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Un Viaggio in Italia del 1981-1983 di Guido Ceronetti

A volte a piedi, a volte in treno, a volte in corriera, sempre con gli scrittori amati nella valigia: così Guido Ceronetti viaggiò in Italia in un periodo di circa due anni, fra il 1981 e il 1983, ispirato dall’editore Giulio Einaudi che aveva intuito sposarsi molto bene la sua indignazione satirica con il resoconto di viaggio.

Ceronetti attraversa grandi città e piccole località di provincia, visita piazze, monumenti, musei, ma anche carceri, cimiteri, distretti di polizia, manicomi.

Annota i manifesti affissi sui muri, le insegne dei negozi, e denuncia le volgarità che lo feriscono.

Ma il libro non è solo un reportage splendidamente fazioso.

E’ anche un taccuino affollato di pensieri, di citazioni, di idiosincrasie.

Un’enciclopedia caotica da cui attingere il pensiero di Ceronetti: sempre spiazzante, apocalittico, divertente.

Ceronetti, con questo libro racconta l’Italia minore osservando ed ascoltando, passo passo.

Ha uno scrivere sincopato, un susseguirsi di appunti senza soluzione di continuità; interrotto da scene di vita ben illustrate come in una sceneggiatura: interno giorno, esterno notte, bambini in bicicletta, anziani che discorrono, nei bar, tra i vicoli, grida risate, angoli nascosti, vita vissuta quotidiana. 

Si passa da un luogo all’altro, con cambi di scena e di personaggi senza dissolvenze.

Punta l’attenzione, ora su un personaggio, ora su uno scorcio su una scritta sul muro e perfino sui nomi di un citofono, per tornare di nuovo al personaggio o saltando in un altro luogo. In un susseguirsi scomposto di voci suoni pensieri ragionamenti tra sé e sé, considerazioni, colti particolari, reminiscenze e rimandi letterari, digressioni filosofiche, appunti e spunti iniziati e non conclusi; pensieri in libertà si rincorrono contaminano, l’un l’altro, citazioni colte.

Immagini quali “grandi ombrelli di piccioni che, al mio passaggio, si aprono”.

"Un viaggio in Italia" venne pubblicato la prima volta nel 1983, riedito da Einaudi nel 2014; l’editore lo volle a tutti i costi perché conosceva lo stile di scrittura graffiante e cinica del Ceronetti.

La sua intenzione non era pubblicare il resoconto di un viaggio, piuttosto una serie di annotazioni e appunti su di un’Italia vista con sguardo tagliente e smaliziato; pertanto l’autore, con una valigia piena di libri, viaggiando su treni e corriere, ha attraversato tutta l’Italia da Nord a Sud.

Ovunque ha guardato ha trovato tracce della trascorsa bellezza del fu Bel Paese, come la sua eccessiva nuova volgarità. vagabondando di giorno e di notte, tra scorci, piccole vie, chiese, monasteri e cimiteri ha osservato e annotato le scritte su muri e su lapidi, le insegne dei negozi e le targhe stradali.

D’altronde, solo questo resta da raccontare a chi viaggia in un’Italia dov’è in via di sparizione la Bellezza visibile, la vita in strada, la miseria, i mestieri, gli artigiani.

Causa per cui, in più casi le pagine del libro sono intrise di irritazione e sgomento, perché sopraffatto dai disastri delle nostre città, depredate e sporche, rese invivibili da rumori, auto, gente chiassosa; e ancora, muovendosi a piedi appena fuori dalle città, riporta annotazioni sulla visuale che appare, di un agglomerato di strade su strade, tremendi ponti di ferro, camion, tir, corsie con sbarramenti. 

Territori oltraggiati dalle industrie, o come, per il grande fiume Po, dove domina la centrale idroelettrica e abbonda di scarichi industriali, dove un tempo, invece, era vissuto dall’uomo che tremava per le piene del fiume e benediva i doni grami e vitali del dio acquatico.

"Finché esisteranno frantumi di bellezza, qualcosa si potrà capire del mondo. Via via che spariscono, la mente perde la capacità di afferrare e di dominare. Questo grande rottame naufrago col vecchio nome di Italia è ancora, per la sua bellezza residua, un non pallido aiuto alla pensabilità del mondo."

