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Lettura del libro Il Bel Paese di Antonio Stoppani

Calabria: Scalea e la Riviera dei Cedri


Scalea (Scalìa in calabrese, Skalia in greco bizantino) è un comune della provincia di Cosenza in Calabria.
Negli anni è riuscita a diventare meta turistica rinomata nonché uno dei più vasti agglomerati urbani dell'Alto Tirreno Cosentino. 


Da Cirella, la Statale 18 Tirrenica Inferiore, prosegue con rettilinei seguendo  la costa nella zona del Fiume Lao, lunga circa 10 km e larga 3, oggetto di valorizzazione agricola.
Varcato il fiume alla sua foce, con altri rettilinei si è a Scalea, pittoresca cittadina disposta a gradinate (donde il nome) su un poggio alla base del Promontorio di Capo Scalea, a dominio del mare e della Piana del Lao.
È centro agricolo con risorse industriali e frequentata stazione balneare.
L'abitato, che conserva resti di Mura Medievali ed antiche viuzze strette e tortuose, si è molto sviluppato verso la spiaggia, bella ed estesa, dominata dal roccioso promontorio detto “Isola di Scalea” (perché in origine era staccato dalla costa), sormontato dalla Torre Talao.
Qui è sorto un importante centro balneare, con buone installazioni e 2 campeggi ben attrezzati. [clicca qui per acquistare l'e-Book «Viaggio in Calabria con Alexandre Dumas»]

SCALEA

Regione: Calabria
Provincia: Cosenza CS
Altitudine: 10 m slm
Superficie: 22,56 km²
Abitanti: 11.022
Nome abitanti: Scaleoti


GENIUS LOCI
(Spirito del Luogo - Identità materiale e immateriale)

Alle spalle i contrafforti del Monte Pollino e di fronte il mare.
Un Borgo marinaro che il toponimo greco lo identifica come approdo di navi, in cui oggi, alla fonda restano solo grossi scogli fantasmi color antracite.
Un Borgo che fonda il lontano passato nel Paleolitico che interessa agli archeologi, e agli storici tra antiche memorie Romane, Greche, Lucane, Turche, Normanne, Sveve ed Angioine, tra torri, tradimenti e rivolte popolari contro le prepotenze feudali.

Dove in passato spiccavano tra le Donne Scaleote, non poche bionde, un tipo fatto di sole, molto raro in Calabria e che si potrebbe spiegare soltanto pensando che anticamente qui avevano dimorato per molto tempo i Normanni. 
Il centro storico serrato attorno ad un colle, percorso da ripidi vicoli fatti a scale.
La protezione Cristiana e popolare, affidata alla Beata Vergine del Carmelo e le feste in ricordo delle antiche tradizioni marinare. 




ORIGINE del NOME
(Toponomastica)

Il nome del centro è ricordato nell'anno 1324 «In Castro Scalee», si ritiene in genere derivata da "scala": «infatti i suoi edifici vennero costruiti su una rupe triangolare, l'uno sopra l'altro; quindi il nome Scalea» sebbene non sia sicuro che Scalea, in dialetto Scalia, rifletta l'italiano scalea "gradinata", o non, piuttosto, un Greco *σχαλìα "approdo per navi", ricordando Scalea, contrada di Taurianova  e Scalia, contrada di Staiti (RC), nonché Scalì, Scalia, cognomi in Calabria e Sicilia.
Secondo una precedente interpretazione etimologica, il toponimo sarebbe riconducibile ad un derivato del Greco σχαλεuω "zappare".


TERRITORIO
(Topografia e Urbanistica)

Fa parte della cosiddetta Riviera dei Cedri (il nome deriva dalla diffusa coltivazione del Cedro della varietà “Cedro liscio Diamante”), toponimo che identifica circa 30-40 chilometri di Costa dell'Alto Tirreno Cosentino in Calabria, che comprende 22 comuni, di cui un certo numero di centri montani che, mediamente, distano dalla costa non più di 6 km.
La parte montana è costituita dai primi contrafforti del massiccio del Pollino, anche una parte del territorio montano che si trova immediatamente a ridosso della zona costiera.


Il territorio comunale, di forma quadrangolare, con la base maggiore di circa 8 km adagiata sul mar Tirreno, ha una profondità verso l’interno di circa 3 km e un’estensione totale di 22,56 km².
La cittadina si dispone su un vasto promontorio, che delimita a Sud il Golfo di Policastro.
La linea della costa si presenta in un primo tratto a Sud sabbiosa e lineare, mentre assume a Nord carattere frastagliato e roccioso con presenza di grotte, prodotte dall'erosione marina.
Per metà dell’estensione il terreno è pianeggiante (formato dal sedimento del Fiume Lao che sfocia in mare dopo aver attraversato, per circa 3 km, la parte meridionale del territorio).
L’altra metà è di natura collinare con altezza massima di 416 m sul livello del mare.
Scarso interesse hanno i corsi d’acqua, che sono a carattere torrentizio.

I rioni più antichi si dispongono arroccati a gradoni, posti ad una quota di 75 m sul livello del mare; la parte più moderna si sviluppa lungo la costa




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ITINERARI e LUOGHI 
(Culturali, Turistici e Storici)

Lorenzo Giustiani, Viaggiatore erudito del 1700, descrisse così la Città Vecchia:

«Questa città tiene 4 porte, una è detta porta di Mare, la seconda è detta porta del Ponte, da un antico ponte, in cui vi si vede un pezzo di artiglieria; la terza porta di Cimalonga, in cui vi è una Torre che serve oggi da carcere e la quarta porta del Forte.
Nella sommità si vede il suo antico Castello quasi diruto coi suoi baluardi e fossi e vi è un pezzo di artiglieria che i vecchi del paese si ricordano diesservene stati molti. 
Pochi passi lungi dalla porta di mare, verso settentrione, alla sommità di una deliziosa collina, si vede un'antichissima Torre detta di Giuda, che dovea servire di specola al suddetto Castello
(Lorenzo Giustiniani, Dizionario Geografico del Regno di Napoli, Napoli 1802) 


Dopo la costruzione di un Convento Francescano nel 1200 ad opera di Pietro Cathin, Discepolo di Francesco d'Assisi, Scalea divenne un Centro Religioso e Culturale.

Nella parte alta sorge la Chiesa di Santa Maria d'Episcopio, rifatta nel 1600.
Adiacenti sono i resti del presunto Palazzo Episcopale con loggetta cieca ad archi intrecciati.
La Chiesa di San Nicola in Plateis, nella parte bassa dell'abitato, ha nell'Abside resti della precedente costruzione Gotica e l'antica Cripta, con volte a crociera rette da colonne e pavimento di maiolica colorata.
In una Cappella Gotica trecentesca si trova la Tomba di Ademaro Romano Ammiraglio Angioino.
Poco oltre è il monumento a Gregorio Caloprese.
Il Palazzo dei Principi di Scalea conserva avanzi Medievali.
Nella parte più elevata della cittadina è la Chiesetta dello Spedale, posta in una zona dell'area Basiliana del Mercurion.
La Chiesa è costituita dall'aula con Abside a nicchie e da una Sala adiacente; sulle pareti e nell'Abside interessanti stratificazione di *affreschi Bizantini, tra cui un'immagine ben conservata di San Nicola.


