dalla collina di Chiancarola e le Cortine di Sant'Agata, protette da Castelluccia.
Questi nuovi insediamenti riprendevano come tipologia abitativa le Villae di Campagna della Valle, delle Curtes, in piccolo, che avevano la peculiarità di essere praticamente inespugnabili, chiudendo l’unico accesso.
Un ruolo fondamentale fu svolto dal Cristianesimo, che fin da subito si introdusse nel Meridione, e rappresentò una certezza per gli abitanti, trovatisi di fronte ad una continua insicurezza.
Solofra, d’ora in poi si avvicinerà sempre di più a Salerno, (città emergente, che, dal Dominio Bizantino in poi, si afferma come ricca Potenza Mercantile e Costiera) diventando amministrativamente parte del suo entroterra, sia per l’appartenenza al medesimo Bacino Vallivo, sia perché Abellinum era stata distrutta.
Il Vescovo di Salerno istituì 4 Distretti Pievani, in tutta la parte interna del territorio: uno di questi fu Solofra.
Lo scopo era portare un’aggregazione, una sorta di istituzione locale che sopperisse alla mancanza di uno Stato.
La Pieve, infatti, Chiesa del Popolo, era il luogo dove si svolgeva il Battesimo e il Seppellimento dei morti; inizialmente, era dedicata a Santa Maria, poi, con la venuta dei Longobardi, promotori del Culto a San Michele Arcangelo, fu aggiunta la seconda denominazione alla Pieve.
Occupata dai Longobardi fu assorbita nel Ducato di Benevento e fece parte del Gastaldato di Rota (San Severino).
In questa epoca la Conca era divisa in 2 entità territoriali: il «Locum Solofre» e quello «de Sancta Agatha».
Nel frattempo la Città di Salerno crebbe sempre di più, per il Commercio e l’Artigianato, tanto che, ad un certo punto, si staccò dal Ducato Beneventano (Divisio Ducatus Beneventani), e si formarono 2 Principati: quello di Benevento e di Salerno di cui Solofra entrò a far parte, essendo ancora inserita nel Gastaldato di Rota (Mercato San Severino).
Il Confine di quest’ultimo, e quindi del Principato Salernitano, passava per i Monti di Montoro, di Forino, per Aiello e per Serino, (nel punto in cui, oggi sorge San Michele di Serino), dove vi era una Stazione per i Pellegrini diretti al Santuario Micheliano del Gargano.
Il territorio di Solofra, quindi, acquisì un ruolo fondamentale, di confine, insieme a Montoro e Serino, motivo per il quale nacquero diverse Fortificazioni, tra cui il Castello Solofrano, probabilmente ancora piccoli Presidi Militari che successivamente avranno maggiore sviluppo.
Nel periodo Normanno-Svevo, Solofra divenne Vico e fece prima parte della Contea di Rota, poi del Feudo dei Tricarico con i quali raggiunse l’autonomia territoriale ed amministrativa (1200), divenendo Feudo di Giordano Tricarico; fu poi assegnata dal fratello di costui, Giacomo, come dote alla figlia Giordana, sposa di Alduino Filangieri di Candida.
I Filangieri favorirono il legame con la realtà Artigiano-mercantile di Salerno e costruirono nel Centro Mercantile di Solofra, la Platea Pubblica ed il Convento degli Agostiniani (seconda metà del 1300).
In seguito all’estinzione dei Filangieri, con la prevalsa degli Aragonesi sugli Angioini a Napoli, il Feudo passò agli Zurlo di Napoli da parte di Alfonso V d'Aragona.
Con questa famiglia, Solofra ebbe una grande crescita, sia in termini Sociali che Economici, soprattutto per via della grande autonomia di cui potette godere, stabilitasi anche per l’Emanazione di altri Statuti Solofrani accettati da Ercole Zurlo, figlio di un nipote di Francesco.
Grande fu anche l’espansione del Centro Abitato, che venne a comprendere nuovi Rioni, o Casali, sviluppatisi intorno a nuove Cappelle o nuove Chiese, che ancora una volta utilizzano le cortine come abitazione prevalentemente utilizzata, seppur leggermente diverse da quelle Medioevali.
Quando Ercole Zurlo appoggia il tentativo del Generale Odet de Foix di Lautrec di invadere il Meridione, e gli Aragonesi ne escono vittoriosi, egli viene condannato e gli viene tolto il Feudo.
Così Solofra passò prima al Demanio, poi a Ludovico Della Tolfa di Serino.
Quindi, la Comunità Solofrana, forte per la sua economia, decide di riscattare il Feudo, diventando una privilegiata «Universitas Demaniale» e, dopo una breve parentesi di autonomia dal Feudalesimo (1535-1555); fu uno dei periodi più floridi della storia della Città, perché, liberi dall’oppressione di un Feudatario, i Cittadini Solofrani possono commerciare liberamente i prodotti artigianali e crescere.
In questo periodo, inoltre, espressione della fiorente economia di questo periodo fu la costruzione della maestosa Collegiata, realizzata abbattendo la Pieve, che era diventata troppo piccola per la Comunità.
