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Baroni e contadini, insieme con i "Contadini del Sud" di Scotellaro e "Le parrocchie di Regalpetra" di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno.
Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.
ASCOLTA i PODCAST dell’intero libro capitolo per capitolo
Il pane dei Torlonia
Maggio 1949
La terra dell'Abruzzo e rossa.
Un rosso che affiora tra le radici degli ulivi e delle viti, sotto la pelle grigia delle montagne nude.
Dopo Arsoli (l'ultimo paese della Lazio, venendo da Tivoli) la strada si arrampica oltre mille metri sull'orlo dei dirupi, fino a Tagliacozzo, poi comincia a scendere verso Avezzano, tra i filari dei platani e il verde più tenero delle piante.
Si annuncia il Fucino, la cui terra è invece diversa, grassa e molle, ancora fresca di passi degli uomini.
Avezzano è il centro più importante del Fùcino.
Le case basse, al massimo di due piani, sono state ricostruite dopo il terremoto che sconvolse nel 1915 la Marsica.
Una cittadina di 24.000 abitanti, con 70 avvocati, 25 medici, 30 veterinari (di cui 25 disoccupati), 500 impiegati, il Tribunale, il liceo, una scuola magistrale gestita dal comune, una scuola di avviamento industriale, alcune piccole industrie e lo zuccherificio di proprietà del Principe Torlonia che è anche il proprietario del Fùcino. Il nome dei Torlonia è il primo che si sente entrando in città: la piazza principale, dov’è il municipio si chiama Torlonia e al Torlonia sono intitolate altre strade di Avezzano.
Tutti, chi più chi meno, hanno da fare con lo zuccherificio o con l'amministrazione del principe o con la Banca del Fucino.
Luoghi narranti narrati o citati: Arsoli - Tivoli - Tagliacozzo - Avezzano - Piazza del Municipio - Fùcino - Ortucchio - Trasacco - Luco (dei Marsi) - Pescina - Aielli - Cerchio - San Benedetto (dei Marsi) - Gioia dei Marsi - Collarmele - Marsica - Celano - Velino (monte) - Gran Sasso - Sulmona - Collelongo
Ascolta "Il pane dei Torlonia da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Un americano a Lagopesole
Aprile 1949
Il contadino Coviello Domenico, anni 65, vedovo, mezzo storto, di Lagopesole, coltiva in affitto 4 tomoli, oltre un ettaro e mezzo di terra, di proprietà del principe Doria, e possiede un porco e due galline.
Raccoglie 7 quintali di grano e quattro di granoturco, quando l'annata è buona.
«domandategli», mi disse il giornalista americano, «quanto paga all'anno al proprietario». «Tre quintali di grano».
Il giornalista scrisse in inglese sul taccuino.
Eravamo arrivati a Lagopesole verso mezzogiorno partendo da Potenza alle 9 di mattina, attraverso strade rese infide dalla neve.
Il giornalista Theodoro White, con gli occhiali, un dente d'oro, l'impermeabile e le galosce, aveva acquistato a Potenza un maglione e un paio di guanti di lana.
Non immaginavamo di trovare nel Sud un tempo così cattivo.
Anzi White era convinto che avrebbe fatto caldo.
A Roma pioveva il giorno della partenza, ma fino ad allora c'era stato il sole.
Ora ci trovavamo nella cucina dell'amministratore del principe Doria, il più grande proprietario della Lucania, che possiede 3.000 ettari di terreno seminativo e 4.500 ettari di terreno boschivo soltanto al Lagopesole, oltre a un castello medievale costruito da Federico di Svevia.
A Lagopesole vivevano circa mille famiglie, in maggioranza di affittuari e di piccoli e miseri proprietari, in catapecchie abbarbicate al dorsale della montagna, ai piedi del possente Castello.
Luoghi narranti narrati o citati: Lagopesole - Potenza - Tolve - San Costantino Albanese - Betlemme (Potenza) - Lavello - Cerignola - Vietri (di Potenza)
Ascolta "Un americano a Lagopesole da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
I pescatori di Terracina
Giugno 1949
Massi Ercole di Terracina, di professione pescatore, è stato quattordici anni nella Marina Militare ed è diventato un po' miope a forza di lavorare sotto coperta nel locale delle macchine.
Per questo tiene a portata di mano un paio di occhiali di tartaruga cui manca una stanghetta e, ogni tanto, l'inforca per cercare qualche maglia sfuggita nella rete lunga 600 braccia a cui, insieme con altri pescatori, sta aggiungendo un pezzo nuovo.