Palazzo dei Principi: il Palazzo situato nel Centro Antico è testimonianza dell'architettura medioevale del 1200, di proprietà del Comune, sede della Biblioteca Comunale e di immensi saloni che custodiscono pregevoli affreschi del 1600.

Palazzetto Normanno detto l'Episcopio del 1100: il palazzetto durante la dominazione Angioina divenne una vera e propria Fortezza Militare e vi nacque l'importante e illustre personaggio, Ruggero di Lauria, grande Ammiraglio della Flotta Angioina-Aragonese.

Palazzo Palamolla: il palazzo fu abitato dai Palamolla che si trasferirono a Scalea nel 1300 per sfruttare l’economia commerciale del tempo attraverso il traffico marino.
In tempi più recenti fu sede della Caserma dei Carabinieri, poi durante l’ultimo conflitto fu adibito a Caserma per i Soldati della Difesa Costiera.



LE 4 PORTE DI SCALEA

Verso la fine del 500 Scalea fu occupata dai Longobardi.
Intorno alla Rocca costruita dagli invasori sorsero le prime Case, addossate l’una alle altre, protette da alte Mura che consentivano l’accesso al Borgo solo attraverso 2 Porte: una Militare che favoriva l’accesso al Castello e l’altra Cittadina, situata su largo Cimalonga. 

Con la venuta dei Normanni (1000) il Borgo e le sue Mura si distesero verso il mare e altre 2 Porte facilitarono l’ingresso della popolazione nel paese: una a Nord e l’altra a Sud-Est situata sulla strada che porta a Cimalonga.

Porta Marina e quella Cimalonga furono le più frequentate.
Il Largo adiacente Porta della Marina è stato per secoli il punto di ritrovo per tutti coloro i quali erano legati alla vita marinara: i pescatori vi dividevano il loro pescato e rattoppavano le reti; i figli aiutavano i grandi nel lavoro per imparare presto il mestiere; i passeggeri e i marinai delle navi che attraccavano al porto sostavano in attesa di imbarcarsi nuovamente; le donne attendevano il ritorno dei pescatori per riempire di pesci le loro cassette  e venderle a Scalea e nei paesi vicini.
Porta Cimalonga era attraversata dai contadini per andare nelle campagne o dai mercanti che venivano nel Borgo a vendere le loro merci.
Dunque Largo Cimalonga era il luogo di ritrovo dei contadini dove si svolgevano il mercato, le fiere e molte feste del paese.
Il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, si svolgeva «U’ pannu», una serie di giochi: tiro alla fune, corsa nei sacchi, gara della pasta asciutta, palo della cuccagna ed altre competizioni che si tenevano ad anni alterni a Largo Cimalonga e a Largo della Marina.
«U’ pannu» creava competizione tra la popolazione (contadini contro pescatori, Chiesa di sopra contro Chiesa di sotto ecc.).
Queste tradizioni, purtroppo, sono andate perdute, anche se alcuni amanti delle tradizioni di tanto in tanto le ripropongono.
Porta del Ponte era riservata al passaggio dei Feudatari e della gente di riguardo.
Porta Militare oltre alla sua funzione militare consentiva il passaggio del Principe, dei suoi familiari e delle persone a suo servizio.
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Torre Talao: la Torre fu costruita nel 1500 sopra un isolotto ora arenato al cui interno sgorgava acqua sulfurea e divenuta, negli anni, prima presidio militare, poi cenacolo di artisti e intellettuali.

Ruderi del Castello Normanno: il Castello, i cui ruderi dominano i centro storico di Scalea, divenne Fortezza Militare nel 1200, quando la Signoria Feudale era della Famiglia Loira; successivamente il Castello fu confiscato e passò al Regio Demanio.
Verso il 1499 il Feudo ed il Castello di Scalea furono acquistati dal Duca Francesco di Sanseverino.
Nel 1501 il Castello fu comperato da Giovanni Caracciolo e, nel 1525 passò alla figlia Isabella che andò in sposa a Ferrante Spinelli Duca di Castrovillari che divenne il nuovo proprietario del Castello.
Alla morte di Francesco Spinelli il Castello rimase di proprietà della famiglia fino alla fine del Feudalesimo; poi fu venduto dagli eredi agli attuali proprietari.
Il Castello fu abbandonato alla fine del 1700 e presto andò in rovina.
Tra i suoi ruderi nel 1908 fu costruito il serbatoio del primo Acquedotto di Scalea.
Una leggenda narra che il Castello sia collegato con un passaggio sotterraneo all'antica Torre Talao.

Torre Cimalonga: la Torre è di costruzione cilindrica di stile aragonese, fu costruita nel 1400 per migliorare il sistema difensivo del paese, ospitando le guardie e 2 cannoni per la difesa ed il controllo della Porta Cimalonga
Un tempo Carcere Mandamentale ed ora sede dell’Antiquarium che custodisce reperti archeologici provenienti dagli scavi dell’antica Città del Laos.

Torre della Scalicella o “di Giuda”: Scalea da Nord era protetta dalla Torre di Guardia del Castello, conosciuta come Torre di Giuda.
All'inizio del 1600, il guardiano della Torre non avvertì il castello della presenza dei Saraceni e i nemici attaccarono Scalea, che, colta impreparata fu presa. Scalea, dopo aver subito il saccheggio riuscì a respingere i Saraceni e, dopo la battaglia, il guardiano traditore, cercato e preso, fu impiccato ad un albero.
Da allora la Torre di Guardia del Castello fu detta Torre di Giuda.
Questa però è la versione popolare, mentre gli Storici danno altre spiegazioni sul nome della Torre; alcuni sostengono che la Torre fu detta di Giuda perché era vicino al Ghetto Ebraico.
Le Torri di Guardia, all'epoca, venivano erette per motivi di difesa, in quanto, dovevano permettere e facilitare gli avvistamenti e la comunicazione con il Castello: quindi, da essa si dominava la baia, mentre dal Castello si sentiva distintamente la voce di chi parlava vicino ad un muro della Torre e dalla Torre si sentiva la voce di chi parlava dalla Torre d'angolo Nord del Castello.



Aree Naturali

Scogliera "Ajnella" e le Grotte Marine "du trasi e jesci", della "pecora" e del "bacio"
Un susseguirsi di maestose pareti rocciose, spigolosi scogli color antracite, solitarie spiaggette e grotte marine naturali.
I vecchi pescatori chiamavano «Carusiello», lo scoglio che ricorda il piccolo salvadanaio in terracotta dei loro bambini, e «Lastrachiello», quello dalla forma spianata che somigliava tanto al lastrico del loro ingresso di casa.
A circa 1 km dalla riva, durante la bassa marea affiora a pelo d'acqua lo «Scoglio della Giumenta», il cui profilo ricorda una schiena di un cavallo.
La Grotta «du Trasi e Jesci» (Entra ed Esci) è un tunnel naturale che sbuca su una spiaggetta a forma di ditale, detta appunto «A Jiditala».
La Grotta della
«Pecora» deve il suo nome alla grande stalattite a forma di testa di pecora che sovrasta l'ingresso, qui l'acqua cristallina sfuma in colori che si alternano continuamente.
A fianco, nella stessa insenatura, vi è la Grotta dei
«Baci», dal cui nome è facile intuire che fosse il luogo preferito degli innamorati.
 