La parentesi autonoma fu però breve: l’avversità del dominio spagnolo e i debiti contratti dall’Universitas costrinsero i Solofrani a vendere il Feudo alla famiglia Orsini di Gravina che trasferirono sul Feudo la titolarità del loro Principato, condizionando inevitabilmente lo sviluppo della città, e che lo tennero fino all’abolizione della Feudalità nel Meridione (1809).
Più precisamente lo vendettero a Beatrice Ferrella Orsini, ma non si privarono dei diritti che avevano acquisito col tempo (uso delle acque, dei forni, dei mulini ecc.), per questo furono emanati nuovi articoli statutari che la feudataria dovette firmare.
Ma gli Orsini, spesso abusarono del proprio potere, soprattutto la Ferrella, tanto che nel 1577 venne intentata una causa ai suoi danni, per non aver rispettato gli Statuti, per essersi appropriata di parte dell’Acqua necessaria alle Botteghe, e per aver abusato del Demanio.
Anche la costruzione del Palazzo Ducale, fu segnata da controversie, perché la Orsini lo costruì molto vicino alla Collegiata, come manifesto della supremazia del proprio potere.
Così, probabilmente, la costruzione venne sabotata e crollò, per poi essere costruita dov’è tutt'ora.
Non mancarono, comunque, gli interventi positivi tra i loro Governi; ad esempio la costruzione del Convento di San Domenico, da parte di Dorotea Orsini ed il tentativo di riappacificazione di Filippo Orsini, che donò le Reliquie di Santa Dorotea al Popolo, per riparare al malgoverno del padre Domenico.
Nel 1600, la Conformazione Urbana si definisce ancora di più, arrivando a formare tutti i Rioni del Centro che esistono tutt’ora.
Nel 1611 nasce a Sant’Agata di Sopra, il grande Francesco Guarini, esponente della Pittura Napoletana, che lascerà tantissime opere nella sua città natale.
Ma questo sarà anche il secolo di un avvenimento segnante per Solofra: la Peste, che decimò la popolazione, nel 1625.
Per l'occasione, fu rifatta la Chiesa di San Rocco, in onore al Santo delle Pestilenze.
Nella storia di Solofra, quindi, come detto, si individua un’importante linea rivendicativa in Difesa delle proprie Attività Artigiano-Mercantili ed in funzione antifeudale, espressa in significativi episodi di lotta cittadina di opposizione agli Orsini (tra la fine del 1600 ed il 1700) e che guidò l’Illuminismo Solofrano, sfociando nella Rivoluzione Partenopea del 1799.
Importante fu anche la partecipazione ai Moti Carbonari del 1820-1821, con la costituzione di ben 4 «Vendite Carbonare» (vendita, equivalente della Loggia per i Massoni) ed alle Rivendicazioni Operaie dell’inizio del 1900.
Data l’attività e l’operosità in campo industriale ed artigianale, Solofra si inserisce da subito nello scenario Socialista della fine del 1800, sulla scia dei movimenti Salernitani e Napoletani, con lo sviluppo di una Cellula Socialista, che comprendeva sia Solofra che Sant’Agata.
Nacquero così, ben 3 Società di Lavoratori: la Lega dei Pellettieri, la Società Centrale, la Società Agricola di Mutuo Soccorso, e l’Unione Operaia (nata a Sant’Agata di sotto, oggi Sant’Agata Irpina), che si adoperarono, tra l'altro, affinché venissero concessi salari maggiori e diminuissero gli orari di lavoro.
La Lega Pellettieri (fondata nel 1903) ricoprì un ruolo fondamentale per Sant’Agata e Solofra, e fu il primo esempio di organizzazione operaia in Irpinia, che vide un’enorme partecipazione di Operai ed Artigiani della Pelle.
Con alcune manifestazioni, pretese un aumento degli stipendi del 25% ed una diminuzione delle ore di lavoro, da 14 a 8 ore.
La Lega rappresentò, quindi, un vero e proprio punto di riferimento per i Conciatori, e, grazie anche alla volontà del Sindaco di allora, Vincenzo Napoli, anche sede di numerose Assemblee Socialiste della zona.
Se la Lega fu il punto di riferimento dei Conciatori, la Società Centrale, invece, lo fu una mutua assistenza per tutti i Lavoratori di ogni categoria che ne avevano bisogno di assistenza; i numerosi soci che la costituivano si aiutavano tra loro, in base alle possibilità personali: i più abbienti, infatti, non esitavano a fornire supporto a chi era in difficoltà.
Da ricordare sono 2 importanti Alluvioni, 1805 e 1852, che afflissero Solofra colpendo tutti i Rioni, ma in particolar modo il Rione Santa Lucia (o Fontane Sottane), completamente distrutto.
Avvenimento importante fu la costruzione della Ferrovia, inaugurata nel 1862 (tratto Sanseverino-Avellino), che consentì il trasporto di persone e merci, molto più rapido ed efficiente.