Della permanenza al servizio della Flotta ha conservato un certo tono di comando e una diligenza accurata che gli fa dare esortazioni a bassa voce ai compagni indicando quando si deve stringere un nodo e dove lo spago è stato lasciato un po' lento.
La rete è tesa in tutta la sua lunghezza sulla spiaggia vicino al muretto della strada e i pescatori, quasi tutti con i capelli grigi, maneggiano i lunghi aghi di legno senza parlare.
La guerra è passata da qualche anno su Terracina, che fu più volte contesa dai tedeschi e dagli alleati, ma ancora ne restano intorno le tracce vive: i mucchi delle macerie al margine della strada, un'aria di desolazione e di solitudine.
È come se lo spavento degli uomini si sia incorporato alle cose, alle pietre delle case, al mare.
Anche il picco di fronte a Monte Sant'Angelo dove sono i resti del tempio di Anxur sembra sia rimasto scosso dalle cannonate dalle bombe che ne hanno qua e là scalfito i fianchi.
Luoghi narranti narrati o citati: Terracina - Tempio di Anxur (Giove Anxur) - Anzio - Formia - Gaeta - San Felice (Circeo) - Sperlonga - Minturno - Torre Fogliano (foce Rio Martino) - Lago di Paola - Lago di Fogliano - Lago di Caprolace - Maria Santissima del Carmine
Ascolta "I pescatori di Terracina da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Il risveglio di Napoli
Agosto 1949
Il dottor E.G. appartiene alla buona società napoletana.
È un giovane intelligente che dirige un importante ufficio della città.
È iscritto al circolo dei canottieri e ogni domenica assiste alla partita di pallanuoto che ha luogo nello specchio di mare di Santa Lucia, vicino alla Bersagliera e a Zi’ Teresa, tifando per il suo club.
Talvolta, quando il lavoro glielo permette, si reca a consumare un gelato da Caflisch al lungomare, con gli amici, figli di industriali o giovani appartenenti alla vecchia nobiltà napoletana, che hanno conservato le abitudini di una tradizione di ricchi.
Il dottor E.G. mi accompagnerà in un giro per Napoli.
E.G. infatti, anche se indossa ora un bel vestito grigio e una linda camicia di seta, fino a due o tre anni fa si poteva trovare tutto nero e sporco in un basso della Napoli vecchia, tra Forcella e Porta Capuana, in un vicolo stretto come un budello e privo di sole, Vico Maiorana.
Lì vendeva carbone per sostenere sé e la sua famiglia che aveva perduto ogni altro mezzo di sussistenza.
Ripercorriamo ora queste strade e la nostra passeggiata a tutto il senso di un reale ritorno.
Luoghi narranti narrati o citati: Napoli - La Bersagliera (dal 1919 ristorante) - Zi’ Teresa (ristorante) - Caflisch (Luigi 1825) - Forcella - Porta Capuana - Vico Maiorana (Maiorani) - Borgo Loreto - Pallonetto - Via Mariano Semmola - Gradelle di Santa Barbara - Vomero - Via Roma - San Gregorio degli Armeni - Navalmeccanica - Ilva di Bagnoli - Capri
Ascolta "Il risveglio di Napoli da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Don Giovanni e il lotto
Agosto 1949
A chi viene dalla via Stella Polare, ai margini di Napoli, dove sono larghi spiazzi ripuliti delle macerie delle case distrutte, Borgo Loreto appare come un quartiere orientale col suo agglomerato di catapecchie da cui emerge il campanile della chiesa della Madonna del Carmine.
In una via di Borgo Loreto, che era durante l'occupazione uno dei quartieri più malfamati di Napoli, mi aspettavano Don Giovanni il Boia e Pascale ‘o Salaiuolo.
Don Giovanni il Boia è uno di quelli che è riuscito a salvarsi dalla crisi generale determinatasi a Napoli, dopo la partenza degli alleati.
Non fa nessun mestiere particolare ne ha messo su un commercio con i soldi guadagnati alla borsa nera, sfumati anche per lui come è capitato a tutti, ma ha trovato il mezzo di vivere ancora «in quella maniera»; a lui fanno capo infatti i giornalisti e i fotografi americani desiderosi di penetrare nei bassifondi, di fotografare gli scugnizzi che dormono all'addiaccio e a lui fanno capo i registi dei film realistici.