STORIA

Dalla Preistoria all’Età Classica

Scalea rappresenta uno dei Paesi più antichi della Calabria
Vero è che fu abitata fin dall’Età Preistorica e testimonianze storiche di vita sono state ritrovate presso la Torre Talao; nel corso degli scavi condotti nel 1914 e 1932, una Stazione Preistorica con selci scheggiate, riferibili all'industria Paleolitica di tipo Musteriano e resti di fauna Pleistocenica di tipo caldo.
Resti risalenti all’Età del Ferro e riguardanti un Villaggio Indigeno sono stati invece rinvenuti in Contrada Petrosa; mentre reperti dell’Epoca Romana sono stati trovati in Contrada Fischia.

Fin dal Paleolitico Inferiore l’uomo ha  la possibilità di insediarsi all’aperto o in Grotte formatesi presso le Coste che cadono giù a picco sul mare, nella fascia compresa tra le Foci dei Fiumi Noce e Lao.
Le favorevoli condizioni climatiche e le potenzialità offerte dalla natura, hanno determinato un aumento degli insediamenti umani durante il Paleolitico Medio (35 mila anni fa). 
La presenza umana si fa più alta soprattutto all’interno delle Grotte vicine al mare, luoghi particolarmente adatti per meglio difendersi dalle intemperie e dagli animali feroci e per reperire più facilmente il cibo per mezzo della caccia e della pesca. 
Tra gli insediamenti più importanti di questo periodo si ricorda quello formatosi presso il lembo di terra in cui, molti secoli dopo, venne costruita la famosa Torre Talao.
Bruschi cambiamenti climatici, provocati da un improvviso abbassamento delle temperature e da un innalzamento del livello del mare hanno determinato lo spopolamento quasi totale del territorio durante il Paleolitico Superiore.
In Età Neolitica (5.000 a.C.), invece, riprende la formazione di numerosi insediamenti in cui incomincia ad essere praticata l’Agricoltura e l’Allevamento e si inizia l’attività di lavorazione della Ceramica; anzi, in questo periodo, l’area di Scalea costituisce una tappa importante di passaggio per coloro che trasportano l’Ossidiana, materiale vetroso di origine vulcanica da commerciare in Dalmazia.
Durante l’Era dei Metalli, nell’Età del Bronzo (II millennio a.C.) gli insediamenti creatisi si sfaldano per la perdita da parte dell’Ossidiana del monopolio raggiunto.
Nell’Età del Bronzo Medio, le Grotte prime abitate vengono definitivamente abbandonate a causa della discesa Barbarica degli Ausani, popolo proveniente dal territorio a cavallo tra Lazio e Campania.
Solo nel 500 a.C. la fascia diverrà nuovamente un vivo centro abitato a seguito della discesa degli Enotri dalla Lucania che incominceranno ad intrattenere con i Greci degli intensi rapporti commerciali. 
Ai Lucani va attribuita una Necropoli rinvenuta vicino alla Stazione Ferroviaria Verbicaro-Orsomarso, con Tombe a cassone ed una a camera, il cui corredo, costituito da Ceramiche Italiote e da un'armatura in bronzo del secolo IV a. C., esposto nel Museo di Reggio. 
Ad epoca uguale sono da assegnare i resti di Mura e di edifici ritrovati tra il Lao è l'Abatemarco, non lontano dall'area in cui sorse la Colonia Romana di Lavinium, menzionata nella «Tabula Peutingeriana», il cui nome, Lainoi, si riferisce agli abitanti di Lao (gli scarsi resti della Colonia non si vedono più).
Prima della venuta di tale popolo, il territorio non viene sottoposto alla presenza dei Micenei e dei Greci, i quali si insediano invece nel versante Jonico, dove primeggia la Città di Sibari con cui, del resto, Scalea stipula un trattato commerciale nel 530 a.C. .
Con la fine del 500 a.C., tuttavia, Sibari viene distrutta dai Crotoniati (510 a.C.); gli Enotri, che popolano anche la zona di Scalea, la abbandonano, lasciando spazio libero ai Greci, i quali incominciano a colonizzare numerosi territori, tra cui anche il nostro Paese, viste le sue innumerevoli risorse.
Tra il 550 ed il 500 a.C. i Sibariti trovano ospitalità presso la Valle del Laos, considerata Emporio Commerciale e sbocco sul Tirreno, e presso Scidros, l’odierna Papasidero: queste 2 città erano confederate della grande Polis.
A Sud di Scalea, nella Piana del Lao, presso la Foce del Fiume, si vuole sorgesse la Città di Lao (latino “Laus” Greco “Laos”) colonizzata dai Sibariti, esuli dal loro centro distrutto, i quali ne fecero una base commerciale (secoli VI-V a. C.) 
La città, che ebbe anche Monete proprie, fu conquistata dai Lucani i quali sconfissero, nei pressi di Laos, gli abitanti di Thourioi che volevano cacciarli. 
Laos, città Magno-Greca situata nei pressi dell’omonimo Fiume nella Piana che è delimitata da Capo Scalea a Cirella, rappresenta l’antenata di Scalea
Fondata dai Sibariti nella metà del 500 a.C., all’indomani della profonda sconfitta subita dai Crotoniati che distrussero interamente il loro Impero, per molto tempo, fu fulcro dei Commerci Marittimi con i Paesi del Mediterraneo Occidentale, in particolare con Campania, Sardegna, Etruria e Gallia. 
Gli abitanti, all’origine Contadini e Pescatori, con l’influenza Greca si specializzarono nella navigazione e nel Commercio dei prodotti di Ceramica e Manufatti Greci.
Ancora oggi, in occasione della Fiera del Lauro che si tiene ogni anno, dall'1 all’8 settembre, si vendono Vasi di terracotta che ricordano i manufatti di quel periodo.

Laos venne in seguito denominata dai Romani Lavinium, è tuttavia di identificazione incerta, l'ubicazione del luogo così denominato risulta ancora controversa. 
Diversi esperti hanno collocato Lavinium nell’attuale località Foreste o Mattonate, sino a toccare la Contrada Fischija, mentre altri l'hanno localizzata sotto il suolo dell’odierna Marcellina; recentemente, con il rinvenimento di altri reperti, ha preso piede l’ipotesi secondo cui Lavinium corrispondesse al sottosuolo dell’odierna Scalea.

L’Età Sveva

Con l’ascesa al potere di Enrico IV, Scalea divenne un Feudo della Casata Sveva
In questo periodo (1100) venne costruito il Convento dei Francescani che fu eretto intorno al 1255 da Padre Pietro Cathin da Sant'Andrea
Federico II, successore di Enrico IV, lasciò segno tangibile nella storia del Regno, mentre Corrado IV, successore di quest'ultimo, morì prematuramente. 
L’ultimo degli Svevi, Corradino, fu invece decapitato a Napoli raggiunta la matura età.