Durante il Ventennio Fascista, Solofra fu sede di un Campo di Internamento in Via Misericordia, inizialmente uno dei 3 della Provincia di Avellino, poi unico rimasto, ospitò in media 25 internate.
Poi, durante la Seconda Guerra Mondiale, il 21 settembre 1943, la Città di Solofra fu bombardata per la presunta presenza di Soldati Tedeschi. La città fu devastata, e 200 persone persero la vita.
Il 23 novembre 1980, alle ore 19.34, il Comune di Solofra, insieme a tanti altri paesi sparsi tra le Province di Avellino, Salerno e Potenza, fu colpito dal violento Terremoto dell'Irpinia che causò 33 dei 2.914 morti totali.
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MEMORIA DI DONNE e UOMINI
Solofra è patria della Famiglia di Pittori Guarini.
Dopo un lungo dibattito, non si ha ancora certezza sulla grafia del cognome.
Si riportano in seguito le più significative tra le varie fonti a cui è possibile riferirsi:
Leggendo l'Atto di Battesimo conservato presso l'Archivio Parrocchiale di Sant'Agata Irpina, si nota l'appellativo: «filius jo. tomasi de guarini(s)» e la nota postuma «Si distinse in pittura e va tra gli uomini illustri il nato Francesco Felice Antonio Guarini».
Il Drammaturgo Onofrio Giliberto, nella sua opera «Il vinto inferno da Maria», nelle dediche scrive: «Al Signor Francesco Guarini da Solofra» (vi era un legame di parentela tra i 2).
L’iscrizione posta nel 1653 sul quadro della «Madonna di Costantinopoli», nella Chiesa di Sant’Andrea di Solofra, afferma: «Franciscus Guarini pinxit».
Nonostante le numerose fonti storiche che attestano il nome «Guarini», specialmente l'ultima citata, che è una firma autografa, alcuni studiosi ritengono che il cognome corretto sia «Guarino».
Importante presenza nella vita di Francesco Guarini, della Famiglia della madre Giulia Vigilante, che in pratica dominava la Vita Economica Solofrana, nella quale aveva parte importante la gestione delle Chiese, sia attraverso Sacerdoti che Laici.
Questa attività era a quei tempi - nella seconda metà del 1500 - un’importante opportunità economica, e, quando nacque l’”affare” della Collegiata, furono costituiti i Procuratori della «Fabbrica di Sant’Angelo», che lo dovevano gestire.
Essi guidarono la costruzione del Tempio, stipularono i contratti con gli Artisti qui impegnati e ne seguirono i lavori.
Anche se questa carica, ricoperta da 3 persone, era a rotazione, non usciva fuori da quelli che allora si chiamavano «compatroni» della Chiesa, cioè da quelle Famiglie del Patriziato Solofrano che governavano sia la Universitas sia la Chiesa.
Quando negli anni 1580, costoro dettero l’incarico ad Antonio Sclavo di Napoli, di intagliare il legno dell’Organo e del Pulpito, l’Artista Napoletano lavorò a Solofra il legno intarsiato delle 2 opere e l’oro che ne ricoprì il legno, fu quello della Bottega dei Vigilante del Toro, cioè della famiglia di Giulia.
Allora non esisteva ancora la BOTTEGA DI TOMMASO GUARINI, padre di Francesco, il quale però già a quel tempo era legato alla costruzione della Collegiata; infatti, imparentati con la famiglia di Tommaso, erano i Troisi di Sant’Agata di Solofra (come allora si chiamava Sant’Andrea) a cui appartenevano i «Fabri Lignarii» fornitori delle 80 travi di legno, per la copertura della Collegiata. Costoro, che avevano una Bottega a Plàtea, e che erano imparentati con i Vigilante, divennero i fornitori di tutto il materiale in legno che serviva alla Collegiata, da quello per i cassettonati, a quello delle cornici dei quadri, compresa la grande cornice del quadro del Lama e il legno necessario per l’Organo e per il Pulpito.
Tommaso, figlio del Pittore Felice, anche lui Pittore, si trovò, quindi, in un ambiente vicino al grande ”affare” della costruzione della Chiesa che richiedeva anche Opere Pittoriche ed Artistiche; in questa atmosfera e per rispondere alle esigenze che la costruzione della Collegiata, trasformava in opportunità, che lo Studio di Felice si trasformò, con Tommaso, in un qualcosa di più grande, divenendo una Bottega, simile a tante del tempo, al centro di un lavoro, diremo oggi multimediale; infatti si ampliò al lavoro del legno svolto nella Bottega dei Troisi ed al lavoro dell’Oro della Bottega dei Vigilante del Toro.
Fu questo “affare” che determinò il matrimonio tra Giovanni Tommaso e Giulia Vigilante, avvenuto nel 1606, che siglò, come tutti i matrimoni dell’epoca, un’interessante alleanza economico-familiare, con la quale si chiudeva il cerchio che univa 3 famiglie (i Troisi, i Vigilante, i Guarino) intorno alla Collegiata, i cui Procuratori, tutti collegati alla Famiglia Vigilante, assicurarono ad essa, attraverso la Bottega di Tommaso, la fornitura delle Opere in legno dorate e pittoriche che impreziosiscono il Tempio.