In questi giorni a Napoli se ne stanno girando due e le macchine da presa sostano in Galleria o in mezzo alle strade: da poco Don Giovanni ha finito di lavorare in uno di questi.
Egli è capace di pescare tutto ciò che un regista cinematografico può desiderare: figli soldati negri, bande di scugnizzi e di pezzenti, tutte comparse brave e a poco prezzo.
E, in realtà, con Giovanni il boia è possibile cogliere un altro degli aspetti di questa Napoli del dopoguerra, penetrare nel sottosuolo della città per distinguere sotto la folla anonima il filone di coloro che la miseria ha spinto alla malavita, alla truffa e alla prostituzione.
Luoghi narranti narrati o citati: Via Stella Polare - Borgo Loreto - Chiesa Madonna del Carmine - Galleria - Borgo Sant’Antonio - Via Veneto - Santa Lucia - Nola - Madonna di Montevergine - Piazza Garibaldi - Granili - Grotte di Mergellina - Chiostro di Monteoliveto - Palazzo della Posta - Porto - Bar Falco
Ascolta "Don Giovanni e il lotto da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Un paese solitario
Dicembre 1949
Le stazioni della linea ferroviaria Sibari-Crotone portano i nomi di paesi invisibili, nascosti fra le curve dell'Altopiano.
Pietrapaola è una di questi paesi, a sessanta chilometri da Crotone, e la sua stazione è uno dei tanti piccoli dadi disseminati lungo la ferrovia in aperta campagna, di fronte al mare deserto da cui i gabbiani volano a volte fino a terra a mescolarsi coi passeri.
Qualche casamatta in cemento armato, colle occhiaie vuote di cannone, e qualche fosso anti sbarco testimoniano che qui durante la guerra c'erano stati degli uomini. Ora la campagna è deserta come il mare, senza una casa.
Solo qua e là la terra, coperta di stoppie, cambia di colore seguendo il lento cammino di coppie solitarie di buoi.
Finiscono qui le terre dei Barraco, dei Berlingeri e dei Galluccio per cominciare quelle di Pietrapaola.
Sono l'unico viaggiatore che scende alla stazione di Pietrapaola.
Non c'è nessun mezzo di trasporto per salire al paese.
Il capostazione, il manovale e un oste che vende il vino per i braccianti che lavorano sulla ferrovia mi si fanno incontro con meraviglia.
Nessuno ha neppure un carretto.
Solo il postino dispone di un vecchio asino che sta caricando con il sacco della posta e una cassa che è arrivata per il prete.
Mi rivolgo a lui per chiedergli se può procurarmi almeno un asino per il viaggio.
È un giovane basso e magro, vestito come una giacca di velluto verde e un paio di pantaloni stinti.
Mi risponde con un sorrisetto che anche con un asino non sarà possibile arrivare al paese prima del tardo pomeriggio. E siamo appena alle undici di mattina.
Luoghi narranti narrati o citati: Pietrapaola - Crotone - Stazione di Pietrapaola - Mandatoriccio - Tarsia - Rossano
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La gerarchia del latifondo
Gennaio 1950
A Isola Capo Rizzuto è possibile cogliere l'articolazione sociale ed economica del latifondo calabrese, scrutare gli intricati rapporti che legano gli uomini alla terra. Qui la proprietà non ha subito nessuna di quelle frane che si sono verificate in altri paesi del Crotonese, ed è ancora legata ai vecchi nomi baronali dei Baracco, dei Berlingieri, dei Galluccio, dei Gaetani, che continuano a governare da secoli con i loro scrivani, i loro tavoli tarlati, i vecchi registri polverosi.
Isola Capo Rizzuto dista venti chilometri da Crotone, ma è come se fosse distante da ogni centro civile.
È veramente un'isola in un mare di terra desolata, che si estende monotona allo sguardo, interrotta solo darà dei piantagioni di olivi e da boschetti di alberi infruttiferi davanti a cui è posto un cartello: «Divieto di caccia».
Queste tre parole sono le uniche scritte che si leggono insieme con le lettere DDT marcate sulle porte delle case, per le strade che portano i paesi del Crotonese.
I boschetti, come le grandi tenute di Oliveto della Portella del barone Galluccio o quella di Policoro del barone Berlingieri, sono riservati alla caccia.
Presso Isola il barone Baracco possiede un bosco dove è ancora possibile incontrare dei danni.
La caccia è, in realtà, l'unica passione della nobiltà calabrese.