L’Epoca Angioina ed Aragonese

Nel 1100 Scalea cadde sotto la dominazione Angioina, la quale provocò non pochi disordini nel paese, imponendo soprusi e tasse onerose
Per sedare le agitazioni, gli Angioini mandarono un Capitano di fiducia che si rilevò uomo esoso e prepotente, aumentando le tasse e molestando le donne. 
Il Popolo di Scalea si ribellò riuscendo a scacciare l’invasore Angioino e chiese aiuto all’Ammiraglio Ruggero di Lauria (1200), Comandante della Flotta Aragonese. 
A Scalea approdarono truppe Aragonesi capitanate dal Conte di Modica, Federico Mosca. 
Ma il Re Carlo D’Angiò ordinò ai suoi fedeli Baroni di riconquistare Scalea e tra questi, i primi a mobilitarsi furono Riccardo di Chiaromonte e Ruggero di Sangineto. 
L’attacco ebbe esito negativo: Ruggero di Sangineto venne imprigionato e rinchiuso nelle segrete del Castello di Scalea; ottenne la libertà in cambio della sottomissione della sua Baronia alla Casata degli Aragonesi, lasciando in ostaggio i suoi figli nelle mani di questi ultimi, a garanzia del patto. 
Dopo aver tradito il patto, Ruggero si trasferì nel Castello di Belvedere Marittimo che gli Aragonesi presero d’assalto, senza tuttavia riuscire ad espugnarlo con il ricatto. 
Nonostante la minaccia della morte sicura dei suoi figli, Ruggero ordinò la difesa ad oltranza. 
Gli Aragonesi non riuscirono ad espugnare il Castello di Belvedere e gli Angioini non riuscirono a riconquistare Scalea.
Scalea divenne Terra Demaniale: questa nuova posizione favorì lo sviluppo del paese che vide iniziare il suo periodo di maggiore splendore che durò fino all’inizio del 1400.

I Romano e i Pallamolla

A seguito degli Angioini giunsero a Scalea 2 famiglie: i Romano ed i Pallamolla.
I Romano, venuti da  Salerno, talmente facoltosi da prestare denaro al Re Carlo d’Angiò, andarono ad abitare nell’attuale Palazzo dei Principi, a tutt'oggi non completato. 
Qui nacque Ademaro Romano che fu nominato da Re Roberto d’Angiò Ammiraglio della Flotta e Consigliere Regio, che fu sostituito al Comando dei Vascelli alla sua morte, da Leonardo da Vassallo, anche lui nato a Scalea.
I Pallamolla, invece, Famiglia proveniente dalla Provenza, rappresentavano ricchi e abili Mercanti che nel Borgo incrementarono la Coltivazione e l’Esporatazione del Baco da Seta, del Lino, del Riso e della Canna da Zucchero
Nel Palazzo Pallamolla, che ingrandirono e abbellirono, nacque nel 1571 Lucio Pallamolla, poi Monaco Barnabita, col nome di Padre Costantino, oggi Beato.
A partire dal 1500, iniziarono in tutta la Calabria moti antiFeudali e anche Scalea prese parte attiva contro il Regno di Napoli
All’inizio del 1600 Scalea venne attaccata da mare dai Corsari
Il Principe di Scalea, Francesco Spinelli, durante l’aspra Battaglia in spiaggia, venne colpito da un colpo di archibugio, cadendo morente tra la costernazione dei presenti.

Le attività primarie di Scalea sono state storicamente l’Agricoltura e la Pesca, anche se oggi sono quasi del tutto scomparse. 
Fino agli anni 1970, la zona parallela al mare era Coltivata a Cedri, poi la bulimia edilizia ha portato i proprietari a vendere i propri terreni illudendosi di ricavarne guadagni maggiori rispetto a quelli che avrebbero ottenuto dalla vendita dei prodotti agricoli.  
L’agricoltura, oggi, si caratterizza solo per la scarsissima integrazione con le attività di trasformazione e commercializzazione; le Colture Irrigue, nonostante le potenzialità esistenti, stentano ad espandersi. 

Sono nati a Scalea:
1200 - Ruggiero di Loria, Ammiraglio Angioino e Aragonese;
1300 - Ademaro Romano, Ammiraglio e Regio Consigliere Angioino e il Fisico Giacomo Ferroaldo;
1500 - Padre Costantino Pallamolla, Barnabita che fu stimato dai Papi Clemente VIII, Paolo V e Urbano III e fu vicino a San Giuseppe Colasanzio; 
1654 - Gregorio Caloprese, padre dell’Estetica Moderna, Filosofo, Letterato, Matematico, Medico e Maestro del Gravina e del Metastasio;
1800 - Oreste Dito, Storico. 



CURIOSITÀ & LEGGENDE

Le Leggende riflettono la Storia di un popolo ma soprattutto gli aspetti della Vita della Comunità.
Per lungo tempo l’Italia Meridionale fu travagliata dalle incursioni Saracene; su questo triste periodo della Storia si conservano a Scalea 2 leggende.
Si racconta che, durante un’incursione dei Turchi, Dragut e i suoi uomini, sbarcati sulla spiaggia riuscirono a penetrare nel paese forzando la Porta della Marina: diedero fuoco alle Abitazioni, saccheggiarono la Chiesa di San Nicola ed aprirono il Sarcofago di Ademaro Romano, rubando la spada del defunto ed una Campana d’argento.
La leggenda racconta che la nave sulla quale venne caricata la Campana urtò gli scogli della “Giumenta” ed affondò con il suo carico.
La Campana d’argento, il 6 dicembre, giorno di San Nicola, rimanda i suoi rintocchi dal fondo del mare: ma non tutti li possono sentire, perché essa testimonia un’ingiustizia, riescono a sentirli solo gli innamorati e i puri di cuore.
L’altra leggenda è legata alle vicende di Amurat Rais il quale all’inizio del 1600 dopo aver saccheggiato la spiaggia di Ajeta, approdò nei pressi di Scalea.
Inviò a terra alcuni suoi uomini con il compito di raggiungere la "Torre di Scalicella" per corrompere il guardiano, il quale non avvertì il Castello della presenza dei Corsari, i quali attaccarono Scalea che, colta impreparata, fu presa.
Scalea, dopo aver subito il saccheggio riuscì a respingere i Saraceni e dopo la battaglia il guardiano traditore fu impiccato ad un albero.
Da  allora, secondo la tradizione, la Torre di Guardia della Scalicella fu detta «Torre di Giuda».
Altre leggende riguardano «Torre Talao»: lo scoglio di Torre Talao vide il passaggio di Enea e di Ulisse
Nei pressi morì il compagno di Ulisse, Dragone e a ricordo dell’amico del Re di Itaca sorse un Oracolo. 
Tempo dopo l’Oracolo predisse: “presso Dracone Lajo molto popolo sarà per perire”; e infatti nel 389 a. C. avvenne nella Piana del Lao lo scontro tra Lucani contro Laini e Taurini. 
L’altra leggenda narra che un passaggio segreto sotterraneo colleghi la Torre al Castello.


A Scalea circola una leggenda, secondo la quale, chiunque osi violare la montagna viente rapito.
Premio Miglior Regia all'Horror Short Movie Forum Awards 2010

TRADIZIONI - FOLKLORE

Il Vestito Tradizionale Scaleoto

Un’usanza molto comune nelle diverse aree della Calabria era quella di impiegare il Vestito come un segno di distinzione di classe e di appartenenza ad un distinto gruppo sociale
Anzi, nel 1800 prende piede una vera e propria regola che soprattutto le Donne erano tenute a rispettare.