La patria che Ceronetti ha in mente non è dunque lo Stato sorto dopo il processo di unificazione (su cui anzi esprime un giudizio impietoso), ma l’Italia, ancora essenzialmente virtuale, di Dante, Petrarca e Manzoni, le cui opere lo accompagnano, materialmente non meno che idealmente, nel corso del tragitto attraverso la Penisola.

Ma in questo viaggio iniziatico non si evocano soltanto scenari degradati e soccombenti, bensì anche residue scintille di bellezza «Questo grande rottame naufrago col vecchio nome di Italia è ancora, per la sua bellezza residua, un pallido aiuto alla pensabilità del mondo» e volti vivi, rari e isolati, certo, ma ancora non del tutto annientati dal male». 

È il caso del singolare agricoltore - ancora una volta, simbolico custode dell’Italia invisibile -, al quale è dedicata una delle pagine più memorabili del libro: «un solitario aratore affondava l’erpice tirato da due magnifici cavalli bruni in un piccolo campo. Era certamente conscio di essere, col suo campetto e i suoi cavalli da Iliade, condannato a sparire, eppure arava, con pazienza, con disprezzo, con umiltà, con sapienza. Un Dio in incognito, un Dalai Lama in esilio, un simbolo, o più semplicemente un uomo forte e tranquillo. Non sapeva che quel suo erpice è una spada, che il luogo dove arava ha il segreto nome di Termopili».

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Il primo taccuino di viaggio del 1980

Sono vecchio. Non posso più andare lontano. 

Ma il mio viaggio in Italia non sarà mai concluso. È una strada maestra. È la mia Sixty-Six, dove ho dormito in ogni specie di alberghi, dove sono passato come l'Uomo invisibile dell'amato Wells.

E questa interminabile strada si è a poco a poco rivelata quella stessa di cui Dostoevskij nell'ultimo capitolo superbamente visionario dei “Demoni”, dice che contiene un'idea, ha un tempo persecutrice e nirvanica, sfondatenebra sempre, agonica senza disperazione. 

Nell'ultima locanda ci accompagna, amante estrema, la venditrice di Bibbie che incontra Stepan Verchovenskij, via via più ricco di impensati conforti.

Naturalmente, se un libro di viaggi si chiama Tristes Tropiques, durerà più a lungo della foresta amazzonica e dei poveri indios che l'hanno abitata; ma i fili che si intrecciano intorno a un progetto di viaggio in Italia, ha più di mille anni in cui la forma-pensiero Italia si è coagulato in una generica riconoscibilità universale, sono più fitti e velenosi, ragnatelosi e inserpentati, delle liane tristemente tropicali dell'etnologo rivelatore. 

Il nome Esperia me lo dovrò rammentare ogni momento. 

Esperia, terra della sera, dove la democrazia ateniese degenera in tirannidi; terra Yin, dove il sole è temuto, come in Giappone, e le città e i borghi si offrono simili, casi incollate a case, per neutralizzare il sole, frantumare la vampa sulle tegole e le ardesie.

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Premessa 1983

Non può che essere tutto vero, il racconto di questo viaggio: un seguito di fatti banali e di luoghi noti, l'immaginario si scoprirebbe subito. 

Niente di strano, però, se il mio viaggio elude nel suo specchietto l'immagine dell'Italia come si crede di vederla; tanti scatti d'obiettivo mentale e giudizi, collage di impurità e stranezze raccolte, non sono valsi, mi pare, che a comporre un enigma; come tale lo consegno; tutto resta sempre, alla fine, da indovinare, e un reale scoprire non è mai senza affinità col celare. 

Non a mettere sotto luci dei riflettori un poco d'Italia e delle sue città mirava l'andare.

Se avessi voluto far questo - l'Italia ad oggi è terribilmente uniforme e noiosa - nessuna speranza avrei di contagiare qualcuno.

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Premessa a Supplementi a «Un Viaggio in Italia» del 2004

Che cosa potrà venirne fuori? Non ne avevo idea. 