Luoghi narranti narrati o citati: Isola Capo Rizzuto - Crotone - Oliveto della Portella - Policoro - Strongoli - Cutro - Melissa - Sila - San Giovanni in Fiore
Ascolta "La gerarchia del latifondo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Incontri in Calabria
Gennaio 1950
La stazione
Le tappe del mio viaggio nel Crotonese sono contrassegnate dalle lunghe soste alle stazioncine disseminate lungo la ferrovia.
Mi passano dinanzi agli occhi le facce del capostazione di Cassano, di quello di Pietrapaola e di quello di Strongoli.
Bisognerebbe scrivere la storia di questi eremiti moderni.
D'inverno un vento forte che viene dal mare batte le costruzioni isolate e sembra stia sempre per strapparle via, di peso, rotolandole lungo le gobbe del terreno. D'estate il sole cade a picco, le inchioda mentre, intorno, tutto è terra bruciata e le selci bianche, tra le traverse dei binari, rimandano splendori allucinanti.
Qui vivono per anni il capostazione, l'applicato, il manovale, tutti i giovani che cominciano la carriera.
Il cappello, con fregio dorato e la cupola rossa, è appeso a un chiodo sotto il vecchio orologio.
La moglie del capostazione, la sera, rammenda i calzini con il filo di un grosso gomitolo nero, sotto il lume a petrolio che sostituisce la luce elettrica che spesso manca.
Luoghi narranti narrati o citati: Cassano (Allo Ionio) - Pietrapaola - Strongoli - Crotone - Sibari - San Nicola dell’Alto - Taranto - Catanzaro - Reggio Calabria
Ascolta "Incontri in Calabria da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Il colcos di Pocaterra
Marzo 1950
Tonini è un contadino padovano di una quarantina d'anni.
Parla con quel dialetto stretto che usano nelle campagne venete e, anche quando si esprime in italiano, pronuncia le parole con una cadenza canterellante.
È seduto sul muricciolo dinanzi al magazzino del consorzio a Borgo Sabotino, uno dei sedici borghi dell'Agro Pontino, che porta come tutti gli altri il nome di un campo di battaglia dell'altra guerra.
Sono con lui altri quattro coloni tutti veneti.
Borgo Sabotino è a pochi chilometri dalla costa e possiede una spiaggia frequentata d'estate dalle famiglie degli impiegati di Latina con cui è collegato da una corriera che passa puntualmente alle nove e alle quattordici.
È il centro sociale della zona dove la domenica vengono dai poderi vicini i coloni a riempire le due osterie e a vedere il cinema: vi sono la chiesa, il mulino e cinque case costruite alla maniera di quelle di Latina.
Ma qui la campagna e la presenza dei coloni fa sentire il pulsare di una vita.
Qui, nel 1934, quando le case erano ancora fresche di calce, furono trasferiti direttamente dai loro paesi Tonini e gli altri coloni.
Ma, dopo sedici anni, si sentono ancora estranee, come delle piante sradicate che non abbiano affondato completamente le nuove radici.
Il fascismo tentò nell'Agro, fino al 1941, un vero e proprio esperimento di collettivizzazione agricola.
«Era una specie di colcos», dice Nardin per rendere l'idea.
«Ma noi non siamo fatti per i colcos».
Luoghi narranti narrati o citati: Borgo Sabotino - Latina - Anzio - Aprilia - Borgo Piave - Sabaudia - Pontinia - Pomezia
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Le bandiere di San Severo
Maggio 1951
San Severo è un paese vasto, intersecato da lunghe strade, che si aprono tra file di case costruite senza una precisa architettura.
Si è esteso, come tutti i paesi del Tavoliere, senza una regola.
Conta 50.000 abitanti.
I proprietari e in genere il ceto medio, impiegati e commercialisti, abitano quasi tutti al centro.
Nei «riali», che si prolungano fino all'estrema periferia, sono le abitazioni dei contadini poveri e dei braccianti.
Alcune di queste strade si chiamano con nomi significativi: Via Perseveranza, Via Progresso, Via Libertà, Via Riforma.
Qui, in una stanza, il sottano, vive una famiglia di dieci persone, a volte con l'asino o il mulo accanto al letto.
All'alba gli uomini partono, con la zappa legata al manubrio di una vecchia bicicletta, per la vigna o il pezzo di terreno, lontani, a volte, molti chilometri.
La mattina presto, per le strade del paese, i garzoni dei vaccari portano a vendere il latte a domicilio agitando un campanaccio, di quelli che si mettono al collo delle mucche.