Il matrimonio, inoltre, legò Tommaso ad un'altra importante Famiglia Solofrana, i Giliberti della Forna, visto che il Medico Tarquinio, padre del Drammaturgo Onofrio Giliberti, aveva sposato Diana Vigilante della stessa Famiglia di Giulia.
Intensi furono i rapporti tra i Vigilante e il Guarini, intorno alla Bottega, che si arricchì di numerosi addetti, presi dalla improvvisata manovalanza locale e del circondario, come dimostrano interessanti contratti di lavoro stipulati dal Pittore.
Inoltre, il contratto stilato da Tommaso nel 1617 per la «Intempiatura della Nave Centrale» della Chiesa, parla in modo preciso della triplice attività della Bottega, per la quale, l’artista si impegnò per una spesa non superiore a 1500 ducati, per cui furono impegnati 3 Artisti - un Intagliatore (Lucantonio de Accetto), un Pittore (Francesco Giordano) ed un Doratore (Giovanni Angelo Greco) - che autonomamente ne valutarono l’opera nel 1624.
Questo contratto dimostra in modo chiaro la consistenza della Bottega Solofrana che ebbe delle Botteghe Rinascimentali, solo la caratteristica di allargarsi ad attività legate tra loro e non ebbe la qualità essenziale, cioè non fu un luogo di incontro, di studio e di ricerca; infatti, visse finché ci furono le esigenze per cui era nata, finché cioè ci fu la costruzione della Collegiata, ma quando queste si esaurirono, la Bottega perdette la ragione di esistere e si estinse.
Lo stesso Francesco Guarini, che ereditò la Bottega paterna e l’impegno di completare l’opera di «intempiatura» della Chiesa, non le dette la dovuta cura, accogliendo, in essa, Artisti scadenti, come mostrano le moltissime opere di bassa Bottega, che si trovano, sia nel Transetto della Collegiata, che nel Cassettonato di Sant’Agata che del Guarini ha solo 3 tele, mentre tutto il resto è opera di artisti poco impregnati del suo discorso artistico.
Anzi, il fatto che egli abbia posto, accanto alle sue più belle tele Solofrane - quelle del Naturalismo Caravaggesco del Transetto - opere con interventi di Bottega, avvalora la tesi che, i suoi interessi non erano intorno a questa Bottega, né erano a Solofra.
Comunque si può dire che la vicenda di questa Bottega, che, nei suoi limiti, è pur sempre un episodio rilevante, segua un po’ la parabola Solofrana che, dopo l’esplosione del suo secolo d’oro, ha una linea discendente la quale, colpita duramente dalla vasta moria della peste, non si riprese più affogando nelle secche della vita del Meridione.
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FELICE FRANCESCO ANTONIO GUARINI, noto come Francesco Guarini (Solofra, 19 gennaio 1611 - Gravina di Puglia, 23 novembre 1651), è stato un Pittore italiano del periodo Barocco.
Rappresentante della Pittura Napoletana Seicentesca, Francesco Guarini nacque a Sant'Agata di Sopra (oggi Sant'Andrea Apostolo, frazione di Solofra).
Figlio di Giovanni Tommaso Guarini, anch'egli Pittore, si spostò a Napoli dove fece esperienza, fino al 1628, presso lo Studio di Massimo Stanzione, seguace del Caravaggio.
La vita di Francesco Guarini, volgarmente detto Ciccio Guarino, fu breve ed operosa; le prime conoscenze dell'arte apprese, derivano dal padre Giantommaso, come testimonia l'opera a 4 mani della Parrocchia di Sant'Andrea Apostolo, la Madonna del Rosario (siglata G.T.F. e datata 1634).
Il dipinto si caratterizza per una iconografia tradizionale della Vergine col Bambino e Santi, animati da una gestualità tardo-Cinquecentesca, ma, al contempo, mostra caratteri stilistici, quelli di Francesco, vicini al Caravaggismo di Filippo Vitale ed alle opere più antiche di Massimo Stanzione.
Il 25 febbraio 1636 Giovan Tommaso, ormai prossimo alla morte, con un documento legale emancipò il figlio Francesco, conferendogli la responsabilità della Bottega; nello stesso anno, il 3 marzo, il pittore venticinquenne, firmò il contratto per la realizzazione di 21 tele per il soffitto del transetto della Collegiata di Solofra, dove il padre aveva già realizzato alcune tele per la decorazione del soffitto della Navata Centrale, con scene del Vecchio Testamento.
Con questa commissione Francesco Guarini può essere annoverato tra i principali Pittori Napoletani di seconda generazione Seicentesca.
Le parti autografe di Francesco, sono di una qualità esecutiva talmente alta, da rappresentare una frattura netta con i metodi da decoratore “devoto” del padre Giovan Tommaso.