Una specie di scommessa, una puntata sul rosso dell'Editore, Giulio Einaudi in persona... 

Tanti e famosi i viaggi in Italia: aggiunsi al titolo inevitabile, quella indeterminatezza, uno fra tanti, l'avrebbe distinto. 

In origine non lo era, né voleva esserlo: il tempo ne ha fatto un racconto in vaga forma di giornale, e con questo mantello di Eremita del tarocco andrà in giro, ormai. 

Racconto-verità come già precisava la prefazione di allora, racconto di uno che narra tra confini stretti, che manca di stoffa, qualcosa della mia vita e del mio viaggiare raramente cambiando luoghi, appena, so dire. 

Satirica è la mia musa, alchemica talvolta, per lo più ho scritto in versi, mosso dei fili: mi morde l’inesatto, quando mi cuciono addosso una scheda.

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Due papi

Due papi. Due. Così, implacabile, San Malachia. 

Oggi, un pontificato durato più a lungo di tutti gli altri in lenta lenta agonia. 

Guardo giù dall'interno delle Mura Vaticane: la forza di pensiero di un indicibile intrico architettonico, un pensiero che non si può definire, non è teologico, è un mistero del tempo ... 

Davanti alla basilica si prepara un incontro del Papa con folla giovanile, e per l'indomani, hanno un'esigenza che non vuole evitarvi: VOGLIAMO VEDERE GESÙ. 

La cosa non è impossibile, ma occorre che passino prima il Papa che stanno per incontrare e il suo successore, e ci sia sul trono Petrus romanus, fibbia sibilante, in multis tribulationibus. 

L'Islam è il nuovo Annibale alle porte di Roma e qua, dentro le mura, credo che elementi lucide abbiano da un pezzo capito che il prolungato, ostinato filoislamismo woityliano non porti ad altro esito che all’irrigidimento di una inimicizia storica che si è risvegliata per cento teste di drago drizzate.

Ma questo avvicina il «tempo di vedere Gesù» quantunque in veste di duro mosaico bizantino.

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Dal quaderno di note

Dal quaderno di note prese in vista del mio “Viaggio in Italia” Einaudi tra 1980 e il 1981. 

Ero ad Aosta, con Cristina arrivata da Parigi avevo fatto un giro per la valle. 

Chiave del motto dei Challant di Issogne (Tout est et n’est riens) fornita da Giacosa: è un rebus con figure, sparite dal graffito, un Triangolo con in mezzo una Croce e sotto il Triangolo: TOUT EST. 

Il Triangolo indica Dio, il Globo è certamente il mondo, il rebus così diventa chiaro. Stralcio ancora, dallo stesso quaderno, questo interessante programma: «Chiudersi in Dante, viaggiare in Italia con le tendine del treno abbassate». 

Potrei aggiungere, adesso: «In nessuna stazione scendere, in nessuna città fermarsi». 

E ancora: «Viaggio in Italia. Viaggio tra i morti. Viaggio nell'invisibile».

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L'arte del pettine

Si è perso del tutto il significato sessuale di pettine. Stava per cazzo.

Io dico e scrivo spesso «del pettine». 

Solidarietà al popolo palestinese. L'emporio delle donne e... Anche i cervi vanno in moto. Merde d'Italia. 

Diruetur in nessun graffito compare. 

A Pompei fu trovato (dal secondo Eneide): conticuere (tacquero, nel testo seguiva omnes, ma il verbo basta).

Conticuere può essere scritto all'entrata e all'uscita della storia umana. 

È purgante e pacificante. 

Ecco qua le spaventevoli antenne di Monte Mario. 

Quella della Rai di fronte all’Hilton, che sulle finestre si becca il primo urto della tempesta elettromagnetica, è alta come una Eiffel. 

Conto trentatré Padelle e Tamburi, da giganteschi e minimi, un'incrostazione, per me, d’inafferrabile (ne sento soltanto la nocività, ma è già abbastanza). 

La torre incarna l'irresistibile potenza del messaggio che irradia (ci è vietato ignorarlo, si è puniti a fuggirlo): dopo aver spezzato le difese che può opporre la mente, penetra in tutto il corpo con le sue vie di morte. 