Il Padula dà una descrizione del tipico costume femminile dell’epoca: «Scalea. Gonna Rossa con pedana verde; maniche staccate; piccolo corpetto che fa misurare il petto; sinale e fazzoletto succeduto al ritorto».
Anche A. Pepe fornisce una più recente descrizione del tipico costume delle Donne Scaleote: «Allora le nostre Donne portavano sui capelli, raccolti in trecce attorno al capo, un fazzoletto infiorato piegato a rettangolo. 
Spiccavano tra esse non poche bionde, un tipo fatto di sole, molto raro in Calabria e che si potrebbe spiegare soltanto pensando che anticamente da noi avevano dimorato per molto tempo i normanni. 
Non mancavano Donne poderose dedite al traffico, che portavano sulla testa sacchi di farina di un quintale fin sull’alto del paese».

L’uso simbolico dell’Abito divenne molto frequente anche in ambito religioso, al punto che, l’Arte Napoletana forniva a tutto il Meridione le statue non scolpite, ma vestite, per trasmettere al popolo dei fedeli il messaggio nella lingua del loro folklore.
L’attribuzione di un Abito Regale alla Madonna del Carmelo, Patrona di Scalea, deriva proprio dal fatto che Essa rappresenta la “Regina”: il suo Abito è tutto ricamato in Oro, con manto stellato e nel colore proprio del suo titolo devozionale, vale a dire il marrone, a indicare l’Ordine Carmelitano che ne diffonde nel mondo la devozione.
La Madonna del Lauro, Santa Protettrice dei Marinai, invece, è avvolta in un manto azzurro che ricorda il mare, da dove approdò sulla spiaggia di Scalea, dopo una violenta tempesta che si era abbattuta sull’imbarcazione di un gruppo di Marinai provenienti da Meta di Sorrento, nel 1700.
L’Abito color nero dell’Addolorata indica, infine, lo stato luttuoso che i suoi fedeli vivono indossando vestiti neri quando piangono la morte dei loro cari.

Il Folklore

Con il termine «Folklore» si intende l’insieme degli usi, abitudini, tradizioni, comportamenti, linguaggi di un popolo; insomma gli aspetti più caratteristici e suggestivi della vita di una comunità.

Elementi folkloristici di Scalea sono rintracciabili nelle Manifestazioni del Carnevale e nelle Festività Religiose.
In occasione del Carnevale, forse unico momento dell’anno in cui la libertà di espressione dei sentimenti e dei comportamenti eccelle per intensità; i cittadini si mascherano per smascherare grottescamente gli aspetti più caratteristici del proprio paese. 
In quello di Scalea sopravvive ancora  una danza carnevalesca dei marinai del luogo, fatta per rivivere a terra le loro visioni di mare: il «Pizzica’ndo». 
Si fa con movimento lento ed equilibrato come quello delle loro barche oscillanti sulle placide onde del mare in bonaccia, durante il quale i marinai, all’imbrunire, si prendono per mano e, disponendosi in cerchio, costituiscono la base di una Torre Conica Umana, che si innalzava con gli altri compagni sorretti, pure a cerchio, sulle spalle di quelli sottostanti. 
Ricorda la visione di una delle torri della costa che ondeggia nei loro occhi puntati dal mare tremolante verso la torre, o quella di una delle navi alte per il loro albero delle vele, che si vedevano accostarsi a riva placide e oscillanti come su un morbido scivolo. 
Come ogni danza, segue un ritmo musicale, anche questa si svolge al ritmo del loro canto, il «Pizzica’ndo».
Con questo ritmo ondeggiato, il gruppo cammina per le vie lentamente e arriva alle soglie dei balconi affollati da belle ragazze; tra risate, allegria, vezzi e qualche bicchiere di buon vino, questa danza continua fino a tardi e chiude la serata.
Il ballo del folklore è una componente comune dell’allegria popolare e, questo del «Pizzica’ndo» si può accostare a quello del «Vallje», che nel martedì dopo Pasqua suole farsi nei Paesi Italo-Albanesi nelle contrade Calabresi, durante il quale le Ragazze in costume, tenendosi a catena attraverso l’impugnatura di un fazzoletto, per le vie del paese e con tanta allegria, lentamente si snodano danzando e cantando le ballate dell’epica Albanese, mentre gli amici vengono, mano a mano, avvicinati ad un bar per pagare una fermata di ristoro, così, tra gli scherzi di tutti, restano accerchiati nella danza.


SANTA PATRONA

Nostra Signora del Monte Carmelo (o anche del Carmine, dal corrispondente spagnolo Virgen del Carmen) è uno dei titoli sotto cui viene invocata, essenzialmente in ambito Cattolico, Maria, Madre di Gesù.
Memoria liturgica è fissata al 16 luglio (Sito www.materdecorcarmeli.it)

Il titolo del Monte Carmelo ricorda l'eredità spirituale del profeta Elia, uomo contemplativo e strenuo difensore del Monoteismo Israelitico. 
A imitazione di Elia, nel 1100 alcuni Eremiti si ritirarono sul Carmelo con l'intento di dedicarsi al Culto Divino sotto il patrocinio della Beata Vergine Maria, Madre di Dio. 
Da tale Comunità Eremitica ebbe inizio l'Ordine Carmelitano, che promosse il Culto di Maria con questo titolo.
La Regina del Monte Carmelo è la Patrona dei Carmelitani e di coloro che si impegnano a vivere la Spiritualità del Carmelo; è la Protettrice di coloro che ne indossano lo Scapolare ed è lo speciale sostegno delle anime del Purgatorio.

Numerosi sono gli appellativi a lei rivolti: Fiore del Carmelo, Vite Fiorita, Stella del Mare, Gloria del Libano, Madre Illibata, Vanto e Decoro del Carmelo, Signora del Suffragio, Regina delle Anime Purganti, Pioggia Ristoratrice dalla Siccità, Splendore del Cielo.

Nell'iconografia la Vergine è rappresentata con il Bambino Gesù in braccio, spesso con Abito e Scapolare bruni e Mantello bianco, nell'atto di mostrare lo Scapolare Carmelitano
All'immagine di Maria sono spesso associate quelle dei Santi dell'Ordine o di anime purganti tra le fiamme.


La devozione alla Signora del Monte Carmelo è inscindibilmente legata anche alla storia e ai valori spirituali dell’Ordine dei Frati Carmelitani, alla diffusione del Santo Scapolare e alla Preghiera per le Anime Sante del Purgatorio.
Nei Secoli Medievali si stabilirono sul Carmelo le prime Comunità Monastiche Cristiane, che incominciarono una Vita di Contemplazione
Nell’anno 1000, i Crociati trovarono in questo luogo dei Religiosi, probabilmente di Rito Maronita, che si definivano eredi dei Discepoli del Profeta Elia e seguivano la Regola di San Basilio.
Nel 1154 circa, si ritirò sul Monte il Nobile Francese Bertoldo, giunto in Palestina con il cugino Aimerio di Limoges, Patriarca di Antiochia, e venne deciso di riunire gli Eremiti a vita Cenobitica.
Agli inizi del 1200, Giacomo di Vitry riferisce che essi "ad esempio e imitazione del Santo e solitario uomo Elia, presso la fonte che di Elia porta il nome" abitavano in un alveare di piccole cellette "come api del Signore, producendo dolcezza spirituale". 
In mezzo alle celle, essi edificarono la Chiesetta della Comunità, che dedicarono a Maria; così, per distinguerli dai Religiosi Greci del vicino Monastero di Santa Margherita, gli Eremiti erano chiamati "Frati della Beata Vergine Maria del Carmelo", gli odierni Carmelitani.
In questo modo il Carmelo acquisiva definitivamente le sue 2 peculiarità: il riferimento al Profeta Elia e il legame alla Vergine Santa
Successivamente, fra il 1207 e il 1209, il Patriarca Latino di Gerusalemme, Alberto di Vercelli, scrisse i primi Statuti destinati agli Eremiti del Monte Carmelo, conosciuti come «Regola Primitiva» o «Formula Vitae», conformi a un Propositum manifestato dagli stessi Eremiti che intendevano dare una forma Canonica ed Ecclesiastica alla vita che conducevano.