In tutto il gruppo delle prime opere della Collegiata, Guarini esprime un Caravaggismo impassibile, in cui la funzione narrativa è affidata alle luci, ai dettagli di natura morta.
Guarini stringe poi rapporti di committenza con la famiglia Orsini, all'epoca Feudatari dei territori di Solofra, per i quali realizza la Madonna del Rosario (1644-49) per il Convento di San Domenico Maggiore a Solofra.
Secondo quanto ricorda Bernardo De Dominici, Guarini si trasferisce poi a Gravina di Puglia, centro della potenza economica del ramo Meridionale dell'antica famiglia Orsini, dove proseguì una florida attività lavorativa per la famiglia Orsini nelle varie Chiese del territorio, diventando una figura determinante per la Pittura del Seicento di quei territori.
Dipinse, oltre a ritratti e scene sacre per gli Orsini, la Pala d'Altare dal titolo la «Madonna del Suffragio» (1649-50 circa), per la Chiesa di famiglia di Santa Maria del Suffragio.
La struttura compositiva del gruppo della Madonna con Bambino, è ripresa dalla Madonna delle Anime Purganti di Massimo Stanzione a Napoli, per la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco; quest'opera rappresenta una delle più potenti espressioni dell'arte matura del Guarini.
Proprio nel momento in cui i primi passi della Carriera Ecclesiastica di Pier Francesco Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, avrebbero potuto aprire altre porte alla Creatività del Guarini, fornendogli svariate committenze, egli muore.
La causa della morte viene raccontata dal De Dominici nelle Vite: «Francesco Guarini era innamorato di una giovane donna sposata; quando questa fu uccisa dal marito disonorato, il pittore si abbandonò a se stesso, morendo nel novembre del 1651.»
Questa è una delle ipotesi; è anche probabile che la morte dell'Artista, sia stata causata da un incidente o da una improvvisa malattia.
La sua morte lasciò nel cordoglio più vivo gli Orsini che gli riservarono fastose esequie.
Allievo di Francesco Guarini fu Angelo Solimena, padre di Francesco Solimena.
GREGORIO RONCA (1859-1911), Marinaio e Scienziato che fu protagonista di viaggi di notevole utilità e autore di scoperte scientifiche applicate dalla Marina Italiana.
Nacque il 14 dicembre del 1859 in una famiglia benestante con una lunga tradizione culturale.
Orfano di madre fu educato dalla nonna paterna, cugina di Carlo Pisacane e nutrita di ideali di libertà e di patria che diventarono nel giovane impegno di vita profuso negli studi scientifici.
Insieme al fratello Alessandro intraprese la Carriera Militare, il primo nell’esercito, lui nella marina, un’arma di grande prestigio nel Regno di Napoli, da cui attinse in gran parte la Marina del nuovo Regno.
Il Ronca fu quindi alla Scuola Cannonieri di La Spezia, imbarcato sulla Cavour e sulla Palestro, dove iniziò gli studi sulle armi subacquee e sulla "elettricità applicata", in cui si specializzò passando alla Lauria, una nave predisposta per questi esperimenti.
Qui lo scienziato applicò per la prima volta un motore elettrico ai proiettori, creando il primo proiettore di scoperta manovrabile a distanza, un’invenzione che eliminava il complicato sistema di manovra dei proiettori di luce delle navi non più adatto alle nuove velocità.
Lo scienziato cedette al Ministero della Marina italiano il suo Proiettore costruito dalla Officina Galileo.
Per l’importanza dei suoi studi il Ronca fu destinato all’Accademia Navale di Livorno (1889) come insegnante di Artiglieria e Balistica, 2 discipline che ebbero una rapida evoluzione a causa delle nuove armi a grande gittata, al cui sviluppo egli collaborò con l’aiuto del matematico Alberto Bassani creando un nuovo sistema di calcolo della traiettoria dei proiettili fuori la canna del cannone (detto Ronca-Bassani).
La nuova disciplina fu sistemata in vari scritti, che divennero pilastri degli studi navali, ai quali si aggiunse una raccolta (Manuale del tiro) di tutte le norme per eseguire un nuovo metodo di guida dei cannoni nello sparare, detto tiro navale migliorato a salve (Tiro Ronca).
Lo scienziato riuscì a spingere il tiro con grande precisione ad oltre 5 miglia di distanza, visto che con le navi più veloci e con armi a gittata maggiore, le distanze per il combattimento erano divenute molto ampie.
Il metodo fu adottato da molte Marine, tra cui quella Giapponese, che si modernizzò proprio sulla base delle tecniche sperimentate dalla Marina Italiana ad opera dell’Ammiraglio Togo, che usò la nuova tecnica di tiro durante la Guerra tra il Giappone e la Russia (1905) ed a cui si deve la distruzione della flotta russa (35 navi) nei pressi delle isole di Tsun-Shima.