E su questo mostro si affacciano centinaia di camere della retrofacciata dell'Hilton dove certamente la direzione praticherà sconti. 

Ah ma non basta: vicinissima un'altra antenna padellata (altezza della torre di Pisa) spara le radiazioni militari, palpa il cielo coi radar. 

Casette attorno e in basso ad assorbire il campo.

Odori di mezzogiorno domenicale, buoni. Panoramico vialetto degli innamorati. 

Dal verde folto, con altre case attorno, si innalza la testa di Tirannosaurus Rex di una terza antenna spaventosa, tutta scudata di padelle, la cresta impressionante: questa irradia per Mediaset e per alcune radio libere di segnale nazionale.

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Un quadretto portato da Santo Domingo

Un quadretto portato da Santo Domingo, dove quelli di San Benedetto al Porto hanno aperto un loro centro, raffigura - è nella casa di via Buozzi - un mercato, con una quantità di figure sovrapposte insieme alle banane e altro, tutte nere e tutte prive di occhi. 

La spiegazione: gli occhi significano presenza dell'anima; se le figure dipinte hanno gli occhi vuol dire che nel quadretto, essendoci l'anima, c'è qualcosa di prezioso che ne aumenta il valore di scambio. 

Per avere gli occhi, bisogna pagare di più. 

Questa dunque è una pittura povera, da pochi soldi. 

Un'altra con gli occhi, inestimabile, non c'è. 

Guarda attentamente le facce, in giro, guarda dentro le facce: vedrai che, con gli occhi, sebbene vedano, sono poche.

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Premessa 2014 - Un viaggio senza fine

Mancano tanti luoghi, in questa topografia, ma la delusione e la pena civile dell'autore abbondano. 

Oggi, con un inasprimento di essenza e i nuovi intrecci di circostanze, io di oltre un trentennio più vecchio, amaro sopravvissuto, l'occhio del riguardante mi suggerirebbe tutt'altre osservazioni e visioni.

Del resto, non intendevo, come in un reportage fotografico, in un vagabondaggio alla Magnum, stella polare, che fermare istanti, impressioni, respirazione, in quel passare e ripassare, e sparire inghiottiti, di ombre, di viventi umanità innanzitutto, fughe ed incontri, dentro paesaggi mutevoli, cronache, voci dai muri, e un po' di natura superstite. 

A poco a poco avevo capito quale senso avrebbe potuto avere questo viaggiare impreciso, con trasporti pubblici sempre, di un Io narrante non immaginario nell'Italia del suo tempo - l'Italia senza più guerre, né grandi e vere lotte sociali, oltrepassata dalla storia, e da fantasmi politici agonizzanti tinta di sangue. Turistica, dunque di finzione, facciata, imbruttimento, afflussi di scemenze. 

E poteri in aumento, sordidi, invisibili, con legislazione propria, dove vige la sanzione unica della pena capitale, di organizzazioni criminali.

Un passo al di là di tanto banale indurito, o poco di sotto, l’inalterabilità di un Enigma. 

Il senso era lo stesso che, indenne davanti da anni, il nuovo lettore ritroverà: l'aspettarsi il riemergere di una iniziazione. [1° gennaio 2014]

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La gamba ancora malferma

La gamba ancora inferma, e troppi libri nella valigia. 

Il bagaglio mi pesa, qualcuno dovrebbe portarmelo, apparendo e sparendo al momento giusto. 

Prenderò treni, corriere, battelli, taxi; andrò a piedi. 

L'Italia non la troverò più, ma so viaggiare nell'invisibile, dove la ritroverò. 

Ho con me Petrarca, Manzoni, la “Vita Nuova”, la "Chartreuse" di Stendhal e anche il sillabario di arabo per imparare a memoria la fatiha. 

Ho una prova notturna della potenza della bàsmala: c'erano tre o quattro animali feroci, ma più di tutti un leone, che qualcuno, senza volto, teneva al guinzaglio, o dentro una gabbia. 