Anche l'acqua si vende a domicilio.
Per la maggior parte le case di contadini sono prive di condutture di acqua e le fontane pubbliche sono poche.
Per 10 lire si acquistano dall'acquaiolo 20 litri di acqua buona.
Ma il progresso si è stabilizzato solidamente a San Severo, come dimostrano le numerose insegne luminose al neon.
All'imbrunire i negozi del Corso e i bar della Piazza del Municipio accendono la insegne luminose.
Luoghi narranti narrati o citati: San Severo - Via Riforma - Piazza del Municipio - Camera del Lavoro - Foggia
Ascolta "Le bandiere di San Severo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Il calzolaio di Gravina
Maggio 1951
La ferrovia che da Gioia del Colle porta a Gravina attraversa un paesaggio brullo e malinconico.
Gli orti, gli agrumeti, i filari di alberi da frutta, che si succedevano senza intervalli, lungo la costa, fino a Bari, hanno ceduto il posto, nell'interno, ha una terra da cui affiora una pietra grigia e porosa come quella della pomice.
Con queste pietre i contadini hanno costruito muretti per delimitare i fondi o hanno elevato grossi mucchi sul terreno.
È la terra delle Murge, l'altro volto della Puglia, quello che essa ha in comune con il Mezzogiorno agricolo arretrato e depresso.
Su questo terreno sassoso pascolano le greggi e gli olivi gracili sembrano alberi selvatici, dove sorge qualche casale che pare abbandonato.
Gravina è all'inizio di un altopiano dove la pietra è scomparsa e il terreno è verdeggiante e più fecondo.
La strada che conduce il paese è larga e in discesa.
Sui muri delle case sono affissi dei manifesti semi strappati: alcuni inneggiano a De Gasperi e al ministro Petrilli, che è venuto giorni fa a tenere un discorso sulla riforma agraria, altri ai Comitati della terra, organizzati dai comunisti.
Un grosso avviso annuncia che il territorio di Gravina è stato compreso nella legge stralcio.
Oggi, che è domenica, i carretti riposano in fila, con le stanghe in aria, dinanzi alle stalle, stanzoni dove sono depositate le selle e sono allineati alle mangiatoie cavalli e muli.
La strada è piena dell'odore della paglia e del letame.
Luoghi narranti narrati o citati: Gioia del Colle - Gravina (in Puglia) - Museo Santomaso - Murge - Altamura
Ascolta "Il calzolaio di Gravina da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Gli ebrei di San Nicandro
Maggio 1951
La ferrovia che da Gioia del Colle porta a Gravina attraversa un paesaggio brullo e malinconico.
Gli orti, gli agrumeti, i filari di alberi da frutta, che si succedevano senza intervalli, lungo la costa, fino a Bari, hanno ceduto il posto, nell'interno, ha una terra da cui affiora una pietra grigia e porosa come quella della pomice.
Con queste pietre i contadini hanno costruito muretti per delimitare i fondi o hanno elevato grossi mucchi sul terreno.
È la terra delle Murge, l'altro volto della Puglia, quello che essa ha in comune con il Mezzogiorno agricolo arretrato e depresso.
Su questo terreno sassoso pascolano le greggi e gli olivi gracili sembrano alberi selvatici, dove sorge qualche casale che pare abbandonato.
Gravina è all'inizio di un altopiano dove la pietra è scomparsa e il terreno è verdeggiante e più fecondo.
La strada che conduce il paese è larga e in discesa.
Sui muri delle case sono affissi dei manifesti semi strappati: alcuni inneggiano a De Gasperi e al ministro Petrilli, che è venuto giorni fa a tenere un discorso sulla riforma agraria, altri ai Comitati della terra, organizzati dai comunisti.
Un grosso avviso annuncia che il territorio di Gravina è stato compreso nella legge stralcio.
Oggi, che è domenica, i carretti riposano in fila, con le stanghe in aria, dinanzi alle stalle, stanzoni dove sono depositate le selle e sono allineati alle mangiatoie cavalli e muli.
La strada è piena dell'odore della paglia e del letame.
Luoghi narranti narrati o citati: San Severo - San Nicandro (Garganico) - Gargano - Corso Umberto I - Apricena
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L'inventore di Salerno
Dicembre 1951
Il Circolo Sportivo è, a Salerno, in Via Roma, la strada che separa in due la città: da una parte il porto, il lungomare, i grandi palazzi pubblici, dall'altra i quartieri «popolari» delle Fornelle e dei Barbuti, con i vicoletti che si diramano dall'antico corso, Via Mercanti, stretto e tortuoso, dove i negozi si aprono l'uno accanto all'altro e la gente si urta passando.