Durante gli anni dell’insegnamento a Livorno il Ronca diresse la Garibaldi, dove erano applicati i risultati dei suoi studi ed alla quale egli donò la Preghiera del Marinaio che aveva ottenuto dal poeta Antonio Fogazzaro e che fu adottata da tutta la Marina Italiana; poi fu trasferito a Napoli per dirigere la sezione Armamenti e Artiglieria, dove studiò la trasmissione di ordini a distanza dati i nuovi bisogni della guerra sul mare.
Il viaggio in Amazzonia
Nel 1904 Gregorio Ronca fu incaricato di guidare la nave oceanica da guerra Dogali in un viaggio alle Antille con vari compiti tra cui la ricerca di sbocchi al commercio e di contatti con gli Emigrati italiani per colmare una carenza della Emigrazione italiana, che aveva visto partire molta gente perdendone le tracce mentre per altre nazioni essa era diventata una linfa vitale.
Questo viaggio, narrato dal Ronca in un libro «Dalle Antille, alle Gujane e alla Amazzonia» e iniziato nel febbraio del 1904, ebbe come tappa le Antille, poi le Gujane, infine l’Amazzonia, che fu visitata con una coraggiosa risalita del Rio delle Amazzoni fino ad Iquitos e a Santa Fè, a 2285 miglia dal mare, dove mai era giunta una nave e dove fu dato il nome di Dogali ad un isolotto al centro del fiume.
Il viaggio, che si rivelò utile dal punto di vista Economico, Politico, Militare e Geografico, e i cui risultati furono pubblicati sia dalla «Rivista Geografica» che dalla «Rivista Marittima», fu illustrato dallo stesso Ronca a Roma e a Milano, dove lo scienziato ebbe l’apprezzamento di Guglielmo Marconi.
Alla Scuola Ufficiali insegna i nuovi metodi
Poiché il Tiro Ronca si mostrava sempre più adatto alle nuove esigenze delle Navi, al Ronca fu affidata una Scuola di Tiro per Ufficiali sulla Corazzata Sardegna, dove, dopo 2 anni nel mare di Liguria, si ebbe un saggio di ciò a cui poteva giungere il nuovo sistema di tiro.
Nel 1911, colpito da un male repentino, morì a Napoli, dove ebbe solenni funerali.
Solofra gli dedicò una Tomba Monumentale, l’intestazione di una Strada e di un Istituto Tecnico, Avellino gli intestò una Strada, Ostia una Piazza e la Marina il Bolipedio di Viareggio.
GIUSEPPE MAFFEI, autorevole rappresentante della Magistratura Napoletana del 1700, Insegnante e Rettore dell’Università di Napoli, studioso delle Istituzioni Napoletane, tanto da sistemare storicamente, in una voluminosa ed importante opera, tutte le norme e le consuetudini che si erano andate sviluppando del Meridione.
Nacque a Solofra, secondo dei figli del Conte Giacinto e di Isabella de Falco (dopo Michelangelo e prima di Pietro) il 17 febbraio 1728 (Solofra, Archivio Parrocchiale San Giuliano della Fratta, Liber Baptizatorum ab anno 1658 usque ad annum 1730 inclusive, registro n. 3); fu battezzato lo stesso giorno in San Giuliano della Fratta.
Morto prematuramente il padre, Regio Governatore, completò gli studi a Solofra, eccellendo in greco e in latino (lingua in cui scrisse tutte le opere di diritto).
Nel 1747 intraprese a Salerno lo studio delle Materie Giuridiche, che completò a Napoli.
Nel 1752 vinse il Concorso per la Cattedra di Diritto Naturale nell'Università di Napoli e nel 1761 quello per la seconda cattedra di istituzioni civili.
In quella sede, percorse altre tappe della carriera di docente: nel 1776 vinse il Concorso per la prima Cattedra di Istituzioni Civili, nel 1777 passò a insegnare Diritto del Regno e nel 1782 il Codice Giustinianeo. Sposò Vittoria Ciliberti, che gli diede 11 figli.
Nel 1783 pubblicò a Napoli un Trattato in 2 parti, «De restitutionibus in integrum et de praecipuis vitiis contractuum» e, l'anno seguente, le «Institutiones iuris civilis Neapolitanorum, in quibus legum Neapolitanarum origines, ac vetera et nova Regni instituta enarrantur», opera anch'essa in 2 parti, ognuna delle quali di 3 libri.
Negli anni 1780 tenne nella sua abitazione, con Autorizzazione Reale, una Scuola Privata di diritto e praticò l'Avvocatura; fu nominato censore della stampa dei libri e nel 1788 Ferdinando IV di Borbone, lo incaricò di presiedere la Commissione per la riforma dell'Università di Catania, della quale fu poi Rettore.
Il 21 genn. 1792 fu nominato Rettore dell'Università di Napoli.
Nel 1794 rimase marginalmente coinvolto nella Congiura antiborbonica; fu così incluso tra i 443 "Giacobini o presunti tali" che, fra il 1794 e il 1797, furono deferiti alla Giunta di Stato "per rispondere di concorso nella congiura del 1794".
Il Maffei morì a Napoli il 20 marzo 1812.