Per provare la potenza preservatrice della bàsmala gli grido di lasciare libero il leone. 

Ed ecco il leone si lancia su di me mentre grido bismillàhi rachmàni e mi sfiora appena le gambe, allontanandosi. 

Allora, con gratitudine, ripeto la bàsmala più volte. 

(Dopo violenta emorragia dal naso, essendomi tolto il tampone per dormire meglio. Il resto della notte tranquillo). 

L'Asia comincia a Trieste, ma al di qua di Trieste l'Asia ricomincia. 

La differenza è tra un Asia della piattezza e del terrore, e un Asia alchemica e sottile, che ha le sue vie e i suoi rami. 

L'Italia spirituale nasce in Provenza, dall'agonia di un'eresia asiatica. 

L'Asia che comincia al di là di Trieste è maledetta e triste, e Trieste di tristezza ne ha già della sua.

Questo viaggio lo volevo iniziarlo da Montségur, montagna asiatica sacrificale, vagina della più segreta Italia. 

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Quello che fu l'ospedale psichiatrico

Quello che fu l'ospedale psichiatrico Triestino è immenso, sprofondato nel verde, in un odore di foresta vergine, i padiglioni sono vuoti o semivuoti, i muri ben coperti di scritte (LA VERITÀ È RIVOLUZIONARIA, LA LIBERTÀ È TERAPEUTICA, LA LIBERTÀ È INCANCELLABILE, PIERO CUL DE TUTI). 

C'è l'aria di spossatezza e di smarrimento che succede all'attimo di trionfo di una rivoluzione: il nuovo Potere deve costringersi, per durare, a non godere soltanto della demolizione compiuta, cosa non facile, presa la rincorsa; si dà a occupare posti più che può ma deve scoprire, con sgomento, che il vuoto fatto è più esteso di quanto immaginasse, e che il nulla non è maneggevole. 

Peculiarità della follia a Trieste: cresciuti i pazzi dopo il ‘45, molti i profughi istriani, gli sradicati dalla terra, dal mondo agricolo e marinaro, la testa gli è scoppiata al contatto della durezza triestina.

Nocivo il matriarcato, specie delle donne slave, viriloidi e castratrici: i figli maschi, non reggendo, impazziscono ...

Un gruppo è sistemato nel lusso sperperato delle sale dell'ex Direzione, l’appartamento si chiama adesso Rosa Luxemburg, dove ogni ospite è un'animula vagula blandula in un prato di asfodeli, vigilato maternamente da Rosa Luxemburg, addomesticato dagli psicofarmaci. 

Sono rimasti in quattrocento, dispersi tra i padiglioni, eppure sembra di esplorare un deserto.

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La Verna in giornata di pioggia

La Verna in giornata di pioggia, umida ma non fredda (26 giugno). 

Nella cappella delle Stigmate una vecchia suora chiede a un antichissimo frate, certamente miracoloso, di benedirla: -... perché quest'anno sono stata sempre male: bronchiti, tossi, raffreddori ...- 

L'interno del santuario è bello e nobilmente teatrale, coi delicati i colori robbiani elegantemente sposati al grigio. 

Usciva dalla cantoria una processione di frati e a vederli da vicino uno per uno, i vecchi e i giovani, parevano più guastati e deformati che redenti e abbelliti dalla vita contemplativa.

Mentre i minori cantavano con le tonsille malate, l'organista scalpicciava insalubre sui pedali, per fortuna a enarrare gloriam Dei ci sono gli uccelli della foresta. 

Vicino alle clausure, un pendolo. Un grande orologio in cifre romane ora nella navata ammutolita fa un rumore d'aspo immemorabile. 

La valle è gonfia di vapore. Incontro due novizi. Uno zoppica. Erano nella processione. Hanno sandali strani, fuori ordinanza ... 

Gli domando se mangiano carne.

- Certo, noi si mangia la carne. Anche San Francesco la mangiava, quando non digiunava; lui non dava importanza a quel che si mangia ... Solo al venerdì si fa di magro, pesce ... 

Veglie notturne? Non più ... Si fa una processione di mezzanotte, tra il giovedì e venerdì, alla cappella delle Sigmate, ma ci va solo chi vuole. 