Il circolo è frequentato da professionisti, da commercianti, da laureati all'inizio della carriera e da giovani che non sanno come impiegare diversamente la giornata.
Vi si gioca a scopone o a poker, si ascoltano le canzonette napoletane o l'opera lirica alla radio al Circolo Sportivo è tenuta in grande considerazione la generosità dell'animo, che si dimostra nel non essere mai avari di sigarette o restii a offrire una consumazione al bar.
Vi si impara che si può offendere seriamente una persona, conosciuta da appena mezz'ora, non accettando una bibita o un caffè.
Luoghi narranti narrati o citati: Salerno - Circolo Sportivo - Via Roma - Rione delle Fornelle - Quartiere dei Barbuti - Via Mercanti - Vallo di Diano - Positano - Lungomare di Salerno - Corso Vittorio Emanuele - Cassino - Paestum - Vicolo dell’Ecce Homo (oggi Vicolo San Trofimena) - Vecchia Cattedrale di San Matteo
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Il paese degli americani
Agosto 1954
Il Vallo di Diano, venendo col treno da Sicignano, si spalanca inaspettatamente dopo la stazione di Polla: fino ad all'ora si è percorsa una zona collinosa che, pur essendo di colori meno spenti, fa pensare alle Montagne Lucane.
Ma la diversione della ferrovia porta in un paesaggio diverso: una vasta pianura coltivata da alberi di frutta, erba medica, grano, una terra feconda e ricca che produce di tutto.
Padula è uno dei paesi del Vallo, quasi ai suoi confini; domina la vasta distesa da una collina dalla quale si iniziano i contrafforti dell'Appennino Lucano, nella prima parte denudati di alberi e, fino a qualche anno fa, prima che fosse deciso il rimboschimento, riservati al pascolo delle pecore, attività che ora languisce.
Dopo questi brulli dorsi montani comincia il bosco, uno dei più vasti del meridione, che si estende fino a Mandrianello e si staglia contro il cielo.
Nelle sue forre si consumarono orribili omicidi, trovarono rifugio e libertà i briganti di cui ancora vive il ricordo aureolato di leggenda.
Luoghi narranti narrati o citati: Vallo di Diano - Sala Consilina - Sicignano (degli Alburni) - Stazione di Polla (ex) - Padula - Certosa di San Lorenzo - Mandrianello (Oasi di Mandranello)
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San Rocco e il mago
Ottobre 1954
La processione di San Rocco dura quasi sei ore.
Comincia verso le 17 e solo alle 21.30 passa per il corso dove la folla si schiaccia ai muri delle case.
La statua si ferma ogni mezzo metro per permettere ai fedeli di fare le offerte.
Un uomo del Comitato prende dalle mani del devoto il biglietto o lo raccoglie al volo, lanciato da una finestra e da un balcone e lo appunta, con uno spillo, alla veste del Santo.
Per la festa di San Rocco arrivano maghi e cartomanti.
Quest'anno ce ne sono due: Madama Bruna, che alloggia allo stesso albergo dove ogni mercoledì scende un professore dell'Università di Napoli, l'altro abita in un alberghetto, in un piccolo vicolo che ha il vantaggio di dare sul corso.
Così tutti vedono i due manifesti che dicono: «Mago internazionale del Lago di Como. Fervente cultore di chiromanzia scientifica, diplomato con medaglia d'oro e tre d'argento. Con i consigli del mago del Lago di Como avrete un avvenire di sicura felicità. Gratuito per i poveri. Massima segretezza».
Luoghi narranti narrati o citati: Torre Annunziata - Potenza - Nola - Benevento - Lago di Como - Napoli
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L'avvocato dei contadini
Ottobre 1954
In che modo i comunisti siano riusciti a conquistarsi la simpatia, e, spesso, la fiducia dei contadini meridionali, legati a tradizioni religiose umane opposte alla ideologia che si rappresentano, l'ho potuto capire a Potenza dove ho conosciuto il signor Laus organizzatore contadino e dirigente dell'Associazione dei Contadini del Mezzogiorno.
Laus è di Rionero, un paese del Vulture, e, come dice il nome, discende da vecchi immigrati albanesi.