Il Municipio di Solofra, il 27 novembre 1895, gli dedicò la Strada che conduce al Palazzo di Famiglia, dove venne apposta una lapide che riprese l'errata indicazione del 28 febbraio come giorno di nascita.
Si ricordano inoltre i Medici Fasano (Riccardo, Andrea e Niccolò) che nel 1300, furono esperti dell’Arte Medica alla Corte Angioina, ottenendo per Solofra importanti privilegi economici; Onofrio Giliberti (1618-1665), matematico, astronomo e letterato, che fece parte dell’«Accademia Solofrana di Amene Lettere»; Gabriele Fasano (1645-1689), Sacerdote e Letterato, che tradusse in Napoletano la Gerusalemme Liberata del Tasso, partecipando ai rapporti letterari tra Napoli e Firenze; Costantino Vigilante (1685-1754), Vescovo di Caiazzo, dette un contributo al moto di rinnovamento messo in atto da Carlo III; Massimiliano Murena(1728-1781), Giurista e Filosofo, autore di importanti opere dell’Illuminismo Napoletano; Matteo Barbieri (1746-1789), Cultore di Scienze Matematiche ed autore di un’essenziale opera di divulgazione scientifica «Notizie storiche dei filosofi e matematici del Regno di Napoli»; Felice Giannattasio (1759-1849), Matematico, Astronomo e Filosofo; Leonardo Santoro (1764-1853), Medico e Chirurgo innovatore; Antonio Giliberti (1809-1900), Teologo e Latinista, autore del «Pantheon Solophranum» in versi latini, in cui celebra le glorie locali; Felice De Stefano (1889-1936), Ingegnere Navale e Dirigibilista nella Prima Guerra Mondiale.
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DIALETTO
(Il termine "dialetto" va inteso nella sua accezione di "lingua contrapposta a quella nazionale" e non come "varietà di una lingua")
Il Dialetto Solofrano si discosta abbastanza dalle altre parlate della Provincia.
Similmente ai Dialetti del Salernitano presenta, poi, un'intonazione delle Frasi (in particolar modo di quelle interrogative ed esclamative) leggermente differente da quella Napoletana;
La particella negativa viene talvolta contratta:
nn'è iss: non è lui (cfr. napoletano nunn'è iss)
nn'hagg stat' ij: non sono stato io (cfr. napoletano nunn'hagg' stat' ij);
Caratteristica in comune con la parlata Nocerina è la pronuncia della "e" quasi sempre aperta: Nucær, cafæ, murtadæll (Nocera, caffè, mortadella);
Tipico di Solofra è l'espressione e ja e jamm ja;
A differenza del Dialetto Irpino, nel Dialetto Solofrano (come anche nella maggioranza dei Dialetti Campani e Meridionali) v'è la presenza del cosiddetto «Scevà» (in linguistica e fonologia, col termine Scevà (dal Tedesco Schwa [ʃvaː], a sua volta derivante dalla parola Ebraica Shĕwā שווא (šěwā’, /ʃəˈwaʔ/) che può essere tradotta come "insignificante") si designa una vocale centrale media, oltre che il simbolo dell'alfabeto fonetico internazionale /ə/ con cui questo suono viene indicato.
Si riferisce ad un particolare "niqqud", un segno vocalico dell'Alfabeto Ebraico, scritto con 2 punti verticali al di sotto delle consonanti.
Può indicare sia una vocale debole (come lo Schwa), sia l'assenza totale di una vocale.
Fonologicamente queste 2 letture in Ebraico vengono considerate equivalenti.
TRADIZIONI - EVENTI - FOLKLORE
(Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una Comunità)
Solofra è famosa per la Festa che prende il nome di «A Carcare e Sant'Antuono».
Fede e divertimento a Solofra con la tradizione della "Carcara" che è connessa alla figura di Sant'Antuono Abate.
Il 17 gennaio i fedeli organizzano dei grandi focaroni in suo onore.
Qui anticamente si organizzava una gara per la migliore composizione piramidale con le “fascine” e i cepponi più grandi.
Insieme ai falò si balla a ritmo di musica folkloristica e si gustano gli immancabili i piatti tipici.
La solenne Processione del Cristo morto, dell'Addolorata e dei Misteri della Passione, rappresenta uno dei momenti più sentiti e vissuti nell'arco dell'anno liturgico.
Su tutto dominano il silenzio e la meditazione, mentre i figuranti scorrono lungo tutte le strade della cittadina.
A salutare il triste corteo, migliaia di lanterne e lumi rossi, che costellano finestre, antichi portoni e viali storici
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SANTO PATRONO
Michele (in ebraico: מִיכָאֵל? [mixaˈʔel]; in latino: Quis ut Deus, Chi è come Dio, che traduce Mîkhā'ēl; in greco antico: Μιχαήλ, letto Mikhaḗl; latino: Michahel; in arabo: ميخائيل| , letto Mīkhā'īl) è un arcangelo nell'Ebraismo, nel Cristianesimo, e nell'Islam.