Noi ci prepariamo una vita di apostolato, in mezzo alla gente.

Studio, poco: perché non ha importanza. San Francesco diceva che la vera Sapienza viene da Dio ... 

(Alla Verna sono una quarantina, tra frati vecchi e novizi, tutti non curanti di avere le stigmate del mattatoio).

Arcobaleno. Le ginestre del Casentino. Sul retro arrugginito di una targa: DIO C'È. La targa dice: ATTENZIONE PROCEDERE CON CAUTELA STRADA DISSESTATA.

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Alle cinque comincia lo spettacolo

Alle cinque comincia lo spettacolo della Frusta nella piazzetta di San Giovanni in Campo.

Sul palco, al centro, la banda del Passatore di Brisighella con gruppo di sue ballerine di tenera unghia, scialbine. 

Gli uomini vere querce, facce energumene, contenti di rappresentare la Banda di Stefano Pelloni con cappellacci e trombone. 

Cristo! Questa è vitalità! 

I brisighelli emettono suoni titanici, note telluriche, quadrati e sghembi, tremendi: Lehar e Valencia trattati dai loro fiati diventano furibonde marce da guerra ... Pum! Pum! Tarapum!

Un vecchiaccio spiritato agita l'asta del comando mentre le femmine obbedienti cincischiano il tamburello e i fratelli della frusta battono il tempo con schiocchi durissimi. 

L'altoparlante annuncia che la porchetta è speciale e che si vende anche a chili. 

Da una stufa mobile, avanzo delle guerre patriottiche, si alzano a volo spaghetti, fagioli, carne ...

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Chi cerca una Gerusalemme

Chi cerca una Gerusalemme puramente spirituale non la cerchi laggiù, al crocevia delle ansie della storia percuotente, perché la celeste ha i suoi luoghi di pace senza tempo altrove.

Al Sacro Monte di Varallo, dove c'è la Nuova Gerusalemme, pellegrino, devi venire! È grande teatro tragico barocco, con scene di smisurato orrore e di sconfinata pietà.

Di cappella in cappella la brutalità della materia si va svelando in tutta la sua forza, calpestando, triturando il verbo in figura di Cristo attraverso un orgia di chiodi, di morte e di smorfie: al culmine, il verbo è mostrato (tanto la certezza dell'Anàstasis è presupposta nel pellegrino da renderne superflua la rappresentazione) nella finzione drammatica del sepolcro. 

Nel portichetto è scritto: “Questo luogo è in tutto simile al Santo Sepolcro di Gerusalemme”, ma non è proprio così, perché là c'è un sacro topografico a cui la malsana follia del dogma cristiano di storicizzare l'evento intemporale taglia le ali, mentre il sacro di Varallo ha l'infallibile purità e la potente sovranità del simbolo.

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Orta è sublime e cimiteriale

Orta è sublime e cimiteriale, avvolta dalle nebbie delle valli. 

Sono in una veranda, di faccia all'isola, e non so da quanto tempo non godevo una visione di tanto Paradiso. 

Poi un motoscafo mi sbarca all'isola di San Giulio, in una pace irreale. 

Riesco a persuadere a una fragile monachina molto giovane e spaventata di ottenermi dalla superiora il permesso di vedere la facciata della Basilicata, che è all'interno della clausura. 

La facciata è piccola, bianca, pulita, come una tovaglia ricavata dalle monache, guarda il lago e aspetta all’Ora ultima, il giorno che sempre sta venendo, o meglio NIENTE avendo in sé una pace che annulla il tempo, cancellando anche l'ultima ora.

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7 - Chi ha preso il treno per Milano

8 - Passato per il museo etnografico del Po

9 - Sabbioneta è città-monumento

10 - Treno per Ventimiglia, notte

11 - La Fiat-Lingotto sarà presto muta

12 - Sera del 29 dicembre, Siena

13 - Questo baretto genovese pieno di fumo

14 - Mezzogiorno di domenica, il porto

15 - Dov'è il crematorio?