Fino a otto o nove anni fa era, anche lui un «cafone», è un uomo di bassa statura, bruno, un po' sperato, dagli occhi vivi e furbi, dalla faccia intelligente e dalla parola persuasiva.
L'associazione è sorta relativamente da poco, è stata creata nel 1951, quando i comunisti si accorsero che la Federterra, in cui erano organizzati insieme braccianti e coltivatori diretti, era guardata da questi ultimi con diffidenza perché troppo «politica» e perché, spesso, difendeva interessi diversi e fra loro contrastanti.
L'Associazione è invece uno di quegli organismi «articolati» che svolgono attività strettamente aderenti agli interessi e i problemi di una categoria.
In tre anni ha raggiunto, in provincia di Potenza, 10.000 iscritti e gode di una grande popolarità.
Luoghi narranti narrati o citati: Potenza - Rionero (in Vulture) - Borgata San Francesco (PZ) - Ruvo (del Monte) - Rapone - Muro Lucano - San Fele
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I segreti di Potenza
Dicembre 1954
Potenza conta con le frazioni contadine 34.000 abitanti.
È raccolta sul crinale di una montagna, alta circa 850 metri sul mare, e fa una bella impressione con i palazzi moderni schierati come in parata.
Nel dopoguerra ha avuto un grande sviluppo edilizio: sono sorti quartieri nuovi a Montereale, a Santa Maria, a San Rocco, alla stazione ferroviaria.
Tutto con i soldi dello Stato.
L'arcivescovado si è costruita una sede grandiosa.
Una chiesa di indescrivibile bruttezza, con un campanile che sembra un silos è stata elevata alle pendici di Montereale.
È stata come mi dice P.C., l'epopea dei geometri.
Solo che queste case fabbricate da vari enti e cooperative, sono state assegnate quasi tutte a categorie privilegiate secondo l'indirizzo, del resto generale, della politica edilizia in Italia.
Almeno 800 famiglie e cioè 5.000 o 6.000 persone vivono ancora in sotterranei bui e antigenici, isolati, Potenza è rimasta, insieme a Benevento, Matera e Foggia la città dove l'indice di affollamento è il più alto d'Italia.
Luoghi narranti narrati o citati: Potenza - Quartiere Monte Reale - Quartiere Santa Maria - Quartiere San Rocco - Stazione Ferroviaria - ex-Ospedale San Carlo - Piazza Matteotti - Porta Salsa (Portasalza) - Piazza Mario Pagano - Via Pretoria - Teatro Comunale Francesco Stabile - Laghi di Monticchio - Rifreddo - Amalfi - Positano
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Gaeta abbandonata
Febbraio 1955
Nel «Salone» di Piazza Roma che, sul molo, si allarga in uno spiazzale fangoso dove posteggiano carrozzelle e due o tre macchine, c'è una strana animazione.
I due Barbieri (uno giovane, con folti mustacchi, l'altro, più anziano, con capelli rossicci) si fanno continuamente sulla porta.
Sono appena arrivato a Gaeta e non conosco nessuno.
Sono il primo cliente di questo pomeriggio.
Piove rado e il mare sembra morto, quasi non si sente.
Scendendo con la macchina dal bivio di Formia, ho costeggiato per circa 2 km, alla mia destra, case popolari a due o tre piani, spesso con festoni di panni alle finestre, e, alla mia sinistra, file di barche allineate sulla spiaggia, reti da pesca appese a pali.
Luoghi narranti narrati o citati: Gaeta - Piazza Roma - Castello Angioino - Via Indipendenza - Quartiere Porto Salvo - Porta di Terra - Piazza Sebastiano Conca - Duomo di Gaeta (Cattedrale dei Santi Erasmo e Marciano e di Santa Maria Assunta) - Piazza Traniello - Quartiere Santa Lucia - Ospizio delle Suore dell’Annunziata - Gallicianò - Terracina - Formia - La Spezia - Viareggio - Caffè Triestina - Spiaggia di Serapo - Polveriera Carolina - Polveriera Ferdinando - Mausoleo di Munazio Planco - Pineta di Monte Orlando - Batteria di Dente di Sega - Polveriera Trinità - Torrione Francese
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Le capanne di San Cataldo
Gennaio 1955
Per arrivare a San Cataldo bisogna inerpicarsi con la «campagnola» per una mulattiera tutta gobbe e improvvisi scoscendimenti, che si avvolge alla costa della montagna e si addentra poi nel bosco.