Verso il 1235, i Frati dovettero abbandonare l’Oriente, a causa dell’invasione Saracena, stabilendosi perlopiù in Europa e fondando il loro primo Convento a Messina, in località Ritiro, nel 1238 ed altri a Marsiglia, in Inghilterra, a Pisa, a Parigi; i Carmelitani andarono così diffondendo il Culto di Colei a cui «è stata data la Gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron» (Isaia 35,2).

Intorno al 1247 il Frate Simone Stock, che una certa tradizione ritiene un Priore Generale dell'Ordine, avrebbe composto l'Inno «Flos Carmeli»
Le promesse legate al Santo Scapolare sono state confermate dalla Vergine anche a Fatima: il 13 ottobre 1917, infatti, mentre avveniva il Grande Miracolo del Sole visto da più di 50.000 persone, Maria si mostrava ai Pastorelli nelle Vesti della Madonna del Monte Carmelo, presentando nelle loro mani lo Scapolare.
Senza dubbio, avvenendo in concomitanza con il fenomeno più alto fra tutti quelli accaduti nella Cova da Iria, la presentazione dello Scapolare durante quest'apparizione finale non fu un dettaglio senza importanza; anzi, in questo modo, Maria mostrò come una sintesi tra lo storicamente più remoto (il Monte Carmelo), il più recente (la devozione al Cuore Immacolato di Maria) ed il Futuro Glorioso, che è il Trionfo di questo stesso Cuore; potendo perciò affermare che i privilegi inestimabili legati allo Scapolare sono parte integrante del Messaggio Mariano di Fatima, unitamente al Rosario ed alla devozione al Cuore Immacolato di Maria.
Infatti, i riferimenti all'Inferno e al Purgatorio, la necessità della penitenza e l'intercessione di Nostra Signora contenuti nel Messaggio sono in assoluta consonanza con le promesse collegate allo Scapolare.
Non a caso, la stessa Lucia, l'unica dei 3 Pastorelli ad essere rimasta in vita, divenne Carmelitana Scalza e disse che nel Messaggio della Madonna “il Rosario e lo Scapolare sono inseparabili”. 

La Chiesa ha sempre riconosciuto e apprezzato il Santo Scapolare, attraverso la Vita di tanti Santi e di molti Sommi Pontefici che l'hanno raccomodato e portato.
Il primo fu Giovanni XXII, nella «Bolla Sabatina»; questa fu poi confermata da Alessandro V, Clemente VII, Pio V, Gregorio XIII e Paolo V. San Pio X, pur consigliando sempre l’uso dello Scapolare tradizionale, concesse ai Fedeli - con Decreto del 16 dicembre 1910 - di poter sostituire allo Scapolare la Medaglia Benedetta recante le immagini della Madonna e del Sacro Cuore di Gesù.
Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) affermò che «chi lo indossa viene associato in modo più o meno stretto, all'Ordine Carmelitano», aggiungendo «quante anime buone hanno dovuto, anche in circostanze umanamente disperate, la loro Suprema Conversione e la loro Salvezza Eterna allo Scapolare che indossavano! Quanti, inoltre, nei pericoli del corpo e dell’anima, hanno sentito, grazie ad esso, la Protezione Materna di Maria! La devozione allo Scapolare ha fatto riversare su tutto il mondo, fiumi di Grazie Spirituali e temporali»; e ancora: «La piissima Madre non tralascerà di intervenire con la sua Preghiera a Dio, perché i suoi figli, che espiano in Purgatorio i loro peccati, raggiungano al più presto la patria celeste secondo il cosiddetto «Privilegio Sabatino» tramandato dalla tradizione».
Anche San Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli, 1958-1963), ne confermò e ne raccomandò più volte l'utilizzo mentre San Paolo VI, nel 1965, esortava: «Abbiamo in grande stima le pratiche e gli Esercizi di Pietà verso la Beatissima Vergine, raccomandati lungo i secoli dal Magistero della Chiesa, tra i quali stimiamo di dover ricordare espressamente la Religiosa prassi del Rosario e dello Scapolare del Carmelo».
Lo stesso San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ne fu grande devoto; egli, in una lettera del 25 marzo 2001 ai Padri Carmelitani Joseph Chalmers e Camilo Maccise scrisse: «Anch'io porto sul mio cuore, da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine! Per l'Amore che nutro verso la comune Madre Celeste, la cui protezione sperimento continuamente, auguro che quest'anno Mariano aiuti tutti i Religiosi e le Religiose del Carmelo e i Pii Fedeli che la venerano filialmente, a crescere nel suo amore e a irradiare nel mondo la presenza di questa Donna del Silenzio e della Preghiera, invocata come Madre della Misericordia, Madre della Speranza e della Grazia. 
Con questi auspici, imparto volentieri la Benedizione Apostolica a tutti i Frati, le Monache, le Suore, i Laici e le Laiche della Famiglia Carmelitana, che tanto operano per diffondere tra il Popolo di Dio la vera Devozione a Maria, Stella del Mare e Fiore del Carmelo!».

ITINERARI DEL GUSTO nella CUCINA DEL BORGO

Tra i piatti simbolo di Scalea possiamo menzionare: le Linguine al Baccalà, gli Spaghetti al Ragù di Tonno, i Bucatini con il Cavolfiore, le Tagliatelle con i Carciofi, i Fusilli con la Vrasciola, gli Spaghetti con le Alici, i Fusilli Lagane e Ceci, e la «Pasta Grattata» con Pane Raffermo e Peperoncino Piccante.
Gustosi anche i secondi, tra cui spicca il Baccalà Fritto con i Peperoni Secchi, il Pesce Spada al Limone, il Gratin di Alici, le Frittelle di Neonata, la Pitta.
Deliziose le ricette a base di Pollo della tradizione contadina, affiancate da buone Carni Arrosto.
Sulla tavola Scaleota regna il Pesce, che il mare offre in grande abbondanza e varietà: Cernie, Spigole, Sauri, Alici, Sarde e Rosa Marina, sono quelli più pescati.
Ma c’è di più, perché oltre al Pesce la cucina di Scalea, utilizza molto anche la Carne, soprattutto quella Ovina e Caprina, che proviene dagli Allevamenti molto diffusi sul territorio comunale.
Un primo piatto tipico sono i Fusilli con la Carne di Capra, e «i capucelle», Testine di Agnello o Capretto cucinate con la Mollica di Pane.
Molto apprezzati infine anche «i pipi arrusculiati», Peperoni seccati al sole d’estate e poi soffritti durante l’inverno con Salsiccia.

Per finire, «Panicilli» e biscotti da intingere nel Vino Passito della casa, fatto con rare Uve autoctone.
Molto buoni sono anche i «Turdilli» e i «Chinuli», Dolci tipici Scaleoti che vengono preparati come da tradizione a Natale.