16 - Manzoni sembra non guardare

17 - Leonardo riteneva esserci acque sulla luna

18 - L'idiota dice che la Bellezza

19 - Delizioso è il vecchio albergo Universo

20 - Al N. 41 di Via della Zecca

21 - Verso L'Aquila (8 aprile)

22 - Castel del Monte. Qui ritrovi

23 - 11 aprile, domenica di Pasqua

24 - Nell'aria impura del Circo

25 - Dio è la luce dei cieli e della terra

26 - I problemi principali della teologia di Calvino

27 - (Calendimaggio). Piove

28 - Via dell'Anfiteatro

29 - Catania, 4 maggio

30 - Siracusa. In Via Palermo 2

31 - Tra crudeli sfregi e deturpazioni

32 - Pippo, il vecchio barcaiolo

33 - In un lunaparchino dei più miseri

34 - Sfido il giorno nefas

35 - La bara è un carrettino

36 - Girano per Crissolo due marocchini

37 - (Cuneo, 27 maggio). I fasci

38 - Tra Alessandria e Genova stramazzo

39 - Sul lido ghiaioso di Quarto

40 - Cortile immenso; in mezzo era piantato

41 - Milano, 24 giugno

42 - Nella Lampada di Mario Sironi

43 - Strade di Rovereto

44 - Le donne vicentine, bianchissime

45 - La Danza maccabea, nel cimitero

46 - Nel bel cortile del Senato

47 - Vietato l'accesso ai cani

48 - Tutto è più decente, se le vie

49 - A Nemi rivedo Aida

50 - Nella nebbina dell'alba il Po

51 - Le mani toccano il marmo nero

52 - Come ritrovare, tra le infinite pietre

53 - L'Isonzo a Gorizia, chiaro mattino

54 - Il cimitero cattolico di Trieste

55 - Finalmente un piccolo spazio

56 - Trieste, 5 ottobre

57 - Dov'è l'Enel, è la devastazione

58 - Il giovane calciatore leucemico

59 - In viaggio per Palermo

60 - Sparisce il labirinto

61 - Alla putredine ho detto

62 - Dai Teatini c'è serata di preghiera

63 - È un popolo di presi dallo spirito

64 - L'Italsider, a Bagnoli

65 - Lo scarabeo di Sansepolcro

66 - Roma, 19 gennaio

67 - Un po' di neve e un clima da glaciazione

68 - Il senso di humilemque videmus

69 - Il cuore batte a quel fia salute

70 - Pontelagoscuro, 13 aprile

71 - Ritorno il mattino dopo

Guido Ceronetti (Torino, 24 agosto 1927 - Cetona, 13 settembre 2018) è stato un poeta, aforista, scrittore, filosofo, traduttore, giornalista, drammaturgo, teatrante e marionettista italiano.

Uomo di vasta erudizione e di sensibilità umanistica, cominciò a collaborare nel 1945 con vari giornali; la sua presenza sul quotidiano La Stampa ebbe inizio nel 1972.

Insieme alla moglie nel 1970 diede vita al Teatro dei Sensibili, allestendo in casa spettacoli di marionette. 

Le sue marionette esordivano su un piccolo palcoscenico, nel tinello di casa Ceronetti, ad Albano Laziale, dove si consumavano tè, biscottini (i crumiri di Casale) e mele cotte.

Dal 2009 fu beneficiario della legge Bacchelli, in quanto cittadino che ha «illustrato la Patria» e «versante in condizioni di necessità economica».

Venne anche proposto da Vittorio Sgarbi come senatore a vita a Giorgio Napolitano, ma declinò subito l'invito.

Guido Ceronetti, scrittore irriverente, è un artista dai mille volti ed anche traduttore dal latino e dall’ebraico antico. La sua rilevante produzione letteraria è di un autore senza pari.

Ceronetti è anche un vegetariano convinto e sostenitore animalista, il suo motto è che per essere diversi bisogna iniziare dal nutrimento.

Attento alle tematiche ambientali, era noto per essere un acceso sostenitore del vegetarismo e dei diritti degli animali, e per una pratica di vita estremamente frugale, quasi da moderno anacoreta.

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