L'anno scorso, quando l'Ente di Riforma non aveva ancora la «campagnola» e anche quest'inverno, quando il fango troppo spesso s’avvinghiava alla macchina imprigionandola, il capo azienda Pasquale Tripputi, un giovane dottore in agraria, e gli altri due giovani tecnici che mi accompagnano, Mario Ciranna e Bonaventura Sanza, hanno fatto spesso questo percorso a cavallo.
Tripputi ha rischiato due o tre volte di annegare nella fiumara ingrossata dalla pioggia.
Siamo partiti verso le nove da Potenza e andiamo nel cuore del feudo, ora espropriato, dei principi Ruffo di cui avevo intravisto a Ruoti il castello, una costruzione simile più a una fortezza che ha una dimora principesca.
Il vecchio principe, morto da pochi anni, ci veniva l'estate e appariva ogni tanto sul balcone.
Era altissimo, tanto che camminava curvo, gli occhi sempre in movimento, uno sguardo un po' stralunato.
L'erede è la figlia ventenne a cui sono rimasti il castello e i boschi i quali fanno corona l'altopiano montagnoso che, un tempo, ricoprivano tutto.
Luoghi narranti narrati o citati: San Cataldo - Ruoti - Potenza - Scanzano (Jonico) - Metaponto - Bagni di San Cataldo - Avigliano - Bella - Pignola - Montocchio
Ascolta "Le capanne di San Cataldo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
Ritorno nel Fùcino
Aprile 1955
I picchi della catena montana del Velino, che circondano la conca del Fucino, sono ancora ricoperti di neve.
Ad Avezzano si respira un'aria fine che sembra dare più forze.
La vita ha un ritmo più vivace di sei o sette anni fa.
Per le strade passano in fretta la mattina, impiegati dell'Ente Fucino, il traffico automobilistico è notevole dato l'aumento anche delle macchine private.
Per tanti segni ci si accorge che il tenore di vita è migliorato: dai vestiti che la gente indossa alle vetrine dei negozi che espongono cucine a gas o apparecchi radio, ha un nuovo elegante ristorante che prospera grazie alla clientela dei funzionari dell'Ente o di tutti coloro che, avendo un rapporto con l'Ente, vengono ad Avezzano.
Come in tutte le cittadine del Sud, ci sono, durante il giorno, periodi in cui la vita sembra stagnare: tutti sono negli uffici o nelle case e sostano solo gruppetti di contadini, «assegnatari», davanti al palazzo che era, un tempo, dell'amministrazione del Torlonia e dove ora è la direzione dell'Ente è rimasto ancora sull'architrave del portone, inciso a grandi caratteri, il nome Torlonia.
La sera le lunghe strade di Avezzano calavano nel buio: sì riempiono i tre cinematografi, restano accese le luci dei tre caffè della piazza fino a mezzanotte, di fronte alla chiesa accanto a cui è stato impiantato, in questi giorni, un luna-park.
Il visitatore che ritorna ad Avezzano, dopo sei o sette anni, nota questo miglioramento che, del resto, è avvenuto un po' dovunque in Italia, con il ristabilirsi di condizioni di vita normale e in virtù di un naturale progresso, ma, nello stesso tempo, se parla del Fucino, coglie una sensazione di disagio e di circospezione in coloro che si avvicina.
Luoghi narranti narrati o citati: Fùcino - Catena del Velino - Avezzano - Maremma - Celano - San Benedetto dei Marsi - Caroscino (Caruscino) - Trasacco - Borgo Ottomila - Quartiere Bacinetto - Incile
Ascolta "Ritorno nel Fùcino da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo" su Spreaker.
L’AUTORE
Giovanni Russo nel «Mondo» di Mario Pannunzio e poi nel «Corriere della Sera», ha descritto la realtà meridionale e denunziato gli errori della politica meridionalistica.
È stato membro del comitato direttivo de «L'Europeo».
Con Baroni e contadini vinse nel 1955 il Premio Viareggio.
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Fotografo documentarista geografico dal 1977; 40 anni da viaggiatore resiliente in Italia, oggi Divulgatore Geografico - Storyteller - Travel Blogger - Podcaster; Meridionalista innamorato dell'Italia, narro e faccio conoscere il Bel Paese, il più grande giardino emozionale diffuso.
Nel 2005 apro il blog Penisolabella seguito da Agricoltour e Va dove (ti) Porta il Treno e mi ritrovo ad essere l'unico blogger a raccontare l'Italia minore con la M maiuscola


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