VINI

I Vini consigliati sono, quello dolce caratteristico di Verbicaro, il Vino della «Arenella» che deriva da Uve che si impiantano nei terreni sabbiosi (da consumarsi non stagionato), il Vino di Buonvicino «Cerasuolo», chiamato così per il colore rossastro delle ciliegie e si può dire che sia un Vino talmente buono che può competere con i migliori Vini del mondo.
Come ottimo ammazza caffè si consiglia il Liquore o la Crema di Cedro.

Sul Vino c’è da ricordare che Norman Douglas nel suo «Vecchia Calabria» scrive: «Qui quasi ogni villaggio ha il proprio tipo di vino e ogni famiglia che si rispetti ha il proprio metodo particolare di preparazione».
La regola di Norman Douglas che è ancora valida per tutta la Calabria diventa fondamentale in una zona come la Riviera dei Cedri, dove molti Paesi si trovano sulle colline e dove “ogni famiglia ha il proprio vino”. 

Non solo a Verbicaro che è la Capitale Vitivinicola del territorio, ma anche ad Ajeta, Buonvicino, Maierà, Belvedere, Orsomarso, Santa Domenica Talao, Cetraro e Guardia Piemontese.
Una volta il Vino Verbicaro si chiamava «Chiarello», forse per il colore chiaro dovuto all’abitudine di mescolare l’acqua al Mosto per attenuare l’alto contenuto alcolico.
Era famoso già al tempo dei Greci e dei Romani e ne parlano anche Plinio e Strabone.
Il Barrio nella sua famosa «De antiquitate et situ Calabriae» riferisce che «nel territorio di Cirella nasce un vino di mirabile qualità che a Roma è molto apprezzato».
A
Verbicaro Capitale Vitivinicola col tempo il nome di «Chiarello» si è perduto e dalla seconda metà del 1500 si è affermata la denominazione «Vino di Verbicaro» l’unico vino DOC della Riviera che ha una splendida tradizione.
Ma il Verbicaro non è l’unico Vino della Riviera, infatti, a Scalea l’Azienda Agricola «La Rondinella» produce 5 etichette IGT Calabria e un Novello: un «Rosso Ferraro”, un «Bianco di Collestanio», un
Rosato «Lacrime di Lapillo», un Moscato «Ambrato di Collestanio» e un Novello «San Martino».
In tutto 50.000 bottiglie che trovano sbocco nel mercato nazionale via internet e nel ristorante dell’azienda che si chiama pure «La Rondinella» e si trova a Scalea in via Vittorio Emanuele 21.


RICETTE DEL BORGO

PRIMI PIATTI:

Spaghetti al Ragù di Tonno

Ingredienti
per 4 persone: 500 g di Pomodori maturi - 1 Cipolla - 1 spicchio d’Aglio - 12 foglie di Basilico - 4 cucchiai d’Olio Extra-Vergine d’Oliva - 6 filetti d’Acciuga sott’olio - 200 g di Tonno fresco - 10 Olive verdi - Sale, Pepe - 400 g di Spaghetti

Preparazione: 30-35 minuti
Cottura: circa 12 minuti

Sbollentare i Pomodori in acqua bollente, spellarli, eliminare i semi e tagliare la polpa a filetti.
Mondare la Cipolla e l’Aglio.
Lavare e asciugare le foglie di Basilico, porle sul tagliere insieme all’Aglio e alla Cipolla e tritarle finemente a mezzaluna.
Porre su fiamma molto bassa un tegame largo e dai bordi bassi e far scaldare l’Olio.
Soffriggervi dolcemente il trito d’Aglio, Cipolla, e Basilico, quindi unire i filetti di Acciuga e, mentre si stanno rosolando, schiacciarli con i rebbi di una forchetta finché si ridurranno in poltiglia.
Tagliare il Tonno a pezzettini minuti, quindi unirlo al soffritto e quando sarà rosolato uniformemente aggiungere anche i filetti di Pomodoro.
Alzare la fiamma e fare cuocere per 4-5 minuti.
Nel frattempo snocciolare le Olive, tagliarle e versarle nel Ragù di Tonno.
Salare con molta moderazione, pepare, quindi proseguire la cottura del condimento per 20 minuti a calore medio.
Lessare gli Spaghetti in abbondante acqua bollente salata; scolarli bene al dente e versarli nel tegame con il condimento.
Alzare la fiamma al massimo e, mescolando con cura, amalgamare la Pasta al Ragù di Tonno.
Decorare a piacere e servire immediatamente in piatti caldi.

Risotto alla Marinara

Ingredienti
per 4-6 persone: 2 kg di Cozze - 10 cl di Vino Bianco secco -   sale, pepe nero, Peperoncino in polvere - 350 g di riso - 2 Cipolle - 2 Pomodori - 2 cucchiai di Olio Extra-Vergine d’Oliva - 250 g di Gamberetti cotti e sgusciati - 80 g di Parmigiano grattugiato

Preparazione: 1 h
Cottura: 15 minuti

Raschiare e lavare le Cozze, quindi porle in una casseruola con il Vino bianco, incoperchiare e farle andare a fuoco vivo, mescolando di tanto in tanto, finché si apriranno tutte le valve.
Togliere i Molluschi dalle conchiglie, filtrare il Brodo di cottura e, usando un bicchiere dosatore, unire l’Acqua necessaria per ottenere 60 cl di liquido.
Versarlo di nuovo nella casseruola e regolare il Sale, portare a bollore e aggiungere il Riso.
Mescolare con cura, incoperchiare e cuocere a fuoco lento per 15-18 minuti.
Nel frattempo, pelare le Cipolle e i Pomodori; tagliare a dadini le prime e schiacciare con la forchetta i secondi. 

Soffriggere la Cipolla in padella con l’olio, poi unire i Pomodori, salare, pepare e lasciare sobbollire per 10 minuti.
Pepare leggermente il Riso, unire le Cozze, i Gamberetti e la Salsa preparata; mescolare bene e cospargere con il Parmigiano, servendo immediatamente.

Bucatini e Cavolfiore

Ingredienti
per 4 persone: 1 Cavolfiore (400-500g) - 1 Cipolla - 1 bicchiere d’Olio Extra-Vergine d’Oliva - Zafferano - Sale, Pepe - 50 g di Pinoli - 400 g di Bucatini - 75 g di Pecorino grattugiato - Basilico

Preparazione e Cottura: circa 1 h

Portare ad ebollizione abbondante Acqua salata e lessarvi il Cavolfiore per circa 30 minuti.
Poi, aiutandosi con una paletta forata toglierlo dall’Acqua, da conservare per lessarvi i Bucatini;
Sbucciate la Cipolla, affettarla a velo e farla soffriggere in un capiente tegame dove si sarà versato metà Olio. Sciogliere un pizzico di Zafferano in ½ bicchiere d’Acqua e unirlo alle Cipolle proseguendo la cottura per altri 5 minuti;
Sminuzzare grossolanamente il Cavolfiore e versarlo nel tegame e mescolare, abbassando la fiamma e continuando la cottura per 5-7 minuti.
Unire al Cavolfiore i Pinoli, mescolare, regolare il Sale e condire con abbondante Pepe nero, macinato al momento.
Lessare i Bucatini al dente nell’Acqua di cottura del Cavolfiore.
Scolarli e versarli nel tegame, unendo il Pecorino e 5-6 foglie di Basilico, asciugate e sminuzzate.
Lasciar mantecare mescolando finché il residuo dell’Acqua di cottura della Pasta, sarà del tutto evaporato e servire subito in fondine calde.