Nella tradizione delle Chiese Cattolica Romana e Ortodossa, nella fede Anglicana e Luterana, egli è chiamato "San Michele l'Arcangelo" (l'Arcangelo per antonomasia), o più brevemente "San Michele".
Nella tradizione delle Chiese Ortodosse Orientali e Ortodossa, egli è chiamato "Tassiarca Arcangelo Michele", o più brevemente "Arcangelo Michele".
L'attribuzione direttamente nel nome del titolo di Santo, che pure ha origine nell'Antico Testamento, non è universalmente accettata da tutte le confessioni religiose.
Invece, il nome proprio Michele (in ebraico: מיכאל, di tipo teoforico) è tra quelli a cui la Bibbia attribuisce espressamente il titolo di Arcangelo.
Il nome Michele deriva dall'espressione Mi-ka-El che significa "chi è come Dio?".
L'Arcangelo Michele è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di Satana.
Michele, Comandante delle Milizie Celesti, dapprima accanto a Lucifero (Satana) nel rappresentare la coppia angelica, si separa poi da Satana e dagli angeli che operano la scissione da Dio, rimanendo invece fedele a Lui, mentre Satana e le sue schiere precipitano negli Inferi.
L'arcangelo Michele è rappresentato in forma di Guerriero, infatti porta una spada.
L'angelo Michele nell'ebraismo
Secondo l'esegesi della religione ebraica l'Angelo Michele, che è un Serafino, sostiene il popolo d'Israele e rappresenta il Kohen Gadol nelle Regioni eccelse, è infatti legato alla Sefirah Chesed ed è chiamato "Grande" come il popolo d'Israele.
«...Samek indica Mikael che sostiene Israele, lo difende e ne attesta la rettitudine».
Se non fosse per lui, che parla bene nei nostri confronti, non saremmo più al mondo ma egli dice al Santo, benedetto Egli sia: "Israele professa l'Unità proclamando: "Chi è come Dio?" (mi ka E-l)", come è scritto: "Chi è come Te fra gli dei, o Signore" (Esodo15.11) ... Mikael domina tutti i (gli Angeli) principi»
L'Angelo Michele rivelò alla matriarca Sarah, sposa di Abramo, la nascita del figlio Isacco; inoltre, ormai superata, parlò ad Abramo nell'episodio della prova del sacrificio di Isacco.
Michele nell'islam
Il nome di Mīkāʾīl (in arabo: ميخائيل), o Mīkīl (in arabo: ﻣﻴﻜﻴﻞ), è citato nel Corano alla sūra II, versetto 98.
È indicato come di pari rango rispetto a Jibrīl (Gabriele). Secondo la tradizione, assieme a quest'ultimo, avrebbe provveduto a istruire il profeta Maometto e, secondo un'altra tradizione, sua caratteristica sarebbe quella di non ridere mai.
A Solofra, San Michele viene festeggiato 3 volte nell'arco dell'anno: l'8 Maggio, l'ultima Domenica di Giugno ed il 29 Settembre.
COME RAGGIUNGERE Solofra
In TRENO
Vi si trova l'omonima Stazione Ferroviaria sulla Ferrovia Cancello-Avellino, situata in una posizione periferica rispetto al Centro Abitato.
In passato, ha avuto grande importanza, poiché la Ferrovia rappresentava il mezzo di trasporto più veloce per raggiungere gli altri centri, inoltre, contava su un buon traffico di viaggiatori ed un discreto traffico merci (legato perlopiù all'attività conciaria).
Questa situazione favorevole cambiò con l'avvento del trasporto su gomma che consentiva ai viaggiatori e alle merci di giungere, con maggiore comodità, nei punti di destinazione e, alla fine degli anni 1960, si ebbe così, una diminuzione, sia nel traffico passeggeri che nel traffico merci.
In seguito al Terremoto del 1980, l'Edificio della Stazione fu demolito e sostituito da un fabbricato.
Negli anni 1990, lo Scalo Merci venne chiuso e la Stazione abbandonata all’oblio; nonostante questo, attualmente la Stazione di Solofra può comunque contare su un numero sufficiente di Viaggiatori che si servono della Ferrovia, per raggiungere i centri maggiori di Avellino, Salerno e Benevento.
Roma > Salerno
In AUTOBUS
Il Trasporto Pubblico Extraurbano è costituito dalla Rete di Autobus AIR, che collega il Comune ad Avellino e Provincia e con l'Università degli Studi di Salerno. (clicca sul logo)
In aggiunta ai mezzi dell'AIR vi sono gli Autobus della SITA (che svolgono regolare servizio di trasporto, locale ed a lunga percorrenza, nella Provincia di Salerno ed in tutta la Campania) (clicca sul logo)
e quelli privati della Leonetti e Gallucci (che collegano Solofra a Mercato San Severino (SA) e Nocera Inferiore (SA) (clicca sul logo)
In AUTOMOBILE
Uscita Autostradale di Solofra sul Raccordo Autostradale di Avellino
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