Fusilli Lagane e Ceci

Ingredienti
per 6 persone: 500 g di Ceci - 3 cucchiai d’Olio Extra-Vergine d’Oliva - Sale, Pepe - Prezzemolo - 1 Pomodorino - 800 g di Fusilli Lagane freschi

Preparazione e Cottura: circa 1 h e 10 minuti

Lavare i Ceci, metterli in una casseruola e coprirli in Acqua fredda, aggiungendo un po’ di Sale grosso, un ciuffetto di Prezzemolo, un Pomodoro Pelato.
Portare a ebollizione e far cuocere a fiamma moderata per circa un’ora.
Nel frattempo portare ad ebollizione una pentola colma d’Acqua salata in cui tuffare i Lagane.
Scolarle al dente senza sgrondarle del tutto, e versarle nella casseruola con i Ceci.
Quindi aumentare la fiamma e lasciare insaporire per 3-4 minuti, mescolando con cura.
Servire immediatamente in piatti caldi.

SECONDI PIATTI:

Pesce Spada al Limone

Ingredienti
per 4 persone: 20 cl di Brodo - 1 bicchiere di Vino Bianco secco - 75 g di Burro - Sale, Pepe - 2 Limoni - 8 tranci sottili di Pesce Spada (da 50 a 70 g ciascuno) - Prezzemolo

Preparazione e Cottura: circa 20 minuti

Versare in un pentolino il Brodo e il Vino Bianco. Metterlo sul fornello a fiamma vivace, facendolo evaporare almeno per 1/3 del liquido.
Ridurre a pezzettini 50 g di Burro e versarlo nel pentolino; amalgamarlo bene al liquido con una frusta. Regolare Sale e Pepe.
Lavare accuratamente i Limoni, asciugarli e ricavarne 8 fette, da immergere nella Salsa appena preparata, tenendo da parte in caldo.
Sciogliere il Burro rimasto, in una padella piuttosto larga, soffriggendovi i tranci di Pesce Spada e dopo averli conditi con Sale e Pepe, irrorarli con il succo spremuto dal Limone avanzato.
Nel frattempo lavare, asciugare e sminuzzare le foglie di un ciuffo di Prezzemolo.
Togliere le fettine di Limone dalla Salsa e tenerla da parte.
Versare il Prezzemolo nel pentolino e mescolarlo accuratamente.
Disporre 2 tranci di Pesce in ogni piatto singolo, irrorandoli generosamente con la Salsa, guarnendoli a piacere con le fettine di Limone e servirli.

Frittelle di Neonata

Ingredienti
per 4 persone: 800 g di Neonata - 1 Uovo - Farina qb - Sale, Pepe - Prezzemolo - Olio per friggere

Preparazione e Cottura: 20 minuti circa

Lavare la Neonata e disponetela in una terrina. Rompere un Uovo, aggiungere un pizzico di Sale, Pepe e qualche foglia di Prezzemolo; quindi amalgamare il tutto e aggiungere gradualmente qualche cucchiaio di Farina fino ad ottenere una poltiglia cremosa.
Scaldare l’Olio in una padella e versare con un cucchiaio, un po’ per volta, la crema lavorata.
Far friggere per circa 1-2 minuti finché ogni Frittella non raggiunge la doratura e servire in piatti caldi.

Alici e Pan Grattato

Ingredienti
per 4 persone: 800 g di Alici fresche - 60 g di Olio - 20 g di Pan Grattato - 1 Limone - Origano - Sale, Prezzemolo

Preparazione e Cottura: 30 minuti circa

Dopo aver pulito le Alici disponrle in un tegamino e ricoprirle con Pan Grattato, Prezzemolo e Origano.
Condire con Olio, Sale e succo di Limone e infornare fintanto che il Pan Grattato non risulti dorato e servire le Alici pronte ancora calde.

Pitta

Ingredienti per la Pasta: 300 g di Farina - Sale - 20 g di Lievito di Birra - 2 Uova - 2 cucchiai di Strutto fuso - 1 cucchiaio d’Olio Extra-Vergine d’Oliva
Ingredienti per il Ripieno: 200 g di Ricotta - 100 g di Soppressata a fettine - 200 g di Frittole (o Frizzoli) (preparate con orecchie, piedini, coda e musetto del maiale, tagliati a pezzetti e cotti nello strutto) - 3 Uova sode - 100 g di Caciocavallo - Sale - 2 cucchiai di Strutto

Preparazione: 25-30 minuti + 1 h per far riposare la pasta
Cottura: 30 minuti

Disponrre a fontana 150 g di Farina, poi unire un pizzico di Sale e il Lievito sciolto in ½ bicchiere d’Acqua tiepida.
Cominciare a impastare e proseguire la lavorazione unendo altra Acqua tiepida, fino ad ottenere una pasta soffice ed elastica.
Riunirla a palla, avvolgerla in un canovaccio e lasciarla riposare in un luogo tiepido fino a farne raddoppiare  il volume (circa 1 ora).
Versare sulla spianatoia la Farina rimasta e incorporarla nella pasta lievitata, aggiungendo le Uova, metà dose di Strutto e l’Olio.
Ottenuto un impasto omogeneo, se ne ricava un disco di 28 cm di diametro e dello spessore di 7-8 mm ed uno di 24 cm di diametro.
Far sciogliere in una padellina il cucchiaio di Strutto rimasto e utilizzarlo per ungere l’interno di una teglia di 24 cm di diametro.
Stendervi il disco più grande, facendo risalire la pasta lungo le pareti e disponendo gli ingredienti a strati, si copra la pasta di Ricotta sbriciolata, Sopressata, Frittole, Uova sode tagliate a spicchi e Caciocavallo a fettine.
Insaporire la farcia con pochissimo Sale; coprirla con l’altro disco di pasta, sul quale si ripiegano i bordi del primo.
Pressare con le dita per sigillare la Pitta.
Irrorare la superficie della pasta con lo Strutto fuso e far cuocere la Pitta per 30 minuti in forno pre riscaldato a 200°.
Quindi sfornare e servire subito.

DOLCI:

Mustazzoli (o Mostaccioli)

Ingredienti: ½ litro di Miele di Fichi - Farina qb - 4 Uova - 100 g di Mandorle Tostate - Chiodi di Garofano e Buccia d’Arancia - 200 g di Zucchero

Amalgamare il Miele di Fichi con una quantità di Farina sufficiente ad assorbirlo tutto.
Aggiungete le Uova intere, Mandorle Tostate spezzettate, Chiodi di Garofano pestati in un mortaio e Buccia d’Arancia secca pestata o fresca grattugiata e lo Zucchero.

Con il composto ottenuto formare delle Schiacciatine rettangolari di media grandezza da passare nel forno caldo fino a quando avranno acquistato una bella coloritura.



COME ARRIVARE A Scalea

Il Comune è attraversato dalla Strada Statale 18 Tirrena Inferiore e dalla Strada Statale 504 di Mormanno ed è servito dalla Stazione Ferroviaria Scalea-Santa Domenica Talao, posta sulla linea Battipaglia-Reggio  Calabria.

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